Non indennizzabile il deprezzamento del manufatto privato ratione temporis abusivo

In tema di esecuzione di opere di pubblica utilità e di danni al terzo estraneo al procedimento espropriativo e quindi di responsabilità della P.A., la costruzione di un depuratore non lede il diritto dominicale del privato proprietario di immobile realizzato nelle immediate vicinanze successivamente alla progettazione della medesima opera non è, quindi, invocabile, mediante un’azione di indennizzo in ambito di espropriazione per pubblica utilità, alcun deprezzamento dell’immobile, quand’anche consistente in immissioni. E’, così, illegittima, e quindi va riformata, la sentenza di merito con cui lo Stato, accertata l’insufficiente ricostruzione giudiziale dei fatti, la mancata verifica sull’eziologia dei danni lamentati e sull’esistenza delle autorizzazioni ex lege , venga condannato, in favore del privato proprietario di immobile, al risarcimento ex art. 46 l. n. 2359/1865.

Il principio si argomenta dalla sentenza n. 19305/14, depositata il 12 settembre 2014. Il caso. Lo Stato, rappresentato dal Ministero, veniva condannato, ex art. 46 l. 2359/1865, al risarcimento in favore di un privato proprietario di immobile, costruito mediante concessione in sanatoria in zona a carattere agricolo e gravata da vincolo d’inedificabilità per testimonianze archeologiche, per il relativo deprezzamento, consistente in scuotimenti, vibrazioni, rumori ed esalazioni, derivante dal vicino depuratore gestito dalla regione per disinquinamento del golfo, costruito a seguito di apposita espropriazione e con relativo progetto approvato prima della realizzazione del medesimo immobile del privato. Il danno alla proprietà privata tra azione amministrativa e responsabilità civilistica presupposti, condizioni e limiti. In primis , vanno richiamati gli artt. 2, 5, 9, 24, 32, 41 e 97 Cost., 832, 844, 872, 873, 2043 c.c., 50 c.p.c., 46 l. n. 2359/1865, 32 e 44 d.P.R. n. 327/2001 nonché la l. n. 865/1971 e la l. n. 241/1990. All’uopo, necessita focalizzare sul concetto di potestà, procedimento, provvedimento, danno, responsabilità, onere, illegittimità ed illiceità. In via preliminare, due le principali osservazioni da effettuare sotto il profilo formale. La prima sugli obblighi del magistrato decidente, tra cui quello di verificare la legittimità dell’opera edilizia privata, onde stabilire la risarcibilità del deprezzamento di quest’ultima, da escludere invece se il medesimo deprezzamento sia la conseguenza della condotta contra legem del privato per avere costruito dopo l’approvazione del progetto dell’opera pubblica e, quindi, nella piena consapevolezza. La seconda osservazione riguarda la relazione tra causa petendi e petitum dell’azione esperita dal privato e poteri del giudice all’uopo, va detto che non è accoglibile la domanda sotto un profilo differente da quello azionato dal ricorrente Cass. n. 4790/2001 . Sul piano sostanziale, bisogna, quindi, focalizzare sulla natura giuridica del rapporto tra privato e P.A. e del nocumento eventualmente derivante e, quindi, sul riparto di giurisdizione. All’uopo, va notato che l’art. 46 l. n. 2359/1865 individua una fattispecie di danno da fatto lecito e, quindi, da atto legittimo della P.A. Cass. n. 13960/2007 , con funzione lato sensu risarcitoria Cass. nn. 4720/2004 e 18226/2008 del pregiudizio al godimento della res privata , situata nelle immediate vicinanze dell’opera pubblica, del terzo danneggiato dalla realizzazione di quest’ultima opera la ratio della disposizione è impedire la soddisfazione dell’interesse generale attraverso il sacrificio del singolo senza che quest’ultimo ne sia indennizzato Cass. nn. 10163/2003 e n. 9341/2003 . Segnatamente, la situazione giuridica del privato proprietario si configura in termini di diritto soggettivo Cass. n. 9342/2006 e, pertanto, rientra nella competenza del giudice ordinario CdS n. 1059/2008 sul punto, va, comunque, ricordato