No, il danno biologico non assorbe sempre e comunque il danno esistenziale (con buona pace delle assicurazioni)

Non è condivisibile l'affermazione per cui se vengono presi in considerazione gli aspetti relazionali il danno biologico assorbe sempre e comunque il c.d. danno esistenziale.

È il principio affermato dalla Terza Sezione, contraddicendo espressamente alcuni precedenti in tal senso tra cui Cass. numero 3906/10 , nella sentenza numero 19211/15 depositata il 29 settembre. La vicenda. Il danneggiato con lesioni gravi in uno scontro tra autoveicoli, e a cui la Corte d'appello di Firenze aveva attribuito un concorso di colpa nella misura del 15%, ha proposto ricorso in cassazione lamentando la mancata considerazione dell'incapacità lavorativa specifica nonché la mancata applicazione delle Tabelle di Milano nella liquidazione del danno non patrimoniale. Il ricorso fornisce lo spunto alla Terza Sezione per una rivisitazione definitiva? della materia del risarcimento del danno non patrimoniale, che dopo l'intervento delle sentenze di San Martino del 2008 nnumero 26972 e ss. dell’11 novembre 2008 stenta a trovare un pò di pace. Quando vi è duplicazione e quando no. Anzitutto, la Cassazione ricorda come costituisca un principio assodato il fatto che il risarcimento del danno non patrimoniale imponga una valutazione equitativa, volta alla compensazione economica socialmente adeguata del pregiudizio. La valutazione equitativa, peraltro, comporta due necessità, apparentemente inconciliabili da un lato, garantire l'uniformità di trattamento dall'altro, garantire la personalizzazione del danno nel caso specifico. Inoltre, con formulazione e affermazioni, contenute in altre sentenze, dal sapore equivoco e come tali puntualmente equivocate volontariamente da chi ne aveva interesse, si legga compagnie assicurative” la Cassazione ha proclamato come si debbano evitare duplicazioni risarcitorie. Ma cosa si intende per duplicazione risarcitoria? Si intende quando lo stesso aspetto o voce viene computato due o più volte, sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni Viceversa non sussiste in presenza della liquidazione dei molteplici e diversi aspetti negativi casualmente derivanti da fatto illecito o dall'inadempimento e incidenti sulla persona del danneggiato/creditore . Dalla lettura della sentenza emerge evidente il tentativo di evitare, questa volta, possibili dubbi interpretativi infatti, quasi a voler porre la parola definitiva sull'argomento, i Giudici della Terza Sezione rincarano la dose, ripetendo il concetto duplicazioni risarcitorie si hanno pertanto solo allorquando lo stesso aspetto o voce viene computato due o più volte, sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni, laddove non sussistono in presenza della liquidazione dei molteplici e diversi aspetti negativi causalmente derivanti dal fatto illecito o dall'inadempimento e incidenti sulla persona del danneggiato/creditore . Il problema successivo che si pone, premesse tali affermazioni di principio, è quello di stabilire nel caso concreto se il risarcimento sia stato duplicato o no. A tale scopo, ciò che deve essere valutato non è il nome” danno biologico, piuttosto che morale o esistenziale assegnato dal giudice di merito al pregiudizio lamentato, ma occorre guardare unicamente il concreto pregiudizio preso in esame dal giudice . L'esegesi delle Sezioni Unite 2008. I componenti della Terza Sezione si spingono anche oltre, arrivando cioè a chiarire uno dei passaggi contenuto nelle sentenze di San Martino delle Sezioni Unite, ovvero quello dell'assorbimento della sofferenza psichica nel danno biologico. Ciò è vero allorquando la sofferenza morale non rimanga allo stato interiore o intimo ma degeneri in danno biologico od esistenziale. Ma non è invece condivisibile, per gli Ermellini, l'affermazione contenuta, ad esempio, in Cass. numero 3906/10 e numero 5236/09 secondo cui, allorquando vengano presi in considerazione gli aspetti relazionali, il danno biologico assorba sempre e comunque il c.d. danno esistenziale. Il giudice dovrà