Criticare è un diritto, ma ha i suoi limiti

Il diritto di cronaca soggiace al limite della continenza, sia per quanto concerne il contenuto dell'articolo, che per quanto riguarda il contesto complessivo in cui l'articolo è inserito.

Torna all'attenzione della Cassazione il risarcimento dei danni evidentemente di natura non patrimoniale conseguenti dalla pubblicazione di un articolo pubblicato su un settimanale a tiratura nazionale solo per restare all'anno in corso, sullo stesso tema, si possono leggere, con commento dello scrivente, le sentenze n. 10337/14 e n. 19177/14 . La vicenda. Non si discosta dalle precedenti la sentenza in commento, n. 25739/14 depositata il 5 dicembre 2014, relativa alla vicenda che ha visto coinvolti da un lato il giornalista e per un periodo anche parlamentare Lino Jannuzzi e il p.m. Ilda Boccassini. La vicenda giunge in Cassazione dopo che il Tribunale aveva rigettato la domanda di risarcimento sul presupposto della veridicità dei fatti raccontati nonché della scriminante del diritto di critica e la successiva sentenza della Corte d'Appello aveva invece affermato il contenuto diffamatorio dell'articolo, condannando dunque editore e giornalista. Premesso che gli svariati motivi di ricorso vengono tutti rigettati, anzitutto la Terza Sezione ribadisce come la ricostruzione storica dei fatti, la valutazione del contenuto degli scritti, l'accertamento in concreto dell'attitudine offensiva delle espressioni usate, la valutazione dell'esistenza dell'esimente dell'esercizio del diritto di critica siano accertamenti di mero fatto, e in quanto tali riservati al giudice del merito ed insindacabili in sede di legittimità se sorretti da argomentata motivazione, esente da vizi logici ed errori di diritto. I limiti del diritto di critica. Per quanto concerne, poi, l'esercizio del diritto di critica, affinché sia coperto dall'esimente costituzionale occorre che venga esercitato con i soliti limiti tante volte ricordati dalla Cassazione, ovvero a la verità oggettiva o putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca della notizia b la forma civile dell'esposizione e della valutazione dei fatti cd. continenza . In particolare, per quanto concerne quest'ultimo requisito, viene ribadito come la critica debba essere un ragionato dissenso, e non si risolva in una gratuita aggressione distruttiva dell'onore altrui . Per la quantificazione vale il criterio equitativo. Relativamente alla quantificazione del danno, ricordano gli Ermellini come in tema di risarcimento del danno causato da diffamazione a mezzo stampa il danno morale non possa che essere liquidato con criterio puramente equitativo. Da ultimo, sono state rigettate anche le eccezioni relative allo status di senatore della Repubblica rivestito dall'estensore dell'articolo. Ciò anzitutto motivato dal fatto che a fronte dell'articolo era del 16 dicembre 1999 l'elezione è del 13 maggio 2001, e peraltro ricordando come l'oggetto della protezione prevista per il parlamentare dall'art. 68 della Costituzione è non l'attività politica o il contesto politico, bensì l'esercizio della funzione parlamentare e delle attività consequenziali e presupposte .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 16 ottobre – 5 dicembre 2014, numero 25739 Presidente Berruti – Relatore Stalla Svolgimento del giudizio Nel gennaio 2000 I. B. , magistrato in Milano, conveniva in giudizio avanti al tribunale di Roma il giornalista J.L. , il direttore responsabile del settimanale B.R. , e la casa editrice Arnoldo Mondadori spa, chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni tutti da lei patiti per effetto della pubblicazione sul predetto settimanale, in data omissis , di un articolo diffamatorio dello J. dal titolo Storia di cimici finte e di inganni veri articolo relativo alle indagini da essa attrice condotte sulla corruzione di alcuni magistrati ed avvocati romani e, in particolare, alla vicenda delle intercettazioni ambientali effettuate il 2 marzo 1996, presso il omissis , nel corso di una conversazione tra i giudici S. e M. . Nella costituzione dei convenuti, interveniva la sentenza numero 10531 del 13 marzo 2002 con la quale il tribunale di Roma respingeva la domanda dell'attrice sul presupposto della veridicità dei fatti esposti dal giornalista della continenza delle modalità di esposizione della notizia della inclusione delle considerazioni svolte dall'articolista nell'ambito del diritto di critica costituzionalmente tutelato. Interposto gravame, interveniva la sentenza numero 2248 del 21 maggio 2007 con la quale la corte di appello di Roma, in riforma della sentenza del tribunale, affermava il contenuto diffamatorio dell'articolo in oggetto e condannava i convenuti, tra loro in solido, al risarcimento del danno per l'importo di Euro 80.000,00 oltre alle spese del doppio grado di giudizio, ed oltre a carico del solo J. alla somma di Euro 20.000,00 a titolo di sanzione ex articolo 12 1.47/48. Avverso tale sentenza viene proposto ricorso per cassazione in via principale numero 17990/08 rg. dalla Arnoldo Mondadori Editore spa e del B. , sulla base di quattro motivi. Viene altresì proposto ricorso incidentale numero 18399/08 rg. da parte dello J. , sulla base di nove motivi e con adesione ai motivi del ricorso principale. Resiste ad entrambi