Non lesiva la sentenza di cassazione revocabile

In tema di azione di risarcimento-danni contro lo Stato e quindi di responsabilità civile per l’esercizio della funzione giudiziaria, il giudice può ritenere esistente l’omesso esame, in sede di legittimità, di un autonomo motivo di ricorso e, contestualmente, negare il risarcimento del danno in quanto non esperiti tutti i rimedi giurisdizionali previsti dall’ordinamento così, il mancato previo esperimento dell’azione di revocazione rende inammissibile l’azione risarcitoria.

E’, quindi, illegittima, e va pertanto annullata, la sentenza di merito con cui, accertati l’omessa pronuncia da parte della Cassazione sulla errata determinazione del credito risarcitorio e la relativa qualificazione in termini di errore valutativo, venga erroneamente esclusa l’applicabilità dell’istituto della revocazione e, dunque, concessa la liquidazione dell’ulteriore somma a titolo di responsabilità giudiziaria a carico della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il principio si argomenta dalla sentenza n. 7924/15, decisa il 19 marzo e depositata il 17 aprile 2015. Il caso. Il padre ed il coniuge, eredi, di un soggetto agivano, nei confronti della Cassazione, per il risarcimento del danno per non avere la stessa corte esaminato un autonomo motivo di ricorso in un procedimento di risarcimento-danni da incidente stradale, impedendo così la liquidazione di una somma maggiore in primo grado, però, il tribunale, pur ritenendo esistente l’omesso esame, rigettava in quanto considerava esperibile la revocazione mentre in appello l’azione veniva accolta in quanto ritenuto non più esperibile tale rimedio giudiziale. Il pregiudizio tra legittimazione privata e potestas iudicandi i vizi” del provvedimento. In primis , vanno richiamati gli artt. 2, 3, 4, 24, 97 e 117 Cost., 2043 e 2059 c.c., 185 c.p., 382 co. 3, 391, 391-bis e 395 n. 4 e n. 5 c.p.c. e 4 co. 2 l. 13-04-1988 n. 117 nonché la l. 26-11-1990 n. 353 e la l. 27-02-2015 n. 18 ed i principi di autonomia ed indipendenza della magistratura. All’uopo, necessita focalizzare sul concetto di procedimento, provvedimento, impugnazione, danno, illecito, responsabilità e risarcimento. Sotto il profilo procedurale, va subito detto che la norma, ratione temporis applicabile, prevedeva, con la ratio di evitare azioni pretestuose, temerarie e/o speculative, un giudizio di ammissibilità con decreto impugnabile dell’azione in ordine a termini e presupposti, fondato cioè sull’astratta configurabilità dei profili sostanziali di responsabilità e sull’impossibilità di azionare mezzi e rimedi impugnatori Corte Cost. nn. 17/1986 e 36/1991, Cass. nn. 3137/1994 e 6876/1992 , mentre attualmente risulta rimosso il filtro di ammissibilità della domanda risarcitoria. Segnatamente, sul piano formale, l’omesso esame di un motivo di censura in sede di legittimità si qualifica come errore di fatto revocatorio quando consista in un errore di percezione o in una mera svista materiale su circostanze decisive immediatamente ed incontestabilmente emergenti da atti e documenti di causa Cass. nn. 4605/2013, 362/2010, 18152/2002 e 4070/2000 è da notare che non sono, invece, revocabili le sentenze in cui vi sia stata valutazione, in diritto, delle risultanze processuali Cass. nn. 3365/2009, 24369/09, 8180/09 e 17443/08 . In termini sostanziali, trattasi di responsabilità indiretta per dolo, colpa grave e/o diniego di giustizia, successiva cioè a quella principale dello Stato, quale titolare pubblico del potere giudiziario, sia sul piano patrimoniale che su quello non patrimoniale nonché penalmente rilevante cui scaturisce, altresì, la responsabilità disciplinare. Secondo la recente novella, peraltro, la colpa grave del magistrato si identifica, tra i casi, nella violazione manifesta della legge e/o del diritto dell'Unione europea, nel travisamento del fatto o delle prove e nell’affermazione o negazione di un fatto la cui esistenza sia incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento. Sul