La natura dei lavori appaltati individua l'oggetto dell'appalto e l'ambito della responsabilità dell'appaltatore

La regola è che, in caso di appalto, la consegna è sufficiente a trasferire il potere di fatto sul bene all'appaltatore, che su quel determinato bene ed in quel determinato ambito deve operare, e, quindi, ad attribuirne l'esclusiva custodia all'appaltatore medesimo.

La vicenda. Subito un infortunio sul lavoro, il danneggiato citava in giudizio la società proprietaria dello stabilimento petrolchimico dove era stato destinato a lavorare dalla propria azienda, appaltatrice di diversi lavori della stessa società. La società proprietaria estendeva il contraddittorio alla diversa società che aveva in appalto la manutenzione del piano di calpestio il cui cedimento aveva provocato l'incidente nonché all'azienda per cui il danneggiato lavorava, che in quanto appaltatrice aveva la custodia e la disponibilità dell'impianto. Veniva inoltre chiamato in giudizio l'INAIL, trattandosi di infortunio sul lavoro, e l'ente assicuratore svolgeva a propria volta domanda riconvenzionale nei confronti della società proprietaria dello stabilimento petrolchimico per ottenere il versamento da quest'ultima delle somme corrisposte all'infortunato Il Tribunale dichiarava la concorrente responsabilità dell'infortunato e della società proprietaria ex art. 2087 del codice civile nella determinazione dell'evento. Sugli appelli dell'infortunato e dell'INAIL, la Corte d'Appello, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava le domande risarcitorie. La vicenda giunge quindi all'attenzione della Terza Sezione, che, dopo la sospensione del giudizio a seguito dell'impugnazione per revocazione della sentenza di appello, l'ha decisa con la sentenza n. 1146, pubblicata il 22/01/15. In caso di appalto a chi spetta la custodia del bene? Ritiene la Terza Sezione che la sentenza di secondo grado sia viziata da una motivazione contraddittoria ed insufficiente su fatti decisivi ai fini dell'individuazione delle norme applicabili al caso di specie in particolare non si comprenderebbe se la Corte territoriale abbia ritenuto che l'infortunio sia accaduto sul ponteggio ovvero sul piano di calpestio dell'impianto. Inoltre la sentenza impugnata afferma come affidati in appalto i lavori di desolforazione allorquando risulterebbe non contestato esattamente il contrario. Le conseguenze di tali vizi si ripercuotono sulla disciplina applicabile all'evento, anche per quel che concerne la ripartizione dell'onere della prova. Ricordano gli Ermellini che in caso di appalto la regola è che la consegna sia sufficiente a trasferire il potere di fatto sul bene all'appaltatore, che su quel determinato bene e in quel determinato ambito deve operare, e, quindi, ad attribuirne l'esclusiva custodia all'appaltatore medesimo”. Tale regola subisce peraltro un'eccezione se il bene continua ad essere destinato – sia pure in parte e/o con apposite precauzioni – all'uso precedente, durante lo svolgimento dei lavori appaltati ovvero se, e nei limiti in cui, questi siano estranei al dinamismo della cosa che ha determinato l'evento dannoso, a meno che non risulti dimostrato che, allo scopo di eseguire i lavori dati in appalto, l'area sia stata completamente enucleata ed affidata all'esclusiva custodia dell'appaltatore”. La possibile diversa ricostruzione della dinamica incide sulla disciplina applicabile. La possibile diversa ricostruzione della dinamica caduta del lavoratore dal ponteggio piuttosto che rovina di una parte della struttura fissa rileva per quanto concerne la disciplina potenzialmente applicabile, che potrebbe essere a l'art. 2053 del codice civile, che impone al danneggiato l'onere di provare la rovina mentre addossa al proprietario della costruzione l'onere della prova liberatoria della mancanza di difetto di manutenzione o di vizio di costruzione b l'art. 2051 del codice civile, che normalmente impone al danneggiato di provare la custodia della cosa in capo al preteso responsabile, mentre in caso di appalto comporta il già sopra ricordato regime differenziato dipendendo l'ambito della custodia dall'ambito dell'appalto c l'art. 2087 codice civile, inteso quale espressione del principio del neminem laedere per l'imprenditore, a prescindere dal fatto che il lavoratore infortunato sia dipendente della ditta appaltatrice e l'imprenditore committente sia rimasto nella disponibilità dell'ambiente di lavoro, dovendosi in ogni caso verificare, in concreto, se sussista anche a carico del committente l'obbligo di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità e la salute dei lavoratori. Conseguentemente la sentenza viene cassata al fine di addivenire alla corretta individuazione del luogo e delle modalità dell'incidente, nonché dell'ambito e della portata dei lavori appaltati”.