la B. con distinti controricorsi e con memoria ex articolo 378 cpc. Memoria è stata altresì depositata dallo J. . I due ricorsi, iscritti con diversi numeri di r.g., debbono essere previamente riuniti. Motivi della decisione p.1.1 Con il primo motivo di ricorso principale l'Arnoldo Mondadori lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ex articolo 360 1^ co. numero 5 cod.proc.civ Punto decisivo costituito dalla verità di quanto riferito nell'articolo dedotto in giudizio in ordine al fatto che la Boccassini avesse, nel corso delle indagini e, in particolare, degli interrogatori del M. , fatto credere a quest'ultimo che le contestazioni contro di lui rivolte fossero basate su un'intercettazione ambientale portata da una bobina registrata durante la conversazione da lui avuta con lo S. , invece che su una mera annotazione di servizio redatta da ufficiali di PG che avevano origliato tale conversazione, riportandola su un brogliaccio al fine di ovviare in tal modo al cattivo funzionamento del dispositivo di captazione e registrazione ambientale. La verità - oggettiva o quantomeno putativa - della notizia così riportata era stata negata dalla corte territoriale che aveva erroneamente classificato una annotazione di servizio quale intercettazione ambientale ex articolo 268 cpp in forza di una motivazione carente, che non aveva tenuto conto di tutta una serie di risultanze documentali il procedimento disciplinare aperto per tale fatto contro la B. dalla Prima Commissione del CSM l'indagine penale promossa contro la stessa dalla Procura della Repubblica di Brescia un'interpellanza parlamentare una serie di altri resoconti giornalistici alle quali l'articolo in oggetto si era ispirato, e che confermavano l'effettiva scorrettezza rilevante anche ex articolo 65 cpp del comportamento attribuito alla B. . p.1.2 La doglianza non può trovare accoglimento. Diversamente da quanto lamentato da parte ricorrente là dove si sostiene, v. ric. pag. 5, che la corte di appello sarebbe pervenuta ad opposte conclusioni omettendo di motivare la difformità della propria decisione rispetto alla documentazione versata in atti dalla quale risulta inequivocabilmente la verità dei fatti narrati , la corte territoriale risulta aver ampiamente motivato il proprio convincimento sent. pag. 7, 8 sul fatto che le notizie riportate nell'articolo non fossero vere, nemmeno sul piano putativo. Ciò atteso che - il nastro magnetico esisteva effettivamente, ancorché integrato con le annotazioni di servizio dell'ispettore V. della PG - al M. era stata data lettura della trascrizione integrata, recante particolari del suo colloquio con S. da lui confermati e successivamente riscontrati l'intercettazione ambientale della quale si rimarca la peculiarità pur non coincidente con la trascrizione registrata , rispondeva sostanzialmente a verità - la misura cautelare era stata adottata dal GIP nella piena consapevolezza che si trattasse in prevalenza di annotazioni di servizio della PG e non della trascrizione di una intercettazione - lo stesso CSM, in sede di valutazione del comportamento degli inquirenti milanesi, aveva infine escluso un atteggiamento malizioso dei magistrati, essendo risultate del tutto attendibili le annotazioni del V. come risultato dalle citate ammissioni del M. - la Procura di Brescia aveva affermato che il materiale raccolto dai magistrati milanesi era perfettamente identificato ed identificabile, anche per le modalità d’assunzione, con riferimento alle predette annotazioni prese dal V. . Si osserva che è orientamento giurisprudenziale pacifico quello per cui la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo controllo, bensì la sola facoltà di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando cosi liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti salvo i casi tassativamente previsti dalla legge . Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame dei punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione ex multis, Cass. numero 8718 del 27/04/2005 . Si è inoltre stabilito Sez. U., numero 24148 del 25/10/2013 Cass. numero 12799 del 6/6/2014 che la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l'obiettiva - carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento non già quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest'ultimo, tesa all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione. Questo orientamento di portata generale trova conferma nella specificità della materia, essendosi in proposito affermato che, nell'azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo stampa, la ricostruzione storica dei fatti, la valutazione del contenuto degli scritti, l'apprezzamento in concreto delle espressioni usate come lesive dell'altrui reputazione e l'esclusione dell'esimente del diritto di cronaca o di critica, costituiscono accertamenti di fatto riservati al giudice di merito ed incensurabili in sede di legittimità se sorretti da motivazione congrua ed esente da vizi logico-giuridici Cass. numero 17395 del 08/08/2007 Cass. numero 80 del 10/01/2012 . Ora, la motivazione indicata dalla corte territoriale appare del tutto logica, lineare e congrua nel sostenere il convincimento di non veridicità di quanto contenuto nell'articolo segnatamente, nell'individuare le fonti probatorie