La SIM, datore di lavoro del promotore finanziario, può rispondere degli atti compiuti dal dipendente

Il presupposto della responsabilità dell'intermediario finanziario è rinvenuto nella consegna di soldi dal cliente in favore dell'intermediario/dipendente, secondo le modalità concordate, mentre, nessuna responsabilità deve essere rilevata per consegne che avvengano fuori dalle modalità concordate.

In questo senso la sentenza n. 4037/16, depositata dalla Corte di Cassazione il 1° marzo. Il caso. Un privato conferiva incarico ad una SIM società di intermediazione mobiliare finalizzato alla gestione del suo patrimonio mobiliare. Il cliente conveniva in giudizio la società affinché fosse condannata a risarcire il danno derivante dall'operato del suo dipendente, ovvero, dalla condotta del dipendente della SIM che si era appropriato di somme che, invece, dovevano confluire nel patrimonio da gestire. Parte convenuta si difendeva chiamando in giudizio il dipendente e, comunque, chiedendo azione di regresso nei confronti del lavoratore e di essere manlevata dalla propria compagnia assicurativa. Il Tribunale respingeva la domanda articolata dall'attore. La Corte d'appello accoglieva le istanze limitatamente a parte delle somme richieste. Nel merito la Corte territoriale riconosceva la responsabilità della SIM per le sole somme versate con assegno intestato alla società e distratte dal dipendente, escludendo la responsabilità per tutte le altre somme versate nelle mani del dipendente senza alcuna intestazione. Nessuna responsabilità è stata rilevata in riferimento alle somme versate in contanti. Parte attrice ha proposto ricorso per cassazione. Nessuna difesa, in tutti e tre i gradi di giudizio, è stata articolata dal dipendente. Libertà di decisione del giudice di merito. La S.C. ha ribadito il principio per effetto del quale spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni. Pertanto, l'opposizione che rilevi l'omessa rilevazione di mezzi istruttori non deve essere generica ma orientata a rilevare quale sia l'elemento probatorio non correttamente valutato e quale sia la sua decisività rispetto alla causa. Rilevanza dell'esito del giudizio penale. La ricorrente ha rilevato che il giudice territoriale non ha tenuto conto del giudizio penale celebratosi a carico del dipendente e terminato con patteggiamento. La S.C. ha chiarito che il patteggiamento ha valenza di ammissione di responsabilità rispetto al reato contestato ma non ha valenza confessoria rispetto alla condotta specifica che, proprio per effetto del patteggiamento, risulta non accertata giudizialmente. Il presupposto della responsabilità dell'intermediario finanziario, hanno chiarito i Giudici di legittimità, deve essere rinvenuto nella consegna di soldi dal cliente all'intermediario/dipendente secondo le modalità concordate, mentre, nessuna responsabilità deve essere rilevata per consegne che avvengano fuori dalle modalità concordate. Con queste argomentazioni la Cassazione ha respinto il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 9 dicembre 2015 – 1 marzo 2016, n. 4037 Presidente Bernabai – Relatore Cristiano Svolgimento del processo La signora A.V. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Casale Monferrato la Ing Sviluppo Investimenti SIM s.p.a., con la quale aveva stipulato un contratto di gestione patrimoniale per il tramite del promotore finanziario B.M. , per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti a causa dell’illecito compiuto dal quest’ultimo, che si era indebitamente appropriato della somma di 300 milioni di lire che ella gli aveva versato in più riprese quanto a 100 milioni con un assegno e per il resto in contanti perché venisse investita in suo nome e per suo conto. La SIM, costituitasi in giudizio, contestò la propria responsabilità e provvide a chiamare in causa il B. , contro il quale propose domanda di regresso, nonché le proprie compagnie di assicurazione, CNA International Reinsurance, Lloyd of London Sindicato Rodeny Stone e Qbe International Insurance Ltd, per essere dalle stesse manlevata. Il B. rimase contumace, mentre le tre compagnie assicuratrici si costituirono svolgendo a loro volta domanda di garanzia impropria nei confronti del promotore finanziario. Il giudice di primo grado respinse integralmente la domanda dell’attrice. L’appello proposto dalla A. contro la decisione è stato parzialmente accolto dalla Corte d’appello di Torino, che ha condannato Unicredit s.p.a. succeduta all’originaria convenuta nella titolarità del rapporto controverso a seguito di fusione per