Gli aspetti relazionali non rientrano nel danno biologico (avvertite le assicurazioni)

Non è condivisibile l'assunto secondo cui, allorquando vengano presi in considerazione gli aspetti relazionali, il danno biologico assorbe sempre e comunque il c.d. danno esistenziale.

Così, in apparente motivato contrasto con le Sezioni Unite del 2008, la Terza Sezione della Cassazione Civile, nella sentenza n. 24210/15. La vicenda. Sebbene ci si trovi di fronte a una motivazione robusta” la sentenza è di 30 pagine , davvero poche righe vengono dedicate al fatto storico da cui è scaturito il giudizio sappiamo solo che si tratta di una domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali avanzata da un trasportato a titolo di cortesia nei confronti del proprietario-conducente e del Fondo di Garanzia Vittime della Strada, e che, per quel che attiene il punto di vista processuale, dopo il rigetto del Tribunale, la Corte d'appello aveva parzialmente accolto la domanda di risarcimento. Il successivo giudizio di Cassazione fornisce l'occasione alla Terza Sezione, presieduta nell'occasione dal Consigliere Petti, per una trattazione del danno non patrimoniale. Il danno patrimoniale deve necessariamente essere liquidato equitativamente. Anzitutto viene ricordata la diversità ontologica tra il danno non patrimoniale e quello patrimoniale, da cui viene fatta discendere la conseguenza che per il primo si imponga, per quanto attiene la quantificazione, la valutazione equitativa dello stesso, valutazione che è diretta a determinare la compensazione economica socialmente adeguata e che deve essere condotta con prudente e ragionevole apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto . Peraltro, così come il danno patrimoniale si suddivide in danno emergente e lucro cessante, e ciascuna di codeste categorie a propria volta può essere formata da svariate voci per esempio, con riferimento al lucro cessante la perdita di clientela, la mancata realizzazione di rapporti contrattuali con terzi, il discredito professionale, la perdita di prestazioni alimentari o lavorative, la perdita della capacità lavorativa specifica anche il danno non patrimoniale può suddividersi in diverse voci e laddove queste ultime vengano allegate e provate, è necessario che siano tutte risarcite sul punto si vedano le sentenze citate dalla Terza Sezione, ovvero Cass. n. 9770/2013, Cass. n. 9231/2013, Cass. n. 12773/2011 e Cass n. 10108/2011 . A tal proposito ben può il giudice procedere nel caso concreto con la determinazione del risarcimento spettante alle singole voci e poi procedere all'addizione per giungere al complessivo danno non patrimoniale ovvero determinare il totale e poi specificare come somme ovvero percentuali del totale il risarcimento spettante per ogni voce. Relativamente alla problematica, sorta dopo che le sentenze delle Sezioni Unite del 2008 ebbero la malaugurata idea di inserire quelle poche righe relative alla duplicazione risarcitoria , ora la Cassazione ha deciso che le duplicazioni risarcitorie si hanno pertanto solo allorquando lo stesso aspetto o voce viene computato due o più volte, sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni, laddove non sussistono in presenza della liquidazione dei molteplici e diversi aspetti negativi causalmente derivanti dal fatto illecito o dall'inadempimento e incidenti sulla persona del danneggiato/creditore . A maggior ragione non conta il nome” assegnato dal giudicante ovvero dal danneggiato stesso al pregiudizio lamentato, ma solo il concreto pregiudizio preso in esame. Il danno morale. Ancora una volta la Cassazione torna ad affrontare il tema del danno morale, che non può essere risarcito solo nel momento in cui la sofferenza non rimanga allo stadio interiore o intimo ma, obiettivizzandosi, sfocia in un danno biologico o in danno esistenziale. A parte tale ipotesi, il giudice deve invece dare rilievo agli aspetti relazionali come il radicale cambiamento di vita o l'alterazione/cambiamento della personalità del danneggiato. Nel caso in cui la liquidazione del danno biologico ovvero del danno morale contempli ma ciò deve essere esplicitato nella motivazione del giudice anche l'incidenza negativa sugli aspetti dinamico-relazioni del danneggiato, dovrà dunque essere esclusa l'ulteriore liquidazione a titolo di danno esistenziale. Ma laddove tali aspetti relazioni non siano stati presi in considerazione il giudice dovrà provvedere anche alla liquidazione di tali aspetti. Il danno da riduzione della capacità lavorativa. Dopo aver ribadito la vocazione nazionale” assunta dalle Tabelle di Milano, relativamente al risarcimento delle cd. macropermanenti e il principio che debbono essere utilizzate le Tabelle vigenti al momento della decisione, un altro tema affrontato nella sentenza in commento è quello del risarcimento da riduzione della capacità lavorativa, che nella sua declinazione generica non attiene alla produzione del reddito ma determina una menomazione dell'integrità psico-fisica risarcibile quale danno biologico, mentre la riduzione della capacità lavorativa specifica viene ricondotta nell'ambito del danno patrimoniale, con conseguente onere a carico del danneggiato di dimostrare il concreto svolgimento di una attività produttiva di reddito ovvero il mancato conseguimento a causa del fatto dannoso. In particolare, per quanto attiene sempre all'incapacità di lavoro generica deve essere risarcito anche il danno come lucro cessante derivante dal fatto che l'invalidità non consenta al danneggiato la possibilità di attendere ad altri lavori, confacenti alle attitudini e condizioni personali e ambientali dell'infortunato in questo senso la Terza Sezione l'ha definito un danno da perdita di chance ed in particolare come danno certo ed attuale in proiezione futura . Il riconoscimento di tale danno non costituisce duplicazione rispetto alla liquidazione del danno da incapacità lavorativa specifica, considerato che quest'ultimo concerne il risarcimento del diverso pregiudizio dell'impossibilità di attendere una specifica attività lavorativa in essere al momento del sinistro. Per ciò che riguarda la misura del reddito, nel caso di soggetto al momento improduttivo, ben potrà farsi riferimento, ha detto la Terza Sezione, al criterio del triplo della pensione sociale.