punto, è da sottolineare che il giudizio sull’ammissibilità dell’azione non si traduce in un’anticipazione del giudizio di merito, potendo infatti il magistrato rilevare, ex post , profili, prima non rilevati, d’inammissibilità dell’azione. De iure condito , sussiste un preciso collegamento giuridico-normativo tra mezzi di gravame e responsabilità del giudice. Soltanto l’errata sentenza immodificabile è ingiusta e fonte di risarcimento ex lege. In ambito di rapporti tra Autorità e cittadino e quindi tra provvedimento giurisdizionale ed azione processuale del privato, è soggetta a revocazione, contrariamente a quanto sostenuto da App. Roma n. 4318/2010, la sentenza di Cassazione in cui risultino non essere state valutate le risultanze processuali rebus sic stantibus , il mancato previo esperimento della revocazione rileva, ratione temporis , in termini di omissione e preclude, così, la proponibilità e l’accoglimento dell’azione risarcitoria per l’esercizio dannoso del potere giudiziario Cass. nn. 11438/1999, 4682/1998, 13003/1997, 2186/1996 e 1884/1994 . Ergo , il ricorso va accolto e la sentenza va cassata senza rinvio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 19 marzo – 17 aprile 2015, numero 7924 Presidente Forte – Relatore Lamorgese Svolgimento del processo 1.- Il Tribunale di Roma ha ammesso e poi, con sentenza 27.4.2006, ha rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta dalle sig.re S.R. o R.B. , Sc.Lo. e La.Me. , eredi di Sc.Pi. , che avevano dedotto, ai sensi della legge 13 aprile 1988 numero 117, la responsabilità del Collegio della Terza sezione civile della Corte di cassazione per non avere esaminato, nella sentenza 11.11.1997 numero 11127, un motivo di ricorso proposto dal loro coniuge e padre in relazione a un giudizio di risarcimento danni da incidente stradale, il cui accoglimento avrebbe comportato la liquidazione di una somma maggiore a titolo risarcitorio. Il Tribunale di Roma ha ritenuto esistente l'omesso esame del motivo del ricorso per cassazione ma insussistente la dedotta responsabilità, poiché si trattava di un errore emendabile mediante l'esperimento dell'ordinario mezzo d'impugnazione della revocazione. 2.- Il gravame proposto dalle eredi Sc. è stato accolto dalla Corte d'appello di Roma, con sentenza 25.10.2010, che ha condiviso il giudizio del Tribunale sull'omesso esame del motivo ma ha ritenuto non esperibile il rimedio della revocazione ha quindi condannato la Presidenza del Consiglio dei ministri al risarcimento del danno, determinato all'attualità in Euro 36.554,47, oltre interessi, pari alla differenza tra quanto liquidato e quanto liquidabile in caso di accoglimento del ricorso per cassazione. 3.- La Presidenza del Consiglio dei ministri ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, cui si oppongono le intimate con controricorso e ricorso incidentale affidato a due motivi. Motivi della decisione 1.- Nel primo motivo del ricorso principale è denunciata la violazione e falsa applicazione dell'art. 395 numero 4 c.p.c., in relazione all'art. 4, secondo comma, della legge numero 117/1988, per avere erroneamente escluso l'esistenza di un errore di fatto nella sentenza della Corte di cassazione numero 11127/1997 a causa della mancata percezione di un motivo di ricorso avverso l'impugnata sentenza della Corte d'appello di Venezia del 13.1.1996 suscettibile di essere emendato mediante un ricorso per revocazione, la cui mancata proposizione costituirebbe ragione ostativa all'accoglimento della domanda di responsabilità per l'esercizio della funzione giudiziaria. 1.1.