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 6 novembre 2014 – 22 gennaio 2015, n. 1146 Presidente Russo – Relatore Barreca Svolgimento del processo 1.- L.O. , in data 10 dicembre 1996, citava in giudizio dinanzi al Tribunale di Gela l'AGIP Petroli S.p.A. già PRAOIL s.r.l. , per sentirne dichiarare la responsabilità per l'infortunio a lui occorso in data 19 maggio 1992, presso lo stabilimento petrolchimico della convenuta in Gela, dove era intento a lavorare alle dipendenze della ditta EDIL PONTI soc. coop. a r.l. appaltatrice di diversi lavori da parte della società convenuta , con condanna al risarcimento dei danni alla persona, nella misura complessiva di lire 811.977.000, o nella somma maggiore o minore che fosse risultata in corso di causa, oltre accessori e spese di lite. 1.1.- Si costituiva l'AGIP Petroli S.p.A. e, in considerazione del fatto che la manutenzione del piano di calpestio, il cui cedimento aveva provocato l'incidente, era stata data in appalto alla O.M.G. Officine Meccaniche Gelesi s.r.l., chiedeva di chiamare in garanzia quest'ultima chiedeva altresì di chiamare in causa la società cooperativa EDIL PONTI a r.l., alle cui dipendenze lavorava il L. , in considerazione del fatto che l'impianto si sarebbe dovuto reputare nella custodia e nella disponibilità dell'appaltatrice chiedeva, infine, di chiamare in giudizio l'INAIL, essendo il lavoratore assicurato presso l'Istituto ed essendosi l'infortunio verificato in relazione all'attività lavorativa assicurata. 1.2.- Si costituivano in giudizio anche le parti chiamate in causa. La O.M.G. contestava la domanda di garanzia svolta da AGIP Petroli S.p.A., riconoscendo di aver avuto commissionata, in passato, la manutenzione del piano di calpestio, ma affermando di avere definitivamente consegnato il lavoro l’11 ottobre 1990 e messo in esercizio l'impianto il 18 ottobre 1990, con garanzia di dodici mesi da questa data e comunque non oltre diciotto mesi dopo la consegna, senza che fosse prevista alcuna obbligazione di revisione biennale, come asserito dalla società chiamante. L'INAIL spiegava domanda riconvenzionale, chiedendo la condanna di AGIP Petroli S.p.A. al pagamento, in suo favore, di quanto corrisposto al L. per l'infortunio, nella misura, precisata in corso di causa, di Euro 107.675,24, oltre accessori. La EDIL PONTI eccepiva la nullità della chiamata in causa e comunque contestava nel merito la pretesa della società chiamante. A sua volta chiedeva di chiamare in causa la RAS Riunione Adriatica di Sicurtà S.p.A., società assicuratrice per la responsabilità civile della società cooperativa. Anche quest'ultima si costituiva in giudizio, eccependo la nullità della chiamata e comunque la prescrizione del diritto alla copertura assicurativa. 1.3.- Disposta ed effettuata la rinnovazione delle chiamate in causa per le quali era stata eccepita la nullità, istruita la causa con l'acquisizione della prova documentale e l'escussione dei testimoni, nonché con l'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio medico-legale, il Tribunale, con sentenza del 14 marzo 2003, estrometteva dal giudizio la O.M.G. s.r.l. frattanto fallita e chiamata in giudizio in persona del curatore fallimentare , la RAS e la EDIL PONTI e, ritenuto il concorso di colpa dell'attore, nonché di quest'ultima società nella percentuale del 50%, dichiarava AGIP Petroli S.p.A. corresponsabile ex art. 2087 cod. civ., per il restante 50%, e la condannava al pagamento in favore dell'attore della somma complessiva di Euro 85.362,06, a titolo di risarcimento danni, oltre accessori e spese processuali compensava le spese tra la convenuta e le altre parti del giudizio. 2.