tenere conto, nella liquidazione, anche del radicale cambiamento di vita e/o all'alterazione della personalità del danneggiato a seguito dell'evento. Solo laddove la liquidazione del danno biologico abbia contemplato anche l'incidenza negativa sugli aspetti dinamico-relazionali del danneggiato sarà corretta l'esclusione della possibilità di escludere, oltre al danno biologico, un ulteriore ammontare a titolo, per esempio, di danno esistenziale. Equità come adeguatezza e proporzione. Un altro aspetto trattato è quello relativo alla necessarietà della valutazione equitativa, che pertanto esclude in radice la possibilità di applicare in maniera rigida parametri le tabelle, cioè predeterminati questi, infatti, garantirebbero una uguaglianza meramente formale, e non sostanziale. D'altro canto, non è nemmeno pensabile un sistema in cui la valutazione sia completamente rimessa all'arbitrio insindacabile del singolo giudice o corte. Viene quindi ricordato come la Cassazione abbia inteso l'equità come adeguatezza” e proporzione”, ovvero volta a far sì che casi eguali non siano trattati in modo diseguale. In questo senso il sistema delle tabelle, che è solo uno dei sistemi adottabili, è una strumento idoneo a pervenire ad una valutazione equa, ma il giudice deve adeguatamente motivare il processo logico adottato, al fine di consentire ai giudici di legittimità il controllo di logicità, coerenza e congruità. Riguardo poi alle Tabelle di Milano, queste devono essere prese a riferimento da parte del giudice di merito, quantomeno nel senso di obbligo di motivazione per il giudice di merito di una liquidazione sproporzionata sia in eccesso che in difetto rispetto a tali tabelle. Non avendo la corte d'appello motivato sul punto, ed avendo erroneamente applicato le tabelle di altro tribunale in uso al momento della decisione di primo grado anziché quelle vigenti al momento della decisione di secondo grado, la sentenza è stata quindi cassata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 maggio – 29 settembre 2015, numero 19211 Presidente Russo – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 25/10/2011 la Corte d'Appello di Firenze, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla società Assicurazioni Generali s.p.a. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Livorno numero 416/2001, ha dichiarato la concorrente responsabilità del sig. P.R. nella misura del 15% e del sig. B.R. nella misura del 85% nella causazione del sinistro stradale avvenuto a OMISSIS , allorquando alla guida delle rispettive autovetture quest'ultimo non ottemperava all'obbligo di dare la precedenza al primo, che peraltro non aveva rispettato il limite di velocità e non aveva impegnato l'incrocio con prudenza. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il P. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso la società Assicurazioni Generali s.p.a L'altro intimato non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con entrambi i motivi il ricorrente denunzia insufficiente e/o incongrua” motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all'art. 360, 1 co. numero 5, c.p.c Si duole che la corte di merito abbia immotivatamente disatteso le conclusioni del CTU nominato in sede di gravame, non considerando correttamente l'incapacità lavorativa specifica. Lamenta che il giudice del gravame ha fatto riferimento alle tabelle in uso a quel tempo nei Tribunali, senza indicare quali tabelle e di quali tribunali si tratti”, omettendo di fare applicazione delle Tabelle di Milano, la cui adozione avrebbe condotto ad un risultato di molto superiore in punto di quantum pari a circa Euro 120.000”. I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte fondati, e vanno accolti nei termini e limiti di seguito indicati. Come questa Corte ha avuto più volte modo di affermare, del danno non patrimoniale diversamente da quello patrimoniale il ristoro pecuniario non può mai corrispondere alla relativa esatta commisurazione, imponendosene pertanto la valutazione equitativa v. Cass., Sez. Unumero , 11/11/2008, numero 26972, cit. Cass., 