che nessuno può trarre vantaggio dall’attività illecita posta in essere Cass. n. 6272/2008 e, pertanto, in tal senso, anche il diritto alla salute non può rileva re ai fini della tutelabilità di situazioni vietate e, quindi, sanzionabili dall’ordinamento giuridico interno. Così, in tema di indennità di asservimento, è necessaria la prova della data di ultimazione dei lavori dell’immobile rispetto alla data di approvazione del progetto esecutivo dell’opera pubblica l’indennizzo, infatti, non spetta per gli edifici costruiti in assenza di concessione edilizia ovvero abusivi Cass. nn. 5046/2002, 25523/2006, 26260/2007, n. 4206/2011 , tranne se sanati Cass. nn. 20849/2013 e n. 10955/2014 , e/o per le opere eseguite dopo la pubblicazione del piano di esecuzione delle opere. Peraltro, non è sufficiente la sola presentazione dell’istanza di concessione in sanatoria Cass. nn. 17881/2004 n. 18125/2005 e n. 23627/2007 . E’ da tenere presente, inoltre, che il danno dal cattivo funzionamento del depuratore, per come reclamato, andrebbe inquadrato in termini civilistico-extracontrattuali ed, in tal senso, richiederebbe il fatto doloso o colposo della P.A. nell’attività illecita Cass. nn. 9341/2003 e 18172/2004 . Decisione la legittimità urbanistica, anche ex post, dell’immobile privato costituisce il presupposto per il risarcimento del danno derivante dalla successiva opera pubblica. In ambito di rapporti tra procedimenti amministrativi e diritti privatistici, il danno ex art. 46 l. n. 2359/1865 è invocabile esclusivamente dal privato proprietario che abbia iniziato l’opera, anche se abusiva purché sanata, prima dell’approvazione del progetto dell’opera pubblica in termini procedurali, peraltro, la legittimazione passiva all’eventuale risarcimento del nocumento in favore del privato estraneo all’espropriazione ad hoc per pubblica utilità non sussiste, contrariamente a quanto sostenuto da App. Napoli 16-11-2007 n. 3564, nei confronti del Ministero bensì del gestore della medesima opera pubblica costruita. Ergo , il gravame del Ministero va accolto.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 25 giugno – 12 settembre 2014, n. 19305 Presidente Salvago – Relatore Benini Svolgimento del processo 1. Con atto di citazione notificato il 13.10.1989, T.A. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Napoli l'Azienda per la promozione e lo sviluppo del Mezzogiorno, chiedendone la condanna all'indennizzo per il deprezzamento dell'immobile di sua proprietà, sito in omissis , a seguito della costruzione di depuratore per il disinquinamento del golfo di Napoli, che aveva determinato, anche a causa del cattivo funzionamento, esalazioni nauseabonde e rumori intensissimi. Si costituiva in giudizio la convenuta, contestando il fondamento della domanda, di cui chiedeva il rigetto. 2. Avverso la sentenza di primo grado del 25.6.2001, che condannava il Ministero dei lavori pubblici, succeduto all'Azienda, al pagamento della somma di lire 1.800.000.000, proponeva appello il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti. 3. Con sentenza depositata il 16.11.2007, la Corte d'appello di Napoli rigettava il gravame la proprietà dell'attore sui cespiti danneggiati doveva ritenersi provata in causa, e la costruzione degli immobili era da ritenere legittima alla stregua delle concessioni rilasciate, anche in sanatoria, anteriormente alla messa in funzione degli impianti la condanna era stata inflitta in applicazione dell'art. 46 L. 25.6.1865 n. 2359, risultando provata la permanenza del danno derivante dall'opera pubblica, a causa di scuotimenti, vibrazioni, rumori, ed esalazioni nocive. La titolarità passiva dell'obbligo risarcitorio era del Ministero e non della Regione , essendo lo stesso succeduto all'Azienda per la promozione e lo sviluppo del Mezzogiorno nel contenzioso pendente. 