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 9 luglio – 27 novembre 2015, numero 24210 Presidente Petti – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 5/10/2011 la Corte d'Appello di Venezia, in accoglimento del gravame interposto dal sig. C.J. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Treviso numero 1529/06, ha parzialmente accolto la domanda proposta nei confronti del sig. M.Z. e della società Assicurazioni Generali s.p.a., in qualità di impresa designata per il F.G.V.S., di risarcimento dei danni subiti in conseguenza del sinistro stradale avvenuto il 30/12/1999, allorquando rimaneva coinvolto nell'uscita di strada dell'autovettura, su cui era trasportato a titolo di cortesia, di proprietà dell'amico sig. S.C.N. e condotta dal predetto M. , avvenuta per fatto e colpa di quest'ultimo. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il C. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso la società Assicurazioni Generali s.p.a., che spiega altresì ricorso incidentale sulla base di 4 motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso il C. . L'altro intimato non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione Va pregiudizialmente dichiarato inammissibile il ricorso incidentale della società Generali Assicurazioni s.p.a., per difetto di specificità del mandato alle liti. La procura recata in calce all'atto risulta infatti conferita ai sensi dell'art. 83 c.p.c.”, con scrittura privata autenticata dal Notaio Carlo Marchetti in data 29/1/2010. Trattasi di procura generale alle liti che, come indicato nella prodotta missiva d.d. 11/2/2010, risulta essere stata conferita al difensore avv. Valentino Fedeli affinché ci rappresenti, assista e difenda in tutte le cause ed i procedimenti passivi già promossi e da promuovere, che si riferiscano a domande giudiziarie già proposte e da proporre nei nostri confronti a far data dal relativo rilascio e nei termini della stessa”. Con l'ulteriore precisazione Fermi restando gli obblighi da Lei assunti mediante adesione alle Condizioni generali di contratto applicabili agli incarichi professionali di natura legale conferiti dalle Società del Gruppo Generali, Le ricordiamo altresì che Lei potrà avvalersi dei poteri contenuti nell'allegata procura nell'ambito dei soli procedimenti per i quali Le dovesse venire conferito, per iscritto, specifico incarico e nei limiti di detto incarico”. Orbene, emerge evidente come nella specie difetti qualsiasi specifico incarico” conferito per il presente giudizio di cassazione, in violazione pertanto del principio affermato da questa Corte, anche a Sezioni Unite, in base al quale ai fini dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, per il rispetto del requisito della procura speciale al difensore iscritto nell'apposito albo, richiesto dal citato art. 365 c.p.c., è essenziale, da un lato, che la procura sia rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso, e, per altro verso, che essa investa il difensore espressamente del potere di proporre ricorso per cassazione contro una sentenza determinata la quale sentenza deve a tale stregua essere stata necessariamente pronunziata anteriormente al rilascio della procura stessa cfr. Cass., Sez. Unumero , 4/2/2009, numero 2636 , a pena di inammissibilità del ricorso cfr., da ultimo, con riferimento al controricorso, Cass., 29/5/2015, numero 11159 . Come questa Corte ha avuto più volte modo di affermare, diversamente che per quello patrimoniale del danno non patrimoniale il ristoro pecuniario non può mai corrispondere alla relativa esatta commisurazione, imponendosene pertanto la valutazione equitativa v. Cass., Sez. Unumero , 11/11/2008, numero 26972, cit. Cass., 31/5/2003, numero 8828. E già Cass., 5/4/1963, numero 872. Cfr. altresì Cass., 10/6/1987, numero 5063 Cass., 1/4/1980, numero 2112 Cass., 11/7/1977, numero 3106 . Valutazione equitativa che è diretta a determinare la compensazione economica socialmente adeguata” del pregiudizio, quella che l'ambiente sociale accetta come compensazione equa” in ordine al significato che nel caso assume l'equità v. Cass., 7/6/2011, numero 12408 . Subordinata alla dimostrata esistenza di un danno risarcibile certo e non meramente eventuale o ipotetico cfr., da ultimo, Cass., 8/7/2014, numero 15478. E già Cass., 19/6/1962, numero 1536 e alla circostanza dell'impossibilità o estrema difficoltà v. Cass., 24/5/2010, numero 12613. E già Cass., 6/10/1972, numero 2904 di prova nel suo preciso ammontare, attenendo pertanto alla quantificazione e non già all'individuazione del danno non potendo valere a surrogare il mancato assolvimento dell'onere probatorio imposto all'art. 2697 c.c. v. Cass., 11/5/2010, numero 11368 Cass., 6/5/2010, numero 10957 Cass., 10/12/2009, numero 25820 e, da ultimo, Cass., 4/11/2014, numero 23425 , la valutazione equitativa deve essere condotta con prudente e ragionevole apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto, considerandosi in particolare la rilevanza economica del danno alla stregua della coscienza sociale e i vari fattori incidenti sulla gravità della lesione. Come