che deponevano per escluder che la B. avesse fatto capziosamente credere al M. di essere in possesso della conversazione da questi intrattenuta con lo S. all'interno del bar, in quanto integralmente registrata su supporto magnetico, invece che meramente trascritta su brogliaccio dagli operanti di PG. In presenza di tale motivazione, non vi è spazio per addivenire in questa sede a quella differente valutazione probatoria di merito che la presente censura vorrebbe suscitare. p.2.1 Con il secondo motivo di ricorso principale l'Arnoldo Mondadori lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ex articolo 360 1 co. numero 5 cod.proc.civ Punto decisivo costituito dalla continenza espressiva dell'articolo in questione, negata dalla corte di appello sulla base di un insufficiente e travisato esame dell'articolo medesimo. In particolare, la corte di appello aveva ritenuto superato il limite della continenza espressiva - da un lato - individuando nell'articolo espressioni in realtà in esso non presenti M. , pur essendo di sinistra come la B. è, a differenza di quest'ultima, uomo onesto che ci crede , la B. agisce .sempre senza un minimo di correttezza, di imparzialità e di onestà professionale per finalità politiche personali e - dall'altro - riferendo alla Boccassini altre espressioni peraltro veridiche contenute nel titolo, sottotitolo e sovratitolo dell'articolo che riguardavano invece soggetti diversi ed esattamente individuati nello scritto storie d cimici finte e di inganni veri errori ed omissioni nell'inchiesta per la corruzione dei magistrati romani microspie che appaiono e scompaiono investigatori pasticcioni magistrati che non sanno più fare le indagini microspie trasformate in corpi di reato . p.2.2 Ci si trova di fronte, anche in tal caso, ad una censura inaccoglibile perché chiaramente volta ad ottenere - in presenza di congrua motivazione - una diversa valutazione di merito della fattispecie. La corte di appello mostra di aver principalmente basato il proprio convincimento sulle modalità non continenti di esposizione delle notizie e delle opinioni là dove osserva sent. pag. 9 che, indipendentemente dal problema della veridicità dei fatti riportati, le valutazioni dell'articolista non potevano comunque ritenersi ricomprese nell'esimente del diritto di critica, in ragione delle pesanti offese nei confronti del magistrato . Ha in proposito rilevato la corte territoriale che il tono delle espressioni utilizzate nell'articolo va ben oltre una normale critica, contenendo delle accuse specifiche al magistrato che non possono farsi rientrare nell'alveo della c.d. continenza . Questa valutazione poggia sulla enucleazione, nell'articolo dedotto in giudizio, di affermazioni inequivocabilmente riferite alla Boccassini sent. pag. 9, 10 nella sostanza si imputa alla Boccassini di agire sempre senza un minimo di correttezza, di imparzialità e di onestà professionale per finalità politiche personali, e sembra alla corte che ad un appartenente all'ordine giudiziario non possa essere mossa accusa più grave ed offensiva . . Il convincimento circa il carattere offensivo e diffamatorio dell'articolo viene puntualmente riferito alle affermazioni contenute nell'articolo stesso, secondo cui la B. - non era un giudice, ma un PM a caccia di reati e di rei - combatteva, in particolare, una guerra politica personale contro Be. , anche a costo di calpestare ogni regola deontologica - non aveva spiegato a M. che le parole a cui lo stava impiccando erano tratte dal brogliaccio trascritto dai poliziotti - non aveva la bobina ma fingeva con lui d'averla circostanza non vera - aveva incriminato per favoreggiamento il M. e gli aveva attribuito delle espressioni offensive, tali da impedirgli di diventare vice procuratore a Milano e, in tal modo, di comandare su di lei agendo, dunque, per un interesse personale del tutto indimostrato . Soccorre, anche in proposito, il costante indirizzo di legittimità, secondo cui in materia di azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, il diritto di cronaca soggiace al limite della continenza, che comporta moderazione, misura, proporzione nelle modalità espressive, le quali non devono trascendere in attacchi personali diretti a colpire l'altrui dignità morale e professionale, con riferimento non solo al contenuto dell'articolo, ma all'intero contesto espressivo in cui l'articolo è inserito compresi titoli, sottotitoli, presentazione grafica, fotografie, trattandosi di elementi tutti che rendono esplicito, nell'immediatezza della rappresentazione e della percezione visiva, il significato di un articolo, e quindi idonei, di per sé, a fuorviare e suggestionare i lettori più frettolosi . Cass. numero 20608 del 07/10/2011 . Nello stesso solco, si è osservato v. Cass. numero 14822 del 04/09/2012 che la divulgazione a mezzo stampa di notizie di interesse pubblico lesive dell'onore può essere sì scriminata per legittimo esercizio del diritto di cronaca e di critica, ma a condizione che ricorrano - tanto la verità oggettiva o anche solo putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca della notizia, la quale non sussiste quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano dolosamente o colposamente taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato, ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive, sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore false rappresentazioni della realtà - quanto una forma civile dell'esposizione e della valutazione dei fatti, cioè la cosiddetta continenza . Orbene, nel caso di specie la corte di appello ha motivatamente escluso la ricorrenza di entrambi questi requisiti osservando inoltre che le modalità espositive utilizzate dell'articolista erano tali da integrare l'illecito diffamatorio quand'anche vi fosse stata una parziale verità nell'esposizione dei fatti sent., pag.8 . E ciò proprio per le eccedenti modalità di presentazione di contesto della notizia, mirata - nella combinazione altresì di titoli e sottotitoli - a convogliare sul lettore l'immagine disonorevole di un pubblico ministero non solo incapace di svolgere adeguatamente le indagini affidategli, ma anche dominato da moventi ideologici e da interessi personali e professionali surrettiziamente perseguiti in danno degli indagati. p.3.1 Con il terzo motivo di ricorso principale la Arnoldo Mondadori deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex articolo 360, 1 co., numero 3 cpc, con riferimento agli articoli 21 Cost., 51 e 595 cp, 116 cod.proc.civ. avendo la corte di appello escluso la ricorrenza, nella specie, dell'esimente del diritto di critica, nonostante che si trattasse di valutazioni soggettive fondate su fatti veri ed espresse in maniera continente rientranti nell'esercizio del diritto di critica e di opinione su una vicenda assai nota e di indubbio interesse pubblico. p.3.2 La censura - che da per pacifici presupposti di veridicità e continenza che tali in realtà non sono - deve essere disattesa sulla base di considerazioni analoghe a quelle fin qui svolte. Basterà infatti qui richiamare come anche l'efficacia esimente del diritto di critica e di libera espressione delle opinioni dipenda pur essa dal requisito della continenza espositiva sicché la libertà di manifestazione del pensiero può infine legittimamente incidere sulla reputazione di altri, ma solo condizione che essa esprima un ragionato dissenso, e non si risolva in una gratuita aggressione distruttiva dell'onore altrui Cass. numero 4545 del 22 marzo 2012 . D'altra parte, l'individuazione nella continenza espositiva del punto di equilibrio tra diritto di critica e diritto all'onore implica una valutazione di tipo non formalistico ma sostanziale Cass. numero 15443 del 20 giugno 2013 necessariamente coinvolgente, come detto, la considerazione globale delle espressioni e dei mezzi comunicativi utilizzati per veicolare sia la notizia, sia la sua interpretazione soggettiva in chiave critica. p.4.1 Con il quarto motivo di ricorso principale la casa editrice deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex articolo 360, 1 co., numero 3 cod.proc.civ. con riferimento agli articoli 1226, 2043, 2056 e 2059 cod.civ., dal momento che la corte di appello aveva condannato i convenuti al risarcimento del danno per la somma di Euro 80.000,00 senza considerare che - l'attrice non aveva provato il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale subito dalla pubblicazione dell'articolo, né il nesso causale tra pubblicazione e conseguenza lesiva in realtà ascrivibile non all'articolo, ma alla vicenda stessa alla quale l'attrice aveva dato origine con il suo comportamento - la mancanza di tale prova doveva ritenersi ostativa ex articolo 1226 cod.civ. anche ad una liquidazione in via equitativa - il riconoscimento del risarcimento presupponeva in ogni caso l'indicazione dei criteri di quantificazione, nella specie omessa. p.4.2 La corte di appello ha considerato la tipologia dell'illecito e dei beni giuridici tutelati, per loro natura implicanti una valutazione equitativa del danno non patrimoniale facendo in ciò applicazione del principio per cui in tema di risarcimento del danno causato da diffamazione a mezzo stampa, il danno morale non può che essere liquidato con criteri equitativi. Sicché la ragione del ricorso a tali criteri è insita nella natura del danno e nella funzione del risarcimento realizzato mediante la dazione di una somma di denaro compensativa di un pregiudizio di tipo non economico Cass. numero 17395 del 08/08/2007 . Il giudice del merito ha inoltre spiegato le ragioni della estrema offensività riscontrabile nella fattispecie accuse tendenziose di faziosità politica, di spregio delle regole deontologiche e di interesse privato nei confronti di un appartenente all'ordine giudiziario, come tale tenuto alla massima terzietà reale ed apparente . Con ciò ha ritenuto evidente il nesso di causa, stante la propalazione con modalità tendenziose e fuorvianti delle notizie e delle opinioni sulla persona diffamata. Siffatte valutazioni - di per sé tali da escludere che il pregiudizio sia dipeso dalla vicenda in sé ” invece che dalla intensa lesività dell'articolo in rapporto alla qualifica professionale ed alla funzione istituzionale esercitata dalla B. - non sono suscettibili di rivisitazione in questa sede. Affermata infatti la sussistenza, potremmo dire ontologica”, dei presupposti nella specie dell'esercizio del potere di liquidazione equitativa, non vi è spazio nel giudizio di legittimità per sindacare la valutazione, congruamente motivata, fatta in tal maniera propria dal giudice di merito. p.5.1 Con i primi tre motivi di ricorso incidentale, lo J. lamenta violazione o falsa applicazione di norme di diritto sostanziali e processuali, ex articolo 360, 1 co., numero 3 e numero 4 cpc, con riferimento agli articoli 112 cod.proc.civ., 68 Cost. e 3, 4 co. l. 140/03 nonché omessa motivazione su un fatto decisivo della controversia. Le doglianze in esame - suscettibili di essere trattate unitariamente per la comunanza dell'oggetto e l'intima connessione argomentativa tra le stesse - attengono al fatto che la corte di appello avrebbe nella specie violato, senza motivare alcunché sul punto, la normativa costituzionale testé citata, comportante l'inammissibilità/improcedibilità di qualsivoglia domanda risarcitoria nei suoi confronti, essendo egli - tanto al momento della notificazione dell'atto di appello, quanto al momento della decisione di secondo grado - senatore della Repubblica. La corte di appello, in particolare, non aveva esaminato l'eccezione preliminare di merito da lui opposta nella comparsa di costituzione in appello e comunque rilevabile d'ufficio in ordine al fatto che le opinioni da lui espresse - ancorché manifestate fuori dall'aula parlamentare e prima dell'investitura di senatore - dovessero ritenersi insindacabili in base all'articolo 68 Cost. con la conseguenza che la corte di appello avrebbe dovuto, in luogo di entrare nel merito della domanda risarcitoria, dichiarare immediatamente tale improcedibilità o, quantomeno, sospendere il giudizio in attesa che fosse decisa l'istanza di insindacabilità da lui formalmente proposta al Senato, come da resoconto stenografico prodotto in appello. p.5.2 Si tratta di motivi infondati. Evidenti ragioni palesano come il silenzio serbato dalla corte di appello sul punto sia ascrivibile non già ad omessa pronuncia invalidante, ovvero a violazione delle norme costituzionali poste a salvaguardia della funzione parlamentare, bensì ad implicita valutazione negativa circa la sussistenza nella specie dei presupposti della invocata tutela. Va osservato come, nel caso di specie, non potesse esservi alcun collegamento tra la vicenda diffamatoria e lo svolgimento del mandato parlamentare atteso che l’articolo di stampa dedotto in giudizio risale al 16.12.99, mentre l’elezione dello J. in Parlamento risale al 13.5.01 e, dunque, a circa un anno e mezzo dopo. Sul piano normativo, l'articolo 3 della l. 140/03 - recante disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 Cost. - stabilisce che quest'ultimo disposto si applichi in ogni caso per la presentazione di disegni o proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni per gli interventi nelle Assemblee e negli altri organi delle Camere, per qualsiasi espressione di voto comunque formulata, per ogni altro atto parlamentare, per ogni altra attività di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parlamentare, espletata anche fuori del Parlamento . Con ciò ricollegando il regime di tutela - ove non sia in gioco, come accade nell'esercizio della giurisdizione civile, la menomazione attuale del concreto espletamento della funzione parlamentare - all'esigenza che l'illecito dedotto in giudizio sia stato posto in essere proprio nell'esercizio di tale funzione, ovvero di funzioni connesse. Ciò trova riscontro anche nell'evoluzione giurisprudenziale interpretativa della disciplina complessivamente risultante dall'articolo 68 Cost In particolare, Cass. numero 6447 del 19 marzo 2007 ha stabilito, per quanto qui rileva, i seguenti principi - la disposizione costituzionale esenta i parlamentari da ogni responsabilità civile, penale ed amministrativa scaturente da un'opinione espressa o da un voto dato nell'esercizio delle loro funzioni , essendo finalizzata a garantire ai membri del Parlamento libertà di decisione e di valutazione nell'esercizio del loro mandato ed a garanzia della funzione parlamentare ? - ancorché l'esenzione in questione non si esaurisca nello stretto compimento degli atti tipici del mandato parlamentare, ma ricomprenda anche l'attività extraparlamentare, a condizione che quest'ultima sia strettamente connessa all'espletamento delle funzioni tipiche e delle finalità proprie del mandato parlamentare, resta fermo che è proprio e soltanto il nesso con la funzione parlamentare a tracciare la linea di confine di attivazione della tutela e ciò quand'anche il fatto addebitato al parlamentare abbia portata latu sensu politica”, atteso che oggetto di protezione non è l'attività politica ampiamente considerata né tantomeno il contesto politico, ma l'esercizio della funzione parlamentare e delle attività consequenziali e presupposte . Cass. numero 20285 del 4 ottobre 2011 ha ribadito questi principi, rimarcando come la legge 140/03 abbia lasciato sostanzialmente immutata la disciplina previgente sotto lo specifico profilo del legame funzionale tra le opinioni espresse e gli atti compiuti dal parlamentare nell'esercizio delle funzioni parlamentari così da affermare la permanenza attuale del cosiddetto nesso funzionale tra l'attività e la funzione protetta . Ne consegue che la mancata pronuncia della corte di appello sull'eccezione proposta dallo J. ex articolo 68 Cost. ad altro non può imputarsi che all'evidenza dell'insussistenza nel caso concreto dei presupposti di attivazione della