4. Ricorre per cassazione l'Avvocatura generale dello Stato per conto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, affidandosi a cinque motivi, illustrati da memorie, al cui accoglimento si oppone con controricorso T.A. . Motivi della decisione 1.1. Con il primo motivo di ricorso, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, denunciando omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa la preesistenza dell'immobile al depuratore art. 360 n. 5 c.p.c. , censura la sentenza impugnata per non aver tenuto conto che il T. realizzò i villini quando il progetto dell'opera era stato già approvato e la costruzione iniziata, quindi con la consapevolezza delle conseguenze derivanti dal funzionamento del depuratore. 1.2. Con il secondo motivo di ricorso, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, denunciando insufficiente motivazione circa la legittima edificazione dell'immobile art. 360 n. 5 c.p.c. , censura la sentenza impugnata per non aver verificato, a prescindere dal rilascio di permessi alla costruzione, la legittimità dell'intervento edilizio, atteso che sulla zona, a carattere agricolo, grava vincolo di inedificabilità per la presenza di testimonianze archeologiche. 1.3. Con il terzo motivo di ricorso, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 46 L. 25.6.1865 n. 2359 art. 360 n. 3 c.p.c. , censura la sentenza impugnata per aver applicato tale norma, riguardante le conseguenze sfavorevoli da un'attività lecita della pubblica amministrazione, quale la costruzione dell'opera pubblica, piuttosto che l'art. 2043 c.c., pur se l'attore aveva lamentato il danno dal cattivo funzionamento del depuratore , e nonostante che l'espropriazione abbia preceduto la costruzione degli immobili da parte del T. . 1.4. Con il quarto motivo di ricorso, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, denunciando insufficiente motivazione circa il nesso causale tra il pregiudizio lamentato e l'edificazione del depuratore art. 360 n. 5 c.p.c. , censura la sentenza impugnata per non aver tenuto conto che il deprezzamento lamentato è conseguenza non della costruzione del depuratore, ma della condotta abusiva del T. , che costruì i villini nella piena consapevolezza dell'esistenza del limitrofo depuratore. 1.5. Con il quinto motivo di ricorso, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, denunciando insufficiente motivazione circa la legittimazione passiva art. 360 n. 5 c.p.c. , censura la sentenza impugnata per aver ascritto la titolarità passiva dell'obbligo risarcitorio al Ministero, mentre la gestione del depuratore, da cui derivano i lamentati danni per il cattivo funzionamento, spetta alla Regione. 2.1. Il primo motivo è fondato. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che in tema di indennità di asservimento, prevista dall'art. 46 L. 25.6.1865 n. 2359, va fornita la prova della data di ultimazione dei lavori relativi all'immobile rispetto a quella di approvazione del progetto esecutivo dell'opera pubblica a partire dalla quale l'interessato ha piena conoscenza della stessa, atteso che tale data non solo rileva ai fini della sanatoria dei fabbricati costruiti senza licenza e in contrasto con vincoli che comportano l'inedificabilità assoluta, ma costituisce elemento determinante anche ai fini del riconoscimento dell'indennizzo per l’asservimento, in forza del principio generale che nessuno può trarre vantaggio dall'attività illecita posta in essere Cass. 10.3.2008, n. 6272 . Ne consegue che non competendo l'indennizzo in relazione a edifici costruiti in assenza di concessione edilizia, e rappresentando la legittimità urbanistica del manufatto il presupposto del pregiudizio indennizzabile, ove si tratti di immobile costruito abusivamente, e con riguardo al quale sia stata successivamente avanzata istanza di condono edilizio ai fini della determinazione della condizione urbanistica dello stesso, si richiede l'accertamento della circostanza dell'avvenuto rilascio della concessione in sanatoria, non essendo sufficiente la sola