Una pioggia eccezionale non vale a salvare totalmente l'ente proprietario della strada che ha eseguito lavori non a regola d'arte

Una pioggia di particolare forza ed intensità, protrattasi per un tempo molto lungo e con modalità tali da uscire fuori dai normali canoni della meteorologia, può, ragionando in astratto, integrare gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore ma non quando sia stata accertata dal giudice di merito l'esistenza di elementi dai quali desumere una sicura responsabilità proprio del soggetto che invoca l'esimente in questione.

Negli ultimi anni, a causa del verificarsi sempre più frequente di precipitazioni di notevoli ed inusitate dimensioni, le richieste di risarcimento dei danni conseguenti a inondazioni sono aumentati esponenzialmente. La vicenda di cui si è occupata la Terza Sezione della Cassazione nella sentenza n. 26545, pubblicata il 17 dicembre 2014, in realtà è un vicenda risalente nel tempo come si evince dalla lettura l'atto di citazione di primo grado fu notificato il 25 settembre 1973! , ma nella motivazione la Corte ha modo di fare ampi riferimenti anche agli eventi più recenti. La vicenda. Proposta domanda di risarcimento nei confronti dell'ente proprietario della strada da cui era giunta un'enorme massa d'acqua, sul presupposto della responsabilità dell'ente che aveva provveduto a eseguire un allargamento della sede stradale senza realizzare un adeguato sistema di deflusso delle acque piovane, il Tribunale di Reggio Calabria aveva accolto la domanda. La corte d'appello, invece, accogliendo il ricorso dell'ente, aveva rigettato la domanda di risarcimento, pur riconoscendo che il sistema di deflusso delle acque piovane realizzato dall'ente non era stato eseguito a regola d'arte, con la motivazione che l'evento dannoso doveva imputarsi a causa di forza maggiore, da intendersi come la natura alluvionale delle violente piogge. A seguito di ricorso dei danneggiati, si perviene dunque alla sentenza in commento. Lo stato dell'arte. Nel cassare la sentenza della Corte d'appello, la Cassazione anzitutto opera una ricostruzione della principale giurisprudenza in materia, citando la sentenza n. 5267 del 1991, che a proposito del caso fortuito affermò che per tale deve intendersi un avvenimento imprevedibile, con ciò escludendo che un evento naturale di portata eccezionale lo sia per definizione. Nel 1998 la sentenza n. 5133 aveva affermato che possono integrare il caso fortuito precipitazioni imprevedibili o di eccezionale entità. Con la sentenza n. 5658/2010, poi, venne affermato il principio per cui non è affatto vero che una siffatta [di eccezionale intensità, n.d.s.] pioggia costituisca sempre e comunque un caso fortuito . Inoltre si fece menzione del principio per cui, una volta affermata una responsabilità dell'ente, anche a fronte di un evento eccezionale, vi sarebbe comunque spazio per l'applicazione del concorso del fatto colposo del creditore ex art. 1227, comma 1, c.c Per invocare l'esimente del caso fortuito o forza maggiore occorre l'inesistenza di alcun profilo di responsabilità. Ponendosi esplicitamente nel solco della sentenza del 2010, la Terza Sezione, premessa la distinzione tra caso fortuito equivale a mancanza di colpa pur sussistendo il nesso causale e forza maggiore un impedimento che derivi da cause esterne e che non sia imputabile all'agente afferma che la possibilità di invocare il fortuito o la forza maggiore sussiste solo se il fattore causale estraneo al soggetto danneggiante abbia un'efficacia di tale intensità da interrompere il nesso eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, ossia che possa essere considerato una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento . Conseguentemente se, in astratto, una pioggia particolarmente violenta e lunga può integrare gli estremi del caso fortuito o forza maggiore, questa possibilità viene meno nel momento in cui il giudice, come nel caso di specie, abbia accertato una responsabilità del soggetto l'ente che invoca l'esimente. Per tali motivi si ritorna ora davanti alla Corte d'Appello, che dovrà valutare l'apporto causale riconducibile al fatto colposo consistente nell'esecuzione di lavori di ammodernamento della strada non eseguiti a regola d'arte dell'ente.