garanzia parlamentare, vertendosi di azione civile risarcitoria proposta nei suoi confronti per fatti di molto antecedenti all'instaurazione di quel nesso funzionale di cui si è dato conto. Sul piano puramente procedurale, poi, costituisce elemento pacifico in causa che il Senato fosse stato investito dell'istanza ex articolo 68 Cost. dallo stesso J. produzione in appello sub numero 13, all'udienza del 17.5.06, del resoconto stenografico del Senato in adunanza 28.4.06 v. ric. incid. pag. 35 e controricorso a ric. inc. pag.9-11 , e che tale ramo parlamentare non avesse né deciso l'istanza né instato per la sospensione del procedimento civile nel termine massimo di 90 più 30 giorni nonostante il congruo rinvio concesso a tal fine dalla corte di appello ex articolo 3, co. 5 e 7 1.140/03 cit Da tale emergenza processuale risulta in definitiva che la corte di appello, pur senza formalmente sospendere il giudizio in attesa della pronuncia della Camera di appartenenza, abbia comunque atteso, prima di dare corso alla propria decisione, che maturasse il termine massimo di sospendibilità in attesa della decisione del Senato che non risulta, per inciso, essere mai pervenuta . Sicché, in tale situazione, la decisione in sede giurisdizionale potrebbe reputarsi preclusa solo ammettendo la sussistenza di vera e propria pregiudizialità parlamentare” che non trova alcun riscontro nell'ordinamento. Ha in proposito ancora osservato Cass. 6447/07 cit. come sia del tutto estranea alla vigente formulazione dell'articolo 68 Cost., 1 co., la configurabilità di una pregiudizialità parlamentare” , non risultando ivi attribuito alle camere un potere autoritativo il cui esercizio condizioni l’esplicazione della funzione giurisdizionale v. in particolare, Corte Cost., 23/1/1991, numero 265 Cass., Sez. Unumero , 18/3/1999, numero 153 Cass., 7/6/1999, numero 5513 in maniera tale che in assenza di una deliberazione della Camera è invece il magistrato dinanzi al quale pende la causa a pronunziarsi sull'esistenza o meno della prerogativa, avuto riguardo alle particolari circostanze del caso di specie v. Corte Cost. numero 388 del 1998 Corte Cost. numero 11 8 del 1998 Corte Cost. numero 265 del 1991 . Ebbene, non si ravvisano motivi per discostarsi, nella presente fattispecie, dai principi regolanti la materia, come testé ripercorsi. p.6. Nel quarto e quinto motivo del ricorso incidentale, lo J. lamenta violazione o falsa applicazione di norme di diritto sostanziali e processuali, ex articolo 360, 1 co., numero 3 e 4 e cpc, con riferimento all'articolo 17 della Convenzione sullo Statuto dell'Unione dell'Europa occidentale ed all'articolo 14 dell'Accordo Generale concernente i privilegi e le immunità del Consiglio d'Europa attuati nell'ordinamento nazionale dalle leggi 26 febbraio 1958 numero 347 e 27 ottobre 1951 numero 1578 nonché omessa motivazione su un fatto decisivo della controversia, ex articolo 360 1 co. numero 5 cpc, appunto insito nell'applicabilità nella specie delle immunità in questione. La corte di appello non aveva nella specie applicato - né aveva motivato alcunché, nonostante il contraddittorio sviluppatosi sul punto - le ulteriori e consequenziali cause di immunità di origine sovranazionale che gli derivavano dall'essere stato designato componente della delegazione italiana presso l'assemblea UEO e presso il Consiglio di Europa così come da lui eccepito nella comparsa di risposta in appello. Tali immunità - destinati ad operare automaticamente salvo revoca da parte dell'assemblea di appartenenza - comportavano che i rappresentanti delle rispettive assemblee non potessero essere ricercati, detenuti o perseguiti a cagione delle opinioni o dei voti da loro emessi nell’esercizio dei loro uffici . Ancorché le fonti normative siano nella specie differenti, sussiste anche in proposito la medesima ed armonica ratio di esclusione della garanzia invocata stante l'insussistenza, anche con riguardo allo svolgimento delle invocate funzioni sovranazionali, del necessario collegamento funzionale tra la pubblicazione dell'articolo diffamatorio e l'espletamento delle incombenze istituzionali protette. È infatti pacifico in causa che l'assunzione della carica in ambito Europeo sia nella specie intervenuta - nel settembre 2001 - quasi due anni dopo la pubblicazione dell'articolo da parte dello J. . L'articolo 14 l. numero 1578 del 27.10.51 di ratifica ed esecuzione dell'Accordo generale concernente i privilegi e le immunità del Consiglio d'Europa così articolo 17 l. numero 347/58 di ratifica ed esecuzione della Convenzione sullo statuto UEO stabilisce che I rappresentanti dell'Assemblea Consultiva e i loro supplenti non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti a cagione delle opinioni o dei voti da loro emessi nell'esercizio dei loro uffici . Sicché anche sotto questo profilo la lamentata omissione di pronuncia da parte della corte territoriale meglio deve essere riguardata quale implicito rigetto dell'eccezione stante l'evidente ed analoga indifferenza della condotta diffamatoria peraltro dedotta esclusivamente avanti al giudice civile per effetti meramente risarcitori rispetto all'esercizio dell'ufficio garantito ed al ruolo tutelato in ambito Europeo. p.7. Nel sesto motivo di ricorso incidentale si lamenta omessa