considerazione della presentazione della predetta istanza Cass. 4.9.2004, n. 17881 13.9.2005, n. 18125 15.11.2007, n. 23627 . Tale principi vanno ora precisati, sotto due profili quello della diacronia dell'esecuzione delle opere private per le quali si lamenta un danno dalla costruzione dell'opera, rispetto a quelle pubbliche la cui presenza è foriera dei danni e quello della legittimità amministrativa delle opere. Sotto il primo profilo, è principio in materia di indennizzi connessi alla realizzazione delle opere pubbliche, quello della irrilevanza delle opere realizzate allo scopo di lucrare indennità, tali considerandosi, per presunzione di legge, quelle eseguite successivamente alla pubblicazione del piano di esecuzione delle opere art. 43 L. 25.6.1865 n. 2359 . Tale principio non può non essere applicato anche alla speciale indennità per imposizione di una servitù pubblica o comunque per il deprezzamento di cui il fondo risenta a seguito dell'esecuzione dell'opera pubblica, prevista nello stesso corpus normativo sulle espropriazioni, dall'art. 46 identiche considerazioni possono svolgersi all'attualità ma non riguardano le vicende della presente causa, ancora regolate ratione temporis dalla L. 2359/1865 , in base agli artt. 44 e 32, comma 2, d.p.r. 8.6.2001 n. 327. Il secondo profilo attiene alla legittimità della posizione di vantaggio della quale il proprietario lamenti la lesione per effetto dell'opera pubblica. Il principio di carattere generale, desumibile dalla normativa sia urbanistica, che espropriativa art. 16, nono comma, L. 22.10.1971, n. 865 , per cui il proprietario non può trarre beneficio alcuno dalla sua attività illecita, comporta che nella determinazione indennitaria non deve tenersi conto delle costruzioni abusive art. 38, comma 2, d.p.r. 8.6.2001 n. 327 art. 44, comma 2, specificamente per l'imposizione di servitù anteriormente all'entrata in vigore del t.u. espropriazioni Cass. 9.4.2002, n. 5046 30.11.2006, n. 25523 14.12.2007 n. 26260 21.2.2011, n. 4206 . Gli effetti della sanatoria edilizia, per cui attraverso il controllo postumo di regolarità alla stregua della disciplina urbanistica al momento della costruzione e al momento della sanatoria art. 13 L. 28.2.1985 n. 47 , l'edificio è da considerare legittimo, comportano che non ha rilievo che al momento della costruzione, esso non fosse munito del titolo abilitativo alla costruzione. L'originaria abusività di un immobile, oggetto di successiva sanatoria, non osta al risarcimento del danno allo stesso cagionato da costruzioni su terreno confinante, atteso che l'immobile sanato, non essendo più incommerciabile, è in grado di risentire della correlata diminuzione di valore commerciale Cass. 11.9.2013, n. 20849 . L'indennizzo previsto dall'art. 46 L. 2359/1865, dunque, non può essere negato ove l'illiceità sia esclusa dal controllo postumo sulla regolarità amministrativa della costruzione Cass. 19.5.2014, n. 10955 . La combinazione dei principi ora enunciati comporta che il danno permanente, indennizzabile ai sensi della norma richiamata, può essere invocato dal proprietario che abbia iniziato l'opera anteriormente all'approvazione del progetto di opera pubblica, a condizione, tuttavia, che la costruzione sia legittimamente assentita dall'amministrazione, sia pure a posteriori, attraverso un permesso costruttivo in sanatoria. Rovesciando la prospettiva, l'indennizzo non compete per le costruzioni abusive, o non ancora sanate a meno che il proprietario non lamenti un danno generico alla proprietà del fondo inedificato, ad esempio per la sopravvenuta impraticabilità delle colture agricole l'art. 46 indennizza i proprietari dei fondi , e nemmeno per quelle opere la cui realizzazione sia iniziata successivamente all'approvazione del progetto dell'opera pubblica dalla cui realizzazione il proprietario abbia ragione di temere la compressione delle proprie facoltà dominicali. Alla luce delle considerazioni