incorporazione al pagamento in favore dell’appellante della somma di Euro 51.645,68 corrispondente a 100 milioni delle vecchie lire , oltre rivalutazione monetaria ed interessi, ed ha conseguentemente accolto, nei limiti di tale somma, le domande di regresso e di garanzia propria svolte dall’appellata nei rispettivi confronti del B. e delle società di assicurazione, nonché quella di garanzia impropria avanzata dalle compagnie contro il B. . Per quanto in questa ancora interessa, la corte del merito ha affermato che la responsabilità della SIM per l’illecito compiuto dall’ausiliario dovesse ravvisarsi in relazione alla dazione dei cento milioni di lire effettuata dalla A. mediante assegno espressamente menzionato nel contratto di gestione patrimoniale, emesso dall’appellante nella medesima data della stipulazione di tale contratto e, pacificamente, incassato dalla madre del B. , che ne figurava beneficiaria che non era contestabile il nesso di occasionalità fra l’appropriazione del titolo da parte del promotore finanziario e l’attività da questi svolta in tale veste professionale, mentre andava escluso che la A. avesse concorso alla produzione del danno per il solo fatto di aver omesso di intestare l’assegno alla SIM ed aver così consentito al B. di compilarlo abusivamente, posto che è obbligo del promotore di ricevere dal cliente esclusivamente titoli intestati alla società di intermediazione e che tale obbligo, se disatteso, non implica automaticamente né una collusione né un’acquiescenza colpevole del cliente che gli abbia consegnato somme di denaro con modalità difformi da quelle con cui sarebbe abilitato a riceverle che, per contro, attesa la scarsa credibilità in sé della circostanza e stante la genericità delle dichiarazioni rese sul punto dai testi escussi, non poteva ritenersi raggiunta la prova che la A. avesse versato al B. , in contanti e senza ricevuta, altri duecento milioni di lire né, tantomeno, che l’ipotetico versamento fosse legato da nesso di occasionalità all’attività professionale del ricevente. La sentenza, pubblicata il 17.12.2008, è stata impugnata da A.V. con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui hanno resisto con separati controricorsi Unicredit s.p.a., che ha anche proposto ricorso incidentale per un motivo, e le società assicuratrici Lloyd’s of London Brit Syndacates ltd già Sindacate Rodney Stone , Qbe Insurance ltd e CX Reinsurance Company ltd. già CNA International Reinsurance Company . B.M. non ha svolto attività difensiva. Le parti controricorrenti hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1 Con l’unico motivo di ricorso A.V. deduce vizio di motivazione della sentenza impugnata, lamentando che la domanda di risarcimento del danno derivatole dalla perdita della somma di 200 milioni di lire, da lei consegnata al B. in contanti, sia stata respinta senza tener conto delle risultanze del procedimento penale promosso a carico di quest’ultimo, che si era concluso con una sentenza di patteggiamento. Il motivo è inammissibile per più di una ragione. È principio costantemente affermato da questa Corte che il giudice del merito può fondare il proprio convincimento sui soli elementi probatori che ritiene rilevanti per la decisione e non è obbligato a prendere in esame e a disattendere tutte le contrarie risultanze processuali, a condizione che risulti logicamente giustificato il valore preminente accordato agli elementi da lui utilizzati cfr., da ultimo e fra moltissime, Cass. nn. 13485/014, 8129/014, 25608/013 . Ne consegue che il ricorrente che impugni la sentenza sotto il profilo di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. non può limitarsi a lamentare l’omessa considerazione di determinati elementi istruttori, ma deve illustrarne la decisività ai fini della diversa soluzione della controversia auspicata. Ora anche a non voler tener conto che, ai sensi dell’art. 366 I co. nn. 6 c.p.c. la A. avrebbe dovuto allegare specificamente al ricorso gli atti del procedimento penale od, in alternativa, indicarne l’esatta collocazione processuale all’interno del proprio fascicolo di parte il motivo non chiarisce da quali fra tali atti emergerebbe la prova dell’avvenuta dazione in contanti al B. della somma di 200 milioni di lire, atteso che il fatto che l’imputato abbia patteggiato la pena, in tal modo ammettendo la sua responsabilità in relazione al reato di appropriazione indebita ascrittogli, non ha valenza confessoria di detta specifica circostanza che, d’altro canto, proprio perché il processo è stato definito con sentenza di