avvertito anche in dottrina, l'esigenza di una tendenziale uniformità della valutazione di base della lesione non può d'altro canto tradursi in una preventiva tariffazione della persona, rilevando aspetti personalistici che rendono necessariamente individuale e specifica la relativa quantificazione nel singolo caso concreto cfr. Cass., 31/5/2003, numero 8828 . Il danno non patrimoniale non può comunque essere liquidato in termini puramente simbolici o irrisori o comunque non correlati all'effettiva natura o entità del danno v. Cass., 12/5/2006, numero 11039 Cass., 11/1/2007, numero 392 Cass., 11/1/2007, numero 394 , ma deve essere congruo. Per essere congruo, il ristoro deve tendere, in considerazione della particolarità del caso concreto e della reale entità del danno, alla maggiore approssimazione possibile all'integrale risarcimento v. Cass., 30/6/2011, numero 14402 Cass., Sez. Unumero , 11/11/2008, numero 26972 Cass., 29/3/2007, numero 7740. Nel senso che il risarcimento deve essere senz'altro integrale v. peraltro Cass., 17/4/2013, numero 9231 . Alla stessa stregua di quanto si verifica relativamente al danno patrimoniale [il quale com'è noto si scandisce in danno emergente e lucro cessante, e ciascuna di queste categorie o sottocategorie è a sua volta compendiata da una pluralità di voci o aspetti o sintagmi, quali ad esempio, avuto riguardo al danno emergente, il mancato conseguimento del bene dovuto o la perdita di beni integranti il proprio patrimonio, il c.d. fermo tecnico, le spese di querela per l'avvocato difensore, per il C.T., funerarie, ecc. ovvero, con riferimento al lucro cessante, la perdita della clientela, la irrealizzazione di rapporti contrattuali con terzi, il discredito professionale, la perdita di prestazioni alimentari o lavorative, la perdita della capacità lavorativa specifica, aspetti o voci che ovviamente non ricorrono tutti sempre e comunque in ogni ipotesi di illecito o di inadempimento, e il cui ristoro dipende dalla verifica della loro sussistenza, con conseguente differente entità del quantum da liquidarsi al danneggiato/creditore nel singolo caso concreto], attesa la diversità ontologica degli aspetti o voci di cui si compendia la categoria generale del danno non patrimoniale è necessario che essi, in quanto sussistenti e provati, vengano tutti risarciti, e nessuno sia lasciato privo di ristoro v., da ultimo, Cass., 23/4/2013, numero 9770 Cass., 17/4/2013, numero 9231 Cass., 7/6/2011, numero 12273 Cass., 9/5/2011, numero 10108 . Al di là di affermazioni di principio secondo cui il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. precluderebbe la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona v. Cass., 12/2/2013, numero 3290 Cass., 14/5/2013, numero 11514 , viene poi generalmente anche in tali decisioni a darsi comunque rilievo alla circostanza che nel liquidare l'ammontare dovuto a titolo di danno non patrimoniale il giudice abbia invero tenuto conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi dello stesso nel singolo caso concreto, facendo luogo alla c.d. personalizzazione della liquidazione cfr., da ultimo, Cass., 12/6/2015, numero 12211 Cass., 23/9/2013, numero 21716 . Emerge evidente come rimanga a tale stregua invero sostanzialmente osservato il principio dell'integralità del ristoro, sotto il suindicato profilo della necessaria considerazione di tutti gli aspetti o voci in cui la categoria del danno non patrimoniale si scandisce nel singolo caso concreto, non essendovi in realtà differenza tra la determinazione dell'ammontare a tale titolo complessivamente dovuto mediante la somma dei vari addendi , e l'imputazione di somme parziali o percentuali del complessivo determinato ammontare a ciascuno di tali aspetti o voci v. Cass., 23/1/2014, numero 1361 . Nella giurisprudenza di legittimità si è per altro verso sottolineato che il principio della integralità del ristoro subito da quest'ultimo non si pone invero in termini antitetici bensì trova correlazione con il principio in base al quale il danneggiante/debitore è tenuto al ristoro solamente dei danni arrecati con il fatto illecito o l'inadempimento a lui causalmente ascrivibile, l'esigenza della cui tutela impone anche di evitarsi duplicazioni risarcitorie v. Cass., 30/6/2011, numero 14402 Cass., 14/9/2010, numero 19517 , che si configurano solo allorquando lo stesso aspetto o voce viene computato due o più volte, sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni, laddove non sussistono in presenza della liquidazione dei molteplici e diversi aspetti negativi causalmente derivanti dal fatto illecito o dall'inadempimento e incidenti sulla persona del danneggiato/creditore. Duplicazioni risarcitorie si hanno pertanto solo allorquando lo stesso aspetto o voce viene computato due o più volte, sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni, laddove non sussistono in presenza della liquidazione dei molteplici e diversi aspetti negativi causalmente derivanti dal fatto illecito o dall'inadempimento e incidenti sulla persona del danneggiato/creditore. In tema di liquidazione del danno non patrimoniale, al fine di stabilire se il risarcimento sia stato duplicato ovvero sia stato erroneamente sottostimato, rileva non già il nome assegnato dal giudicante al pregiudizio lamentato dall'attore biologico , morale , esistenziale , ma unicamente il concreto pregiudizio preso in esame dal giudice. Si ha, pertanto, duplicazione di risarcimento solo quando il medesimo pregiudizio sia liquidato due volte, sebbene con l'uso di nomi diversi v. Cass., 30/6/2011, numero 14402 Cass., 6/4/2011, numero 7844. In tal senso deve intendersi invero anche quanto affermato anche da Cass., Sez. Unumero , 