Danno da emotrasfusione: l’onere della prova grava sull’ospedale

In tema di danno da infezione trasfusionale, è onere della struttura ospedaliera dimostrare che al momento della trasfusione il paziente avesse già contratto l’infezione per la quale domanda il risarcimento.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18895/15, depositata il 24 settembre. Il caso. Una donna agiva in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni da infezione da HIV, causata, secondo la sua ricostruzione, da una trasfusione ospedaliera. La domanda veniva rigettata dal tribunale e la corte di merito territoriale, a sua volta, rigettava il gravame proposto. Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per cassazione la donna, lamentando che la corte d’appello avrebbe erroneamente addossato all’attrice l’onere di provare che essa fosse sana al momento di ingresso in ospedale. I Giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto manifestamente fondata la censura mossa dalla ricorrente. Gli Ermellini, infatti, hanno ricordato che in tema di danno da infezione trasfusionale, le Sezioni Unite del Supremo Collegio hanno stabilito che alla struttura ospedaliera dimostrare che l’affezione era già in atto al momento del ricovero e che, dunque, il proprio inadempimento non è stato eziologicamente rilevante. Nel caso di specie, hanno proseguito dal Palazzaccio, la sentenza d’appello ha palesemente violato tale principio, pretendendo che fosse la paziente a dimostrare di essere stata sana al momento della trasfusione. Pertanto, i Giudici di legittimità hanno affermato il seguente principio di diritto in tema di danno da infezione trasfusionale, è onere della struttura ospedaliera dimostrare che al momento della trasfusione il paziente avesse già contratto l’infezione per la quale domanda il risarcimento . Per quanto sopra esposto, la Corte ha accolto il ricorso della ricorrente, rinviando la causa alla corte territoriale.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 luglio – 25 settembre 2015, n. 18895 Presidente Berruti – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. Nel 1998 E.A.M. convenne dinanzi al Tribunale di Roma l'Università degli Studi di Roma La Sapienza , la Gestione Stralcio della USL Policlinico Umberto I e la Regione Lazio, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da infezione da HIV, causata - secondo la prospettazione attorea - da una trasfusione eseguita nel Policlinico Umberto I. 2. Con sentenza 18.9.2002 n. 34737 il Tribunale di Roma rigettò la domanda. La sentenza venne appellata dalla parte soccombente. 3. La Corte d'appello di Roma con sentenza 24.10.2011 n. 4420 rigettò il gravame. Sia il Tribunale che la Corte d'appello ritennero non esservi prova che l'infezione patita dalla paziente avvenne a causa della trasfusione eseguita nel Policlinico Umberto I. 4. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione da E.A.M. , con ricorso fondato su quattro motivi ed illustrato da memoria. Resistono con controricorso la Regione Lazio e l'Università La Sapienza. Motivi della decisione 1. Questioni preliminari. 1.1. L'Università e la Regione hanno eccepito la tardività del ricorso, sul presupposto che la sentenza d'appello venne notificata all'attrice il 26.7.2012, ed il ricorso per cassazione è stato consegnato per la notifica il 4.11.2012. 1.2. L'eccezione è infondata. Il termine di cui all'art. 325 c.p.c. decorre dal perfezionamento del procedimento notificatorio della sentenza, non dalla consegna di essa all'ufficiale giudiziario. Nel caso di specie, la sentenza d'appello è stata consegnata dall'ufficiale giudiziario alla destinataria il 31.7.2012, e dunque alla data del 14.11.2012 non era spirato il termine per ricorrere. 2. Il primo motivo di ricorso. 1.1. Col primo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da una violazione di legge, ai sensi all'art. 360, n. 3, c.p.c Si assumono violati gli artt. 1176, 1218, 1228, 2697, 2727, 2729 c.c. 115 c.p.c. il d.m. 15.1.1988 ed il d.m. 27.12.1990. Espone, ai riguardo, che la Corte d'appello avrebbe erroneamente addossato all'attrice l'onere di provare che essa fosse sana al momento di ingresso in ospedale. 