31/5/2003, numero 8828. E già Cass., 5/4/1963, numero 872. Cfr. altresì Cass., 10/6/1987, numero 5063 Cass., 1/4/1980, numero 2112 Cass., 11/7/1977, numero 3106 . Valutazione equitativa che è diretta a determinare la compensazione economica socialmente adeguata” del pregiudizio, quella che l'ambiente sociale accetta come compensazione equa” v. Cass., 7/6/2011, numero 12408 . Subordinata alla dimostrata esistenza di un danno risarcibile certo e non meramente eventuale o ipotetico cfr., da ultimo, Cass., 8/7/2014, numero 15478. E già Cass., 19/6/1962, numero 1536 e alla circostanza dell'impossibilità o estrema difficoltà v. Cass., 24/5/2010, numero 12613. E già Cass., 6/10/1972, numero 2904 di prova nel suo preciso ammontare, attenendo pertanto alla quantificazione e non già all'individuazione del danno non potendo valere a surrogare il mancato assolvimento dell'onere probatorio imposto all'art. 2697 c.c. v. Cass., 11/5/2010, numero 11368 Cass., 6/5/2010, numero 10957 Cass., 10/12/2009, numero 25820 e, da ultimo, Cass., 4/11/2014, numero 23425 , la valutazione equitativa deve essere condotta con prudente e ragionevole apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto, considerandosi in particolare la rilevanza economica del danno alla stregua della coscienza sociale e i vari fattori incidenti sulla gravità della lesione. Come avvertito anche in dottrina, l'esigenza di una tendenziale uniformità della valutazione di base della lesione non può d'altro canto tradursi in una preventiva tariffazione della persona, rilevando aspetti personalistici che rendono necessariamente individuale e specifica la relativa quantificazione nel singolo caso concreto cfr. Cass., 31/5/2003, numero 8828 . Il danno non patrimoniale non può comunque essere liquidato in termini puramente simbolici o irrisori o comunque non correlati all'effettiva natura o entità del danno v. Cass., 12/5/2006, numero 11039 Cass., 11/1/2007, numero 392 Cass., 11/1/2007, numero 394 , ma deve essere congruo. Per essere congruo, il ristoro deve tendere, in considerazione della particolarità del caso concreto e della reale entità del danno, alla maggiore approssimazione possibile all'integrale risarcimento v. Cass., 30/6/2011, numero 14402 Cass., Sez. Unumero , 11/11/2008, numero 26972 Cass., 29/3/2007, numero 7740. Nel senso che il risarcimento deve essere senz'altro integrale v. peraltro Cass., 17/4/2013, numero 9231 . Alla stessa stregua di quanto si verifica relativamente al danno patrimoniale [il quale com'è noto si scandisce in danno emergente e lucro cessante, e ciascuna di queste categorie o sottocategorie è a sua volta compendiata da una pluralità di voci o aspetti o sintagmi, quali ad esempio, avuto riguardo al danno emergente, il mancato conseguimento del bene dovuto o la perdita di beni integranti il proprio patrimonio, il c.d. fermo tecnico, le spese di querela per l'avvocato difensore, per il C.T., funerarie, ecc. ovvero, con riferimento al lucro cessante, la perdita della clientela, la irrealizzazione di rapporti contrattuali con terzi, il discredito professionale, la perdita di prestazioni alimentari o lavorative, la perdita della capacità lavorativa specifica, aspetti o voci che ovviamente non ricorrono tutti sempre e comunque in ogni ipotesi di illecito o di inadempimento, e il cui ristoro dipende dalla verifica della loro sussistenza, con conseguente differente entità del quantum da liquidarsi al danneggiato/creditore nel singolo caso concreto v., da ultimo, Cass., 14/7/2015, numero 14645], attesa la diversità ontologica degli aspetti o voci di cui si compendia la categoria generale del danno non patrimoniale è necessario che essi, in quanto sussistenti e provati, vengano tutti risarciti, e nessuno sia lasciato privo di ristoro v., da ultimo, Cass., 12/6/2015, numero 12211 . Al di là di affermazioni di principio secondo cui il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. precluderebbe la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona v. Cass., 12/2/2013, numero 3290 Cass., 14/5/2013, numero 11514 , viene poi generalmente anche in tali decisioni a darsi comunque rilievo alla circostanza che nel liquidare l'ammontare dovuto a titolo di danno non patrimoniale il giudice abbia invero tenuto conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi dello stesso nel singolo caso concreto, facendo luogo alla c.d. personalizzazione della liquidazione cfr., da ultimo, Cass., 23/9/2013, numero 21716 . Emerge evidente come rimanga a tale stregua invero sostanzialmente osservato il principio dell'integralità del ristoro, sotto il suindicato profilo della necessaria considerazione di tutti gli aspetti o voci in cui la categoria del danno non patrimoniale si scandisce nel singolo caso concreto, non essendovi in realtà differenza tra la determinazione dell'ammontare a tale titolo complessivamente dovuto mediante la somma dei vari addendi , e l'imputazione di somme parziali o percentuali del complessivo determinato ammontare a ciascuno di tali aspetti o voci v. Cass., 23/1/2014, numero 1361 . Nella giurisprudenza di legittimità si è per altro verso sottolineato che il principio della integralità del ristoro subito da quest'ultimo non si pone invero in termini antitetici bensì trova correlazione con il principio in base al quale il danneggiante/debitore è tenuto al ristoro solamente dei danni arrecati con il fatto illecito o l'inadempimento a lui causalmente ascrivibile, l'esigenza della cui tutela impone anche di evitarsi duplicazioni risarcitorie v. Cass., 30/6/2011, numero 14402 Cass., 14/9/2010, numero 19517 , che si configurano solo allorquando lo stesso aspetto o voce viene computato due o più volte, sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni, laddove non sussistono in presenza della liquidazione dei molteplici e diversi aspetti negativi causalmente derivanti dal fatto illecito o dall'inadempimento e incidenti sulla persona del danneggiato/creditore. Duplicazioni risarcitorie si hanno pertanto solo allorquando lo stesso aspetto o voce viene computato due o più volte, sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni, laddove non sussistono in presenza della liquidazione dei molteplici e diversi aspetti negativi causalmente derivanti dal fatto illecito o dall'inadempimento e incidenti sulla persona del danneggiato/creditore. In tema di liquidazione del danno non patrimoniale, al fine di stabilire se il risarcimento sia stato duplicato ovvero sia stato erroneamente sottostimato, rileva non già il nome assegnato dal giudicante al pregiudizio lamentato dall'attore biologico , morale , esistenziale , ma unicamente il concreto pregiudizio preso in esame dal giudice v. Cass., 23/1/2014, numero 1361 v. anche, da ultimo, Cass., 13/8/2015, numero 16788 . Si ha, pertanto, duplicazione di risarcimento solo quando il medesimo pregiudizio sia liquidato due volte, sebbene con l'uso di nomi diversi v. Cass., 30/6/2011, numero 14402 Cass., 6/4/2011, numero 7844. In tal senso deve intendersi invero anche quanto affermato anche da Cass., Sez. Unumero , 16/2/2009, numero 3677 Il c.d. danno esistenziale . costituisce solo un ordinario danno non patrimoniale, che non può essere liquidato separatamente sol perché diversamente denominato” . È invero compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore persona si siano verificate, e provvedendo alla relativa integrale riparazione v. Cass., 13/5/2011, numero 10527 Cass., Sez. Unumero , 11/11/2008, numero 26972 . Le Sezioni Unite del 2008 avvertono che i patemi d'animo e la mera sofferenza psichica interiore sono normalmente assorbiti in caso di liquidazione del danno biologico, cui viene riconosciuta portata tendenzialmente onnicomprensiva”. In tal senso è da intendersi la statuizione secondo cui la sofferenza morale non può risarcirsi più volte, allorquando essa non rimanga allo stadio interiore o intimo ma si obiettivizzi, degenerando in danno biologico o in danno esistenziale. Non condivisibile è invece l'assunto secondo cui, allorquando vengano presi in considerazione gli aspetti relazionali, il danno biologico assorbe sempre e comunque il c.d. danno esistenziale in tal senso v. invece Cass., 10/2/2010, numero 3906 Cass., 30/11/2009, numero 25236 . È infatti necessario verificare quali aspetti relazionali siano stati valutati dal giudice, e se sia stato in particolare assegnato rilievo anche al radicale cambiamento di vita, all'alterazione/cambiamento della personalità del soggetto, in cui di detto aspetto o voce del danno non patrimoniale si coglie il significato pregnante [per un'ipotesi di ritenuta esaustività della liquidazione operata dal giudice di merito del danno non patrimoniale subito da gestante non posta in condizione, per errore diagnostico, di decidere se interrompere la gravidanza , utilizzando come parametro di riferimento quello di calcolo del danno biologico, espressamente al riguardo indicando in motivazione che la fattispecie costituiva un caso paradigmatico di lesione di un diritto della persona, di rilievo costituzionale, che indipendentemente da un danno morale o biologico, peraltro sempre possibile, impone comunque al danneggiato di condurre giorno per giorno, nelle occasioni più minute come in quelle più importanti, una vita diversa e peggiore, di quella che avrebbe altrimenti condotto”, v. Cass., 4 gennaio 2010, numero 13]. In presenza di una liquidazione del danno biologico che contempli in effetti anche siffatta negativa incidenza sugli aspetti dinamico-relazionali del danneggiato, è correttamente da escludersi la possibilità che, in aggiunta a quanto a tale titolo già determinato, venga attribuito un ulteriore ammontare a titolo anche di danno esistenziale. Analogamente deve dirsi allorquando la liquidazione del danno morale sia stata espressamente estesa anche ai profili relazionali nei termini propri del danno esistenziale cfr. Cass., 15/4/2O10, numero 9040, ove si è ravvisato essere indubbio che il giudice del merito, nel liquidare il danno morale dei genitori per la morte del figlio all'esito di sinistro stradale, avesse nel caso tenuto in considerazione anche la perdita del rapporto parentale”, sottolineando non assumere al riguardo rilievo il nomen iuris adottato dal giudice e dalle parti” bensì i tipi di pregiudizio che vengono complessivamente risarciti nella liquidazione del danno non patrimoniale da fatto configurabile come reato” Cass., 16/9/2008, numero 23275 . Laddove siffatti aspetti relazionali non siano stati invece presi in considerazione del tutto ovvero secondo i profili peculiarmente connotanti il c.d. danno esistenziale , dal relativo ristoro non può invero prescindersi [corretta appare l'affermazione, nel caso peraltro riferita al comportamento illecito che oggettivamente presenti gli estremi del reato”, secondo cui i danni ex art. 2059 c.c. debbono essere liquidati in unica somma, da determinarsi tenendo conto di tutti gli aspetti che il danno non patrimoniale assume nel caso concreto sofferenze fisiche e psichiche danno alla salute, alla vita di relazione, ai rapporti affettivi e familiari, ecc. ”, che si rinviene in Cass., 17 settembre 2010, numero 19816]. Come già più sopra osservato, il ristoro del danno non patrimoniale è imprescindibilmente rimesso alla relativa valutazione equitativa. Con particolare riferimento alla liquidazione del danno alla salute, si è in giurisprudenza costantemente affermata la necessità per il giudice di fare luogo ad una valutazione che, movendo da una uniformità pecuniaria di base , la quale assicuri che lo stesso tipo di lesione non sia valutato in maniera del tutto diversa da soggetto a soggetto, risponda altresì a criteri di elasticità e flessibilità, per adeguare la liquidazione all'effettiva incidenza della menomazione subita dal danneggiato a tutte le circostanze del caso concreto cfr. in particolare Cass., 7/6/2011, numero 12408 Cass., Sez. Unumero , 11/11/2008, numero 26972. E già Corte Cost., 14/7/1986, numero 184 . A tale stregua è allora esclusa la possibilità di applicarsi in modo puro parametri rigidamente fissati in astratto, giacché non essendo in tal caso consentito discostarsene, risulta garantita la prevedibilità delle decisioni ma assicurata invero una uguaglianza meramente formale, e non già sostanziale cfr. Cass., 23/1/2014, numero 1361 . Del pari inidonea è una valutazione rimessa alla mera intuizione soggettiva del giudice, e quindi, in assenza di qualsiasi criterio generale valido per tutti i danneggiati a parità di lesioni, sostanzialmente al suo mero arbitrio cfr. Cass., 23/1/2014, numero 1361 . Se una siffatta valutazione vale a teoricamente assicurare un'adeguata personalizzazione del risarcimento, non altrettanto. può infatti dirsi circa la parità di trattamento e la prevedibilità della decisione v. Cass., 7/6/2011, numero 12408, ove si sottolinea come la circostanza che lesioni della stessa entità, patite da persone della stessa età e con conseguenze identiche, siano liquidate in modo fortemente difforme non possa ritenersi una mera circostanza di fatto ma integra una vera e propria violazione della regola di equità” . I criteri di valutazione equitativa, la cui scelta ed adozione è rimessa alla prudente discrezionalità del giudice, devono essere dunque idonei a consentire la c.d. personalizzazione del danno v. Cass., 16/2/2012, numero 2228 Cass., Sez. Unumero , 11/11/2008, numero 26972 Cass., 29/3/2007, numero 7740 Cass., 12/6/2006, numero 13546 , al fine di addivenirsi ad una liquidazione congrua, sia sul piano dell'effettività del ristoro del pregiudizio che di quello della relativa perequazione - nel rispetto delle diversità proprie dei singoli casi concreti - sul territorio nazionale v. Cass., 13/5/2011, numero 10528 Cass., 28/11/2008, numero 28423 Cass., 29/3/2007, numero 7740 Cass., 12/7/2006, numero 15760 . In tema di liquidazione del danno, e di quello non patrimoniale in particolare, l'equità si è da questa Corte intesa nel significato di adeguatezza” e di proporzione”, assolvendo alla fondamentale funzione di garantire l'intima coerenza dell'ordinamento, assicurando che casi uguali non siano trattati in modo diseguale”, con eliminazione delle disparità di trattamento” e delle ingiustizie” così Cass., 7/6/2011, numero 12408 . I criteri da adottarsi al riguardo debbono consentire pertanto una valutazione che sia equa, e cioè adeguata e proporzionata v. Cass., 7/6/2011, numero 12408 , in considerazione di tutte le circostanze concrete del caso specifico, al fine di ristorare il pregiudizio effettivamente subito dal danneggiato, a tale stregua pertanto del pari aliena da duplicazioni risarcitorie v. Cass., 13/5/2011, numero 10527 Cass., 6/4/2011, numero 7844 , in ossequio al principio per il quale il danneggiante e il debitore sono tenuti al ristoro solamente dei danni arrecati con il fatto illecito o l'inadempimento ad essi causalmente ascrivibile v. Cass., 13/5/2011, numero 10527 Cass., 6/4/2011, numero 7844 . Ne consegue che la liquidazione di un ammontare che si prospetti non congruo rispetto al caso concreto, in quanto irragionevole e sproporzionato per difetto o per eccesso v. Cass., 31/8/2011, numero 17879 , e pertanto sotto tale profilo non integrale, il sistema di quantificazione verrebbe per ciò stesso a palesarsi inidoneo a consentire al giudice di pervenire ad una valutazione informata ad equità, legittimando i dubbi in ordine alla sua legittimità. Com'è noto, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale da sinistro stradale valida soluzione si è ravvisata essere invero quella costituita dal sistema delle tabelle v. Cass., 7/6/2011, numero 12408 Cass., Sez. Unumero , 11/11/2008, numero 26972. V. altresì Cass., 13/5/2011, numero 10527 . Le tabelle, siano esse giudiziali o normative, sono uno strumento idoneo a consentire al giudice di dare attuazione alla, clausola generale posta all'art. 1226 c.c. v. Cass., 19/5/1999, numero 4852 . Tale sistema costituisce peraltro solo una modalità di calcolo tra le molteplici utilizzabili per l'adozione, quanto al danno morale da reato, del criterio della odiosità della condotta lesiva, e quanto al c.d. danno esistenziale, del criterio al clima di intimidazione creato nell'ambiente lavorativo dal comportamento del datore di lavoro e al peggioramento delle relazioni interne al nucleo familiare