e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, ex articolo 360 1 co. numero 5 cpc, rappresentato dal fatto che le considerazioni contenute nell'articolo non facevano che mutuare quanto affermato da un autorevole esponente togato de CSM Dott. P.M. nell'ambito del procedimento disciplinare instaurato contro l'attrice per i medesimi fatti dedotti in giudizio. La corte di appello non aveva preso in esame tale aspetto, dal quale risultava come le notizie asseritamente diffamatorie risultassero in realtà conformi a quanto sostenuto dal Dott. P. in ordine alla grave scorrettezza alla quale la dottoressa Boccassini aveva dato causa nel far credere al M. che le contestazioni contro di lui mosse si basassero sulla trascrizione di un'intercettazione di conversazione tra presenti, invece che su un mero brogliaccio redatto dalla PG. Con ciò ingenerando un effetto sviante che aveva tratto in inganno non soltanto l'indagato, ma anche il GIP che aveva disposto per i fatti in oggetto una misura cautelare nei confronti di un coindagato. Si tratta di censura inammissibile perché volta a suscitare una ricostruzione alternativa del fatto, sotto il peculiare profilo della dimostrazione della verità” delle affermazioni contenute nell'articolo, sulla scorta di dichiarazioni di soggetti terzi aliunde desumibili segnatamente, di quelle rese dal consigliere P. in seno alla commissione disciplinare del CSM. È dunque evidente che la doglianza in esame investe a pieno titolo una delibazione di merito. Occorre tuttavia considerare che - sul piano strettamente logico - quanto sul punto sostenuto dal ricorrente non potrebbe comunque risultare dirimente nel senso voluto dal ricorrente, posto che a. di tali dichiarazioni non si da atto nell'articolo in oggetto, nel quale le affermazioni diffamatorie non vengono attribuite a terzi, risultando esclusivamente proprie dell'articolista b. l'efficacia asseritamente probatoria di verità e dunque scriminante della opinione assunta dal consigliere Pivetti in seno al CSM ben poteva apparire al giudice di merito tutt'altro che scontata, trattandosi di opinione minoritaria resa nell'ambito di una valutazione consiliare che, infine disattendendo quella posizione, non sfociò in alcuna segnalazione disciplinare a carico della Boccassini, proprio in ragione della ritenuta insussistenza di infingimenti ed altri accorgimenti decettivi da parte di quest'ultima nel corso degli atti di indagine in oggetto c. come si è anticipato nella disamina dei precedenti motivi di ricorso, la corte territoriale ha posto in evidenza come l'illecito in questione ben possa e debba sussistere, per la violazione delle regole di continenza espositiva, quand'anche i fatti addebitati risultassero almeno parzialmente veri. Vale, per il resto, tutto quanto già osservato sul ricorso della casa editrice. p.8. Con il settico motivo di ricorso incidentale, si lamenta - ex articolo 360, 1 co. numero 5 cpc - carente motivazione su un punto decisivo della controversia, rappresentato dalla pretesa equivalenza tra intercettazione ambientale e mera trascrizione di appunti di agenti di PG. La corte di appello, nel censurare le opinioni pubblicate nell'articolo in oggetto, aveva fondato il proprio convincimento su tale erronea equivalenza là dove - qualora fosse stata debitamente considerata la distinzione pratica e tecnico - giuridica tra le due fonti istruttorie - la corte di appello non avrebbe potuto non convenire sulla verità delle ? notizie esposte. Si tratta di motivo basato su un presupposto errato, insito nel fatto che la corte di appello avrebbe fondato la propria ratio decidendi sulla confusione” tra la vera e propria intercettazione ambientale mediante dispositivi di registrazione della conversazione, ed una mera ricostruzione di quest'ultima da parte degli operanti di PG che - a seguito del cattivo funzionamento del dispositivo di captazione e registrazione - l'avevano semplicemente origliata all'interno del omissis . Contrariamente a tale assunto, ed indipendentemente dalla terminologia utilizzata dalla corte territoriale, risulta che quest'ultima abbia fondato la propria decisione su diversi ed assai più sostanziali argomenti come poc'anzi ricostruiti. Il giudice di merito ha infatti affermato la falsità della notizia comunque ritenuta lesiva dei limiti dell'esposizione civile ed inoffensiva non perché abbia ritenuto che la Boccassini fosse in possesso di una risultanza d'indagine del tutto collimante con l'intercettazione ambientale vera e propria cioè effettuata con strumenti tecnologici di registrazione diretta bensì perché quanto risultante dalla trascrizione di PG conteneva di per sé dichiarazioni vere riscontrate, ed in parte ammesse , e come tali poste a fondamento della misura cautelare da parte del GIP. È sulla base di tale assunto che la corte di appello ha mostrato di aver colto appieno la differenza tra le due fonti di indagine, affermando che sent., pag.7 l'intercettazione ambientale, pur non coincidente con la trascrizione registrata, carente per il cattivo funzionamento delle apparecchiature , rispondeva sostanzialmente a verità mentre nell'articolo si insinuava trattarsi di false notizie, poste a base del provvedimento cautelare del GIP di Milano. Ma anche quest'ultima circostanza viene definita non vera dalla corte di