16/2/2009, numero 3677 Il c.d. danno esistenziale costituisce solo un ordinario danno non patrimoniale, che non può essere liquidato separatamente sol perché diversamente denominato” . È invero compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore persona si siano verificate, e provvedendo alla relativa integrale riparazione v. Cass., 13/5/2011, numero 10527 Cass., Sez. Unumero , 11/11/2008, numero 26972 . Le Sezioni Unite del 2008 avvertono che i patemi d'animo e la mera sofferenza psichica interiore sono normalmente assorbiti in caso di liquidazione del danno biologico, cui viene riconosciuta portata tendenzialmente onnicomprensiva”. In tal senso è da intendersi la statuizione secondo cui la sofferenza morale non può risarcirsi più volte, allorquando essa non rimanga allo stadio interiore o intimo ma si obiettivizzi, degenerando in danno biologico o in danno esistenziale. Non condivisibile è invece l'assunto secondo cui, allorquando vengano presi in considerazione gli aspetti relazionali, il danno biologico assorbe sempre e comunque il c.d. danno esistenziale in tal senso v. invece Cass., 10/2/2010, numero 3906 Cass., 30/11/2009, numero 25236 . È infatti necessario verificare quali aspetti relazionali siano stati valutati dal giudice, e se sia stato in particolare assegnato rilievo anche al radicale cambiamento di vita, all'alterazione/cambiamento della personalità del soggetto, in cui di detto aspetto o voce del danno non patrimoniale si coglie il significato pregnante [per un'ipotesi di ritenuta esaustività della liquidazione operata dal giudice di merito del danno non patrimoniale subito da gestante non posta in condizione, per errore diagnostico, di decidere se interrompere la gravidanza , utilizzando come parametro di riferimento quello di calcolo del danno biologico, espressamente al riguardo indicando in motivazione che la fattispecie costituiva un caso paradigmatico di lesione di un diritto della persona, di rilievo costituzionale, che indipendentemente da un danno morale o biologico, peraltro sempre possibile, impone comunque al danneggiato di condurre giorno per giorno, nelle occasioni più minute come in quelle più importanti, una vita diversa e peggiore, di quella che avrebbe altrimenti condotto”, v. Cass., 4 gennaio 2010, numero 13]. In presenza di una liquidazione del danno biologico che contempli in effetti anche siffatta negativa incidenza sugli aspetti dinamico-relazionali del danneggiato, è correttamente da escludersi la possibilità che, in aggiunta a quanto a tale titolo già determinato, venga attribuito un ulteriore ammontare a titolo anche di danno esistenziale. Analogamente deve dirsi allorquando la liquidazione del danno morale sia stata espressamente estesa anche ai profili relazionali nei termini propri del danno esistenziale cfr. Cass., 15/4/2010, numero 9040, ove si è ravvisato essere indubbio che il giudice del merito, nel liquidare il danno morale dei genitori per la morte del figlio all'esito di sinistro stradale, avesse nel caso tenuto in considerazione anche la perdita del rapporto parentale”, sottolineando non assumere al riguardo rilievo il nomen iuris adottato dal giudice e dalle parti” bensì i tipi di pregiudizio che vengono complessivamente risarciti nella liquidazione del danno non patrimoniale da fatto configurabile come reato” Cass., 16/9/2008, numero 23275 . Laddove siffatti aspetti relazionali non siano stati invece presi in considerazione del tutto ovvero secondo i profili peculiarmente connotanti il c.d. danno esistenziale , dal relativo ristoro non può invero prescindersi [corretta appare l'affermazione, nel caso peraltro riferita al comportamento illecito che oggettivamente presenti gli estremi del reato”, secondo cui i danni ex art. 2059 c.c. debbono essere liquidati in unica somma, da determinarsi tenendo conto di tutti gli aspetti che il danno non patrimoniale assume nel caso concreto sofferenze fisiche e psichiche danno alla salute, alla vita di relazione, ai rapporti affettivi e familiari, ecc. ”, che si rinviene in Cass., 17 settembre 2010, numero 19816]. Come già più sopra osservato, il ristoro del danno non patrimoniale è imprescindibilmente rimesso alla relativa valutazione equitativa. Con particolare riferimento alla liquidazione del danno alla salute, si è in giurisprudenza costantemente affermata la necessità per il giudice di fare luogo ad una valutazione che, movendo da una uniformità pecuniaria di base , la quale assicuri che lo stesso tipo di lesione non sia valutato in maniera del tutto diversa da soggetto a soggetto, risponda altresì a criteri di elasticità e flessibilità, per adeguare la liquidazione all'effettiva incidenza della menomazione subita dal danneggiato a tutte le circostanze del caso concreto cfr. in particolare Cass., 7/6/2011, numero 12408 Cass., Sez. Unumero , 11/11/2008, numero 26972. E già Corte Cost., 14/7/1986, numero 184 . È invero compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore persona si siano verificate, e provvedendo al relativo integrale ristoro v. Cass., 13/5/2011, numero 10527 Cass., Sez. Unumero , 11/11/2008, numero 26972 . A tale stregua è allora esclusa la possibilità di applicarsi in modo puro parametri rigidamente fissati in astratto, giacché non essendo in tal caso consentito discostarsene, risulta garantita la prevedibilità delle decisioni ma assicurata invero una uguaglianza meramente formale, e non già sostanziale cfr. Cass., 23/1/2014, numero 1361 . Del pari inidonea è una valutazione rimessa alla mera intuizione soggettiva del giudice, e quindi, in assenza di qualsiasi criterio generale valido per tutti i danneggiati a parità di lesioni, sostanzialmente al suo mero arbitrio cfr. Cass., 