Danno da riduzione della capacità lavorativa: cosa deve dimostrare la casalinga?

Il danno da riduzione della capacità lavorativa, sofferto dalla persona che provvede da sé al lavoro domestico, costituisce un’ipotesi di danno patrimoniale. Chi lo invoca ha l’onere di dimostrare che gli esiti permanenti residuanti alla lesione della salute impediscano o rendano più oneroso ovvero impediranno o renderanno più oneroso in futuro lo svolgimento del lavoro domestico. In mancanza di tale dimostrazione nulla può essere liquidato a titolo di risarcimento.

E’ stato così deciso nella sentenza n. 25726, della Corte di Cassazione, depositata il 5 dicembre 2014. Il caso. Due coniugi chiedevano il risarcimento dei danni subiti in seguito ad un incidente stradale, convenendo in giudizio il conduttore del veicolo coinvolto, il proprietario dello stesso e la società assicurativa. Il Tribunale, ritenuta la prevalente responsabilità del conducente del camion nella causazione del sinistro, con un concorso di colpa della donna pari al 30%, condannava i convenuti al risarcimento del danno. La Corte d’appello confermava la sentenza di prime cure in riferimento all’accertamento delle relative responsabilità ma riformava parzialmente l’entità del risarcimento. Ricorrevano per cassazione il conducente del veicolo e il proprietario. Resistevano con controricorso i coniugi. Ciò che più interessa in questa sede sono i motivi del ricorso incidentale attenenti l’omessa liquidazione del danno patrimoniale in favore della donna nelle forme del danno emergente e del lucro cessante e quella del danno esistenziale quale voce autonoma di danno. Il danno da riduzione della capacità lavorativa è patrimoniale e spetta alla casalinga provarlo. Entrambi i motivi sono infondati. Difatti, rileva la Cassazione, che il danno da riduzione della capacità lavorativa, sofferto dalla persona che provvede da sé al lavoro domestico, costituisce un’ipotesi di danno patrimoniale e non biologico. Ed è pacifico in sede di legittimità che chi lo invoca ha l’onere di dimostrare che gli esiti permanenti residuanti alla lesione della salute impediscano o rendano più oneroso ovvero impediranno o renderanno più oneroso in futuro lo svolgimento del lavoro domestico in mancanza di tale dimostrazione nulla può essere liquidato a titolo di risarcimento di tale tipologia di danno patrimoniale Cass., n. 16392/2010 . Nel caso di specie, come correttamente rilavato dalla Corte di merito, non risultava provata la perdita di occasioni lavorative per effetto della menomazione subita. Non è ammissibile l’autonoma categoria del danno esistenziale”. In relazione al motivo con cui i ricorrenti lamentavano l’omessa liquidazione del danno esistenziale, la Cassazione ricorda che l’autonoma categoria di tale danno non è ammissibile, inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona. Difatti, il danno esistenziale, ricomprende i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi alla persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti – reato, ed essi sono già risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c. Danni non patrimoniali , con la conseguenza che la liquidazione di una ulteriore posta di danno comporterebbe una duplicazione risarcitoria . Se invece con la voce danno esistenziale” si intendesse includere pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe illegittima, dal momento che tali pregiudizi sono irrisarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c. Cass., S.U., n. 26972/2008 . Pertanto, la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 19 settembre – 5 dicembre 2014, n. 25726 Presidente Amatucci – Relatore Vivaldi Svolgimento del processo G.D. e C.S. , in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sui figli minori A. a N. , convennero, davanti al tribunale di Brescia, B.D. , P.G. e la Unipol Ass.ni spa chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti da G.D. in un incidente stradale avvenuto il , causato dal camion condotto dal B. , di proprietà del P. ed assicurato dalla Unipol spa. Il tribunale, con sentenza del 22.2.2005, dichiarò la cessazione della materia del contendere tra gli attori e l'Unipol e, ritenuta la prevalente responsabilità del B. nella causazione del sinistro, con un concorso di colpa della G. nella misura del 30%, condannò i convenuti al risarcimento dei danni come quantificati in sentenza. Proposero, appello principale il B. ed il P. ed incidentale la G. ed il C. . La Corte d'Appello, con sentenza dell'11.6.2008, confermò la sentenza di primo grado in riferimento all'accertamento delle relative responsabilità riformandola parzialmente soltanto in ordine all'entità del risarcimento. Hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi il B. ed il P. . Resistono con controricorso C.S. e G.D. , in proprio e nella qualità, nonché C.N. nelle more divenuto maggiorenne, i quali hanno anche proposto ricorso incidentale affidato a tre motivi. Motivi della decisione I ricorsi sono stati proposti per impugnare una sentenza pubblicata una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione con l'applicazione, quindi, delle disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo I. Il primo motivo del ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale attengono alla ricostruzione del sinistro ed alle attribuzioni di responsabilità come operate dalla Corte di merito ed alla motivazione adottata. Essi non colgono nel segno. Non sussistono, né le lamentate violazioni, né il dedotto vizio motivazionale. Sul punto va, infatti, ribadito, sulla base di una costante giurisprudenza di questa Corte, da cui totalmente prescindono le parti ricorrenti, che, in tema di incidenti stradali, la ricostruzione della loro dinamica, come pure l'accertamento delle condotte dei veicoli coinvolti e della sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e la loro eventuale graduazione, al pari dell'accertamento della esistenza o esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l'evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità, qualora il procedimento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico - giuridico, e ciò anche per quanto concerne il punto specifico se il conducente di uno dei veicoli abbia fornito la prova liberatoria di cui all'art. 2054 c.c. tra le varie Cass. 25.1.2012 n. 1028 Cass. 5.6.2007 n. 15434 Cass.10.8.2004 n. 15434 Cass. 14.7.2003, n. 11007 Cass. 10.7.2003, n. 10880 Cass. 5.4.2003. n. 5375 Cass. 11.11.2002 n. 15809 . Ora, il giudice del merito, con motivazione attenta e scrupolosa ha ricostruito la dinamica del sinistro, con l'attribuzione delle rispettive responsabilità sulla base delle emergenze istruttorie ponderate e valutate attentamente e, con un adeguato percorso logico argomentativo, ne ha dato conto in sentenza ritenendo, da un lato, provata la percezione della ciclista da parte del conducente dell'autotreno e, dall'altro, quella di quest'ultima nell'affiancamento del mezzo pesante alla sua bicicletta. Non sussistono, pertanto, le violazioni ed i vizi motivazionali lamentati. Il che consente di ritenere destituito di fondamento anche il secondo motivo del ricorso principale relativo alla mancata applicazione della presunzione di cui all'art. 2054, comma 2, c.c La Corte di merito, infatti, sul punto, dopo avere ricostruito la dinamica del sinistro, ha ritenuto di condividere la quantificazione del concorso causale dei singoli protagonisti, come indicata dal primo giudice senza bisogno di ricorrere alla presunzione di cui all'art. 2054 c.c., proprio perché il sinistro è stato ricostruito fin nei minimi dettagli attraverso l'istruzione probatoria di prime cure . Valutazione che spetta al giudice del merito e che, correttamente motivata come nel caso in esame, non è soggetta ad alcuna censura in questa sede. Il secondo e terzo motivo del ricorso incidentale attengono a alla omessa liquidazione del danno patrimoniale in favore della G. nelle forme del danno emergente e del lucro cessante b alla omessa liquidazione del danno esistenziale quale autonoma voce di danno. Entrambi non sono fondati. Quanto al primo, va rilevato che il danno da riduzione della capacità di lavoro, sofferto da persona che - come la casalinga - provveda da sé al lavoro domestico, costituisce una ipotesi di danno patrimoniale, e non biologico. Chi lo invoca ha, pertanto, l'onere di dimostrare che gli esiti permanenti residuati alla lesione della salute impediscono o rendono più oneroso ovvero impediranno o renderanno più oneroso in futuro lo svolgimento del lavoro domestico in mancanza di tale dimostrazione nulla può essere liquidato a titolo di risarcimento di tale tipologia di danno patrimoniale fra le varie Cass. 13.7.2010 n. 16392 . Né risulta provata la perdita di occasioni lavorative per effetto della menomazione subita, così come rilevato dalla Corte di merito in relazione al danno per mancato guadagno in ragione della ridotta capacità lavorativa pag. 13 della sentenza . Quanto al secondo punto, vale ricordare che non è ammissibile nel nostro ordinamento l'autonoma categoria di danno esistenziale , inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona, atteso che ove in essa si ricomprendano i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti-reato, essi sono già risarcibili ai sensi dell'art. 2059 c.c., interpretato in modo conforme a Costituzione con la conseguenza che la liquidazione di una ulteriore posta di danno comporterebbe una duplicazione risarcitoria. Ove, poi, nel danno esistenziale si intendesse includere pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del tutto illegittima, posto che simili pregiudizi sono irrisarcibili, in virtù del divieto di cui all'art. 2059 c.c. S.U. 11.11.2008 n. 26972 Cass. Cass.12.2.2013 n. 3290 . Conclusivamente, i ricorsi principale ed incidentale sono rigettati. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese fra le parti. P.Q.M. La Corte rigetta i ricorsi. Compensa le spese.