Abusi subiti a 9 anni, ne prende coscienza solo a 24 anni: risarcita dal violentatore

Confermata la cifra che l’uomo dovrà versare alla donna che violentò quando era solo una bambina 200mila euro. Non tardiva la drammatica consapevolezza, da parte della vittima, degli abusi subiti in tenerissima età. Decisiva la relazione del consulente tecnico d’ufficio sulle ripercussioni provocate dalle molestie.

Quindici anni di inconsapevolezza. Poi, in occasione dei primi approcci sessuali col fidanzato, la terribile scoperta da bambina è stata violentata. Una volta individuato l’autore degli abusi, l’uomo è condannato a risarcire i danni psico-fisici subiti dalla sua vittima, versandole ben 200mila euro Cassazione, sentenza n. 4899/16, sezione Terza Civile, depositata oggi . Risarcimento. Nessun dubbio per i giudici del Tribunale prima e per quelli d’appello poi doveroso il risarcimento dei danni da parte di un uomo nei confronti della donna che lui ha violentato quando era ancora una bambina. Significativa la cifra 200mila euro . Decisiva la valutazione compiuta dal consulente tecnico d’ufficio. La relazione fornita, difatti, è servita a dare forza alle valutazioni dei giudici sia in ordine al tempo in cui si sarebbe verificato il fatto illecito , sia in ordine alla percezione della patologia di cui la donna assumeva di essere portatrice . Ora il ragionamento compiuto in primo e in secondo grado viene ritenuto fondato dai Magistrati della Cassazione. Nessuna possibilità di mettere in discussione il risarcimento a favore della donna. Ella ha iniziato a realizzare di essere stata oggetto di abusi all’età di 24 anni con i primi approcci sessuali con il fidanzato , e in quel momento si è innescato il processo di slatentizzazione , accompagnato anche dalla addebitabilità cera della violenza a un determinato soggetto . E, in questa ottica, la relazione del consulente tecnico d’ufficio, come detto, ha avuto un grosso peso nella decisione finale.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 dicembre 2015 – 14 marzo 2016, n. 4899 Presidente Ambrosio – Relatore Pellecchia Svolgimento del processo 1. La vicenda trae origine da una violenza sessuale perpetrata da A.F. su E.M. nel 1985 quand'era minore di nove anni. A seguito dell'azione promossa dalla M., nel febbraio 2005, il Forlivese venne condannato dal Tribunale di Forlì a corrispondere all'attrice l'importo di euro 200.000 quale risarcimento dei danni. Il Tribunale tra l'altro rigettava la domanda riconvenzionale volta ad ottenere il risarcimento danni per diffamazione proposta dal convenuto. 2. La decisione è stata confermata dalla Corte d'Appello di Bologna, con sentenza n. 628 del 10 maggio 2013. 3. Avverso tale decisione, A.F. propone ricorso in Cassazione sulla base di 8 motivi, illustrati da memoria. 3.1 Resiste con controricorso illustrato da memoria E.M Motivi della decisione 4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 - 2934 - 2935 - 2943 - 2946 - 2947 c.comma 112 c.p.comma nonché art. 360 c.p.comma n. 3 e 4 per omesso insufficiente esame del primo motivo di appello con il quale si censurava il fatto che nella sentenza di primo grado fosse stato deciso il merito prima della preliminare eccezione di prescrizione così dandosi un'errata struttura alla sentenza impugnata, le cui statuizione divenivano definitive nella sentenza qui censurata per omesso esame dei motivo e quindi trascurandosi e violandosi principi giurisprudenziali consolidati, da ciò una decisione definitiva erronea e quindi ingiusta . Lamenta il ricorrente che il giudice del merito avrebbe dovuto preliminarmente esaminare la questione di prescrizione sollevata dal F. e solo successivamente avrebbe potuto affrontare il merito. Per tale motivo i giudici del merito davano una struttura non corretta della sentenza privilegiando l'esame del merito all'esame dell'eccezione. Il motivo è in parte inammissibile per difetto di autosufficienza ed in parte infondato. Il giudice del merito non è incorso in nessuna delle violazioni che gli sono attribuite. Infatti nel caso di specie correttamente ha esaminato la domanda nel merito perché ha valutato in senso negativo l'eccezione di prescrizione E' principio consolidato di questa Corte che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito decorre da quando il danneggiato, con l'uso dell'ordinaria diligenza, sia stato in grado di avere conoscenza dell'illecito, del danno e della derivazione causale dell'uno dall'altro Cass. 13616/2011 . Infatti il momento iniziale della prescrizione dell'azione risarcitoria va ricollegato al momento in cui il danneggiato ha avuto la reale e concreta percezione dell'esistenza e della gravità del danno stesso, nonché della sua addebitabilità ad un determinato soggetto, ovvero dal momento in cui avrebbe potuto pervenire a siffatta percezione usando la normale diligenza Cass. 18352/2013 . Nel caso di specie la vittima ha iniziato a realizzare di essere stata oggetto di abusi all'età di 24 anni quando ha iniziato ad avere i primi approcci sessuali con il fidanzato. Momento in cui si è innescato il processo di slatentizzazione. E' appunto da quel momento che sono iniziati a decorrere i termini di prescrizione. 4.2. Con il secondo motivo, denuncia la art. 360 n. 3 e 4 c.p.c., in relazione agli articoli 2729 c.comma 112 e 116 c.p.comma per omessa, insufficiente contraddittoria motivazione sulle argomentazioni dedotte nel motivo secondo dell'appello e quindi per omesso esame delle censure dedotte in atto di appello in ordine alla valutazione della prova, con particolare riguardo all'utilizzabilità degli indizi . Il ricorrente sostiene che la presente controversia sia stata decisa su base indiziaria come riconosciuto dal giudice stesso alla pagina nove della sentenza del Tribunale poi confermata in appello. E pertanto per decidere una controversia sulla base di indizi doveva rispettarsi il seguente principio di diritto l'esistenza di una presunzione sulla quale sia possibile fondare la decisione di una causa può validamente desumersi in presenza di una pluralità di elementi di valutazione gravi precisi e concordanti nei quali il requisito della gravità è ravvisabile per il grado di convincimento che ciascuno di essi è idoneo a produrre a fronte di un fatto ignoto la cui esistenza deve poter essere dimostrata in termini di ragionevole certezza il requisito della precisione impone che i fatti noti e l'iter logico del ragionamento probabilistico siano ben determinati nella loro realtà storica ed il requisito unificante della concordanza richiede che il fatto ignoto sia di regola desunto da una pluralità di fatti di noti gravi e precisi, univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza mentre la sommatoria di una serie di dati in sé insignificanti e privi di precisazione gravità non può assumere rilevanza alcuna. 4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta ex art. 360 n. 3 e 4 c.p.comma in relazione articoli 112 e 116 c.p.comma 2697 c.comma per omessa, insufficiente contraddittoria motivazione e per omesso esame di un motivo di appello riguardante l'applicazione dell'onere della prova. 4.4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta ex art. 360 n. 3 e 4 c.p.comma in relazione articoli 2697 c.comma 112 e 116 c.p_comma per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Lamenta il ricorrente con i suindicati motivi la violazione del principio di diritto secondo cui in sede civile vige la norma che pone a carico dell'attore l'onere di dare la prova della sua domanda. Tale principio è stato disatteso perchè non è stata fornita la prova del fatto né tantomeno la data in cui lo stesso si sarebbe verificato. I motivi due tre e quattro possono essere esaminati congiuntamente perché strettamente connessi e sono tutti in parte inammissibili per la loro genericità, ed in parte infondati. E' principio consolidato di questa Corte che con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l'apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall'analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, come appunto nel caso di specie. L'apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell'ambìto di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione Cass. 7921/2011 . Ed in ogni caso è principio di questa Corte seguito correttamente dai giudici del merito che la testimonianza de relata ex parte actoris può assurgere a valido elemento di prova quando sia suffragata da ulteriori risultanze probatorie, che concorrano a confermarne la credibilità. Le testimonianze de relata, aventi ad oggetto circostanze apprese da persone estranee al giudizio, possono avere un'influenza sul convincimento del giudice, nel concorso di altri elementi oggettivi e concordanti che ne suffraghino la credibilità Cass. n. 4306/2001 . Come appunto avvenuto nel caso di specie. Inoltre le soglie minime per l'applicazione delle inferenze presuntive di cui all'art. 2729 cod. civ. - per ritenere cioè che sussistano elementi gravi, precisi e concordanti tali da autorizzare la conclusione che il fatto ignoto sia provato sulla base di quello noto - sono legittimamente fissate dal giudice del merito, anche se implicitamente, sulla base del complessivo contesto sostanziale e processuale nel quale si imbatte. cfr. Cass. 13 marzo 2009, n. 6181 . Anche sotto questo profilo la sentenza in esame non risulta, dunque, sindacabile in questa sede. 4.5. Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta ex art. 360 n. 3 e 4 c.p.comma in relazione articoli 61, 194 c.p.comma e 112 e 116 c.p.comma per illegittimo utilizzo di una c.t.u. come succedaneo di una prova non fornita . Sostiene il ricorrente che i giudici del merito hanno errato perché il c.t.u. non poteva essere chiamato a sorreggere i convincimenti del giudice sia in ordine al tempo in cui si sarebbe verificato il fatto illecito sia in ordine alla percezione della patologia di cui E.M. assumeva di essere portatrice mancando negli atti prova diretta della consumazione del fatto e del tempo in cui si sarebbe verificato. 4.6. Con il sesto motivo, il ricorrente lamenta ex art. 360 n. 3 e 4 c.p.comma in relazione articoli 61, 191, 194 c.p.comma e artt. 112 e 116 c.p.c. . Lamenta ancora il ricorrente che la reiezione della eccezione di prescrizione è stata effettuata in violazione degli stessi principi di diritto sopra citati per se utilizzati per altre finalità ciò sempre con riguardo alla utilizzazione della c.t.u. come mezzo di prova. Il quinto e il sesto motivo possono essere esaminato congiuntamente e sono entrambi infondati. E' infatti principio consolidato di questa Corte che il giudice può affidare al consulente tecnico non solo l'incarico di valutare i fatti da lui stesso accertati o dati per esistenti consulente deducente , ma anche quello di accertare i fatti stessi consulente percipiente . Nel primo caso la consulenza presuppone l'avvenuto espletamento dei mezzi di prova e ha per oggetto la valutazione di fatti i cui elementi sono già stati completamente provati dalle parti nel secondo caso la consulenza può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, senza che questo significhi che le parti possono sottrarsi all'onere probatorio e rimettere l'accertamento dei propri diritti all'attività del consulente. In questo secondo caso è necessario, infatti, che la parte quanto meno deduca il fatto che pone a fondamento del proprio diritto e che il giudice ritenga che il suo accertamento richieda cognizioni tecniche che egli non possiede o che vi siano altri motivi che impediscano o sconsiglino di procedere direttamente all'accertamento. Cass. n. 6155/2009 Cass. n. 27002/2005 Cass. n. 9522/1996 . Ed è proprio sulla consulenza percipiente che il giudice del merito ha effettuato le sue valutazioni. Ed in ogni caso va osservato anche che è devoluta al giudice del merito l'individuazione delle fonti dei proprio convincimento e, pertanto, lo sono anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta, fra le risultanze istruttorie, di quelle ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro diverso spessore probatorio, con l'unico limite dell'adeguata e congrua giustificazione dei criterio adottato. 4.7. Con il settimo e ottavo motivo il ricorrente deduce che vanno articolati come i precedenti in tema di omesso esame dei motivi di appello considerandosi che la Corte d'Appello ha confermato il quantum del danno e la reiezione della domanda riconvenzionale come ritenuto dal primo giudice senza valutare e neppure respingere le deduzioni di parte convenuta esposte nei corrispondenti motivi dell'appello . 1 motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili per genericità. Nel giudizio di legittimità è onere del ricorrente indicare con specificità e completezza quale sia il vizio da cui si assume essere affetta la sentenza impugnata. Sono inammissibili quei motivi che non precisano in alcuna maniera in che cosa consiste la violazione di legge che avrebbe portato alla pronuncia di merito che si sostiene errata, o che si limitano ad una affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione Cass. 15263/2007 . Nella specie, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la Corte territoriale ha esaminato i motivi di appello, implicitamente dando contezza per effetto della confermata fondatezza della domanda risarcitoria delle ragioni del rigetto della riconvenzionale. 5. Deve essere rigettata la domanda di condanna al risarcimento dei danni da responsabilità processuale aggravata proposta dalla M. ex art. 96, terzo comma, c.p.comma comma aggiunto dall'art. 45 comma 12, della L 18 giugno 2009, n. 69 nei confronti del ricorrente perché la norma si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore, 4 luglio 2009. Nei caso di specie il giudizio si è radicato nel 2005. 6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della contro ricorrente che liquida in complessivi uro 8.200,00 di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.