appello, posto che l'ordinanza del GIP dimostrava come questi fosse del tutto consapevole che si trattava in prevalenza di annotazione di servizio della PG e non di intercettazione ambientale in senso tecnico, tanto che nell'ordine di arresto del coindagato S. non si faceva per nulla riferimento ad un'intercettazione magnetica o integrale della conversazione al bar . . p.9. Con l'ottavo motivo di ricorso incidentale si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex articolo 360, 1 co., numero 3 cpc, con riferimento all'articolo 21 Cost. ed all'articolo 51 cp, dal momento che le espressioni usate nell'articolo, per quanto probabilmente forti ”, rientravano comunque appieno - secondo i criteri affermati da consolidata giurisprudenza di legittimità - nell'esimente dell'esercizio del diritto di critica mediante la manifestazione di opinioni soggettive su fatti di cronaca di indubbio interesse pubblico. La doglianza è infondata per le già svolte ragioni. Ferma restando la necessità che la continenza espositiva venga vagliata sulla base dei parametri sostanziali e non formali, così da contemperare il diritto all'onore con quello di critica e di opinione, va qui ancora una volta rimarcata la peculiarità di una situazione nella quale le notizie riportate erano esposte in maniera preordinata non tanto o soltanto alla manifestazione di una libera opinione critica, ma a maliziosamente ingenerare nel lettore un orientamento di tipo prettamente denigratorio nei confronti della Boccassini così da rendere pertinente nella specie quanto osservato da Cass. Penumero numero 29453 del 08/08/2006, secondo cui in tema di diffamazione a mezzo stampa, esula dalla scriminante del diritto di critica, politica o giornalistica, in quanto si risolve in un attacco morale alla persona, l'accusa, rivolta ad un magistrato del pubblico ministero, di asservimento della funzione giudiziaria ad interessi personali, partitici, politici, ideologici, o di strumentalizzazione della stessa per finalità estranee a quelle proprie, in ragione dei doveri istituzionali, all'operato del pubblico ministero . p.10. Nel nono motivo di ricorso incidentale si lamenta, ex articolo 360, 1 co. numero 5 cod.proc.civ., insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia, insito nella liquidazione del danno. La corte di appello non aveva infatti esplicitato le ragioni poste a fondamento di tale liquidazione a favore della B. e, in particolare, non aveva fatto applicazione dei seguenti criteri di personalizzazione oggettiva e soggettiva, comportanti la riduzione del quantum - l'appartenenza della B. al novero dei pubblici funzionari - la pregressa e notoria sovraesposizione mediatica della medesima in ragione del suo ruolo lavorativo di spicco - la circostanza che le stesse notizie qui dedotte fossero già state rese di pubblico dominio sia da un articolo pubblicato due anni prima sul periodico omissis , sia da un libro pubblicato dal diretto interessato M. , dal titolo La Toga Rossa”. Il motivo va rigettato in quanto volto a suscitare un sindacato di legittimità sulla valutazione equitativa del danno da parte del giudice di merito. Valutazione equitativa che è stata qui resa sulla scorta di una motivazione del tutto congrua e lineare si richiama, su questo aspetto, tutto quanto già osservato in ordine al corrispondente motivo di ricorso della casa editrice supra, p.4.2 . Quanto ai presupposti di esercizio del potere di liquidazione equitativa, va qui riaffermato l'orientamento secondo cui Cass. numero 8004 del 18/04/2005 , una volta appurata l'esistenza di un danno risarcibile, il ricorso alla quantificazione giudiziale equitativa è legittimo non solo quando sia impossibile stimare con precisione l'entità' dello stesso, ma anche quando, in relazione alla peculiarità del caso concreto, la precisa determinazione di esso risulti particolarmente difficoltosa. Nell’operare la valutazione equitativa il giudice di merito non è, d'altra parte, tenuto a fornire una dimostrazione minuziosa e particolareggiata della corrispondenza tra ciascuno degli elementi esaminati e l'ammontare del danno liquidato, essendo necessario e sufficiente che il suo accertamento scaturisca da un esame della situazione processuale globalmente considerata. Ciò è quanto è stato fatto nella sentenza impugnata. Non senza da ultimo osservare come i parametri di riduzione qui offerti dallo J. in linea di fatto - ove se ne potesse, ma ciò non è, dare conto - non sarebbero comunque in grado di indurre senz'altro ad una rideterminazione al ribasso” del quantum risarcitorio stabilito dal giudice territoriale potendo anzi, almeno taluni di essi, addirittura fungere da fattore di maggiore serietà della lesione. Ne segue, in definitiva, il rigetto dei ricorsi riuniti, con condanna delle parti ricorrenti alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione che si liquidano, come in dispositivo, ai sensi del DM 10 marzo 2014 numero 55. P.Q.M. La Corte - respinge il ricorso principale e quello incidentale - condanna parte ricorrente principale e parte ricorrente incidentale al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida, a carico di ciascuna, in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed il resto per compenso professionale oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.