- Avverso la sentenza proponevano separati appelli l'INAIL ed il L. . L'Istituto lamentava l'omessa pronuncia sulla domanda riconvenzionale di restituzione delle somme pagate al lavoratore infortunato e ne chiedeva l'accoglimento, nel presupposto della responsabilità per colpa dell'AGIP Petroli per non aver apprestato le misure di sicurezza durante lo svolgimento dei lavori chiedeva inoltre la riforma della decisione di compensazione delle spese di lite. Il L. impugnava l'attribuzione della percentuale di responsabilità del 50%, deducendo che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, non vi era alcun obbligo di indossare la cintura di sicurezza poiché l'incidente non si era verificato sul ponteggio, bensì sul piano di calpestio dell'impianto, e chiedendo che fosse dichiarata la piena ed esclusiva responsabilità dell'originaria convenuta, ora E.N.I. S.P.A., quale proprietaria e custode dell'impianto nel quale si era verificato l'incidente, ai sensi degli artt. 2053 o 2051 cod. civ., o comunque ai sensi degli artt. 2043 e 2049 cod. civ., od, in subordine, ai sensi dell'art. 2055 cod. civ., ove si fosse ritenuto il concorso di terzi nella determinazione dell'evento dannoso impugnava altresì la liquidazione del danno, chiedendo la condanna per una differenza, rispetto a quanto già liquidato dal Tribunale, di Euro 188.985,53 od altra somma, maggiore o minore, ritenuta di giustizia. 2.1.- Si costituiva nel giudizio di appello l'E.N.I. S.P.A., successore universale di Agip Petroli S.p.A., a seguito di fusione per incorporazione, e proponeva appello incidentale sia perché era stata condannata per responsabilità contrattuale ex art. 2087 cod. civ., mentre l'attore ne aveva chiesto la condanna per responsabilità aquiliana, sia perché non era emersa alcuna sua responsabilità nemmeno a titolo extracontrattuale deduceva che ogni responsabilità sarebbe stata da ricondurre alla EDIL PONTI, cui il lavoro era stato appaltato e che aveva la custodia e la disponibilità dell'area. Pertanto, in via principale, chiedeva che, ritenuta la sua estraneità all'infortunio occorso al L. , questi fosse condannato alla restituzione di quanto percepito in esecuzione della sentenza di primo grado. Chiedeva, comunque, la riforma della sentenza di primo grado quanto all'estromissione delle chiamate EDIL PONTI ed O.M.G. e ne chiedeva la condanna al pagamento in suo favore di tutte le somme già corrisposte da AGIP Petroli o di quelle che dovesse essere condannata a rifondere ancora. Chiedeva infine che fosse rigettata la domanda di rivalsa avanzata dall'INAIL o che, in subordine, ove fosse accolta, che il L. fosse condannato a manlevare l'ENI. Si costituiva anche la RAS, mentre le altre due appellate restavano contumaci. 2.2.- Riuniti i procedimenti iscritti a ruolo a seguito degli appelli separatamente proposti in via principale, la Corte d'Appello di Caltanissetta, con la decisione ora impugnata, pubblicata il 25 novembre 2006, ha accolto l'appello incidentale della società ENI S.P.A. ed, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda risarcitoria proposta da L.O. , condannandolo al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio ed alla restituzione delle somme ricevute in esecuzione della sentenza di primo grado ha rigetto gli appelli principali ha compensato tra le altre parti le spese di entrambi i gradi. 3.- Avverso la sentenza L.O. ha proposto ricorso principale affidato a cinque motivi. Al ricorso principale ha resistito con controricorso Eni S.P.A L'INAIL ha proposto controricorso con ricorso incidentale affidato ad un motivo, cui ha resistito ENI S.p.A. con apposito controricorso. Il giudizio di cassazione è stato sospeso a seguito dell'impugnazione per revocazione della sentenza d'appello, da parte del L. , definita dalla Corte d'Appello di Caltanissetta con sentenza del 26 settembre/11 novembre 2013, con la quale la revocazione è stata dichiarata inammissibile. All'udienza del 16 aprile 2014 è stato disposto un rinvio per acquisire tale ultima sentenza, che è stata depositata in data 18 aprile 2014. Parte ricorrente incidentale ha depositato memoria. Motivi della decisione 1.