Responsabilità per mala gestio impropria non comporta responsabilità ultramassimale dell'assicurazione per il capitale

L'assicuratore della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, ove ritardi colposamente il pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento in favore del terzo danneggiato è tenuto alla corresponsione degli interessi sul massimale ed, eventualmente, del maggior danno ex art. 1224, comma secondo, c.c. che può consistere anche nella svalutazione monetaria .

Così la Terza sezione Civile nella sentenza n. 4892/16, depositata il 14 marzo. Il fatto. E' una vicenda processuale tortuosa quella che giunge alla sua conclusione con la sentenza in commento, si tratta infatti della seconda volta che il fascicolo giunge in Cassazione, dopo il primo rinvio alla Corte d'appello deciso nel 2011. Tutto ha inizio con la domanda di risarcimento avanzata dagli eredi di una donna deceduta a seguito di uno scontro frontale in auto. A seguito del rinvio alla Corte territoriale non è dato sapere, leggendo la sentenza in commento, cosa sia successo prima, posto che non viene riportata la vicenda processuale per intero quest'ultima aveva liquidato le somme dovute a titolo di danno patrimoniale e non patrimoniale. La nuova sentenza di secondo grado è stata impugnata dagli eredi mentre l'assicurazione si è difesa con controricorso con ricorso incidentale. Sul danno da perdita del rapporto parentale. Gli eredi lamentano, tra l'altro, che la Corte d'appello avrebbe errato nel ritenere non provato il danno da rottura del rapporto parentale. La Terza sezione respinge il motivo, ritenendo corretta la decisione dei giudici del merito per i quali vi era stata sì una straziante elaborazione del lutto ma non era stata dimostrata né lo sconvolgimento della quotidianità e né la paralisi dello svolgimento della vita di relazione. Con l'occasione viene ricordato che il pregiudizio da perdita del rapporto parentale, da allegarsi e provarsi specificamente dal danneggiato ex art. 2697 c.c., rappresenta un peculiare aspetto del danno non patrimoniale, distinto dal danno morale e da quello biologico, con i quali concorre a compendiarlo, e consiste non già nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità, bensì nello sconvolgimento dell'esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita . Quali sono gli effetti della responsabilità per mala gestio cd. impropria. La Corte d'appello aveva ritenuto sussistente nel caso in esame la responsabilità da mala gestio dell'assicurazione dato il comportamento della stessa che nel corso del lunghissimo giudizio, nonostante i chiarissimi elementi di responsabilità esclusiva del suo assicurato , aveva sempre rifiutato di rendersi disponibile alla definizione della controversia. Nell'unico motivo di ricorso incidentale la compagnia di assicurazioni lamenta però la circostanza che la Corte non abbia limitato al massimale assicurato la responsabilità per quanto concerne il capitale. La Terza sezione accoglie il motivo di ricorso, ribadendo che la condanna per mala gestio cd. impropria dell'assicuratore della responsabilità civile che abbia ritardato colposamente il pagamento del risarcimento dovuto al terzo comporta la condanna ultramassimale solo per gli interessi sul massimale e, eventualmente, per il maggior danno ex art. 1224, comma 2, c.c. che può consistere anche nella svalutazione monetaria . Conseguentemente, decidendo nel merito, la Cassazione ha riformato la sentenza impugnata, limitando la condanna dell'assicurazione in solido con il responsabile nei soli limiti del massimale per il capitale e, ultramassimale, per gli interessi ed il maggior danno.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 3 dicembre 2015 – 14 marzo 2016, n. 4892 Presidente Spirito – Relatore Pellecchia Svolgimento del processo 1. La vicenda trae origine da un tragico incidente in cui l’auto condotta da P.C. sbandò e invadendo la corsia di marcia opposta si scontrò frontalmente con l’auto che sopraggiungeva in senso inverso e condotta da I.C. insieme al quale viaggiavano il padre Cosimo e la signora B.A. , terza trasportata. I.C. e la B. subirono lesioni personali, il padre Cosimo invece morì nello scontro. Dopo un lungo giudizio, per quel che qui rileva, la Corte d’Appello di Lecce quale giudice di rinvio a seguito della sentenza di Cassazione n. 10528/2011, pronunciando sull’atto di citazione per riassunzione con sentenza del 9 luglio 2013 ha così provveduto 1 in parziale accoglimento dell’appello avanzato dagli T.I. , I.R. e P. ha condannato P.C. e la Milano assicurazioni S.p.A. al pagamento, in solido tra loro ed in favore