Firma falsa su un assegno: la banca risponde solo in caso di evidente alterazione o falsificazione

In tema di pagamento di assegni di conto corrente, la diligenza della banca trattaria nel riscontrare la corrispondenza delle firme di traenza allo specimen depositato dal correntista va ravvisata quando ad un esame attento, benché a vista, del titolo, la difformità delle sottoscrizioni non sia rilevabile, non essendo la banca tenuta a predisporre particolari attrezzature idonee ad evidenziare il falso, né richiedendosi che i suoi dipendenti abbiano una particolare competenza in grafologia.

Con la sentenza n. 8731 del 3 maggio 2016, la Cassazione precisa che, in caso di pagamento di assegni di conto corrente con firma di traenza falsa, può ravvisarsi una responsabilità della banca solo in caso di palese difformità della firma apposta sull’assegno rispetto allo specimen depositato, non potendo, per contro, richiedere una preparazione specialistica in grafologia ai propri dipendenti ed operatori di sportello. Il caso. La vicenda decisa dal S.C. con la pronuncia in commento ha inizio dall’azione avviata dal correntista verso la propria banca per ottenere il risarcimento del danno relativo ad una serie di assegni portati allo sportello e regolarmente pagati, pur in presenza di una firma di traenza falsa. In primo e secondo grado la domanda viene rigettata sul rilievo che le alterazioni denunciate non erano macroscopiche, non essendo richiesto all’operatore di sportello una conoscenza approfondita quale esperto grafologo. Tali decisioni vengono altresì confermate in sede di legittimità, non sussistendo un onere specifico e diverso da quello in precedenza illustrato a carico della banca e, in particolare, dei suoi operatori. Responsabilità della banca solo in caso di alterazione evidente. Secondo la prevalente giurisprudenza, come anche ribadita dalla sentenza in commento, nel caso di pagamento, da parte di una banca, di un assegno con sottoscrizione apocrifa, l'ente creditizio può essere ritenuto responsabile non a fronte della mera alterazione del titolo, ma solo nei casi in cui una tale alterazione sia rilevabile ictu oculi ”, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo. Falsificazione da accertarsi con o senza consulenza tecnica? In applicazione del principio espresso in precedenza, si esclude la responsabilità della banca nel caso in cui la falsità non era visibilmente rilevabile dal confronto tra la firma apposta sul titolo e quella depositata dal cliente all'apertura del conto corrente, cd. specimen , e che il ricorrente non aveva indicato alcun segno o sintomo della falsificazione, né aveva spiegato in che modo l'autore della condotta illecita fosse potuto venire in possesso di un titolo staccato dal suo libretto di assegni in tale ipotesi si è anche esclusa la necessità di svolgere apposita consulenza tecnica. La condotta della banca vigilanza e informazione. In termini più ampi rispetto alle problematiche sinora esaminate, deve osservarsi che nell'ambito della corretta esecuzione del rapporto con il cliente, la banca è tenuta alla vigilanza e completa informazione, obblighi che assumono contenuto specifico in ragione del carattere professionale e oneroso della prestazione resa dalla banca. Di conseguenza la banca, qualora riscontri movimenti di conto anomali, per le modalità e per l'importo, è tenuta ad informare il cliente con contatto personale, al fine del riscontro della veridicità della richiesta prevenuta, come pure quando ritenga falsa la firma apposta ad un titolo di credito, non potendosi addebitare alla banca la responsabilità di omessa verifica qualora la falsificazione non sia evidente, come nel caso in esame, dove non si desume un evidente alterazione della somma dovuta, non essendo contestata la firma dell'assegno, e non risultando dalla copia cancellature o modifica delle somme dovute. Responsabilità verso il correntista contrattuale o extracontrattuale? La responsabilità della banca nei confronti del correntista per il pagamento di un assegno con firma di traenza falsa, deve essere inquadrata nel paradigma di tipo contrattuale, con la conseguente applicazione, in termini di ripartizione dell'onere della prova, del principio secondo cui incombe sul debitore l'onere di provare l'esatto adempimento della propria obbligazione, che costituisce il fatto estintivo dell'altrui pretesa risarcitoria, mentre il creditore può limitarsi ad allegare l'altrui inadempimento in modo specifico. La diligenza dell’accordo banchiere come e perché. Nel caso di falsificazione di assegno bancario nella firma di traenza la misura della diligenza richiesta alla banca nel rilevamento di detta falsificazione è quella dell'accorto banchiere, avuto riguardo alla natura dell'attività esercitata, alla stregua del paradigma di cui al secondo comma dell'art. 1176 c.c. Ne consegue che spetta al giudice del merito valutare la congruità della condotta richiesta alla banca in quel dato contesto storico e rispetto a quella determinata falsificazione, attivando cosi un accertamento di fatto volto a saggiare, in concreto, il grado di esigibilità della diligenza stessa, verificando, in particolare, se la falsificazione sia, o meno, riscontrabile attraverso un attento esame diretto, visivo o tattile, dell'assegno da parte dell'impiegato addetto, in possesso di comuni cognizioni teorico/tecniche, ovvero pure in forza di mezzi e strumenti presenti sui normali canali del mercato di consumo e di agevole utilizzo, o, piuttosto, se la falsificazione stessa sia, invece, riscontrabile soltanto tramite attrezzature tecnologiche sofisticate e di difficile e dispendioso reperimento e/o utilizzo o tramite particolari cognizioni teoriche e/o tecniche.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 25 gennaio – 3 maggio 2016, n. 8731 Presidente Giancola – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. C.G. ha convenuto davanti al Tribunale di Catania il Banco di Sicilia chiedendo la condanna al pagamento della somma di 438.850.000 di lire a titolo di risarcimento dei danni subiti a causa della consegna, a terzi non legittimati, di cinque carnet di assegni, relativi al conto n. presso l’agenzia n. omissis , dietro presentazione di richiesta con firma apocrifa, e a causa della negligenza della banca che aveva consentito nell’arco di sette mesi la negoziazione di 24 assegni recanti la firma di traenza falsa sul conto corrente sopra citato. 2. Si è costituito il Banco di Sicilia e successivamente il Banco di Sicilia s.p.a. contestando la domanda e affermando che gli assegni erano stati consegnati personalmente al C. mentre quelli asseritamente con firma di traenza falsa erano stati tutti controllati in rapporto allo specimen in possesso della banca con le difficoltà derivanti dall’aver il C. depositato ben cinque diverse firme di raffronto. 3. Il Tribunale di Catania, con sentenza n. 870/1997, ha respinto la domanda. 4. Ha proposto appello, con atto notificato il 3 luglio 1997, L.C. in qualità di erede di C.G. . Si è costituita la s.p.a. Banco di Sicilia che ha contestato la legittimazione della L. e ha chiesto il rigetto dell’appello. 5. La Corte di appello di Catania, dopo aver disposto CTU grafologica, ha deciso la causa con sentenza n. 655/09 con la quale ha respinto l’appello e condannato la L. al pagamento delle spese processuali. 6. Ricorre per cassazione L.C. deducendo a violazione ed errata applicazione dell’art. 1176, comma 2, c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. b violazione ed errata applicazione dell’art. 1227, comma 1, c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c 7. Si difende con controricorso e propone ricorso incidentale il Banco di Sicilia s.p.a. Ritenuto che 1. La memoria difensiva del Banco di Sicilia è inammissibile perché depositata oltre il termine di rito. 1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente censura la decisione della Corte di appello perché ha ritenuto che la diligenza inerente all’attività bancaria coincide con la diligenza media cosicché non è imputabile al Banco di Sicilia non aver riconosciuto la contraffazione delle firme di traenza e di girata che ha consentito l’illegittimo incasso degli assegni. Secondo la ricorrente invece alla banca è imposto un grado di diligenza superiore a quella ordinaria e riconducibile all’art. 1176 comma 2 secondo quanto ritenuto dalla giurisprudenza in tema di diligenza del bonus argentarius . 2. Con il secondo motivo di ricorso, in via subordinata, si afferma la corresponsabilità del Banco di Sicilia nella causazione del danno dato che, pur se si dovesse configurare un concorso di colpa del C. , perché non ha adottato le idonee precauzioni contro i rischi di sottrazione e alterazione dei titoli che sono stati negoziati dalla banca, si dovrebbe, comunque, riconoscere la corresponsabilità della banca trattaria tenuta, alla stregua della speciale diligenza esigibile dall’accorto banchiere, a verificare la regolarità e l’autenticità del titolo. 3. I due motivi di ricorso devono essere esaminati congiuntamente essendo strettamente connessi sotto il profilo della responsabilità addebitata alla banca dalla ricorrente. 