- Col primo motivo del ricorso principale L.O. denuncia violazione degli articoli 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma primo, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ. per contraddittoria ed omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. Il ricorrente lamenta che nel ragionamento della Corte non è chiaro se la stessa abbia ritenuto che il L. sia caduto a causa del cedimento di un pannello di grigliato del piano di calpestio sopraelevato dell'impianto di desolforazione gasolio, isola otto, denominato ricevitore V-106, o dal ponteggio che lo stesso L. , insieme ai compagni di lavoro, R. e T. , stava smontando e che si trovava sopra il suddetto piano di calpestio. Secondo il ricorrente, tale fatto controverso verterebbe su un punto decisivo della causa poiché soltanto nel primo caso si potrebbe ritenere la responsabilità della società proprietaria dell'impianto ai sensi dell'art. 2053 cod. civ., ovvero ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., o comunque ad altro titolo di responsabilità extracontrattuale, salve le prove contrarie previste da dette norme invece, nel secondo caso, si dovrebbe soltanto verificare se la committente si sia ingerita nei lavori in modo da compromettere l'autonomia dell'appaltatore. La parte ricorrente contesta la valutazione fatta dalla Corte d'Appello dell'incidenza nel caso di specie del richiamato Contratto Nazionale di Appalto, nonché delle testimonianze R. e T. , e deduce la mancata valutazione da parte della stessa Corte della relazione dell'ispettore del lavoro, e dei suoi allegati, indirizzata al Procuratore della Repubblica di Gela, nonché di altri documenti prodotti in giudizio nota del Servizio di Igiene Pubblica e di Medicina del Lavoro in data 23 ottobre 1992, relazione del Capo Area Ispettiva dell'Inail del 24 luglio 1992 e sentenze del pretore e della Corte d'Appello in sede penale . Sulla base di tali risultanze si sarebbe dovuto escludere che il L. fosse caduto dal ponteggio sul quale stava lavorando, come invece, secondo il ricorrente, sembra aver erroneamente ritenuto il giudice di merito. 1.1.- Col secondo motivo di ricorso il L. denuncia violazione degli articoli 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma primo, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ. per omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la Corte d'Appello ritenuto che la EDIL PONTI fosse società appaltatrice dei lavori di desolforazione all'interno dello stabilimento ENI che il L. avesse le mansioni di operaio addetto alla desolforazione gasolio nell'isola otto, ricevitore V-106, dell'impianto AGIP di Gela che sarebbe stato provato che l'appalto dei lavori comprendeva l'attività di desolforazione e la messa in opera dei ponteggi necessari. Il ricorrente sostiene che da tali errate premesse in fatto, il giudice di merito avrebbe tratto la conseguenza che l'impianto di desolforazione fosse stato consegnato dalla PRAOIL alla EDIL PONTI e che pertanto quest'ultima ne avesse la custodia esclusiva. Deduce che, invece, non essendo stati appaltati detti lavori, ma soltanto il montaggio e lo smontaggio di un ponteggio, la custodia dell'impianto era rimasta alla committente, per come risulterebbe da un permesso di lavoro in data 19 maggio 1992, che la Corte d'Appello ha omesso di valutare. 2.- I primi due motivi, che attengono alla ricostruzione dei fatti, e perciò sono connessi e da trattare congiuntamente, sono fondati. La motivazione è contraddittoria sul fatto controverso indicato nel primo motivo ed è insufficiente sul fatto controverso indicato nel secondo motivo entrambi tali fatti sono decisivi ai fini dell'individuazione delle norme applicabili al caso di specie. Quanto al primo aspetto, la motivazione non consente di comprendere se la Corte d'Appello abbia ritenuto che il lavoratore sia caduto mentre si trovava sul ponteggio, che stava smontando unitamente ai compagni di lavoro, sentiti come testimoni, ovvero mentre si trovava sul piano di calpestio dell'impianto, protetto da un parapetto e facente parte della struttura fissa dell'impianto medesimo, in quanto ^pavimento sopraelevato utilizzato dai dipendenti della società proprietaria per l'attività di desolforazione ivi normalmente espletata. Quanto al secondo aspetto, che involge appunto l'espletamento di tale attività, la motivazione è in contrasto con gli elementi di prova indicati in ricorso - e del tutto trascurati dal giudice di merito - laddove afferma che l'AGIP petroli aveva affidato in appalto alla EDILPONTI i lavori che comprendevano nella loro articolazione, l'attività di desolforazione e la messa in opera dei ponteggi necessari”, mentre dagli elementi addotti in ricorso emerge la circostanza, peraltro nemmeno contestata dalla resistente, che l'appalto non avesse ad oggetto l'attività di desolforazione. 2.1.- La decisività dell'uno e dell'altro dei fatti appena richiamati è ben evidenziata in ricorso e concerne la disciplina applicabile, anche sotto il profilo delle regole di riparto dell'onere della prova. Per un verso, la natura dei lavori appaltati individua, infatti, l'oggetto dell'appalto e l'ambito della responsabilità dell'appaltatore, sia quanto alla consegna ed alla custodia del luogo di lavoro, che quanto all'allestimento dei mezzi ed alla verifica dei rischi connessi allo svolgimento dell'opera. Infatti, la regola è che, in caso di appalto, la consegna è sufficiente a trasferire il potere di fatto sul bene all'appaltatore, che su quel determinato bene ed in quel determinato ambito deve operare, e, quindi, ad attribuirne l'esclusiva custodia all'appaltatore medesimo. La regola tuttavia subisce eccezione se il bene continua ad essere destinato -sia pure in parte e/o con apposite precauzioni - all'uso precedente, durante lo svolgimento dei lavori appaltati cfr. Cass. n. 20825/06 ovvero se, e nei limiti in cui, questi siano estranei al dinamismo della cosa che ha determinato l'evento dannoso, a meno che non risulti dimostrato che, allo scopo di eseguire i lavori dati in appalto, l'area sia stata completamente enucleata ed affidata all'esclusiva custodia dell'appaltatore cfr. Cass. n. 12425/08 e n. 19129/11 . Per di più, trattandosi di affidamento di lavori in appalto all'interno di un'azienda - ed a prescindere dall'applicabilità e/o dalla rilevanza dell'art. 7 del decreto legislativo n. 626 del 1994, richiamato dal ricorrente incidentale - non è affatto irrilevante la verifica, in punto di fatto, se l'appalto in questione riguardasse l'esternalizzazione di una fase del processo produttivo o comunque l'affidamento di lavori da compiersi in un ambiente di lavoro che presentasse dei rischi specifici - essendo altresì decisivo verificare se questi rischi inerissero o conseguissero alla tipologia dei lavori appaltati ovvero connotassero l'ambiente di lavoro in quanto così predisposto per gli scopi produttivi della committente cfr. Cass. n. 11362/09 . 3.- Per altro verso, la ricostruzione della dinamica del sinistro nel senso della caduta del lavoratore dal ponteggio realizzato in tubi innocenti, sul quale stava lavorando, comporta che egli avrebbe dovuto impiegare determinate misure di sicurezza quale, ad esempio, la cintura di sicurezza, su cui si è soffermato il primo giudice e che l'impresa appaltatrice sarebbe responsabile sia del mancato impiego di queste che della mancata eliminazione dei rischi connessi allo svolgimento dell'opera. Soltanto in tale eventualità la responsabilità del committente avrebbe assunto carattere residuale, con l'onere della prova relativa a carico del danneggiato. Ed invero soltanto ove detta situazione fosse stata accertata in punto di fatto, sarebbe corretta l'applicazione del principio, richiamato dalla Corte territoriale, per il quale, in caso di appalto di lavori, la responsabilità del proprietario committente non opera in senso oggettivo, ma richiede una condotta colposa, poiché l'autonomia con cui vengono eseguiti i lavori determina, di regola, una responsabilità esclusiva in capo all'appaltatore, a meno che il committente non si sia ingerito con direttive vincolanti, così da ridurre l'appaltatore, attenuandone o escludendone la responsabilità, al rango di nudus minister , ovvero quando la responsabilità del committente si fondi su una culpa in eligendo , per aver affidato l'opera ad un'impresa assolutamente inidonea cfr. Cass. n. 11757/11 e n. 19132/11, tra le altre . 3.1.- Per contro, la ricostruzione della dinamica del sinistro nel senso della rovina di una parte della struttura fissa dell'impianto di desolforazione, vale a dire di un piano di calpestio sopraelevato, non realizzato dalla ditta appaltatrice al fine dello svolgimento dei lavori appaltati, ma facente parte dell'impianto aziendale all'interno del quale i lavori appaltati venivano ad essere svolti, ha ben diverse ricadute in punto di diritto, sia quanto alla disciplina applicabile che quanto agli ulteriori accertamenti fattuali di cui il giudice di merito si deve fare carico, previa corretta individuazione dei criteri di riparto dell'onere della prova. In primo luogo, in riferimento alle norme sulla responsabilità extracontrattuale, richiamate come applicabili dal ricorrente l'art. 2053 cod. civ., che impone al danneggiato di provare la rovina - ma da intendersi pure come semplice disgregrazione, anche limitata, degli elementi strutturali della costruzione, ovvero di elementi accessori ma in essa stabilmente incorporati, in quanto parte essenziale della stessa cfr. Cass. n. 23939/09 - addossando al proprietario della costruzione l'onere della prova liberatoria della mancanza di difetto di manutenzione o di vizio di costruzione sicché la causa ignota del cedimento della struttura - ovvero, nel caso di specie, della mancanza dei piccoli pioli che reggevano il pannello grigliato del piano di calpestio - lascia la responsabilità a carico del proprietario - l'art. 2051 cod. civ., che, seppur impone al danneggiato di provare la custodia della cosa in capo al preteso responsabile del danno, tuttavia, in caso di appalto, comporta il più articolato regime probatorio sopra evidenziato, dipendendo l'ambito della custodia dal correlato ambito dell'appalto con la precisazione che, nel caso di appalto che non implichi il totale trasferimento ali1 appaltatore del potere di fatto sull'immobile nel quale deve essere eseguita l'opera appaltata, non viene meno per il committente e detentore del bene il dovere di custodia e di vigilanza e, con esso, la conseguente responsabilità ex art. 2051 cod. civ., che, essendo di natura oggettiva, sorge in ragione della sola sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha determinato l'evento lesivo Cass. n. 15734/11, n. 16126/09 , in secondo luogo, in riferimento alla norma la cui applicazione è stata ritenuta dal giudice di primo grado ed invocata dal ricorrente incidentale - l'art. 2087 cod. civ., da considerarsi come astrattamente applicabile al caso di specie, in quanto espressione del principio del neminem laedere per l'imprenditore, a prescindere dal fatto che sia parte di un rapporto di lavoro subordinato, e specificamente quando il lavoratore infortunato sia dipendente della ditta appaltatrice, e l'imprenditore committente sia rimasto nella disponibilità dell'ambiente di lavoro cfr. Cass. n. 22818/09, n. 21694/11, n. 17092/12 . Ciò, che importa che si debba verificare, caso per caso, la sussistenza dell'obbligo, anche da parte sua, di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dall'impresa appaltatrice, tenuto conto della tipologia e della portata dei lavori appaltati, nonché della riconducibilità a questi ultimi dell'evento dannoso, quale rischio tipico o comunque inerente a detti lavori. 4.- Non avendo la Corte d'Appello fatto buon governo delle prove, al fine di addivenire alla corretta individuazione del luogo e delle modalità dell'incidente, nonché dell'ambito e della portata dei lavori appaltati, i primi due motivi di ricorso che lamentano i vizi di motivazione su tali punti vanno accolti. All'accoglimento consegue, per quanto detto sopra in punto di individuazione delle norme applicabili, l'assorbimento dei motivi terzo relativo alla violazione o falsa applicazione dell'art. 2053 cod. civ. , quarto relativo alla violazione o falsa applicazione dell'art. 2051 cod. civ. e quinto relativo alla violazione o falsa applicazione dell'art. 2043 e dell'art. 2049 cod. civ. del ricorso principale. Consegue altresì l'assorbimento dell'unico motivo del ricorso incidentale, relativo alla violazione dell'art. 2087 cod. civ. e dell'art. 7 del decreto legislativo n. 626 del 1994. La sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d'Appello di Caltanissetta, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte, decidendo sui ricorsi, accoglie i primi due motivi del ricorso principale, assorbiti i restanti ed il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Caltanissetta, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.