23/1/2014, numero 1361 . Se una siffatta valutazione vale a teoricamente assicurare un'adeguata personalizzazione del risarcimento, non altrettanto può infatti dirsi circa la parità di trattamento e la prevedibilità della decisione v. Cass., 7/6/2011, numero 12408, ove si sottolinea come la circostanza che lesioni della stessa entità, patite da persone della stessa età e con conseguenze identiche, siano liquidate in modo fortemente difforme non possa ritenersi una mera circostanza di fatto ma integra una vera e propria violazione della regola di equità” . I criteri di valutazione equitativa, la cui scelta ed adozione è rimessa alla prudente discrezionalità del giudice, devono essere dunque idonei a consentire la c.d. personalizzazione del danno v. Cass., 16/2/2012, numero 2228 Cass., Sez. Unumero , 11/11/2008, numero 26972 Cass., 29/3/2007, numero 7740 Cass., 12/6/2006, numero 13546 , al fine di addivenirsi ad una liquidazione congrua, sia sul piano dell'effettività del ristoro del pregiudizio che di quello della relativa perequazione - nel rispetto delle diversità proprie dei singoli casi concreti - sul territorio nazionale v. Cass., 13/5/2011, numero 10528 Cass., 28/11/2008, numero 28423 Cass., 29/3/2007, numero 7740 Cass., 12/7/2006, numero 15760 . In tema di liquidazione del danno, e di quello non patrimoniale in particolare, l'equità si è da questa Corte intesa nel significato di adeguatezza” e di proporzione”, assolvendo alla fondamentale funzione di garantire l'intima coerenza dell'ordinamento, assicurando che casi uguali non siano trattati in modo diseguale”, con eliminazione delle disparità di trattamento” e delle ingiustizie” così Cass., 7/6/2011, numero 12408 . I criteri da adottarsi al riguardo debbono consentire pertanto una valutazione che sia equa, e cioè adeguata e proporzionata v. Cass., 7/6/2011, numero 12408 , in considerazione di tutte le circostanze concrete del caso specifico, al fine di ristorare il pregiudizio effettivamente subito dal danneggiato, a tale stregua pertanto del pari aliena da duplicazioni risarcitorie v. Cass., 13/5/2011, numero 10527 Cass., 6/4/2011, numero 7844 , in ossequio al principio per il quale il danneggiante e il debitore sono tenuti al ristoro solamente dei danni arrecati con il fatto illecito o l'inadempimento ad essi causalmente ascrivibile v. Cass., 13/5/2011, numero 10527 Cass., 6/4/2011, numero 7844 . Ne consegue che la liquidazione di un ammontare che si prospetti non congruo rispetto al caso concreto, in quanto irragionevole e sproporzionato per difetto o per eccesso v. Cass., 31/8/2011, numero 17879 , e pertanto sotto tale profilo non integrale, il sistema di quantificazione verrebbe per ciò stesso a palesarsi inidoneo a consentire al giudice di pervenire ad una valutazione informata ad equità, legittimando i dubbi in ordine alla sua legittimità. Com'è noto, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale da sinistro stradale valida soluzione si è ravvisata essere invero quella costituita dal sistema delle tabelle v. Cass., 7/6/2011, numero 12408 Cass., Sez. Unumero , 11/11/2008, numero 26972. V. altresì Cass., 13/5/2011, numero 10527 . Le tabelle, siano esse giudiziali o normative, sono uno strumento idoneo a consentire al giudice di dare attuazione alla clausola generale posta all'art. 1226 c.c. v. Cass., 19/5/1999, numero 4852 . Tale sistema costituisce peraltro solo una modalità di calcolo tra le molteplici utilizzabili per l'adozione, quanto al danno morale da reato, del criterio della odiosità della condotta lesiva, e quanto al c.d. danno esistenziale, del criterio al clima di intimidazione creato nell'ambiente lavorativo dal comportamento del datore di lavoro e al peggioramento delle relazioni interne al nucleo familiare in conseguenza di esso, v. Cass., 19/5/2010, numero 12318 . Fondamentale è che, qualunque sia il sistema di quantificazione prescelto, esso si prospetti idoneo a consentire di pervenire ad una valutazione informata ad equità, e che il giudice dia adeguatamente conto in motivazione del processo logico al riguardo seguito, indicando i criteri assunti a base del procedimento valutativo adottato v., da ultimo, Cass., 30/5/2014, numero 12265 Cass., 19/2/2013, numero 4047 Cass., 6/5/2009, numero 10401 , al fine di consentire il controllo di relativa logicità, coerenza e congruità. Lo stesso legislatore, oltre alla giurisprudenza, ha fatto ad esse espressamente riferimento. In tema di responsabilità civile da circolazione stradale, il d.lgs. numero 209 del 2005 ha introdotto la tabella unica nazionale per la liquidazione delle invalidità c.d. micropermanenti. Già anteriormente era stato previsto con D.M. 3 luglio 2003, e a far data dall'11 settembre 2003 un regime speciale per il danno biologico lieve o da micropermanente fino a 9 punti . In assenza di tabelle normativamente determinate, come ad esempio per le c.d. macropermanenti e per le ipotesi diverse da quelle oggetto del suindicato decreto legislativo, il giudice fa normalmente ricorso a tabelle elaborate in base alle prassi seguite nei diversi tribunali per l'affermazione che tali tabelle costituiscono il c.d. notorio locale v. in particolare Cass., 1 giugno 2010, numero 13431 , la cui utilizzazione è stata dalle Sezioni Unite avallata nei limiti in cui, nell'avvalersene, il giudice proceda ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno non patrimoniale, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, al fine di pervenire al ristoro del danno nella sua interezza” v. Cass., Sez. Unumero , 11 novembre 2008, numero 26972 . Preso atto che le Tabelle di Milano sono andate nel tempo assumendo e palesando una vocazione nazionale , in quanto recanti