L'affittuario del fondo agricolo illegittimamente privato del possesso può chiedere i danni in un giudizio autonomo

Non sussiste la competenza funzionale ed inderogabile del giudice che abbia deciso la controversia relativa alla reimmissione nel possesso da parte dell'affittuario di un fondo che sia stato costretto al temporaneo rilascio dello stesso in virtù della provvisoria esecutorietà di una sentenza di primo grado, poi riformata, se vengono richiesti danni non connessi in alcun modo con lo scorretto svolgimento di attività processuale.

In questo modo la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, nella sentenza 15770/14 depositata il 10 luglio 2014, scrive la parola fine alla controversia relativa al temporaneo rilascio coattivo di un fondo rustico, ottenuta a seguito della sentenza, provvisoriamente esecutiva, di primo grado. Il caso. Dopo essere stato costretto a rilasciare un fondo rustico da una sentenza di primo grado, nonostante il successivo giudizio di appello e poi di legittimità avessero ribaltato tale decisione, l'affittuario del fondo si vedeva costretto a intraprendere un nuovo giudizio per sentir condannare la controparte, oltreché al rilascio in proprio favore del fondo, al risarcimento dei danni conseguenti al mancato godimento del bene per tutto il periodo che va dal rilascio forzato fino alla reimmissione nel possesso . La sezione specializzata agraria del Tribunale di primo grado, mentre accoglieva la domanda di rilascio a favore dell'affittuario, rigettava la domanda di risarcimento danni sostenendo che avrebbe dovuto essere proposta nel giudizio di merito ai sensi dell'art. 96 c.p.c Il successivo appello ha visto invece accogliere il gravame sul punto, secondo la tesi che tale domanda di risarcimento danni ben poteva essere proposta con giudizio autonomo. La Terza Sezione della Cassazione Civile, nella sentenza in commento, ha confermato la correttezza della decisione dei giudici di appello. Mentre il ricorrente, infatti, sostiene che trattandosi di pretesa risarcitoria che trae origine dal pregiudizio derivante dalla imprudente esecuzione forzata di una sentenza di primo grado , la stessa avrebbe dovuto essere proposta davanti allo stesso giudice della controversia, i giudici della Terza Sezione affermano come evidente” il fatto che l'affittuario non potesse neppure sapere, nel corso del precedente giudizio, se e quando sarebbe stato reimmesso nel possesso . Da ciò ne consegue che il fondamento dell'azione risarcitoria non consiste nell'imprudente esecuzione provvisoria, bensì nel mancato godimento del bene per il periodo intercorrente tra il rilascio forzato e la successiva reimmissione. Oltretutto risulta ancor più chiaro che la domanda risarcitoria non fosse in alcun modo connessa con lo scorretto svolgimento di attività processuale da sanzionare ai sensi dell'art. 96 c.p.c., dicono gli Ermellini, dal momento che i danni richiesti consistevano nella perdita della produzione agricola e dell'integrazione del prezzo dell'olio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 6 giugno – 10 luglio 2014, n. 15770 Presidente Segreto – Relatore Cirillo Svolgimento del processo 1. Con ricorso alla Sezione specializzata agraria del Tribunale di Brindisi M.A. convenne in giudizio S.D.L., chiedendo che fosse condannato al rilascio, in suo favore, di un fondo rustico ubicato in agro di Fasano, nonché al risarcimento dei danni. A sostegno della domanda, fece presente di essere titolare di un contratto di affitto, che il D.L. aveva promosso contro di lui un giudizio di rilascio del medesimo fondo e che la relativa domanda era stata accolta in primo grado, mentre in appello era stata poi respinta, con pronuncia confermata dalla Corte di cassazione. Precisò, tuttavia, che il D.L. aveva ottenuto il rilascio del terreno in forza della natura provvisoriamente esecutiva della sentenza di primo grado, sicché egli aveva diritto alla reimmissione in possesso ed al risarcimento dei danni conseguenti al mancato godimento del terreno per tutto il tempo intermedio trascorso. Il Tribunale accolse la domanda di rilascio, ordinando al D.L. di reimmettere l'A. nella detenzione del fondo in qualità di affittuario, ma rigettò la domanda di risarcimento dei danni sul rilievo che la stessa avrebbe dovuto essere proposta nel giudizio di merito, ai sensi dell'art. 96 del codice di procedura civile. 