Auto contro moto, conducente minorenne e in due sul sellino: regge la copertura assicurativa

Polizza comunque operativa, nonostante l’azzardo compiuto dal conducente minorenne del ciclomotore. Legittima, quindi, la chiamata in causa nei confronti della compagnia assicuratrice, a meno che non vi sia una clausola ad hoc nel contratto.

A tutto gas, in due, sul ciclomotore. Ma il viaggio si interrompe a metà a causa di un brutto incidente con una vettura. Alla guida del veicolo a due ruote un ragazzo di 16 anni, che, nonostante la minore età, aveva comunque deciso di portar con sé un amico. Tale comportamento, è evidente, rappresenta una violazione del Codice della Strada. Però non rende non operativa la polizza assicurativa. Ciò comporta la legittimità della chiamata in causa, da parte del ragazzo, della propria compagnia assicuratrice Cassazione, sentenza n. 20190, sez. III Civile, depositata oggi . Sinistro. Nessun dubbio sulla dinamica dell’episodio difatti, i giudici di merito considerano evidente la responsabilità paritaria del conducente del ciclomotore e di quello dell’automobile e li condannano al risarcimento dei danni a favore della terza persona coinvolta, ossia il ragazzo trasportato sul ciclomotore. Nodo altrettanto rilevante, però, è quello relativo alla chiamata in causa, da parte del conducente minorenne, della propria compagnia assicuratrice . Quest’ultima, difatti, ha eccepito l’inoperatività della polizia, in quanto il conducente – sedicenne – non era abilitato a trasportare passeggeri sul sellino posteriore . Ebbene, l’appunto mosso dalla compagnia viene ritenuto fondato dai giudici di merito. Decisiva la constatazione che il ragazzo non era abilitato a trasportare un passeggero sul sellino posteriore del suo motoveicolo . Garanzia. La visione adottata sia in primo che in secondo grado, e favorevole alla compagnia assicuratrice, viene però fatta a pezzi in Cassazione, laddove i giudici, accogliendo il ricorso mosso dal conducente di 16 anni, ricordano che la previsione di una clausola di esclusione della garanzia assicurativa per i danni cagionati dal conducente non abilitato alla guida non è idonea ad escludere l’operatività della polizza ed il conseguente obbligo risarcitorio dell’assicuratore se detto conducente, legittimamente abilitato alla guida, abbia omesso di rispettare prescrizioni e cautele imposte dal Codice della Strada . Ciò significa che, laddove esista, come in questo caso, una abilitazione alla guida , la inosservanza di prescrizioni o limitazioni, eventualmente imposte dal legislatore, non si traduce in una limitazione del titolo abilitativo, ma integra una ipotesi di mera illiceità della guida . Ebbene, alla luce dei fatti, emerge che il giovanissimo conducente era in possesso di valida patente di guida . Di conseguenza, la sola circostanza che egli trasportasse un passeggero non può valere a rendere inoperante la garanzia , a meno che, concludono i giudici, essa non sia stata prevista come ipotesi di esclusione della garanzia nelle condizioni di polizza Proprio quest’ultimo punto dovrà essere ora approfondito dai giudici di secondo grado, prima di decidere sulla richiesta di manleva da parte del ragazzo nei confronti della compagnia assicuratrice .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 27 giugno – 25 settembre 2014, n. 20190 Presidente Amatucci – Relatore Sestini Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 25/06/2013 il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Livorno, all'esito di giudizio abbreviato, ha dichiarato R.B. colpevole del reato di cui all'art. 73, comma 1-bis, lett. a , d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 illecita detenzione, a fine di spaccio, di gr. 385,00 di sostanza stupefacente del tipo hashish e, riconosciuta l'attenuante del comma 5° dell'art. 73, d.P.R. 309/90 cit., lo ha condannato alla pena, già ridotta per il rito, di anni 2 di reclusione ed € 5.000,00 di multa, oltre statuizioni accessorie. 2. Ricorre per Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Firenze lamentando difetto di motivazione e falsa applicazione dell'art. 73, comma 5, d.RR. 309/90. Rileva in particolare, il PG ricorrente, che il Giudice ha fatto erronea applicazione della legge penale allorquando ha ritenuto di ancorare il giudizio di lieve entità alla qualità della sostanza, poiché ciò non è più consentito dalla novella del 2006 che ha parificato, a fini sanzionatori, droghe pesanti e droghe leggere. Nè tale giudizio può essere desunto dalla mera tossicodipendenza dell'imputato, a fronte dei pur riconosciuti precedenti penali e della non modesta quantità di droga. Considerato in diritto 3. II ricorso è fondato. Secondo il consolidato orientamento di questa Suprema Corte, la circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità di cui all'art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990 può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione mezzi, modalità, circostanze dell'azione , con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911 Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216668 . Nel caso in esame, il Giudice, dopo aver dato egli stesso atto della presenza di elementi che, esprimendo una non minima offensività della condotta, sarebbero stati ostativi all'applicabilità della circostanza attenuante 'de qua' la non episodicità della condotta, la sua riconducibilità ad un contesto di più ampia e fiorente attività di spaccio, il non modico quantitativo di sostanza , ha contraddittoriamente qualificato il fatto come di lieve entità prendendo il considerazione la sola ancorché non accertata qualità della sostanza e lo stato di tossicodipendenza dell'imputato. E' evidente la contraddizione in cui cade il Giudice che, in applicazione dell'insegnamento di questa Corte, avrebbe dovuto puramente e semplicemente prendere atto dell'impossibilità di ricondurre il fatto nell'ambito dell'ipotesi attenuata dell'art. 73, d.P.R, 309/90. Tra l'altro, conformemente a quanto lamentato dal PG ricorrente, e come risulta dal testo stesso della sentenza, il giudice ha dato rilievo al dato qualitativo della sostanza in assenza di accertamento alcuno sulla quantità di principio attivo drogante presente nella sostanza. La qualità dello stupefacente, infatti, va rapportata alla sue caratteristiche intrinseche e al suo grado di purezza che, rapportati alla quantità, concorrano a misurarne le potenzialità droganti e, dunque, l'offensività della condotta. Ne consegue che la sentenza deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Livorno che, in sede di nuovo giudizio, terrà conto anche del mutato quadro normativo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Livorno. Così deciso il 19/03/2014.