in conseguenza di esso, v. Cass., 19/5/2010, numero 12318 . Fondamentale è che, qualunque sia il sistema di quantificazione prescelto, esso si prospetti idoneo a consentire di pervenire ad una valutazione informata ad equità, e che il giudice dia adeguatamente conto in motivazione del processo logico al riguardo seguito, indicando i criteri assunti a base del procedimento valutativo adottato v., da ultimo, Cass., 30/5/2014, numero 12265 Cass., 19/2/2013, numero 4047 Cass., 6/5/2009, numero 10401 , al fine di consentire il controllo di relativa logicità, coerenza e congruità. Lo stesso legislatore, oltre alla giurisprudenza, ha fatto ad esse espressamente riferimento. In tema di responsabilità civile da circolazione stradale, il d.lgs. numero 209 del 2005 ha introdotto la tabella unica nazionale per la liquidazione delle invalidità c.d. micropermanenti. Già anteriormente era stato previsto con D.M. 3 luglio 2003, e a far data dall'11 settembre 2003 un regime speciale per il danno biologico lieve o da micropermanente fino a 9 punti . In assenza di tabelle normativamente determinate, come ad esempio per le c.d. macropermanenti e per le ipotesi diverse da quelle oggetto del suindicato decreto legislativo, il giudice fa normalmente ricorso a tabelle elaborate in base alle prassi seguite nei diversi tribunali per l'affermazione che tali tabelle costituiscono il c.d. notorio locale v. in particolare Cass., 1 giugno 2010, numero 13431 , la cui utilizzazione è stata dalle Sezioni Unite avallata nei limiti in cui, nell'avvalersene, il giudice proceda ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno non patrimoniale, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, al fine di pervenire al ristoro del danno nella sua interezza” v. Cass., Sez. Unumero , 11 novembre 2008, numero 26972 . Preso atto che le Tabelle di Milano sono andate nel tempo assumendo e palesando una vocazione nazionale , in quanto recanti i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell'equità valutativa, e ad evitare o quantomeno ridurre - al di là delle diversità delle condizioni economiche e sociali dei diversi contesti territoriali - ingiustificate disparità di trattamento che finiscano per profilarsi in termini di violazione dell'art. 3, 2 co., Cost., questa Corte è pervenuta a ritenerle valido criterio di valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. delle lesioni di non lieve entità dal 10% al 100% conseguenti alla circolazione v. Cass., 7/6/2011, numero 12408 Cass., 30/6/2011, numero 14402 . Essendo l'equità il contrario dell'arbitrio, la liquidazione equitativa operata dal giudice di merito è sindacabile in sede di legittimità solamente laddove risulti non congruamente motivata, dovendo di essa darsi una giustificazione razionale a posteriori” v. Cass., 7/6/2011, numero 12408 . Si è al riguardo per lungo tempo esclusa la necessità per il giudice di motivare in ordine all'applicazione delle tabelle in uso presso il proprio ufficio giudiziario, essendo esse fondate sulla media dei precedenti del medesimo, e avendo la relativa adozione la finalità di uniformare, quantomeno nell'ambito territoriale, i criteri di liquidazione del danno v. Cass., 2/3/2004, numero 418 , dovendo per converso adeguatamente motivarsi la scelta di avvalersi di tabelle in uso presso altri uffici v. Cass., 21/10/2009, numero 22287 Cass., 1/6/2006, numero 13130 Cass., 20/10/2005, numero 20323 Cass., 3/8/2005, numero 16237 . Essendo la liquidazione del quantum dovuto per il ristoro del danno non patrimoniale inevitabilmente caratterizzata da un certo grado di approssimazione, si escludeva altresì che l'attività di quantificazione del danno fosse di per sé soggetta a controllo in sede di legittimità, se non sotto l'esclusivo profilo del vizio di motivazione, in presenza di totale mancanza di giustificazione sorreggente la statuizione o di macroscopico scostamento da dati di comune esperienza o di radicale contraddittorietà delle argomentazioni cfr., da ultimo, Cass., 19/5/2010, numero 12918 Cass., 26/1/2010, numero 1529 . In particolare