4. Il ricorso nel suo insieme non coglie la ratio decidendi che pure è stata articolata compiutamente e chiaramente dalla Corte di appello. Lungi infatti dall’affermare che la diligenza del funzionario di banca deve coincidere con la ordinaria diligenza media del buon padre di famiglia, la Corte di appello ha affermato piuttosto che il modello di comportamento del buon banchiere non comporta un inasprimento del concetto di media o normale diligenza ma la commisurazione di quel canone di normalità allo svolgimento professionale dell’attività bancaria e consiste in ciò che si può normalmente pretendere da un esaminatore attento e previdente nell’esercizio di tale professione. In questa prospettiva ha affermato la Corte di appello gli impiegati di banca preposti al pagamento degli assegni non sono tenuti a dotarsi di una solida competenza grafologica, potendosi far loro carico soltanto di non aver rilevato nel titolo pagato difformità morfologiche strutturali della scrittura oppure cancellature visibilmente apparenti o accertabili con media capacità o con normale buon senso . Dunque la ricorrente imputa alla Corte qualcosa che non ha costituito la base razionale della decisione dato che la Corte di appello ha sostanzialmente valutato le prove alla luce del principio secondo cui il funzionario di banca addetto al pagamento dei titoli è tenuto ad adoperare nello svolgimento dei suoi compiti una normale diligenza che deve ritenersi propria dell’attività che svolge. In particolare la Corte di appello ha rilevato che è risultata smentita da una serie di circostanze la deduzione, su cui si è fondata la domanda di risarcimento, del rilascio a terzi dei carnets di assegni. Ciò in base alle deposizioni dei funzionari della banca e in particolare del teste W. che ha dichiarato di aver consegnato personalmente al C. i libretti di assegni dietro presentazione del modulo di richiesta già prefirmato, alle dichiarazioni rese in sommarie informazioni dal C. secondo cui a ritirare i libretti provvedeva anche il nipote L. , alla denuncia di smarrimento dei libretti, effettuata dal C. dopo l’accertamento della falsità degli assegni per cui si controverte, alla regolare emissione di uno degli assegni facenti parte di uno dei libretti. Sulla base di questa accertata consegna dei libretti al C. e della successiva materiale disponibilità degli stessi, nonché, deve ritenersi per implicito, in considerazione della omessa tempestiva denuncia di smarrimento, la Corte di appello ha escluso ogni responsabilità della banca. La Corte di appello ha anche rilevato che tale responsabilità nella custodia degli assegni consente di escludere la rilevanza della CTU grafologica che ha attestato la falsità delle firme apposte sulle richieste di rilascio dei libretti. Si tratta di valutazioni che fondano autonomamente la decisione della Corte di appello e che non sono state impugnate dalla ricorrente. 5. Per quanto concerne poi la responsabilità della banca per il pagamento di 24 assegni bancari con firma di traenza apocrifa la Corte di appello ha ritenuto di non attribuire rilevanza all’accertamento della falsità reso possibile soltanto a mezzo di una consulenza grafologica che nel rispetto dei protocolli di indagine in materia ha utilizzato la tecnica dei macro-ingrandimenti e dell’analisi scandagliata delle sottoscrizioni. Ha rilevato infatti la Corte di appello che l’esito di tale accertamento peritale costituisce un giudizio di valore inutilizzabile ai fini della decisione riportandosi al principio per cui l’ente creditizio può essere ritenuto responsabile non a fronte della mera alterazione del titolo, ma solo nei casi in cui una tale alterazione sia rilevabile ictu oculi , in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo Cass. civ. sez. III n. 20292 del 4 ottobre 2011 . La Corte di appello si è quindi conformata, nell’individuare i parametri di valutazione per affermare la responsabilità della banca, a quella che è la giurisprudenza consolidata di questa Corte Cass. civ. sezione I n. 12761 del 23 dicembre 1993 secondo cui la banca trattaria, cui sia presentato per l’incasso un assegno bancario, ha il dovere di pagarlo se l’eventuale irregolarità falsificazione o alterazione dei requisiti esteriori non sia rilevabile con la normale diligenza inerente all’attività bancaria, e che coincide con la diligenza media, non essendo tenuta a predisporre un’attrezzatura qualificata con strumenti meccanici o chimici al fine di un controllo dell’autenticità delle sottoscrizioni o di altre contraffazioni dei titoli presentati per la riscossione Cass. civ. sez. I, n. 15066 del 15 luglio 2005 e secondo cui la valutazione del giudice di merito in ordine alla riconoscibilità della falsificazione o alterazione di un assegno da parte dell’operatore professionale dipendente di banca è censurabile in sede di legittimità unicamente sotto il profilo del difetto di motivazione Cass. civ. sezione I n. 15066 del 15 luglio 2005 . 6. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 6.200 Euro di cui 200 per spese.