Gestione diretta della lite vs. obbligo di rimborso delle spese di difesa

Dall'art. 1917, comma 3, c.c. discende per l'assicuratore l'obbligo di sopportare le spese di lite sofferte dall'assicurato anche nel caso in cui nessun danno venga riconosciuto al terzo, presunto danneggiato, che ha promosso l' azione.

La sezione III Civile della Cassazione, con la decisione n. 7087/15 depositata il 9 aprile, ha fatto chiarezza in materia di contratto di assicurazione quanto alla sussistenza, o meno, di un obbligo di assunzione diretta della lite da parte della compagnia di assicurazione obbligo da tenere peraltro ben distino dal comunque pertinente obbligo di tenere indenne l’assicurato dalle spese di difesa da esso direttamente sostenute. Il caso. Un presunto” danneggiato conveniva in giudizio un Comune per ottenere il risarcimento dei danni asseritamente subiti a causa di una caduta dovuta ad una buca esistente sul manto stradale. Il Comune si costituiva chiamando in causa la società appaltatrice dei lavori di manutenzione stradale, con richiesta di manleva in caso di condanna. L’appaltatore a sua volta si costituiva sollecitando il rigetto della domanda dell’attore e dichiarando di avere chiesto alla propria società di assicurazione di gestire direttamente la lite, contestualmente chiedendone la chiamata in giudizio. La compagnia di assicurazioni si difendeva chiedendo a sua volta il rigetto delle domande avanzate nei suoi confronti dall’appaltatore. Il Tribunale rigettava la domanda del presunto” danneggiato dalla buca, compensando integralmente le spese di lite tra tutte le parti. L’appaltatore proponeva appello sostenendo che il Tribunale non avesse deciso la questione della sussistenza o meno, in capo alla compagnia di assicurazioni, di un obbligo contrattuale di gestione della lite art. 25 delle condizioni generali di contratto norma che secondo i giudici di appello doveva essere interpretata nel senso di escludere l'esistenza di un obbligo di gestione della lite da parte della società di assicurazione, anche perché ciò avrebbe violato gli interessi di entrambi i contraenti, imponendo inutili oneri di assistenza e difesa , anche in relazione a domande palesemente infondate. Respinto il gravame l’appaltatore - appellante veniva condannato alla rifusione delle spese di lite. Il ricorso per Cassazione. L’appaltatore censura la decisione della Corte d’appello sotto vari profili. In particolare, il ricorrente aveva indicato, proprio tra i motivi di appello, l'omessa decisione, da parte del Tribunale, sull’autonoma domanda da esso svolta in ordine alla sussistenza dell'obbligo di rifusione delle spese di difesa a carico della Compagnia di assicurazioni ai sensi dell’art. 1917 c.c L’obbligo di rifusione delle spese di lite. La questione circa l’obbligo di rifusione delle spese è da tenere ben distinta rispetto a quella della sussistenza di un obbligo di assumere la gestione diretta della lite. Ebbene, secondo la Suprema Corte, l'accertata insussistenza di un obbligo di gestione diretta della lite da parte della società assicuratrice non fa venire meno la sussistenza dell'obbligo di rimborso stabilito dalle norme del codice civile obbligo ribadito, nel caso specifico, dall'art. 25 del contratto di assicurazione . In altri termini, è pacifico che la società di assicurazione è libera di gestire direttamente la lite o di non farlo, cioè è libera di decidere se costituirsi in luogo dell'assicurato o meno ma è altrettanto ovvio che l'assicurato il quale, nell'inerzia dell'assicuratore, si costituisca e risulti vincitore, ha tenuto un comportamento che ha favorito lo stesso assicuratore ed ha sostenuto spese che rientrano, sia pure in una forma particolare, nei c.d. obblighi di salvataggio di cui all'art. 1914, comma 2, c.c Il principio di diritto. Per cui, secondo gli Ermellini, dall'art. 1917, comma 3, c.c., discende l'obbligo, per l'assicuratore, di sopportare le spese di lite sofferte dall'assicurato anche nel caso in cui nessun danno venga riconosciuto al terzo, presunto danneggiato, che ha promosso l' azione. Secondo la Cassazione, l'errore della Corte d'appello, in definitiva, consiste nell'avere confuso l'obbligo di gestione diretta della lite che non sussisteva nel caso specifico con l'obbligo di rimborso delle spese sostenute a difesa che invece è garantito dalla legge e dal contratto di specie . La sentenza gravata è stata quindi cassata con rinvio .