laddove la liquidazione del danno si palesasse manifestamente fittizia o irrisoria o simbolica o per nulla correlata con le premesse in fatto in ordine alla natura e all'entità del danno dal medesimo giudice accertate v. Cass., 16/9/2008, numero 23725 Cass., 2/3/2004, numero 4186 Cass., 2/3/1998, numero 2272 Cass., 21/5/1996, numero 4671 . La Corte Suprema di Cassazione è peraltro recentemente pervenuta a radicalmente mutare tale orientamento. La mancata adozione da parte del giudice di merito delle Tabelle di Milano in favore di altre, ivi ricomprese quelle in precedenza adottate presso la diversa autorità giudiziaria cui appartiene, si è ravvisato integrare violazione di norma di diritto censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360, 1 co. numero 3, c.p.c. v. Cass., 7/6/2011, numero 12408, e, conformemente, Cass., 22/12/2011, numero 28290 . Si è quindi al riguardo ulteriormente precisato che i parametri delle Tabelle di Milano sono da prendersi a riferimento da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, ovvero quale criterio di riscontro e verifica di quella di inferiore ammontare cui sia diversamente pervenuto, sottolineandosi che incongrua è la motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una quantificazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui l'adozione dei parametri esibiti dalle dette Tabelle di Milano consente di pervenire v. Cass., 30/6/2011, numero 14402 . Sotto altro profilo, si è posto in rilievo che ove le Tabelle applicate per la liquidazione del danno non patrimoniale da morte di un prossimo congiunto cambino nelle more tra l'introduzione del giudizio e la sua decisione, il giudice anche d'Appello ha l'obbligo di utilizzare i parametri vigenti al momento della decisione v. Cass., 6/3/2014, numero 5254 . Orbene, la corte di merito ha nell'impugnata sentenza invero disatteso i suindicati principi. In particolare laddove, ritenendo che il primo giudice ha liquidato in misura eccessiva, con riguardo al c.d. danno biologico connesso alla invalidità permanente, accertata dal consulente medico-legale nella misura del 18/20%”, e nel sottolineare che tale danno da invalidità permanente è stato determinato dal Tribunale, considerando l'attività professionale dell'attore odontoiatra , in lire 109 milioni, da riferire implicitamente all'epoca dell'incidente, ossia a dieci anni prima della sentenza”, ha affermato che le tabelle in uso a quel tempo nei tribunali, anche tenendo conto dell'attività professionale del danneggiato, portano ad un risultato notevolmente inferiore. Pertanto, volendo prendere come punto di riferimento temporale della liquidazione quello della sentenza di primo grado aprile 2001 , il danno da invalidità permanente va congruamente ridotto da 109 a 90 milioni di lire, pur sempre tenendo conto del grado di personalizzazione connesso alla qualità della professione esercitata”. A tale stregua, la corte di merito ha liquidato il danno alla salute con l'impiego di Tabelle diverse da quelle di Milano senza adeguatamente motivare al riguardo v. Cass., 29/6/2011, numero 14402, e, conformemente, Cass., 18/11/2014, numero 24473 , e senza renderne invero nemmeno nota la provenienza, a tale stregua rendendo pertanto non controllabili i criteri di relativa elaborazione cfr. Cass., 6/3/2014, numero 5253 . Ai fini della liquidazione, anziché utilizzare, trattandosi di debito di valore, i parametri vigenti al momento della propria decisione [v. Cass., 23/1/2014, numero 1361 Cass., 17/4/2013, numero 9231 Cass. 11/5/2012, numero 7272] ha fatto altresì erroneamente riferimento temporale” alla data della sentenza di primo grado aprile 2001 ”. Dell'impugnata sentenza, assorbita ogni ulteriore e diversa questione, va pertanto disposta la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d'Appello di Firenze, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione. Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie p.q.r. il ricorso. Cassa in relazione l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'Appello di Firenze, in diversa composizione.