- I controricorrenti hanno eccepito l'inammissibilità del predetto motivo perché volto a mettere in discussione l'accertamento, che sarebbe stato compiuto dal Tribunale e ormai coperto da giudicato, della impossibilità di esperire altri rimedi avverso il provvedimento giurisdizionale lesivo art. 4, secondo comma, della legge numero 117/1988 , avendo il medesimo giudice incentrato la decisione sull'assenza del nesso di causalità tra l'evento dannoso e la negligenza accertata come idonea a configurare la responsabilità. L'eccezione in esame è infondata. Essa non considera che è stato proprio il Tribunale a ritenere che l'errore imputabile ai giudici di legittimità fosse emendabile con lo strumento impugnatorio della revocazione e non con l'azione di responsabilità proposta secondo la legge numero 117 del 1988. Inoltre, non è condivisibile l'implicito assunto secondo il quale il decreto del Tribunale che ha dichiarato ammissibile l'azione proposta sarebbe passato in giudicato quanto all'esistenza dei presupposti dell'azione. L'art. 5 della legge numero 117 del 1988 abrogato dalla legge 27 febbraio 2015 numero 18, ma applicabile ratione temporis prevede, com’è noto, un giudizio di ammissibilità dell'azione che ha ad oggetto la verifica, oltre che del rispetto dei termini per la sua proposizione, dei presupposti dell'azione, tra i quali rientra anche la valutazione della configurabilità in astratto di profili sostanziali di responsabilità art. 2 , nonché della impossibilità di esperire i mezzi ordinari d'impugnazione o gli altri rimedi previsti dall'ordinamento avverso il provvedimento giurisdizionale che si assume lesivo art. 4, secondo comma . Contrariamente al decreto d'inammissibilità della domanda, di cui è prevista l'impugnabilità dinanzi al Corte d'appello e poi per cassazione art. 5, quarto e quinto comma , la legge non prevede l'impugnazione del decreto che ha dichiarato l'azione ammissibile. Ciò si spiega se si considera che, una volta superato il cosiddetto filtro, nella successiva fase al giudice non è precluso l'accertamento della intempestività e della insussistenza dei presupposti dell'azione e ben può dichiararla manifestamente infondata, non rilevando che ad un'analoga conclusione avrebbe dovuto pervenire il giudice della fase preliminare con una pronuncia d'inammissibilità art. 5, terzo comma . La decisione sull'ammissibilità dell'azione non costituisce, quindi, un'anticipazione del giudizio di merito, ma una semplice delibazione preliminare finalizzata, a tutela dei principi di autonomia e indipendenza della magistratura, ad escludere le azioni risarcitorie temerarie ed intimidatorie proposte nei confronti dello Stato o direttamente nei confronti del singolo magistrato, senza acquistare valore di giudicato. Ne consegue che il giudice dinanzi al quale il processo prosegue ben può rilevare profili d'inammissibilità dell'azione, prima non rilevati, come nel caso in cui riscontri il mancato esperimento dei mezzi di impugnazione e dei rimedi previsti dall'ordinamento avverso il provvedimento lesivo. 1.2.- Il motivo sintetizzato al p. 1 è fondato. 1.2.1.- È pacifico in causa che la sentenza della Cassazione numero 11127/1997 ha esaminato le prime due censure in cui era articolato il motivo di ricorso per cassazione delle eredi Sc. , ma ha omesso di pronunciarsi sulla terza e autonoma censura proposta a pag. 8-9 del medesimo ricorso, sub e, ove era espressa la doglianza di errata determinazione del credito risarcitorio risultante dalla comparazione con un credito di rivalsa dell'Inail, senza che i rispettivi valori monetari fossero stati resi preventivamente omogenei . La Corte d'appello ha ritenuto trattarsi di un errore valutativo, quindi estraneo all'applicabilità del rimedio della revocazione ex art. 395 numero 5 c.p.c., e da ciò ha tratto la conseguenza che non vi fosse alcuna preclusione alla proponibilità dell'azione di cui alla legge numero 117 del 1988. Questa interpretazione, tuttavia, contrasta con la giurisprudenza di legittimità secondo la quale v. Cass. numero 4605/2013, numero 362/2010, numero 18152/2002, numero 4070/2000 l'omesso esame di un motivo di ricorso per cassazione configura un errore di fatto revocatorio quando, come verificatosi nel caso in esame, consista in un errore di percezione o in una mera svista materiale su circostanze decisive, emergenti direttamente dagli atti con carattere di immediatezza, che abbia indotto la Corte a non considerare l'esistenza della censura proposta e, quindi, a supporre l'inesistenza di un fatto decisivo che risulti invece incontestabilmente esistente negli atti e documenti di causa, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali. La tesi fatta propria dai giudici di merito non trova conferma nei precedenti richiamati dai resistenti non nella sentenza numero 3365/2009, avente ad oggetto un caso in cui questa Corte aveva esaminato congiuntamente i proposti motivi di ricorso per cassazione, e neppure nella sentenza numero 24369/2009, che aveva ad oggetto una sentenza di legittimità cui era imputato un errore valutativo nella interpretazione della portata dell'atto di appello come includente una censura di cui era controversa l'esistenza. In entrambi i casi i ricorsi per revocazione sono stati dichiarati inammissibili sul presupposto che fossero volti a censurare un giudizio espresso dalla S.C. sulla portata di atti processuali e che, quindi, si trattasse, in ipotesi, di errori di diritto nella interpretazione degli atti medesimi e nella valutazione dei loro effetti, in quanto tali estranei all'ambito applicativo dell'art. 391 bis c.p.c. v. Cass. numero 8180/2009 e numero 17443/2008 . 1.2.2.- È necessario considerare che il rimedio revocatorio contro le sentenze della Corte di cassazione che siano affette da errore di fatto, ai sensi dell'art. 395 numero 4 c.p.c, era ammissibile all'epoca in cui è stata emessa la contestata sentenza della Cassazione, in quanto introdotto dalla legge 26.11.1990 numero 353, che ha inserito nel codice l'art. 391 bis v. Corte cost. numero 17/1986 e numero 36/1991 Cass. numero 3137/1994 e numero 6876/1992 . Poiché tale sentenza era impugnabile con il ricorso per revocazione che non è stato proposto dagli interessati, si deve verificare se ciò precludesse l'esperibilità dell'azione di responsabilità disciplinata dalla legge numero 117 del 1988. Al suddetto quesito deve darsi risposta affermativa. Questa Corte ha più volte interpretato l'art. 4, secondo comma, della legge numero 117/1988 - L'azione di risarcimento del danno contro lo Stato può essere esercitata soltanto quando siano stati esperiti i mezzi ordinari di impugnazione [ ] e comunque quando non siano più possibili la modifica o la revoca del provvedimento [ ] - nel senso che l'azione risarcitoria debba ritenersi preclusa nell'ipotesi in cui il rimedio previsto non sia stato esperito v. Cass. numero 11438/1999, numero 4682/1998, numero 13003/1997, numero 2186/1996, numero 1884/1994 . L'intento primario espresso dal legislatore nell'art. 4, secondo comma, della legge del 1988 è stato di dare la prevalenza alla rimozione del provvedimento dannoso e di privilegiare i rimedi endoprocessuali rispetto all'azione risarcitoria, subordinando quest'ultima alla circostanza che il danneggiato abbia utilizzato gli strumenti processuali normalmente apprestati dall'ordinamento per eliminare o, almeno, ridurre il danno. E non v'è dubbio che il ricorso per revocazione ordinaria configuri un rimedio giurisdizionale ed impugnatorio che è pienamente riconducibile alla categoria dei rimedi il cui previo esperimento condiziona l'esperibilità dell'azione di responsabilità prevista dalla legge. 2.- Di conseguenza, assorbiti il secondo motivo del ricorso principale e il ricorso incidentale riguardanti gli accessori sulla somma liquidata a titolo risarcitorio , la sentenza impugnata è cassata senza rinvio, non potendo l'azione essere proposta art. 382, terzo comma, c.p.c. , per esse inammissibile. 3.- Sussistono giusti motivi per compensare le spese dell'intero giudizio, in considerazione della novità e complessità della questione controversa. P.Q.M. La Corte, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale, assorbiti il secondo motivo e il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata senza rinvio e compensa le spese dell'intero giudizio.