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 12 gennaio – 9 aprile 2015, n. 7087 Presidente Carleo – Relatore Cirillo Svolgimento del processo 1. C.M. convenne in giudizio il Comune di Roma, davanti al Tribunale di Roma, affinché fosse condannato al risarcimento dei danni asseritamente patiti a causa di una caduta dovuta ad una buca esistente sul manto stradale. Il Comune si costituì chiamando in causa la società ALSA s.r.l. quale appaltatrice dei lavori di manutenzione stradale, con richiesta di manleva in caso di condanna. La società ALSA si costituì sollecitando il rigetto della domanda e dichiarando di avere chiesto alla propria società di assicurazione, la Assicuratrice edile s.p.a., di gestire direttamente la lite, contestualmente chiedendo che la società di assicurazione fosse chiamata in giudizio. Questa si costituì, chiedendo a sua volta il rigetto delle domande avanzate nei suoi confronti dalla società ALSA. Il Tribunale rigettò la domanda, compensando integralmente le spese di lite tra tutte le parti. 2. Avverso la sentenza è stato proposto appello dalla ALSA s.r.l. e la Corte d'appello di Roma, con sentenza del 30 marzo 2010, ha respinto il gravame, confermando l'impugnata sentenza e condannando la ALSA s.r.l. al pagamento delle spese in favore della BT s.p.a. già Assicuratrice edile s.p.a. . Ha osservato la Corte territoriale che l'appellante aveva censurato il fatto che il Tribunale non avesse deciso la questione della sussistenza o meno, in capo alla società di assicurazione, di un obbligo contrattuale di gestione della lite ai sensi dell'art. 25 delle condizioni generali di contratto. Ciò premesso, la Corte - dopo aver precisato che non sussistevano le condizioni del simultaneus processus , stante la totale diversità tra la domanda proposta contro il Comune di Roma e quella tra la società ALSA e la società di assicurazione - ha rilevato che il citato art. 25 delle condizioni generali di contratto doveva essere interpretato nel senso di escludere l'esistenza di un obbligo di gestione della lite da parte della società di assicurazione, anche perché ciò avrebbe violato gli interessi di entrambi i contraenti, imponendo inutili oneri di assistenza e difesa” anche in relazione a domande palesemente infondate. Nel caso specifico, poi, la sentenza di primo grado aveva respinto la domanda di risarcimento danni avanzata nei confronti del Comune di Roma e, quindi, anche nei confronti della società ALSA, la quale non poteva essere ritenuta parte soccombente. 3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Roma propone ricorso la ALSA s.r.l., con atto affidato a sette motivi. Resiste la Sace BT s.p.a. con controricorso. La ricorrente ha presentato memoria. All'udienza del 22 ottobre 2014 veniva disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo, per consentire l'esame dell'ulteriore produzione documentale ammessa in tale occasione. Fissata la nuova udienza di discussione, entrambe le parti hanno presentato memorie. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 2909 del codice civile. Osserva la società ricorrente che sulla questione della sussistenza o meno dell'obbligo di gestione della lite vi è stata la sentenza 28 luglio 2003, emessa dal Tribunale di Roma in un giudizio tra le stesse parti, la quale ha accertato la sussistenza dell'obbligo in base alla previsione contrattuale tale sentenza è passata in giudicato, in quanto la Corte d'appello di Roma ha dichiarato l'inammissibilità dell'appello con sentenza non assoggettata ad impugnazione. Ciò avrebbe determinato la formazione di un giudicato esterno sul punto in contestazione, sussistendo completa identità di parti, petitum e causa petendi . 1.1. Il motivo non è fondato. La complessa questione relativa alla presunta formazione di un giudicato in ordine al profilo dell'obbligo di gestione diretta della lite è stata già posta a questa Corte nella sentenza 6 settembre 2012, n. 14938, più volte citata nell'odierno giudizio, ma è rimasta in quella sede non affrontata in considerazione del quesito di diritto, ritenuto allora inidoneo a superare il vaglio di ammissibilità di cui all'art. 366-bis cod. proc. civ., norma già allora abrogata ma tuttavia applicabile ratione temporis . L'odierna ricorrente torna a porre il problema non solo nel ricorso, ma anche nelle successive due memorie di udienza presentate a questa Corte. A sostegno della doglianza la parte ricorda, in sostanza, che il proprio assunto sarebbe stato recepito da una prima sentenza del Tribunale di Roma, la n. 25367 del 2004, passata in giudicato nel 2008 a seguito di declaratoria di inammissibilità dell'appello nonché da una successiva sentenza della Corte d'appello di Roma, la n. 3839 del 2013, notificata il 4 luglio 2013 e passata in giudicato per mancata impugnazione. Di talché - osserva la società ricorrente - anche ammettendo che la sentenza di questa Corte n. 14938 del 2012 sia andata di contrario avviso, il giudicato di cui alla sentenza della Corte d'appello n. 3839 del 2013 dovrebbe comunque prevalere, in ossequio al principio giurisprudenziale secondo cui, in caso di formazione di giudicati tra loro inconciliabili, dovrebbe prevalere l'ultimo, ossia il più recente, in assenza di impugnazione per revocazione. 1.2. Osserva la Corte che il principio appena richiamato è stato in effetti affermato più volte da questa Corte v. le sentenze 8 maggio 2009, n. 10623, e 19 novembre 2010, n. 23515 e va ribadito nella sede odierna. Tuttavia esso non giova all'accoglimento del motivo in esame, per le ragioni che si vanno ora ad indicare. Ed infatti, dalla lettura degli stralci delle pronunce di merito riportate nel ricorso della società ALSA e nelle successive memorie - pronunce dalle quali dovrebbe trarsi l'esistenza di un vincolo nel senso voluto dalla ricorrente - emerge che, al di là delle singole espressioni adoperate, non c'è un effettivo contrasto tra queste ed il dictum contenuto nella citata sentenza n. 14938 del 2012 di questa Corte. Tanto la sentenza del Tribunale di Roma del 2003 quanto quella della Corte d'appello di Roma del 2013 - per quanto risulta dal ricorso e dalle memorie - dimostrano chiaramente di aver interpretato l'art. 25 delle condizioni generali di contratto sul quale poi si tornerà non nel senso di un obbligo di gestione diretta della lite da parte della società di assicurazione della società oggi ricorrente, quanto piuttosto nel senso di una conformità con la previsione dell'art. 1917 cod. civ. ciò comporta che, ferma restando la valutazione discrezionale della società assicuratrice in ordine alla gestione diretta della lite, questa sarà comunque tenuta a rimborsare alla società assicurata le spese dalla medesima sostenute per resistere all'azione del danneggiato la sentenza della Corte d'appello di Roma, riportata alla p. 2 della prima memoria dell'odierna ricorrente, parla, non a caso, di obbligo di tenere indenne il proprio assicurato . Tali conclusioni non sono in contrasto con le affermazioni di cui alla sentenza n. 14938 del 2012 di questa Corte, la quale ha si riconosciuto che né l'art. 1917 cod. civ. né l'art. 25 citato impongono all'assicuratore di gestire la lite ma ciò ha fatto aggiungendo che l'art. 25 non contiene una deroga espressa alla previsione del terzo comma dell'art. 1917 cod. civ.” e che, in quel giudizio, la sentenza d'appello poteva resistere alle censure in quanto le spese sostenute per resistere all'azione del danneggiato contro l'assicurato” erano già state poste, dal Tribunale di Roma, a carico del danneggiato soccombente e del Comune, con conseguente difetto di interesse della ricorrente sul punto”. Né a diverse conclusioni può pervenirsi sulla base della sentenza 24 ottobre 2007, n. 22344, di questa Corte, la quale si è limitata a prendere atto che in quel giudizio era passata in giudicato, per mancata impugnazione, la pronuncia del giudice di primo grado che aveva sancito l'obbligo di rimborso delle spese di lite avanzata dalla stessa società ALSA nei confronti della società di assicurazione. La concorrente lettura delle sentenze di merito e delle pronunce di questa Corte dimostra l'assenza di un contrasto di giudicati e, di conseguenza, conduce al rigetto del primo motivo di ricorso, non avendo la sentenza impugnata violato alcun giudicato esistente sul punto tra le parti in causa. 2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 4 , cod. proc. civ., violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., per l'omessa decisione, da parte della Corte d'appello, del capo di domanda riguardante l'accertamento del diritto alla rifusione delle spese ai sensi dell'art. 1917, terzo comma, del codice civile. Osserva la ricorrente di aver indicato tra i motivi di appello l'omessa decisione, da parte del Tribunale, sulla autonoma domanda svolta dalla ALSA s.r.l. in ordine alla sussistenza dell'obbligo di rifusione delle spese, a carico della società di assicurazione, ai sensi del citato art. 1917, punto sul quale la Corte d'appello non avrebbe dato risposta. Sarebbe pacifica, dunque, l'operatività della garanzia assicurativa in relazione alle spese sostenute. 3. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1917, terzo comma, e 1932, primo e secondo comma, cod. civ., anche in riferimento al mancato accertamento della nullità di una clausola contrattuale. Osserva la ricorrente che la sentenza impugnata avrebbe errato nell'affermare che, ai sensi del citato art. 25 delle condizioni generali di contratto, le spese sostenute dall'assicurata possono essere rimborsate solo se ed in quanto i legali e i tecnici siano stati designati dall'assicuratore. L'art. 1917, terzo comma, cit., destinato a prevalere sulla previsione contrattuale anche contraria, non pone alcun limite all'obbligo di rifusione delle spese in capo all'assicuratore e l'art. 1932 cod. civ. prevede l'inderogabilità della disposizione del citato art. 1917, terzo comma, del codice civile. 4. Il secondo ed il quarto motivo sono da trattare congiuntamente, in considerazione della stretta connessione che li unisce. 4.1. È opportuno premettere che la causa odierna si inserisce in un cospicuo contenzioso che vede coinvolti il Comune di Roma, la società ALSA s.r.l. quale appaltatrice dei lavori di manutenzione stradale del Comune stesso, e la società di assicurazione di quest'ultima, che è nella specie la BT s.p.a. già Assicuratrice edile s.p.a. . In tale complessa vicenda questa Corte ha già emesso, a quanto risulta, non solo la sentenza n. 14938 più volte richiamata, ma anche le sentenze 24 ottobre 2007, n. 22344, e 28 settembre 2009, n. 20736. Motivo del contendere è, principalmente, il rapporto esistente tra gli artt. 1917 e 1932 del codice civile e l'art. 25 delle condizioni generali di contratto tra la società ALSA e la società assicuratrice. È opportuno, quindi, riportare il testo di tale norma contrattuale, risultante dal ricorso La società assume, fino a quando ne ha interesse, la gestione delle vertenze tanto in sede stragiudiziale che giudiziale, sia civile che penale, a nome dell'Assicurato, designando, ove occorra, legali o tecnici ed avvalendosi di tutti i diritti ed azioni spettanti all'assicurato stesso. Sono a carico della società le spese sostenute per resistere all'azione contro l’assicurato, entro il limite di un importo pari al quarto del massimale stabilito in polizza per il danno cui si riferisce la domanda. Qualora la somma dovuta al danneggiato superi detto massimale, le spese vengono ripartite fra Società e Assicurato in proporzione al rispettivo interesse. La società non riconosce spese incontrate dall'Assicurato per i legali o tecnici che non siano stati da essa designati e non risponde di multe o ammende né delle spese di giustizia penale” . Occorre innanzitutto osservare che, come giustamente ha rilevato la società ricorrente, l'art. 1917, terzo comma, cod. civ., ha una portata generale nel senso di riconoscere la sussistenza dell'obbligo di rimborso, da parte dell'assicuratore, delle spese sostenute dall'assicurato per resistere all'azione del