Il Comune allunga troppo le mani sul fondo altrui: chi ne risponde?

L’annullamento, da parte del giudice amministrativo, degli atti di procedura espropriativa fa sì che l’occupazione, anche parziale, di terreni da parte della P.A. assuma le connotazioni di un illecito permanente, mentre il privato rimane proprietario dei terreni medesimi.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 8466, depositata il 27 aprile 2015. Il caso. Alcuni privati chiedevano la condanna di un Comune al risarcimento dei danni causati ad un fondo di loro proprietà in occasione dell’esecuzione di opere pubbliche realizzate su altra porzione finitima dello stesso fondo, contestualmente occupata e già acquisita dallo stesso Comune convenuto. La Corte d’appello di Napoli rigettava la domanda, ritenendo che la responsabilità dei danni lamentati non potesse essere addebitata al Comune committente delle opere, bensì all’appaltatore, il quale, durante i lavori, aveva depositato sul fondo degli attori il materiale risultante dagli sbancamenti, causando una sopraelevazione del piano di campagna e seppellendo una sorgente e una vasca di raccolta dell’acqua. Gli attori ricorrevano in Cassazione, sostenendo che fosse stato il Comune ad occupare l’intero loro fondo esteso 7.900 mq, come accertato definitivamente dal giudice amministrativo, anche se la successiva irreversibile destinazione ad opera pubblica di una frazione dello stesso fondo, estesa 4.642 mq, ne aveva determinato l’acquisizione al patrimonio comunale. Perciò, il Comune avrebbe dovuto rispondere anche della mancata utilizzazione della porzione di immobile occupata e non espropriata. Inoltre, considerando che era indiscussa l’occupazione da parte del Comune dell’intera area di 7.900 mq, in esecuzione di decreti poi annullati dal giudice amministrativo, era stato lo stesso Comune a consegnare all’impresa appaltatrice il fondo, per cui non poteva addebitarsi la responsabilità dell’occupazione all’appaltatore. Responsabilità del Comune. La Corte di Cassazione rileva che effettivamente il Comune, in forza di decreti prefettizi annullati in seguito dal giudice amministrativo, aveva occupato l’intera estensione di 7.900 mq del fondo dei ricorrenti. Non poteva, quindi, addebitarsi all’appaltatore l’occupazione della porzione di fondo non acquisita al patrimonio comunale, benché dal Comune contestualmente occupata . L’occupazione dell’intero fondo era avvenuta in esecuzione del decreto prefettizio poi annullato, non su iniziativa dell’appaltatore, a cui il Comune aveva consegnato l’intera superficie già occupata. Secondo gli Ermellini, quindi, era fondata la richiesta degli attori di condanna del Comune alla restituzione del fondo di loro proprietà, ancora abusivamente occupato, ed al risarcimento dei danni derivanti dall’illecita occupazione. Infatti, l’annullamento, da parte del giudice amministrativo, degli atti di procedura espropriativa fa sì che l’occupazione, anche parziale, di terreni da parte della P.A. assuma le connotazioni di un illecito permanente, mentre il privato rimane proprietario dei terreni medesimi. Di conseguenza, si trattava, nel caso di specie, di un illecito di cui avrebbe dovuto rispondere la P.A., non l’appaltatore. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione alla Corte d’appello di Napoli.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 11 marzo – 27 aprile 2015, n. 8466 Presidente Salvago – Relatore Nappi Svolgimento del processo Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Na poli, in riforma della sentenza di primo grado, ri gettò la domanda proposta da M.C.C., A.C., C.L., R.L., S.L. e G.L. per la condanna del Comune di Fontanarosa al risarcimento dei danni cagionati a un fondo di loro proprietà in occasione dell'esecuzione di opere pubbliche una scuola e due strade realizzate su altra porzione finitima dello stesso fondo, contestualmente occupata e già acquisita in precedenza dallo stesso comune conve nuto. Ritennero i giudici del merito che la responsabili tà dei danni lamentati non potesse essere addebita ta al comune committente delle opere, bensì all'appaltatore, che nel corso dei lavori aveva de positato sul fondo degli attori il materiale risul tante dagli sbancamenti, causando una sopraeleva zione del piano di campagna e seppellendo una sor gente e una vasca di raccolta dell'acqua . Contro la sentenza d'appello hanno proposto ricorso per cassazione gli attori, deducendo due motivi d'impugnazione, cui resiste con controricorso il Comune di Fontanarosa, che ha depositato anche me moria. Motivi della decisione l. Con il primo motivo i ricorrenti deducono vizi di motivazione della decisione impugnata, di cui eccepiscono la nullità per omessa pronuncia su una specifica domanda proposta con l'atto d'appello, violazione dell'art. 2043 c.c. e della legge n. 2359 del 1865. Sostengono che era stato il Comune di Fontanarosa a occupare l'intero loro fondo esteso mq. 7.900, come accertato definitivamente dal giudice amministrativo, anche se la successiva irreversibile destina zione a opera pubblica di una frazione dello stesso fondo, estesa mq. 4642, ne aveva determinato l'acquisizione al patrimonio comunale. Sicché era il comune che doveva rispondere anche della mancata utilizzazione della porzione di immo bile occupata e non espropriata, come esplicitamen te ma vanamente richiesto nell'atto d'appello. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono vizi di motivazione della decisione impugnata, violazione degli art. 2043 e 2058 c.c. e della legge n. 2359 del 1865. Sostengono che, essendo documentata e indiscussa l'occupazione da parte del comune dell'intera area di mq. 7.900, in esecuzione di decreti poi annulla ti dal giudice amministrativo, ne consegue che fu lo stesso comune a consegnare all'impresa appalta trice il fondo e che non può addebitarsi la respon sabilità dell'occupazione all'appaltatore. 2. Il ricorso è fondato. Come risulta dalla stessa sentenza impugnata, in fatti, il Comune di Fontanarosa, in forza di de creti prefettizi poi annullati dal giudice ammini strativo , aveva occupato l'intera estensione di mq. 7.900 del fondo degli attori. Ne consegue che, come dedotto dai ricorrenti, non può addebitarsi all'appaltatore l'occupazione della porzione di fondo non acquisita al patrimonio comunale, benché dal comune contestualmente occupata. L'occupazione dell'intero fondo avvenne in esecuzione del decreto prefettizio poi annullato, non per iniziativa dell'appaltatore, cui il comune consegnò l'intera superficie di mq. 7. 900 già occupata Fondatamente pertanto gli attori avevano chiesto la condanna del comune alla restituzione del fondo di loro proprietà ancora abusivamente occupato e al risarcimento dei danni derivanti dall'illecita oc cupazione. Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, l'annullamento, da parte del giudice amministrati vo, degli atti della procedura espropriativa fa sì che l'occupazione, anche parziale, di terreni da parte della P.A. assuma le connotazioni di un ille cito permanente, mentre il privato rimane proprie tario dei terreni medesimi Cass., sez. I, 21 giu gno 2010, n. 14940, m. 613592 . Di questo illecito deve rispondere la pubblica amministrazione, non l'appaltatore. La sentenza impugnata va pertanto cassata. P.Q.M. La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione.