Il giudice del rinvio non può quantificare il danno in assenza di una impugnativa della condanna generica

Qualora nel giudizio penale di merito il giudice si sia limitato a pronunciare condanna generica al risarcimento e la mancata liquidazione del danno non abbia formato oggetto di impugnazione, non è consentito al giudice civile di appello, la cui causa sia stata rimessa a seguito di annullamento, ai soli effetti civili, da parte della Corte di Cassazione, ampliare i confini del decisum” propri della sentenza impugnata, procedendo alla liquidazione del danno.

Con la sentenza dell’8 aprile 2015, n. 7004, la Corte di Cassazione chiarisce i poteri del giudice civile in sede di rinvio ex art. 622 c.p.p, precisando che se il capo relativo agli effetti civili – in particolare, alla liquidazione del danno - non è stato impugnato, non è possibile procedere ad una rideterminazione del danno stesso. Il caso. La sentenza del S.C. in esame prende avvio da un giudizio penale nel quale, dopo una condanna in primo grado per bancarotta fraudolenta con condanna al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede, il legale rappresentante di una società viene ritenuto colpevole del reato di bancarotta semplice dalla Corte di Appello, con pronuncia di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Detta pronuncia viene parzialmente cassata con rinvio, ai soli effetti civili, a seguito del ricorso della curatela del fallimento e, in sede di rinvio, la Corte di Appello ha disposto una condanna di importo pari ad oltre 60 mila euro. Ricorre avverso tale pronuncia l’imputato in sede penale, lamentando l’erroneità della pronuncia, non avendo il fallimento impugnato il capo della sentenza relativo alla condanna generica. Il ricorso viene accolto dal S.C. secondo la massima sopra descritta, con conferma della condanna generica da quantificarsi in separata sede. Quali poteri per il giudice del rinvio. Alla stregua del dato normativo e della giurisprudenza di legittimità, si è soliti affermare che il giudizio di rinvio avanti al giudice civile designato, che abbia luogo a seguito di sentenza resa dalla Corte di Cassazione in sede penale, ai sensi dell’art. 622 c.p.p. del 1988, è da considerarsi come un giudizio civile di rinvio del tutto riconducibile alla normale disciplina del giudizio di rinvio quale espressa dagli art. 392 seg. c.p.c Giudice di rinvio i limiti dell’azione. In particolare, nel giudizio di rinvio, le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza annullata, e ogni riferimento a domande ed eccezioni pregresse e, in genere, alle difese svolte, ha l’effetto di richiamare univocamente ed integralmente domande, eccezioni e difese assunte e spiegate nel giudizio originario. Da ciò discende che, ai fini della validità dell’atto riassuntivo, non è indispensabile che in esso siano rigorosamente riprodotte tutte le domande della parte in modo specifico, ma è sufficiente che sia richiamato - senza necessità, cioè, di integrale e testuale riproduzione - l’atto introduttivo in base al quale sia determinabile per relationem , il contenuto dell’atto di riassunzione nonché il provvedimento in forza del quale è avvenuta la riassunzione medesima. Condanna generica e limiti del giudice di rinvio. Come riportato nella massima in epigrafe, la Cassazione ha dovuto chiarire i limiti del giudice civile, dopo un rinvio disposto ai sensi dell’art. 622 c.p.p Al riguardo, il S.C. ha precisato che non è consentito al giudice civile di appello, cui la causa sia stata rimessa a seguito di annullamento, ai soli effetti civili, da parte della Corte di Cassazione, ampliare i limiti del decisum propri della sentenza impugnata, procedendo alla liquidazione del danno. Viene così chiarito che, in assenza di una specifica impugnazione del capo della sentenza penale che ha disposto agli effetti civili una condanna generica, il giudizio di rinvio non può procedere ad una rideterminazione del danno, essendo tale facoltà preclusa dalla caratteristica del giudizio di rinvio. Riassunzione prosecuzione sì, impugnazione no. Va infatti considerato, a conferma del principio poc’anzi riferito, che la riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio si configura non già come atto di impugnazione, ma come attività di impulso processuale volta alla prosecuzione del giudizio conclusosi con la sentenza cassata e, come tale, instaura un processo chiuso, nel quale, da un lato, è alle parti preclusa ogni possibilità di proporre nuove domande, eccezioni, prove eccetto il giuramento decisorio , nonché conclusioni diverse - salvo che queste, intese nell’ampio senso di qualsiasi attività assertiva o probatoria, siano rese necessarie da statuizioni della sentenza di cassazione - e, dall’altro, al giudice di rinvio competono gli stessi poteri del giudice di merito che ha pronunciato la sentenza cassata. In un caso, in particolare, nel quale la sentenza è stata cassata per soli vizi di motivazione, il giudice del rinvio, per esempio, conserva tutte le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell’ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento, anche se, nel rinnovare il giudizio, egli è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento. E le spese del giudizio? Qualora la Suprema Corte rimetta al giudice del rinvio la liquidazione delle spese processuali relative al giudizio di cassazione, il necessario completamento di tale fase va effettuato tenendo conto della specificità della controversia, della cognizione di essa, delle questioni trattate, del grado di autorità investita nonché del pregio e del risultato dell’opera prestata.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 4 marzo – 8 aprile 2015, n. 7004 Presidente Ceccherini – Relatore Didone Ragioni in fatto e in diritto della decisione 1.- B.W. è stato accusato della violazione degli articoli 216 nn. 1 e 2 e 223 n. 2 L.F. in relazione al fallimento della Siporex italiana s.p.a. dichiarato dal Tribunale di Frosinone il 5 marzo del 1990. Lo stesso Tribunale, con sentenza del giorno 11 maggio 1999, ha condannato il B. per le ipotesi di reato previste dall'articolo 216 della legge fallimentare e lo ha assolto, invece, dal delitto di cui all'articolo 223 comma 2 della stessa legge perché il fatto non sussiste. Ha condannato, altresì, l'imputato al risarcimento del danno - da liquidare in separata sede - in favore della curatela fallimentare, costituitasi parte civile. La Corte di Appello di Roma, con sentenza emessa in data 10 ottobre 2001, disposta una perizia contabile ed in base agli esiti della stessa, ha assolto il B. da alcune ipotesi di distrazione, mentre in relazione ad altre e segnatamente alla mancata richiesta di canoni di affitto di azienda per gli anni 1986 - 1989 alla Italsiporex ha derubricato il reato in bancarotta semplice per mancanza di prova del dolo distrattivo e ha dichiarato non doversi procedere per essere il reato estinto per prescrizione intervenuta, peraltro, prima della pronuncia della sentenza di primo grado. Con sentenza n. 11917 del 2004 la Quinta sezione penale di questa Corte ha accolto il ricorso proposto ai soli effetti civili dalla curatela del fallimento. La S.C., premesso che il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione di beni, secondo la giurisprudenza di legittimità, è punito a titolo di dolo generico consistente nella consapevole volontà di compiere fatti di distrazione, ha evidenziato che nel caso di specie dalle sentenze di merito risultava che l'unica entrata della società fallita era costituita proprio dai canoni di affitto indicati trattandosi di affitto di una intera azienda e che l'importo del canone non era certo irrisorio, ma di rilevante entità di conseguenza la omessa richiesta dei canoni non poteva essere frutto di una mera negligenza. Di fronte a tale situazione di fatto, ed in assenza di una più specifica motivazione, non era possibile ravvisare la colpa nella condotta dell'imputato. Ha pertanto annullato la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado di appello, ai sensi dell'art. 622 c.p.p Pronunciando in sede di rinvio, la Corte di appello di Roma, con la sentenza impugnata depositata il 31.3.2008 ha condannato il B. al pagamento, in favore della curatela, della somma di Euro 60.253,30, oltre interessi, a titolo di risarcimento del danno. Contro la sentenza di appello il B. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi. Resiste con controricorso la curatela fallimentare intimata, la quale ha altresì proposto ricorso incidentale affidato a un solo motivo, resistito con controricorso dal B. . 2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia nullità della sentenza e formula - ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis - il seguente quesito se sia legittima la sentenza impugnata nella parte in cui omette di considerare, in violazione dell'art. 112 c.p.c., le eccezioni preliminari sollevate dal sig. B. sub pagg. 5, 6 e 7 della comparsa di costituzione dell'8. 4.2005”. 2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata e formula il quesito se sia legittima la sentenza impugnata nella parte in cui omette di considerare, in violazione dell'art. 112 c.p.c., l'eccezione sollevata dal B. avente ad oggetto l'intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno in un momento antecedente alla costituzione di parte civile del fallimento della Siporex Italiana s.p.a. nel processo penale che ha coinvolto lo stesso B. costituzione avvenuta solo in data 23.6.1998 a fronte di una sentenza dichiarativa di fallimento del 5.3.1990 ”. 2.3.- Con il terzo motivo parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 622 c.p.c. e 24 Cost. formulando il seguente quesito se sia legittima la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d'Appello, in pretesa applicazione dell'art. 622 c.p.p. e 24 della Costituzione, ha proceduto in sede civile all'accertamento del reato di bancarotta fraudolenta anziché semplice e della conseguente responsabilità civile del B. , oltre che direttamente in secondo grado alla quantificazione del danno asseritamente subito dal fallimento della Siporex”. 2.4.- Con il quarto motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione nonché nullità della sentenza per violazione del giudicato di cui alla sentenza penale della Corte di Cassazione. Formula il seguente quesito ex art. 366 bis c.p.c. se sia legittima la sentenza impugnata che, senza approfondire la fattispecie concreta e così emendare il vizio di motivazione censurato in sede di rinvio ex art. 622 c.p.p. sentenza della Corte di Cassazione n. 11917/2004 , ha proceduto a riqualificare de plano il comportamento tenuto dal sig. B. capo di imputazione n. 5 come bancarotta fraudolenta, omettendo di spendere una sola parola a supporto della propria decisione di merito, in contrasto con quanto richiesto dalla Suprema Corte nella medesima sentenza n. 11917/2004 ed in palese violazione dell'art. 360 n. 5 del codice di procedura civile”. 2.5.- Con il quinto motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione nonché nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'omessa valutazione di rilievi svolti in comparsa. Formula il seguente quesito se sia legittima la sentenza impugnata che, senza approfondire la fattispecie concreta ed omettendo di pronunciarsi sui rilievi mossi dal sig. B. sub pagg. 15, 16 e 17 della propria comparsa di costituzione dell'8.4.2005 in relazione alla insussistenza nel caso di specie dell'elemento soggettivo della volontà di compiere fatti di distrazione , ha proceduto a riqualificare de plano il comportamento tenuto dal medesimo capo di imputazione n. 5 come bancarotta fraudolenta, dando però poi contraddittoriamente atto, in sede di liquidazione del danno cfr. pag. 7 della sentenza , della sussistenza nel caso di specie di una complessa ed articolata situazione contabile”. 2.6.- Con il sesto motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione nonché nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'omessa valutazione di rilievi dedotti in comparsa. Formula il seguente quesito se sia legittima la sentenza impugnata che, senza approfondire la fattispecie concreta ed omettendo di pronunciarsi sui rilievi mossi dal sig. B. sub pagg. 17 e 18 della propria comparsa di costituzione dell'8.4.2005 in relazione alla insussistenza nel caso di specie del nesso di causalità tra il comportamento imputato ed il danno asseritamente subito dal Fallimento della Siporex , ha proceduto a riqualificare de plano il comportamento tenuto dal ricorrente capo di imputazione n. 5 come bancarotta fraudolenta, attribuendo automaticamente a tale comportamento omissivo la mancata richiesta scritta dei canoni di affitto alla Italsiporex la causa dei danni asseritamente subiti dal Fallimento della Siporex”. 3.1.- Con l'unico motivo del ricorso incidentale la curatela fallimentare denuncia vizio di motivazione in ordine all'ammontare del danno liquidato, senza formulare la sintesi del fatto controverso prescritta dall'art. 366 bis c.p.c 4.1.- Osserva la Corte che il primo motivo del ricorso principale è inammissibile per violazione dell'art. 366 bis c.p.c., stante la genericità del quesito formulato e il non consentito rinvio ad atti il cui contenuto non è trascritto nel quesito stesso, difettando in esso, inoltre, qualsiasi menzione delle eccezioni trascurate. 4.2.- Il secondo motivo di ricorso è infondato perché la corte di merito ha escluso la prescrizione del diritto al risarcimento del danno ritenendo grandemente” infondata la relativa eccezione correttamente applicando l'art. 2947 c.c. ed evidenziando che la costituzione di parte civile produce l'interruzione della prescrizione. Nella concreta fattispecie, considerato il tipo di reato ritenuto sussistente bancarotta fraudolenta , la durata del periodo prescrizionale quindici anni , l'epoca della dichiarazione di fallimento 1990 e quella della costituzione di parte civile 1998 , appare evidente perché la corte di merito si sia limitata a richiamare l'art. 2947 c.c 4.3.- Le rimanenti censure possono essere esaminate congiuntamente perché attengono tutte ai poteri del giudice del rinvio ex art. 622 c.p.p. e all'accertamento nel merito del fatto di reato dedotto in giudizio. Il terzo motivo è fondato solo in parte, mentre sono infondati i rimanenti, là dove non sono inammissibili perché veicolano censure in fatto non deducibili in sede di legittimità. Invero, il giudizio di rinvio avanti al giudice civile designato, che abbia luogo a seguito di sentenza resa dalla Corte di cassazione in sede penale, ai sensi dell'art. 622 cod. proc. pen. del 1989, è da considerarsi come un giudizio civile di rinvio del tutto riconducibile alla normale disciplina del giudizio di rinvio quale espressa dagli artt. 392 e ss. cod. proc. civ. Sez. 3, Sentenza n. 17457 del 09/08/2007 . La corte di merito, correttamente applicando tale principio in punto responsabilità, ha ritenuto sussistente il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, accertando che il fatto materiale imputato al B. neppure contestato dal ricorrente era costituito dall'avere omesso di richiedere i canoni di affitto di azienda per gli anni 1986 - 1989 alla Italsiporex e che, anche alla luce dei rilievi contenuti nella sentenza di annullamento della Cassazione penale, la predetta condotta omissiva doveva ritenersi sorretta da dolo generico nel caso di specie dalle sentenze di merito risultava che l'unica entrata della società fallita era costituita proprio dai canoni di affitto indicati, trattandosi di affitto di una intera azienda e che l'importo del canone non era certo irrisorio, ma di rilevante entità talché la omessa richiesta dei canoni non poteva essere frutto di una mera negligenza . Sennonché, nell'ipotesi di azione civile proposta nel giudizio penale, nel caso di condanna in primo grado dell'imputato al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede, il giudice d'appello, in assenza di una impugnazione della parte civile sul punto, non può procedere alla liquidazione definitiva del danno, in quanto ne risulterebbe violato il principio devolutivo dell'appello Cass. pen., Sez. 5, n. 41140 del 16/10/2001 - dep. 19/11/2001, Cipolli . Pertanto, neanche nel giudizio penale di appello conclusosi con l'applicazione della prescrizione il capo concernente gli interessi civili avrebbe potuto essere modificato. Sul punto, dunque, si era formato il giudicato. Talché, nella concreta fattispecie, è applicabile il principio per il quale, allorché nel giudizio penale di merito il giudice si sia limitato a pronunciare condanna generica al risarcimento e la mancata liquidazione del danno non abbia formato oggetto di impugnazione, non è consentito al giudice civile di appello, cui la causa sia stata rimessa a seguito di annullamento, ai soli effetti civili, da parte della Corte di cassazione, ampliare i limiti del decisum propri della sentenza impugnata, procedendo alla liquidazione del danno Sez. 3, Sentenza n. 417 del 19/01/1996 . In tali limiti, dunque, il ricorso principale deve essere accolto con assorbimento del ricorso incidentale, perché attinente alla liquidazione del danno , la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., dovendosi ribadire la condanna generica del B. al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio. L'esito complessivo del giudizio induce a tenere ferma la condanna al pagamento delle spese processuali dei gradi di merito mentre possono essere compensate le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie nei sensi indicati in motivazione il terzo motivo del ricorso principale e rigetta i rimanenti dichiara assorbito il ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e, decidendo nel merito ai sensi dell'art. 384 c.p.c., condanna il B. genericamente al risarcimento del danno - da liquidarsi in separato giudizio - in favore della curatela costituita parte civile nonché al pagamento delle spese processuali come già liquidate nella sentenza impugnata Euro 1.500,00 per il giudizio dinanzi al Tribunale di Frosinone Euro 3.000,00 per il giudizio di appello penale Euro 3.500,00 per il giudizio penale di cassazione e Euro 6.423,00 per il giudizio di rinvio . Dichiara compensate le spese del presente giudizio di legittimità.