danneggiato e l'art. 1932, primo comma, cod. civ., inserisce la disposizione dell'art. 1917, terzo comma, cit. fra quelle che non possono essere derogate se non in senso più favorevole all'assicurato”. Ciò significa che, ove mai l'art. 25 delle condizioni generali di contratto derogasse a tali disposizioni, esso sarebbe nullo in quanto in contrasto con una norma di legge ma tale contrasto non sussiste, come palesemente emerge dal testo della norma contrattuale sopra trascritta e come questa Corte ha già riconosciuto nella sentenza n. 14938 del 2012 ed intende oggi ribadire. Fatta simile premessa, si deve aggiungere che l'accertata insussistenza di un obbligo di gestione diretta della lite da parte della società assicuratrice - che, tra l'altro, risponde alla ovvia esigenza di evitare il dispendio di un' attività processuale che potrebbe rivelarsi inutile - non fa venire meno la sussistenza dell'obbligo di rimborso stabilito dalle norme del codice sopra richiamate e ribadito dall'art. 25 del contratto. In altri termini, è pacifico che la società di assicurazione è libera di gestire direttamente la lite o di non farlo, come risulta dall'espressione fino a quando ne ha interesse ” contenuta nella citata disposizione del contratto, cioè è libera di decidere se costituirsi in luogo dell'assicurato o meno ma è altrettanto ovvio che l'assicurato il quale, nell'inerzia dell'assicuratore, si costituisca e risulti vincitore ha tenuto un comportamento che ha favorito lo stesso assicuratore ed ha sostenuto spese che rientrano, sia pure in una forma particolare, nei c.d. obblighi di salvataggio di cui all'art. 1914, secondo comma, del codice civile. Questa Corte, d'altra parte, ha già riconosciuto che dall'art. 1917, terzo comma, cod. civ. discende l'obbligo, per l'assicuratore, di sopportare le spese di lite sofferte dall'assicurato anche nel caso in cui nessun danno venga riconosciuto al terzo, presunto danneggiato, che ha promosso l'azione v., sul punto, la sentenza 15 gennaio 1985, n. 59, ripresa dalla più recente sentenza 28 febbraio 2008, n. 5300 . 4.2. Applicando i suddetti principi al caso di specie, si perviene alla conclusione che il secondo ed il quarto motivo di ricorso sono fondati. Ed infatti, è pacifico che la società ALSA comunicò alla propria assicuratrice la pendenza della lite allo scopo di consentirle la gestione diretta, e che quest'ultima non ritenne di costituirsi ma lo fece soltanto a seguito di chiamata in causa da parte della ALSA pertanto, poiché il Tribunale aveva disposto l'integrale compensazione delle spese tra tutte le parti, la Corte d'appello avrebbe dovuto, con la pronuncia oggi in esame, salvaguardare il diritto dell'odierna ricorrente al rimborso delle spese di lite che questa aveva sostenuto, ottenendo il risultato di vedere rigettata la domanda della C. , presunta danneggiata, con effetti che andavano a ridondare anche a favore della società di assicurazione. Aver negato tale diritto significa, in sostanza, essere pervenuti ad un risultato che è in contrasto con gli artt. 1917 e 1932 del codice civile. L'errore della Corte d'appello, in definitiva, sta nell'avere confuso l'obbligo di gestione diretta della lite che, come si è visto, non sussiste con l'obbligo di rimborso delle spese sostenute a difesa che invece è garantito dalla legge e dal contratto . 5. Il secondo ed il quarto motivo di ricorso, pertanto, sono accolti ed il loro accoglimento esime questa Corte dall'obbligo di esaminare gli ulteriori motivi terzo, quinto, sesto e settimo, che rimangono assorbiti. 6. In conclusione, il primo motivo di ricorso è respinto, mentre sono accolti il secondo ed il quarto, con assorbimento degli altri. La sentenza impugnata è cassata e il giudizio rinviato alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione personale, la quale provvederà ad un nuovo giudizio alla luce dei principi di cui alla presente sentenza. Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo ed il quarto, assorbiti i rimanenti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione personale, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.