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 ottobre – 17 dicembre 2014, n. 26545 Presidente Travaglino – Relatore Cirillo Svolgimento del processo 1. C.T. e S.A.M. convennero in giudizio l'ANAS, davanti al Tribunale di Catanzaro, per ottenere il risarcimento dei danni subiti da un fabbricato di loro proprietà a causa dell'invasione da parte di un'enorme massa d'acqua proveniente dalla strada statale , avvenuta a seguito di forti piogge a sostegno della domanda dichiararono che la responsabilità del fatto era da ricondurre all'ente convenuto, che aveva provveduto ad eseguire un allargamento della sede stradale senza realizzare un adeguato sistema di deflusso delle acque piovane. Analoga domanda venne proposta anche da C.T. e C. e T.G. , pure comproprietarie dell'immobile danneggiato. Si costituì l'ANAS, chiedendo il rigetto delle domande. Svolte due consulenze tecniche d'ufficio e trasferito il processo, per competenza territoriale, al Tribunale di Reggio Calabria, quest'ultimo, con sentenza del 23 aprile 1996, accolse la domanda e condannò l'ente convenuto al pagamento di varie somme in favore di ciascuna delle attrici, oltre interessi e con il carico delle spese. 2. Proposto appello principale da parte dell'ANAS ed appello incidentale da parte delle originarie attrici, la Corte d'appello di Reggio Calabria, con sentenza del 3 aprile 2008, in riforma di quella di primo grado, ha accolto l'appello principale con assorbimento di quelli incidentali, ha rigettato tutte le domande risarcitorie ed ha compensato integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio. Ha osservato la Corte territoriale che, pur dovendosi riconoscere che il sistema di deflusso delle acque piovane realizzato dall'ANAS a seguito dei lavori di ammodernamento della strada statale non era stato eseguito a regola d'arte, tuttavia l'evento dannoso doveva essere ricondotto alla natura alluvionale delle violente piogge che per giorni devastarono la fascia ionica reggina”, rispetto alle quali anche un sistema di deflusso pienamente a regola non sarebbe stato in grado di contenere la forza distruttrice delle acque e di impedire che il fabbricato fosse invaso. D'altra parte, non appariva decisivo il fatto, emerso dalla seconda c.t.u., che un piccolo fabbricato adiacente a quello delle parti appellate non presentava, all'epoca della consulenza, alcuna lesione”, non potendo escludersi, dato il lungo tempo trascorso, che tale fabbricato fosse stato nel frattempo riparato. L'evento dannoso, in definitiva, doveva essere imputato a causa di forza maggiore. 3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Reggio Calabria propongono separati ricorsi S.A.M. e L.G. , quest'ultimo nella qualità di erede universale di C.T. , con atto affidato a quattro motivi nonché C.T. , F.M.R. e F.G.A. , questi ultimi nella qualità di eredi testamentari di C.C. e T.G. , con atto affidato a quattro motivi. L'ANAS non ha svolto attività difensiva in questa sede. I ricorrenti hanno presentato memorie. Motivi della decisione Preliminarmente occorre procedere alla riunione dei ricorsi, ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ., in quanto proposti avverso la medesima sentenza. Ciò posto, rileva la Corte che ragioni di economia processuale impongono di trattare unitamente il primo ed il terzo motivo di entrambi i ricorsi. 1. Con il primo motivo di entrambi i ricorsi, di contenuto pressoché identico, si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 cod. civ., per non avere la Corte d'appello riconosciuto, nella specie, l'esistenza dell'ipotesi risarcitoria prevista da detta norma. Rilevano le parti ricorrenti che non sarebbe corretta la decisione di merito là dove ha ritenuto che la fattispecie potesse rientrare nell'ipotesi della forza maggiore. Ed invero, dal contesto dell'intera vicenda - da leggere unitamente al dato obiettivo costituito dalla documentazione proveniente dai centri meteorologici territoriali - risultava con chiarezza che le piogge abbattutesi sulla costa reggina nel periodo in questione furono tutt'altro che eccezionali, sicché non poteva essere esclusa la responsabilità dell'ANAS. 2. Con il terzo motivo di ricorso entrambi i ricorsi lamentano, con leggere diversità di contenuto, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 5 , cod. proc. civ., insufficiente, carente e contraddittoria motivazione in relazione alla qualificazione dell'evento dannoso, alla sua natura ed alla sua incidenza in rapporto alle opere realizzate dall'ANAS. Si lamenta che la sentenza non avrebbe adeguatamente indicato, ai fini del riparto di responsabilità, la percentuale di incidenza dei lavori non correttamente eseguiti dall'ANAS in ordine al danno per come si è in concreto determinato. In particolare, i ricorrenti C. F. osservano che il fabbricato adiacente a quello oggetto di causa, al quale la sentenza fa cenno, è di loro proprietà, e che in relazione ad esso non fu mai avanzata una domanda risarcitoria per il fatto che, trovandosi detto immobile ad una diversa posizione di quota, lo stesso non fu danneggiato dalla furia delle acque. 3. I due motivi sono entrambi fondati. 