patteggiamento, neppure è stata in concreto accertata dal giudice penale. Inoltre, ed è ciò che maggiormente rileva, la ricorrente non ha in alcun modo censurato l’affermazione della corte territoriale, costituente autonoma ratio decidendi , di per sé sufficiente a sorreggere la pronuncia di rigetto, in parte qua, della domanda risarcitoria, secondo cui, al di là della mancanza di prova della dazione, non poteva, in ogni caso, ritenersi dimostrato il nesso di occasionalità necessaria tra l’asserita consegna della somma al B. e l’attività di promotore finanziario che questi svolgeva per la SIM. 2 Con l’unico motivo di ricorso incidentale Unicredit, denunciando violazione degli artt. 1227 e 2056 c.c., lamenta che la corte del merito abbia escluso il concorso colposo della A. nella produzione del danno riconosciuto, pur essendo stato accertato che la signora aveva consegnato al B. un assegno dell’importo di 100 milioni di lire lasciando in bianco il nome del prenditore. Il motivo deve essere respinto. Va sul punto condiviso il principio, cui il collegio intende dare continuità, già enunciato da questa Corte con la sentenza n. 8229/06, secondo cui l’intermediario finanziario non solo non può invocare, quale causa di esclusione della responsabilità che l’art. 23 del d.lgs. n. 415/96 applicabile ratione temporis al caso di specie pone a suo carico per i danni arrecati a terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari, il fatto che il cliente abbia consegnato al promotore le somme di denaro di cui quest’ultimo si è illecitamente appropriato con modalità difformi da quelle previste dal regolamento Consob vigente all’epoca il reg. n. 11522/98, che all’art. 96 faceva, fra l’altro, obbligo al promotore di ricevere esclusivamente assegni bancari o circolari intestati o girati al soggetto abilitato per conto del quale operava, muniti di clausola di non trasferibilità , ma neppure può addurre tale circostanza come concausa del danno subito dall’investitore al fine di ridurre l’ammontare del risarcimento dovuto. Infatti, come riconosciuto dalla stessa Unicredit, le disposizioni regolamentari emanate dalla Consob in materia dettano le principali regole di comportamento alle quali il promotore finanziario si deve attenere nei confronti degli investitori e sono volte ad offrire una più adeguata garanzia ai destinatari delle offerte fuori sede loro rivolte dall’intermediario per il tramite del promotore si tratta, in sostanza, di un meccanismo normativo che tende a responsabilizzare l’intermediario in relazione ai comportamenti di soggetti quali sono i promotori che l’intermediario medesimo sceglie, che operano nel suo interesse imprenditoriale e sui quali esso solo è in grado di esercitare efficaci forme di controllo. Non è dunque logicamente postulabile che una regola che è diretta a tutelare l’interesse del risparmiatore si traduca in un onere di diligenza posto a carico di quest’ultimo e che pertanto la sua violazione da parte del promotore che ne è l’unico destinatario si risolva in un addebito di colpa a carico del cliente danneggiato dall’illecito. Né il mero fatto che una corrispondente previsione sia eventualmente inserita nel documento contrattuale sottoscritto dal cliente può mutare la funzione di quella regola e trasformarla, da obbligo di comportamento del promotore in vista della tutela dell’investitore, in un onere gravante su quest’ultimo in funzione della tutela dell’intermediario rispetto ai rischi di comportamento infedele del promotore. L’applicazione dell’art. 1227 c.c. può, in definitiva, trovare spazio solo qualora l’intermediario provi che vi sia stata, se non addirittura collusione, quantomeno una consapevole e fattiva acquiescenza del cliente alla violazione da parte del promotore delle regole di condotta sullo stesso gravanti ciò che, nel caso, la corte territoriale ha motivatamente escluso, rilevando come Unicredit si fosse limitata ad allegare che la consegna del denaro mediante assegno bancario non intestato alla SIM violava il regolamento Consob all’epoca vigente. La reciproca soccombenza delle parti ricorrenti giustifica la compensazione fra le stesse delle spese del presente giudizio. Ricorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate le spese anche fra la ricorrente principale e le tre compagnie di assicurazione controricorrenti, tenuto conto dell’oggetto del giudizio e del fatto che le tre società sono state chiamate in causa da Unicredit. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale dichiara interamente compensate fra tutte le parti le spese del giudizio.