i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell'equità valutativa, e ad evitare o quantomeno ridurre - al di là delle diversità delle condizioni economiche e sociali dei diversi contesti territoriali - ingiustificate disparità di trattamento che finiscano per profilarsi in termini di violazione dell'art. 3, 2 co., Cost., questa Corte è pervenuta a ritenerle valido criterio di valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. delle lesioni di non lieve entità dal 10% al 100% conseguenti alla circolazione v. Cass., 7/6/2011, numero 12408 Cass., 30/6/2011, numero 14402 . Essendo l'equità il contrario dell'arbitrio, la liquidazione equitativa operata dal giudice di merito è sindacabile in sede di legittimità solamente laddove risulti non congruamente motivata, dovendo di essa darsi una giustificazione razionale a posteriori” v. Cass., 7/6/2011, numero 12408 . Si è al riguardo per lungo tempo esclusa la necessità per il giudice di motivare in ordine all'applicazione delle tabelle in uso presso il proprio ufficio giudiziario, essendo esse fondate sulla media dei precedenti del medesimo, e avendo la relativa adozione la finalità di uniformare, quantomeno nell'ambito territoriale, i criteri di liquidazione del danno v. Cass., 2/3/2004, numero 418 , dovendo per converso adeguatamente motivarsi la scelta di avvalersi di tabelle in uso presso altri uffici v. Cass., 21/10/2009, numero 22287 Cass., 1/6/2006, numero 13130 Cass., 20/10/2005, numero 20323 Cass., 3/8/2005, numero 16237 . Essendo la liquidazione del quantum dovuto per il ristoro del danno non patrimoniale inevitabilmente caratterizzata da un certo grado di approssimazione, si escludeva altresì che l'attività di quantificazione del danno fosse di per sé soggetta a controllo in sede di legittimità, se non sotto l'esclusivo profilo del vizio di motivazione, in presenza di totale mancanza di giustificazione sorreggente la statuizione o di macroscopico scostamento da dati di comune esperienza o di radicale contraddittorietà delle argomentazioni cfr., da ultimo, Cass., 19/5/2010, numero 12918 Cass., 26/1/2010, numero 1529 . In particolare laddove la liquidazione del danno si palesasse manifestamente fittizia o irrisoria o simbolica o per nulla correlata con le premesse in fatto in ordine alla natura e all'entità del danno dal medesimo giudice accertate v. Cass., 16/9/2008, numero 23725 Cass., 2/3/2004, numero 4186 Cass., 2/3/1998, numero 2272 Cass., 21/5/1996, numero 4671 . La Corte Suprema di Cassazione è peraltro recentemente pervenuta a radicalmente mutare tale orientamento. La mancata adozione da parte del giudice di merito delle Tabelle di Milano in favore di altre, ivi ricomprese quelle in precedenza adottate presso la diversa autorità giudiziaria cui appartiene, si è ravvisato integrare violazione di norma di diritto censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360, 1 co. numero 3, c.p.c. v. Cass., 7/6/2011, numero 12408, ove si è altresì precisato che al fine di evitarsi la declaratoria di inammissibilità del ricorso per la novità della questione non è sufficiente che in appello sia stata prospettata l'inadeguatezza della liquidazione operata dal primo giudice, ma occorre che il ricorrente si sia specificamente doluto, sotto il profilo della violazione di legge, della mancata liquidazione del danno in base ai valori delle tabelle elaborate a Milano e che, inoltre, nei giudizi svoltisi in luoghi diversi da quelli nei quali le tabelle milanesi sono comunemente adottate, quelle tabelle abbia anche versato in atti. In tanto, dunque, la violazione della regola iuris può essere fatta valere in sede di legittimità ex art. 360, 1 co. numero 3, c.p.c. in quanto la questione sia già stata specificamente posta nel giudizio di merito. Conformemente v. Cass., 22/12/2011, numero 28290 . Si è quindi al riguardo ulteriormente precisato che i parametri delle Tabelle di Milano sono da prendersi a riferimento da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, ovvero quale criterio di riscontro e verifica di quella di inferiore ammontare cui sia diversamente pervenuto, sottolineandosi che incongrua è la motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una quantificazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui l'adozione dei parametri esibiti dalle dette Tabelle di Milano consente di pervenire v. Cass., 30/6/2011, numero 14402 . Va per altro profilo sottolineato come risponda ad orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità che all'interno del risarcimento del danno alla persona, il danno da riduzione della capacità lavorativa generica non attiene alla produzione del reddito, ma si sostanzia in quanto lesione di un'attitudine o di un modo d'essere del soggetto in una menomazione dell'integrità psico-fisica risarcibile quale danno biologico v. Cass., 25/8/2014, numero 18161 Cass., 6/8/2004, numero 15187 . Il danno da riduzione della capacità lavorativa specifica è viceversa generalmente ricondotta nell'ambito non già del danno biologico bensì del danno patrimoniale cfr. in particolare Cass., 9/8/2007, numero 17464 e Cass., 27/1/2011, numero 1879 , precisandosi peraltro al riguardo che l'accertamento dell'esistenza di postumi permanenti incidenti sulla capacità lavorativa specifica non comporta l'automatico obbligo di risarcimento del danno patrimoniale da parte del danneggiante, dovendo comunque il soggetto leso dimostrare, in concreto, lo svolgimento di un'attività produttiva di reddito e la diminuzione o il mancato conseguimento di questo in conseguenza del fatto dannoso v. Cass., 25/8/2006, numero 18489, Cass., 8/8/2007, numero 17397, e Cass., 21/4/2010, numero 9444 . Recentemente si è da questa Corte prospettato che allorquando trattisi di postumi di lieve entità, o comunque manchino elementi concreti dai quali desumere una incidenza della lesione sulla attività di lavoro attuale o futura del soggetto leso, vanno escluse l'esistenza e la risarcibilità di qualsiasi danno da riduzione della capacità lavorativa, mentre va privilegiato un meccanismo di liquidazione quello del danno alla salute idoneo a cogliere, nella sua totalità, il pregiudizio subito dal soggetto nella sua integrità psico-fisica v. Cass., 24/2/2011, numero 4493 . Si è al riguardo peraltro sottolineato come la circostanza che i postumi permanenti di lieve entità, non essendo idonei ad incidere sulla capacità di guadagno, non pregiudichino la capacità lavorativa e rientrino nel danno biologico come menomazione della salute psicofisica della persona, non significa che il danno biologico assorba anche la menomazione della generale attitudine al lavoro, giacché al danno alla salute resta pur sempre estranea la considerazione di esiti pregiudizievoli sotto il profilo dell'attitudine a produrre guadagni attraverso l'impiego di attività lavorativa. Gli effetti pregiudizievoli della lesione della salute del soggetto leso possono pertanto consistere in un danno patrimoniale da lucro cessante laddove vengano ad eliminare o a ridurre la capacità di produrre reddito cfr. Cass., 24/2/2011, numero 4493 . A tale stregua vanno al danneggiato risarciti non solo i danni patrimoniali subiti in ragione della derivata incapacità di continuare ad esercitare l'attività lavorativa prestata all'epoca del verificarsi del medesimo danni da incapacità lavorativa specifica ma anche i danni gli eventuali danni patrimoniali ulteriori, derivanti dalla perdita o dalla riduzione della capacità lavorativa generica, allorquando il grado di invalidità affettante il danneggiato non consenta al medesimo la possibilità di attendere anche ad altri lavori, confacenti alle attitudini e condizioni personali ed ambientali dell'infortunato, idonei alla produzione di fonti di reddito. In tale ipotesi l'invalidità subita dal danneggiato in conseguenza del danno evento lesivo si riflette infatti comunque in una riduzione o perdita della sua capacità di guadagno, da risarcirsi sotto il profilo del lucro cessante. Va a tale stregua escluso che il danno da incapacità lavorativa generica non attenga mai alla produzione del reddito e si sostanzi sempre e comunque in una menomazione dell'integrità psicofisica risarcibile quale danno biologico, costituendo una lesione di un'attitudine o di un modo di essere del soggetto cfr. Cass., 16/1/2013, numero 908 . La lesione della capacità lavorativa generica, consistente nella idoneità a svolgere un lavoro anche diverso dal proprio ma confacente alle proprie attitudini, può invero costituire allora un danno patrimoniale, non ricompreso nel danno biologico, la cui sussistenza va accertata caso per caso dal giudice di merito, il quale non può escluderlo per il solo fatto che le lesioni patite dalla vittima abbiano inciso o meno sulla sua capacità lavorativa specifica cfr. Cass., 16/1/2013, numero 908 . Orbene, la corte di merito ha nell'impugnata sentenza invero in parte disatteso i suindicati principi. Osservato che ha correttamente posto a base dell'operata liquidazione del danno non patrimoniale le Tabelle di Milano, e sottolineato che trattandosi di debito di valore vanno utilizzati i parametri vigenti al momento della propria decisione v. Cass., 5/5/2015, numero 19211 Cass., 23/1/2014, numero 1361 Cass., 17/4/2013, numero 9231 Cass. 11/5/2012, numero 7272 , i suindicati principi essa ha peraltro disatteso in particolare laddove, dopo aver accertato la sussistenza di un danno biologico permanente del 70% ed un danno biologico temporaneo valutabile al 100% per cinque mesi, all'80% per due ed al 75% per tre”, ha ritenuto non accoglibile la richiesta, promossa dall'appellante, di personalizzazione del danno per perdita dell'attività sessuale, danno alla generica capacità lavorativa ed alla qualità della vita pari ad un 25% in più” in quanto la nuova formulazione delle Tabelle di Milano soggiace alla ratio di introdurre una modalità di calcolo del danno biologico omnicomprensivo di tutte le sottocategorie di danno non patrimoniale risarcibile, al fine di razionalizzare la liquidazione del danno ed evitare duplicazione delle voci. Pertanto, l'aumento accordato a titolo di personalizzazione può, eventualmente, trovare accoglimento solo in presenza di fattispecie eccezionali, caratterizzate da peculiarità specificamente allegate e provate. Prova che, nel caso di specie, non risulta raggiunta. Infatti, quanto alla lamentata perdita dell'attività sessuale, in primo luogo essa risulta dalla consulenza tecnica d'ufficio come circostanza riferita de relato dallo stesso sig. C. al C.T.U. Inoltre, sempre nella menzionata consulenza, al momento della determinazione della percentuale del danno permanente alla salute poi fissata nel 70% , il Dott. Ferri fa riferimento a turbe in ambito sessuale e psichico, senza con ciò qualificare le stesse come elemento ultroneo rispetto alla percentuale di invalidità permanente” la richiesta di liquidazione del lucro cessante non può trovare accoglimento e va, pertanto, rigettato, mancando la prova della effettiva percezione di un reddito da parte del danneggiato prima del sinistro”. Orbene, atteso il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. non comporta la preclusione del rilievo e della necessità di tenere conto nella relativa liquidazione di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi dello stesso nel singolo caso concreto cfr., da ultimo, Cass., 5/5/2015, numero 19211 , al fine di osservare il principio dell'integralità del ristoro, sotto il suindicato profilo della necessaria considerazione di tutti gli aspetti o voci in cui la categoria del danno non patrimoniale si scandisce nel singolo caso concreto, non essendovi in realtà differenza tra la determinazione dell'ammontare a tale titolo complessivamente dovuto mediante la somma dei vari addendi , e l'imputazione di somme parziali o percentuali del complessivo determinato ammontare a ciascuno di tali aspetti o voci v. Cass., 23/1/2014, numero 1361 e di addivenire ad una liquidazione equa, e cioè congrua, adeguata e proporzionata v. Cass., 7/6/2011, numero 12408 in considerazione di tutte le circostanze concrete del caso specifico, al fine di ristorare il pregiudizio effettivamente subito dal danneggiato, a tale stregua pertanto del pari aliena da duplicazioni risarcitorie v. Cass., 13/5/2011, numero 10527 Cass., 6/4/2011, numero 7844 , vale osservare che nella specie non risulta dal giudice di merito precisato quali aspetti siano stati considerati del danno non patrimoniale liquidato, e se siano stati in particolare considerate pure le turbe in ambito sessuale e psichico , anche sotto il profilo dello sconvolgimento dell'esistenza che esso normalmente comporta . Deve sotto altro profilo porsi in rilievo che, trattandosi di invalidità generica del 70%, nella specie si verte invero in ipotesi di c.d. macropermanente, sicché rimane certamente escluso il profilo della lesione di un'attitudine o di un modo di essere del soggetto danneggiato rientrante nell'aspetto o voce del danno non patrimoniale costituito dal danno biologico, e la relativa liquidazione non può essere pertanto in questo ricompreso. Trattasi di danno che viene per converso in rilievo sotto il differente profilo dell'eventuale ulteriore danno patrimoniale derivante dalla riduzione ovvero dalla perdita totale della capacità lavorativa generica , in quanto per la sua entità l'invalidità non consente al danneggiato la possibilità di attendere anche ad altri lavori confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali ed idonei alla produzione di fonti di reddito, oltre a quello specificamente prestato al momento del sinistro v. Cass., 12/6/2015, numero 12211 . A tale stregua, si tratta allora di un aspetto del danno da lucro cessante cfr., da ultimo Cass., 13/7/2011, numero 15385 di cui si compendia la categoria generale del danno patrimoniale, concernente la capacità di produzione di reddito futuro, o, più precisamente, della perdita di chance, da questa Corte intesa quale entità patrimoniale giuridicamente ed economicamente valutabile, la cui perdita produce un risarcibile danno da considerarsi non già futuro nel qual senso v. peraltro, da ultimo, Cass., 12/2/2015, numero 2737 Cass., 17/4/2008, numero 10111 bensì danno certo ed attuale in proiezione futura nella specie, ad esempio la perdita di un'occasione favorevole di prestare altro e diverso lavoro confacente alle attitudini e condizioni personali ed ambientali del danneggiato idoneo alla produzione di fonte di reddito v. Cass., 12/6/2015, numero 12211 . Danno che, ove dal giudice di merito individuato ed accertato, con adeguata verifica dell'assolvimento del relativo onere probatorio incombente sul danneggiato il quale può al riguardo avvalersi anche della prova presuntiva v. Cass., 13/7/2011, numero 15385 Cass., 11/5/2010, numero 11353 Cass., 19/2/2009, numero 4052 Cass., 30/1/2003, numero 1443 , va stimato con valutazione necessariamente equitativa ex art. 1226 c.c. cfr. Cass., 17/4/2008, numero 10111, e, da ultimo, Cass., 12/2/2015, numero 2737 . La sua attribuzione, se dal giudice del merito riconosciuta come dovuta, diversamente da quanto dalla corte di merito affermato nell'impugnata sentenza non realizza pertanto duplicazione alcuna nemmeno in presenza del riconoscimento e liquidazione del danno da incapacità lavorativa specifica, il quale attiene invero risarcimento del diverso pregiudizio che al danneggiato consegua in relazione al differente aspetto dell'impossibilità di attendere alla specifica attività lavorativa in essere al momento del sinistro v. Cass., 12/6/2015, numero 12211 . Deve al riguardo altresì porsi in rilievo che come questa Corte ha del pari già avuto modo di precisare allorquando il danneggiato non sia nella condizioni di provare il reddito ovvero di produrlo a causa dell'età, degli studi intrapresi e ancora non conclusi, della cassa integrazione o come nella specie della disoccupazione salvo che questa sia volontaria, circostanza che nella specie invero non emerge ai fini della relativa quantificazione ben può farsi riferimento al criterio del triplo della pensione sociale, quale criterio indicativo di una soglia minima del risarcimento cfr. Cass., 30/9/2014, numero 20548 Cass., 28/6/2011, numero 14278 Cass., 13/7/2010, numero 16396 . Orbene, nell'affermare che la richiesta di liquidazione del lucro cessante non può trovare accoglimento e va, pertanto, rigettata, mancando la prova dell'effettiva percezione di un reddito da parte del danneggiato prima del sinistro” la corte di merito ha nell'impugnata sentenza invero mancato di osservare anche il suindicato principio. Della medesima, assorbita ogni ulteriore e diversa questione e il 3 motivo, va pertanto disposta la cassazione in relazione, con rinvio ad altra corte di merito, che si indica nella Corte d'Appello di Reggio Calabria, la quale procederà a nuovo esame, facendo applicazione dei suindicati disattesi principi. Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie p.q.r. il ricorso principale. Dichiara inammissibile l'incidentale. Cassa in relazione l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'Appello di Venezia, in diversa composizione.