3.1. Occorre prendere le mosse dai dati di fatto che la sentenza impugnata riconosce come pacifici e sui quali non sussiste alcuna controversia. In particolare - come la pronuncia espressamente ammette - è accertato che, nel caso in esame, il fabbricato di proprietà degli odierni ricorrenti rimase seriamente danneggiato a seguito delle piogge alluvionali che nei primi giorni del mese di ottobre 1971 si abbatterono con furia sulla costa ionica reggina”. Analogamente, va posto in evidenza che la Corte d'appello ha definito come dato indubitabile” il fatto che il sistema di deflusso delle acque meteoriche realizzato dall'ANAS a seguito dei lavori di ammodernamento della strada statale omissis non fosse stato eseguito a regola d'arte”. Tuttavia - prosegue la sentenza in esame – non fu la pur carente canalizzazione delle acque a provocare l'allagamento e gli ingenti danni”, quanto piuttosto la natura alluvionale delle violente piogge a fronte delle quali anche un sistema di deflusso che fosse stato realizzato nel pieno rispetto di tutte le norme tecniche e di ordinaria diligenza sarebbe stato inidoneo a contenerne la forza distruttrice e a impedire che il fabbricato fosse invaso dalle acque”. 3.2. Tanto premesso in ordine alla ricostruzione delle circostanze di fatto, la questione giuridica sulla quale questa Corte è chiamata a pronunciarsi consiste nello stabilire se un fenomeno di pioggia intensa e persistente, tale da assumere i connotati di una pioggia definita dalla Corte d'appello come alluvionale, possa costituire o meno un evento di forza maggiore idoneo di per sé ad interrompere il nesso di causalità, in considerazione del carattere di straordinarietà ed imprevedibilità quesito al quale la Corte d'appello ha dato risposta affermativa. La questione non è nuova nella giurisprudenza di questa Corte, anche se è indubbio che il verificarsi, proprio in tempi molto recenti, di fatti gravissimi che hanno attirato la doverosa attenzione dei pubblici poteri e dell'informazione radiotelevisiva contribuisce a rendere il problema di estrema attualità. La sentenza 11 maggio 1991, n. 5267, relativa alla diversa fattispecie di un contratto di deposito nei magazzini generali, ebbe già ad affrontare il problema della possibilità di riconoscere la natura di caso fortuito in riferimento ad un allagamento provocato da intense precipitazioni atmosferiche era interessata la città di e, sia pure con le diversità evidenti rispetto alla fattispecie odierna, questa Corte osservò che per caso fortuito deve intendersi un avvenimento imprevedibile, un quid di imponderabile che si inserisce improvvisamente nella serie causale come fattore determinante in modo autonomo dell'evento. Il carattere eccezionale di un fenomeno naturale, nel senso di una sua ricorrenza saltuaria anche se non frequente, non è, quindi sufficiente, di per sé solo, a configurare tale esimente, in quanto non ne esclude la prevedibilità in base alla comune esperienza”. La successiva sentenza 22 maggio 1998, n. 5133, emessa in un giudizio avente ad oggetto un risarcimento danni per allagamento di un negozio conseguente all'invasione delle acque a seguito di abbondanti piogge, affermò che possono integrare il caso fortuito precipitazioni imprevedibili o di eccezionale entità”, rilevando che l'evento imprevedibile costituisce caso fortuito e non determina responsabilità. In anni più recenti, la sentenza 9 marzo 2010, n. 5658 - emessa in un giudizio di risarcimento danni nei confronti dell'ANAS per allagamenti conseguenti alla tracimazione delle acque ed alla cattiva manutenzione dei sistemi di smaltimento delle acque piovane - ha affermato che è certamente vero che una pioggia di eccezionale intensità può anche costituire caso fortuito in relazione ad eventi di danno come quello in questione ma non è affatto vero che una siffatta pioggia costituisca sempre e comunque un caso fortuito”. Questa pronuncia, in particolare, ha precisato che, per potersi condividere la decisione del giudice di merito che in quell'occasione aveva respinto la domanda di risarcimento dei danni, l'ANAS avrebbe dovuto dimostrare che le piogge in questione erano state da sole causa sufficiente dei danni nonostante la più scrupolosa manutenzione e pulizia da parte sua delle opere di smaltimento delle acque piovane il che equivale in sostanza a dimostrare che le piogge in questione erano state così intense e quindi così eccezionali che gli allagamenti si sarebbero verificati nella stessa misura pure essendovi stata detta scrupolosa manutenzione e pulizia”. La sentenza in esame ha poi aggiunto che, ove fosse stato provato che la manutenzione e la pulizia sarebbero state idonee almeno a ridurre l'entità degli allagamenti, si sarebbe dovuto fare applicazione della previsione di cui all'art. 1227, primo comma, del codice civile. 