1.2. Il motivo è manifestamente fondato. In tema di danno da infezione trasfusionale, le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che compete al debitore [ovvero la struttura ospedaliera] dimostrare che l'inadempimento non era eziologicamente rilevante - perché l'affezione era già in atto al momento del ricovero Sez. U, Sentenza n. 577 del 11/01/2008, Rv. 600903, in seguito sempre conforme . La sentenza d'appello ha palesemente violato tale principio, pretendendo che fosse non già l'ospedale e dimostrare che la paziente fosse già infetta al momento dei ricovero, ma che fosse la paziente a dimostrare di essere stata sana al momento della trasfusione. 1.3. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte d'appello di Roma, la quale nel riesaminare il caso applicherà il seguente principio di diritto In tema di danno da infezione trasfusionale, è onere della struttura ospedaliera dimostrare che al momento della trasfusione il paziente avesse già contratto l'infezione per la quale domanda il risarcimento. 3. Il secondo motivo di ricorso. 3.1. Col secondo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da una violazione di legge, ai sensi all'art. 360, n. 3, c.p.c Si assumono violati gli artt. 115, 116, 416 c.p.c. 2697 c.c. Espone, al riguardo, che la Corte d'appello avrebbe inammissibilmente da un lato rigettato la domanda attorea per difetto di prova del nesso di causa, e dall'altro le richieste istruttorie volte a dimostrare quel nesso di causa. 3.2. Il motivo resta assorbito dall'accoglimento del primo motivo di ricorso. Sarà comunque utile ricordare che Il giudice non può, senza contraddirsi, imputare alla parte di non assolvere all'onere di provare i fatti costitutivi della domanda, e poi negarle la prova offerta sono parole di Sez. U, Sentenza n. 789 del 29/03/1963, Rv. 261080 nello stesso senso Sez. 3, Sentenza n. 2631 del 20/10/1964, Rv. 303958, e Sez. 3, Sentenza n. 2505 del 05/10/1964, Rv. 303753 . 3. Il terzo motivo di ricorso. 3.1. Col terzo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe incorsa in un vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c Espone, al riguardo, che la Corte d'appello, per pervenire alla propria conclusione, avrebbe travisato il contenuto effettivo della consulenza tecnica disposta d'ufficio. 3.2. Anche questo motivo resta assorbito dall'accoglimento del primo. 4. Il quarto motivo di ricorso. 4.1. Col quarto motivo di ricorso non formalmente inquadrato in alcuno dei vizi di cui all'art. 360 c.p.c. la ricorrente invoca nella sostanza una nullità processuale ex art. 360, n. 4 c.p.c Espone, al riguardo, che sull'esistenza del nesso di causa tra la condotta della Regione e la malattia patita dall'attrice si era formato - nel rapporto con la Regione - il giudicato, per effetto della sentenza con cui la Regione stessa era stata condannata a pagarle l'indennizzo ex lege 210/92. 4.2. Il motivo è manifestamente fondato. Risulta infatti dagli atti che il Tribunale di Roma, con sentenza n. 23061 del 2004, ha espressamente accertato e motivato l'esistenza del nesso di causa tra la trasfusione eseguita nel Policlinico Umberto I e l'infezione patita dall'odierna ricorrente. Tale accertamento fa stato tra E.A.M. e la Regione Lazio, ovviamente a nulla rilevando che in quel giudizio oggetto della domanda fosse il pagamento dell'indennizzo che ovviamente andrà, dal giudice di rinvio, defalcato dal risarcimento , mentre oggetto del presente giudizio è il risarcimento del danno. È sin troppo noto, infatti, che il giudicato si forma sugli accertamenti in facto compiuti nella sentenza, e non sui loro effetti giuridici. 5. Le spese. Le spese del giudizio di legittimità e dei gradi precedenti di merito saranno liquidate dal giudice del rinvio, ai sensi dell'art. 385, comma 3, c.p.c. P.Q.M. la Corte di cassazione, visto l'art. 380 c.p.c. - accoglie il primo ed il quarto motivo di ricorso dichiara assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione - rimette al giudice del rinvio la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità e di quelle dei gradi di merito.