2. La sentenza è stata appellata dall'A. e la Corte d'appello di Lecce, Sezione specializzata agraria, con sentenza del 14 aprile 2008, ha accolto il gravame, condannando il D.L. al pagamento della somma di euro 3.800,62, con rivalutazione ed interessi in relazione a ciascuna annualità, nonché al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio. Ha osservato la Corte territoriale che la domanda proposta dall'A., avendo ad oggetto la privazione del bene dal cui godimento egli era stato estromesso in virtù dell'esecuzione forzata promossa a seguito della pronuncia di primo grado, poteva essere proposta anche con un giudizio autonomo, stante la sua estraneità rispetto alla norma del citato art. 96. 3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Lecce propone ricorso S.D.L., con atto affidato ad un solo motivo. Resiste M.A. con controricorso. Motivi della decisione l. Con il primo ed unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 5 , cod. proc. cív., contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, relativo al mancato collocamento della fattispecie nell'ambito di cui all'art. 96 del codice di procedura civile. Rileva il ricorrente che la pretesa risarcitoria trae origine dal pregiudizio derivante dalla imprudente esecuzione forzata di una sentenza di primo grado, sicché doveva essere proposta davanti allo stesso giudice della controversia, facendo applicazione della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la responsabilità aggravata di cui all'art. 96 cit. può trovare fondamento in qualsiasi comportamento, doloso o colposo, tenuto nel corso del processo, ma i danni da risarcire possono essere di ogni tipo e la competenza del giudice del merito sarebbe, in questo caso, funzionale ed inderogabile. 1.1. Il motivo non è fondato. Anche tralasciando il profilo formale - per il quale il ricorso, lamentando un vizio di motivazione, pone, in realtà, una censura di violazione dell'art. 96 cod. proc. civ. - è sufficiente una breve ricostruzione della vicenda processuale per dimostrare l'infondatezza del motivo in esame. Nella specie, infatti, il D.L., vincitore in primo grado nel precedente giudizio da lui intentato per il rilascio del medesimo fondo, mise in esecuzione provvisoria tale pronuncia, ottenendo il rilascio del fondo da parte dell'A. ma poi tale decisione fu riformata in appello, con pronuncia confermata in sede di legittimità, sicché l'A. agì, con l'odierna domanda, per la reimmissione in possesso del medesimo fondo ed il risarcimento dei danni conseguenti al mancato godimento del bene per tutto il periodo che va dal rilascio forzato fino alla reimmissione nel possesso. È evidente che l'A. non poteva neppure sapere, nel corso del precedente giudizio, se e quando sarebbe stato reimmesso nel possesso, tant'è che ha dovuto promuovere un nuovo giudizio, cioè quello odierno sicché l'azione risarcitoria non trova il proprio fondamento nell'imprudente esecuzione provvisoria attivata dal D.L. - di cui non pare si sia mai discusso - bensì nel predetto mancato godimento. Dalla stessa sentenza di primo grado emessa nel presente giudizio, allegata al ricorso, risulta con chiarezza, infatti, che l'A. ha chiesto i danni consistenti nella perdita della produzione agricola e dell'integrazione del prezzo dell'olio, per cui la domanda non era in alcun modo connessa con lo scorretto svolgimento di attività processuale rilascio del fondo a seguito di esecuzione provvisoria , da sanzionare in ipotesi ai sensi dell'art. 96 del codice di rito. Ne consegue che la giurisprudenza richiamata in ricorso a proposito della competenza inderogabile del giudice della causa a decidere le domande di cui all'art. 96 cod. proc. civ. - che questa Corte condivide integralmente - è stata del tutto impropriamente richiamata, in quanto si riferisce a fattispecie completamente diverse. Non vi era, perciò, alcuna ragione per la quale l'A. dovesse obbligatoriamente chiedere il risarcimento dei danni nel precedente giudizio intercorso fra le parti. 2. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale pronuncia segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in conformità ai soli parametri introdotti dal decreto ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 3.200, di cui euro 200 per spese, oltre spese generali e accessori di legge.