3.3. Tanto premesso in ordine alle precedenti pronunce sull'argomento, ritiene questo Collegio che vada confermato l'orientamento di cui alla sentenza in ultimo citata, con le necessarie precisazioni richieste dalla specificità del caso in esame. Richiamando anche la giurisprudenza penale di questa Corte - secondo cui il caso fortuito equivale a mancanza di colpa, pur sussistendo il nesso causale, mentre la forza maggiore costituisce un impedimento che derivi da cause esterne e che non sia imputabile all'agente - bisogna affermare che la possibilità di invocare il fortuito o la forza maggiore sussiste solo se il fattore causale estraneo al soggetto danneggiante abbia un'efficacia di tale intensità da interrompere il nesso eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, ossia che possa essere considerato una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento. È evidente, perciò, che una pioggia di particolare forza ed intensità, protrattasi per un tempo molto lungo e con modalità tali da uscire fuori dai normali canoni della meteorologia, può, ragionando in astratto, integrare gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore ma non quando sia stata accertata dal giudice di merito l'esistenza di elementi dai quali desumere una sicura responsabilità proprio del soggetto che invoca l'esimente in questione. Applicando tale principio al caso di specie, è evidente l'errore in cui è caduta la sentenza impugnata la quale, pur avendo riconosciuto che i lavori di ampliamento della sede stradale non erano stati eseguiti dall'ANAS in modo conforme alle regole dell'arte, ha tuttavia attribuito carattere di forza maggiore alle piogge torrenziali che si erano abbattute sulla costa ionica reggina nel periodo oggetto di causa. Tale errore svela anche la fondatezza del terzo motivo dei due ricorsi in esame, consistente nell'evidente insufficienza e contraddittorietà della motivazione la Corte d'appello, come sopra si è già detto, ha infatti completato il proprio ragionamento osservando - sulla base di un sillogismo evidentemente privo delle necessarie premesse - che anche un sistema di deflusso che fosse stato realizzato nel pieno rispetto di tutte le norme tecniche e di ordinaria diligenza sarebbe stato inidoneo a contenere la furia delle acque e ad evitare il danno. Tale affermazione è sfornita di motivazione, mentre è evidente che l'accertamento di una sicura responsabilità in capo all'ente tenuto alla manutenzione delle strade avrebbe dovuto imporre un più accurato esame della fattispecie, allo scopo di valutare se, come ed in quale percentuale l'esecuzione dei lavori a regola d'arte sarebbe stata in grado, se non di evitare, almeno di ridurre l'entità dei danni. Questa Corte, d'altra parte, ha già in più occasioni riconosciuto, anche in relazione agli obblighi di manutenzione gravanti sull'ANAS, che la discrezionalità, e la conseguente insindacabilità da parte del giudice ordinario, dei criteri e dei mezzi con cui la P.A. realizzi e mantenga un'opera pubblica trova un limite nell'obbligo di osservare, a tutela della incolumità dei cittadini e dell'integrità del loro patrimonio, le specifiche disposizioni di legge e regolamenti disciplinanti detta attività, nonché le comuni norme di diligenza e prudenza, con la conseguenza che dall'inosservanza di queste disposizioni e di dette norme deriva la configurabilità della responsabilità della stessa pubblica amministrazione per i danni arrecati a terzi v., tra le altre, le sentenze 9 ottobre 2003, n. 15061, e 11 novembre 2011, n. 23562 . È appena il caso di aggiungere, infine - anche se si tratta di una considerazione estranea allo specifico caso in esame, che si colloca in epoca assai risalente nel tempo l'atto di citazione di primo grado fu notificato nell'odierno giudizio il 25 settembre 1973 - che il discorso sulla prevedibilità maggiore o minore di una pioggia a carattere alluvionale certamente impone oggi, in considerazione dei noti dissesti idrogeologici che caratterizzano il nostro Paese, criteri di accertamento improntati ad un maggior rigore, poiché è chiaro che non si possono più considerare come eventi imprevedibili alcuni fenomeni atmosferici che stanno diventando sempre più frequenti e, purtroppo, drammaticamente prevedibili. 4. Il primo ed il terzo motivo di entrambi i ricorsi, pertanto, sono accolti, il che implica l'assorbimento del secondo e del quarto. La sentenza impugnata è cassata e il giudizio rinviato alla Corte d'appello di Reggio Calabria, in diversa composizione personale, la quale deciderà attenendosi ai principi enunciati, valutando opportunamente l'apporto causale riconducibile al fatto colposo dell'ANAS già accertato e consistente, come si è detto, nell'esecuzione dei lavori di ammodernamento della strada statale omissis in modo non conforme alle regole dell'arte. Al giudice di rinvio è demandata anche la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte riuniti i ricorsi, accoglie il primo ed il terzo motivo di entrambi i ricorsi, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio alla Corte d'appello di Reggio Calabria, in diversa composizione personale, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.