delle gli attori delle seguenti somme - Euro 98.459,678 a titolo di danno patrimoniale oltre rivalutazione Istat dal 6 agosto 1990 e fino alla presente decisione nonché interessi al saggio legale sulla somma anno per anno rivalutata e fino all’effettivo soddisfo - Euro 790.000,00 per danno non patrimoniale, da cui va detratta la somma di euro 276.650,72 già corrisposta dalla società assicuratrice a seguito della prima sentenza della corte d’appello oltre rivalutazione monetaria secondo Istat a partire dal gennaio del 1012 fino alla presente decisione, nonché interessi al tasso legale sulla somma anno per anno rivalutata sempre a partire dalla stessa data e fino all’effettivo soddisfo - Euro 1199,47 oltre rivalutazione monetaria secondo indici Istat suddetta somma a partire dal 11 settembre 2003 e fino all’effettivo soddisfo in favore della sola I.M.M. . 2. Avverso tale decisione la Traetta e gli Inglese propongono ricorso in Cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da memoria. 2.1. Resiste con controricorso la società Milano Assicurazioni s.p.a., che spiega altresì ricorso incidentale sulla base di 2 motivi, illustrati da memoria, cui resistono con controricorso la T. e gli I Motivi della decisione 3. I ricorsi, principale e incidentale, vanno riuniti ex art. 335 c.p.c 3.1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 2059, 1223 e 1226 c.c. degli artt. 2, 29 e 30 Cost. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.comma in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c Nullità della sentenza, per motivazione meramente apparente, perché incoerente, contraddittoria e perplessa, in violazione dell’art. 111 Cost., il tutto in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. . La Corte d’appello ha errato perché ha ritenuto non provato il danno da rottura del rapporto parentale. Il motivo è infondato. È principio di questa Corte che il pregiudizio da perdita del rapporto parentale, da allegarsi e provarsi specificamente dal danneggiato ex art. 2697 c.c., rappresenta un peculiare aspetto del danno non patrimoniale, distinto dal danno morale e da quello biologico, con i quali concorre a compendiarlo, e consiste non già nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità, bensì nello sconvolgimento dell’esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita Cass. 16992/2015 . Nel caso di specie il giudice del merito con motivazione scevra da vizi logico-giuridici ha ritenuto che tali elementi non sono stati forniti in maniera diversa da quelli che sono stati posti a base della domanda relativa al danno morale. Infatti una cosa è la naturale, per quanto dolorosa e straziante/ elaborazione del lutto altra è lo sconvolgimento della quotidianità e la paralisi dello svolgimento della sua vita di relazione. Né tantomeno può ritenersi che tale motivazione sia apparente. 4.2 . Con il secondo motivo, denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 2059, 1223 e 1226 c.c. degli artt. 2, 29 e 30 Cost. . I ricorrenti sostengono che la Corte d’Appello non ha applicato le tabelle milanesi per la liquidazione del danno alla vedova ed ai figli perché dalla somma loro attribuita complessivamente se si scorporano gli interessi sono stati liquidati importi inferiori. Il motivo è in parte inammissibile per la sua genericità, ed in parte infondato. Occorre premettere che nel giudizio di legittimità è onere del ricorrente indicare con specificità e completezza quale sia il vizio da cui si assume essere affetta la sentenza impugnata. Sono inammissibili quei motivi che non precisano in alcuna maniera in che cosa consiste la violazione di legge che avrebbe portato alla pronuncia di merito che si sostiene errata, o che si limitano ad una affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione Cass. 15263/2007 . Come appunto nel caso di specie. Ma in ogni caso il motivo è pure infondato poiché la Corte di merito ha correttamente quantificato il danno, personalizzandolo, utilizzando i parametri di liquidazione delle tabelle milanesi correlati all’epoca della decisione adottata. Pertanto il danno è stato liquidato all’attualità e la decisione del giudice di merito sul punto è scevra di vizi logico giuridici. 4.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 1219, comma 2, n. 1, 1223 e 1226 c.comma e dei relativi principi relativamente alla determinazione della perdita subita e del mancato guadagno in materia di obbligazioni di valore, il tutto in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c In subordine nullità della sentenza per violazione degli artt. 111 co. 6 Cost. e 132, comma 1, n. 4, c.p.comma in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. . Si dolgono che il giudice del merito avendo liquidato complessivamente il danno non patrimoniale abbia omesso di liquidare a loro favore il lucro cessante. 4.4. Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1324 e 1362 e sgg. c.comma in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c In subordine, nullità della sentenza per violazione degli artt. 111 co. 6 Cost. e 132 c.p.comma in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. . I ricorrenti lamentano che sia durante il giudizio di rinvio sia successivamente siano state aggiornate le tabelle milanesi, mentre nel nostro caso il danno non patrimoniale è stato solamente rivalutato al 2011. Il terzo e quarto motivo possono essere esaminati insieme perché strettamente connessi e sono in parte inammissibili in parte infondati. Inammissibile perché la liquidazione del lucro cessante dipende dall’equo apprezzamento delle circostanze del caso concreto da parte del giudice del merito. Valutazione che la Corte d’appello, in modo esplicito e non affatto apparente, ha fatto a pagina 21 - 22 della sentenza. Ma è anche infondato perché per principio di questa corte il creditore deve fornire la prova del mancato guadagno che nel caso di specie non è stato fatto. Infatti in sede di liquidazione equitativa del lucro cessante, ai sensi degli artt. 2056 e 1226 cod. civ., ciò che necessariamente si richiede è la prova, anche presuntiva, della sua certa esistenza, in difetto della quale non vi è spazio per alcuna forma di attribuzione patrimoniale, attenendo il giudi7io equitativo solo all’entità del pregiudizio medesimo, in considerazione dell’impossibilità o della grande difficoltà di dimostrarne la misura Cass. n. 11968/2013 . 5. Con l’unico motivo di ricorso incidentale la Unipolsai lamenta la violazione di norme di diritto in relazione all’articolo 348 c.p.comma ai sensi dell’articolo 360 comma 1, n. 3 c.p.c Denuncia la compagnia di assicurazioni che la sentenza impugnata presenta profili poco chiari su un punto controverso e decisivo per il giudizio attesi i limiti della garanzia assicurativa prestata dalla società esponente. In particolare la compagnia si duole del fatto che la corte territoriale avrebbe omesso di precisare, nel dispositivo, che la solidarietà tra i due condebitori si sarebbe dovuta intendere limitata alla sorte ricompresa nella somma di euro 774.685,35, massimale assicurato oltre ai relativi oneri accessori liquidati e alle spese di lite. Il ricorso è fondato e va accolto. Innanzitutto occorre precisare che la sentenza della Corte d’Appello ha ritenuto sussistere la responsabilità da mala gestio della società assicuratrice che più volte, nel corso del lunghissimo giudizio ha rifiutato di prestare la sua disponibilità a chiudere la controversia, nonostante i chiarissimi elementi di responsabilità esclusiva del suo assicurato nella causazione del sinistro. Ma è pur vero che è principio generale di questa Corte che l’assicuratore della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, ove ritardi colposamente il pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento in favore terzo danneggiato incorrendo così nell’ipotesi di cosiddetto mala gestio impropria , è tenuto alla corresponsione degli interessi sul massimale ed, eventualmente, del maggior danno ex art. 1224, comma secondo, cod. civ. che può consistere anche nella svalutazione monetaria . Tale responsabilità per mala gestio , tuttavia, può comportare la responsabilità ultramassimale dell’assicuratore solo per gli interessi e per il maggior danno anche da svalutazione monetaria, per la parte non coperta dagli interessi ma non per il capitale, rispetto al quale il limite del massimale è insuperabile. Nel caso di specie il giudice del merito dopo aver pronunciato correttamente il suddetto principio pag. 17 e 18 della sentenza se ne è poi discostato nel dispositivo condannando la società assicuratrice ultra massimale per la quota capitale. 6. Pertanto la Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e decidendo nel merito condanna l’assicuratore nei soli limiti del massimale per il capitale in solido con il P. , e ultramassimale per gli interessi ed il maggior danno per responsabilità già accertata dalla Corte d’Appello per mala gestio. Sussistono giusti motivi per compensare le spese. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e decidendo nel merito condanna l’assicuratore nei soli limiti del massimale per il capitale in solido con il P. , e ultramassimale per gli interessi ed il maggior danno per responsabilità già accertata dalla Corte d’Appello per mala gestio. Spese compensate.