ora svolte, vanno avvalorate le doglianze della ricorrente Avvocatura generale, che a ragione riscontra una carenza di motivazione, sotto il profilo di una insoddisfacente ricostruzione dei fatti, sia riguardo all'anteriorità dell'approvazione del progetto di opera pubblica 1975? rispetto all'inizio della fabbricazione degli edifici privati 1976? , sia rispetto alla loro legittimità con riguardo agli atti amministrativi di verifica della conformità urbanistica alla licenza edilizia del 1976 avrebbero fatto seguito concessioni in sanatoria nel 1981, la cui riferibilità agli immobili per i quali si pretende l'indennizzo per la perdita di valore appare confusa al confronto con la complessa articolazione costruttiva dei lavori, rilevata dal c.t.u. nella relazione 12.7.1999 . Correttamente la ricorrente si chiede, nella sintesi conclusiva del primo mezzo d'impugnazione, che senso abbia invocare l'art. 46 per costruzioni iniziate dopo l'inizio del depuratore. All'esito della cassazione della sentenza in parte qua il giudice di rinvio procederà ad una nuova valutazione dei fatti espletando in modo più completo l'obbligo di motivazione. 2.2. Il secondo motivo è assorbito. Nella rinnovata valutazione delle vicende costruttive e amministrative il giudice verificherà che tutti gli immobili, della cui perdita di valore si è chiesto l'indennizzo, siano assistiti dalle autorizzazioni previste dalla legge, in particolare riguardo agli aspetti inerenti la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. 2.3. È fondato anche il terzo motivo. L'art. 46 della legge fondamentale sulle espropriazioni per pubblica utilità, assicura l'indennizzo a tutte le ipotesi di danno permanente alle private proprietà immobiliari, legato all'opera pubblica da un nesso di causalità obiettiva. Tale disposizione configura una forma di responsabilità per atto legittimo, che si differenzia nettamente dal risarcimento dei danni derivanti da attività illecita, ex art. 2043 c.c., il quale ultimo presuppone il fatto doloso o colposo della p.a., trattandosi di azioni che si distinguono tanto per il petitum quanto per la causa petendi Cass. 11.6.2003, n. 9341 9.9.2004, n. 18172 . Conseguentemente, non è consentito al giudice accogliere la domanda sotto un profilo diverso da quello invocato attraverso l'esercizio dell'una o dell'altra azione Cass. 2.4.2001, n. 4790 . Nella stessa esposizione dell'atto introduttivo del giudizio i danni, costituiti da esalazioni nauseabonde provenienti dalle vasche dei liquami, deriverebbero da carenze costruttive e di impermeabilizzazione interna quindi da difetti funzionali e non intrinseci , tanto che l'irreversibile degrado, secondo la narrazione in fatto della sentenza, deriverebbe sia per l'illegittima ubicazione, sia per il cattivo funzionamento della struttura. Il giudice di merito assume la presenza delle tre condizioni richieste dall'art. 46 danno permanente, nesso di causalità, diminuzione di valore del bene , ma non verifica l'origine degli inconvenienti, se derivanti, in tutto o in parte, dall'opera pubblica in sé, o dal cattivo funzionamento imputabile a colpa del gestore , come la premessa in fatto dell'atto introduttivo del giudizio ammetteva. 2.4. Il quarto motivo è assorbito dal primo, del quale ripete sostanzialmente la censura. 2.5. È fondato il quinto motivo, giacché alla luce di una doverosa verifica dell'origine ontologica o funzionale degli inconvenienti, possono stabilirsi le responsabilità, nel primo caso, del costruttore, nel secondo caso, diversamente, del gestore dell'impianto. 3. La sentenza va cassata in accoglimento del ricorso, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli, che provvedere anche alle spese di questo giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo, il terzo ed il quinto motivo di ricorso, assorbiti il secondo e il quarto. In relazione alle censure accolte cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli.