Ti fai male per il fatto di terzi e sei anche assicurato contro gli infortuni? Non puoi cumulare risarcimento e indennizzo

L'assicurazione contro gli infortuni non mortali costituisce un'assicurazione contro i danni, ed è soggetta al principio indennitario, in virtù del quale l'indennizzo non può mai eccedere il danno effettivamente patito. Ne consegue che il risarcimento del danno dovuto alla vittima di lesioni personali deve essere diminuito dell'importo da questa percepito a titolo di indennizzo da parte del proprio assicuratore privato contro gli infortuni.

Così si esprime la Terza Sezione estensore Rossetti nella sentenza in commento, la n. 13233/14 del 11 giugno 2014. Il caso. Il lesionato investito da un'auto, dopo aver riscosso l'indennizzo derivante dall'assicurazione contro gli infortuni, adì il tribunale chiedendo il risarcimento di tutti i danni subiti. Il tribunale, con sentenza confermata in appello, accolse la domanda, detraendo dal monte risarcitorio le somme ricevute dall'assicurazione privata. La sentenza della Corte d'appello formò oggetto del ricorso per cassazione, motivato con la distinzione, sostenuta dal ricorrente tra le assicurazioni contro i danni per cui vige il principio indennitario e le assicurazioni sulla vita tra cui rientrerebbe l'assicurazione contro gli infortuni per le quali invece non troverebbe applicazione. La natura dell'assicurazione contro i danni. Anzitutto viene fatto un excursus sulla posizione della giurisprudenza relativamente all'assicurazione contro gli infortuni 1 fino alla metà del secolo scorso tale assicurazione si faceva rientrare tra le assicurazioni sulla vita, motivando che l'infortunio è un evento attinente alla vita umana e, d'altra parte, l'indennizzo in tale assicurazione non è parametrato ad un valore effettivo e reale, bensì liberamente pattuito dalle parti 2 a partire dagli anni sessanta, ferma restando la definizione di assicurazione contro gli infortuni come assicurazione sulla vita, la Cassazione cominciò ad escludere talune norme in tema di assicurazione sulla vita all'assicurazione contro gli infortuni 3 poco più di dieci anni fa, infine, le Sezioni Unite decretarono una volta per tutte che l'assicurazione contro il rischio di infortuni non mortali è un'assicurazione contro i danni, cui si deve applicare, quindi, anche il principio indennitario Cass. Civ., SSUU, n. 5119/2002 . S'intende per principio indennitario quello per cui la garanzia assicurativa non può e non deve costituire possibile fonte di lucro per l'assicurato in considerazione del fatto che l’indennizzo corrisposto dall’assicuratore deve svolgere unicamente la funzione di riparare il danno subito dall’assicurato. Nessun cumulo Evidentemente, il fatto che l'assicurazione contro gli infortuni non mortali sia soggetta alla disciplina della assicurazioni contro i danni comporta la conseguenza che in caso di infortunio l'assicurato non potrà cumulare l'indennizzo dovuto per effetto di essa con il risarcimento dovuto dal terzo responsabile dell'infortunio . E ciò non solo per le norme sul contratto di assicurazione, ma anche per quelle in tema di responsabilità civile e risarcimento del danno. Tre sono le ragioni che contrastano il cumulo dal punto di vista delle norme sull'assicurazione a se fosse consentito, con ragionamento a contrariis , l'assicurazione diventerebbe una scommessa per l'assicurato, che per assurdo arriverebbe ad avere un interesse nel subire un sinistro b sempre con ragionamento a contrariis , se fosse consentito l'assicuratore perderebbe il diritto di surrogazione che invece è previsto dal 4° comma dell'art. 1916 c.c. c sempre a contrariis , se fosse consentito il cumulo la percezione del risarcimento integrale da parte del danneggiato-creditore estinguerebbe l'obbligazione del danneggiante-debitore, con la conseguenza che l'assicuratore che avesse pagato l'indennizzo non avrebbe più possibilità di agire in surrogazione. Dal punto di vista delle norme che regolano il risarcimento del danno, invece, il principio violato, se fosse consentito il cumulo, sarebbe quello dell'integralità del risarcimento, secondo cui il danneggiato non può, dopo il risarcimento, trovarsi in una condizione patrimoniale più favorevole rispetto a quella in cui si trovava prima di restare vittima del fatto illecito . Peraltro il principio indennitario trova applicazione a patto che il danno patito e il rischio assicurato coincidano dunque se, in ipotesi, l'assicurazione coprisse il danno da perdita della capacità di lavoro danno patrimoniale , e la vittima del fatto illecito subisca solo un danno biologico danno non patrimoniale , non sarà possibile nessuna detrazione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 6 marzo – 11 giugno 2014, n. 13233 Presidente Segreto – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. Il omissis il sig. S.L. , dipendente della società SALT-Società Autostrade Ligure Toscana s.p.a., mentre si trovava al lavoro, venne investito da un veicolo di proprietà della società datrice di lavoro, subendo lesioni personali. In conseguenza dell'infortunio il sig. S.L. riscosse l'indennizzo contrattualmente dovutogli in virtù di una assicurazione privata contro gli infortuni, stipulata dal datore di lavoro a beneficio dei dipendenti. 2. Il 29.1.1996 il sig. S.L. convenne dinanzi al Tribunale di La Spezia la SALT s.p.a. nella sua veste di proprietaria del veicolo dal quale venne investito il conducente del veicolo investitore, sig. Rubens Piaggi, e l'assicuratore della r.c.a. del medesimo mezzo, la Assitalia s.p.a Nei confronti di tutti chiese il risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell'investimento di cui si è detto. 3. Il Tribunale di La Spezie con sentenza dell'8.1.2002 accolse la domanda, ma dall'importo del risarcimento spettante alla vittima detrasse la somma da questa già percepita dall'assicuratore privato contro gli infortuni, pari a 20 milioni di lire. 4. La sentenza, impugnata dal sig. S.L. , su tale punto venne confermata dalla Corte d'appello di Genova con sentenza 8.6.2007. Tale sentenza è stata impugnata per cassazione dal sig. S.L. , sulla base d'un solo motivo. La INA Assitalia s.p.a. incorporante per fusione la Assitalia s.p.a. ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1. Con l'unico motivo di ricorso, il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sia incorsa in un vizio di violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c Il ricorrente sostiene, al riguardo, la seguente tesi in diritto a il contratto di assicurazione si divide in due categorie, soggette a regole differenti l'assicurazione contro i danni e quella sulla vita b solo per le assicurazioni contro i danni vige il principio per cui l'indennizzo riscosso dall'assicurato non può mai superare l'entità effettiva del danno subito, e quindi il divieto di cumulare l'indennizzo dovuto dall'assicuratore col risarcimento eventualmente dovuto dal terzo per lo stesso fatto c l'assicurazione contro gli infortuni rientra tra le assicurazioni sulla vita d ergo, l'indennizzo riscosso per effetto di una assicurazione contro gli infortuni non può essere detratto da quanto dovuto, a titolo di risarcimento, dal terzo responsabile dell'infortunio. 2. Il motivo è infondato. Sulla questione della natura dell'assicurazione contro gli infortuni non mortali la giurisprudenza ha ormai da tempo abbandonato l'opinione che essa rientri tra le assicurazioni sulla vita. Questa antica opinione si fondava su due argomenti a l'infortunio è un evento attinente la vita umana b l'indennizzo nell'assicurazione infortuni non è parametrato ad un valore effettivo e reale, ma è liberamente pattuito dalle parti. Tale ultima osservazione, a sua volta, riposava sull'opinione che riteneva ripugnante al diritto ed alla morale attribuire un valore al corpo dell'uomo così già Cass. Roma 26.5.1906, in Foro it., 1906, I, 780 in seguito, nello stesso senso, Cass. 27.4.1937 n. 1343 Cass. 2.2.1938 n. 336, e Cass. 12.7.1939 n. 2495 . In seguito questa Corte, pur non abbandonando formalmente la tesi secondo cui l'assicurazione contro gli infortuni non mortali rientra nell'assicurazione sulla vita, ha tuttavia cominciato ad ammettere che non tutte le norme dettate per l'assicurazione sulla vita siano applicabili all'assicurazione contro gli infortuni. Così, in particolare - con riferimento alle conseguenze del mancato pagamento del premio, si è esclusa l'applicabilità all'assicurazione infortuni dell'art. 1924 c.c., ritenendo invece applicabile l'art. 1901 c.c. Cass. 13.11.1964 n. 2735 Cass. 19.10.1967 n. 2551 Cass. 27.5.1971 n. 1526 e soprattutto Cass. 13.5.1977 n. 1883, in Assicurazioni, 1978, II, 2, 197, ove per la prima volta si proclama una diversità ontologica e di struttura tra l'assicurazione sulla vita e quella contro gli infortuni - con riferimento alle conseguenze al mutamento di professione dell'assicurato, si è esclusa l'applicabilità all'assicurazione infortuni dell'art. 1926 c.c. Cass. 27.11.1979 n. 6205 - con riferimento alle conseguenze dell'omissione dell'obbligo di avviso di sinistro, si è ritenuta applicabile anche all'assicurazione contro gli infortuni la previsione di cui all'art. 1915 c.c. Cass. 4.3.1978 n. 1078 - con riferimento alle conseguenze del ritardato pagamento dell'indennizzo, si è qualificata l'obbligazione dell'assicuratore contro gli infortuni come debito di valore e non di valuta quale è invece il debito d'indennizzo nell'assicurazione vita , sul presupposto che anche l'assicurazione infortuni rientra nell'assicurazione contro i danni Cass., 03-05-1986, n. 3017 Cass., 26-01-1988, n. 661 . Tutti i contrasti e le incertezze sono stati infine risolti dall'intervento delle Sezioni Unite di questa Corte, le quali hanno definitivamente stabilito che l'assicurazione contro il rischio di infortuni non mortali è un'assicurazione contro i danni, alla quale si applicherà il principio indennitario e l'intera disciplina dettata dal codice per l'assicurazione contro i danni Cass. civ., sez. un., 10-04-2002, n. 5119 . L'affermazione che l'assicurazione contro gli infortuni non mortali rientra nell'assicurazione contro i danni è stata fondata dalle Sezioni Unite sui seguenti argomenti a l'art. 1882 c.c., quando definisce l'assicurazione contro i danni come quella in virtù della quale l'assicuratore si obbliga a rivalere l'assicurato del danno ad esso prodotto da un sinistro, non fa riferimento solo ai danni alle cose, ma anche ai danni alla persona b per contro, il riferimento del medesimo art. 1882 c.c. agli eventi attinenti la vita umana, quali presupposto dell'assicurazione sulla vita, va inteso con esclusivo riferimento ai fatti concernenti la morte o la sopravvivenza c l'art. 1916 c.c., mirando ad impedire il cumulo di indennizzo e risarcimento, costituisce espressione tipica del principio indennitario. Di conseguenza, poiché il 4 comma di tale norma concede la surrogazione all'assicuratore contro gli infortuni, anche l'assicurazione infortuni ha natura indennitaria d l'invalidità causata dall'infortunio costituisce sempre un danno per i fini di cui all'art. 1882 c.c. sicuramente biologico, ed eventualmente patrimoniale e la circostanza che la misura dell'indennizzo sia liberamente predeterminata nella polizza non priva l'assicurazione contro gli infortuni non mortali del carattere indennitario, in quanto la legge consente alle parti la stima del valore ex art. 1908 c.c. . 3. Se dunque l'assicurazione contro gli infortuni non mortali è soggetta alla disciplina delle assicurazioni contro i danni, in caso di infortunio l'assicurato non potrà cumulare l'indennizzo dovuto per effetto di essa, con il risarcimento dovuto dal terzo responsabile dell'infortunio. A tale conclusione ostano sia le norme sul contratto di assicurazione, sia quelle sulla responsabilità civile e sul risarcimento del danno. 3.1. Sotto il primo profilo, l'indennizzo non può cumularsi col risarcimento per tre ragioni. La prima è che, se fosse consentito all'assicurato cumulare indennizzo e risarcimento, questi verrebbe ad avere in teoria un interesse positivo all'avverarsi del sinistro il che trasformerebbe l'assicurazione in una scommessa, noto essendo che il rischio di cui all'art. 1895 c.c. dev'essere la possibilità di avveramento di un evento futuro, incerto, dannoso e non voluto. La seconda ragione è che, se fosse consentito all'assicurato cumulare indennizzo e risarcimento, l'assicuratore perderebbe il diritto di surrogazione, accordatogli anche nell'assicurazione contro gli infortuni dall'art. 1916, comma 4, c.c Infatti, poiché la surrogazione costituisce una successione a titolo particolare dell'assicuratore nel diritto vantato dall'assicurato verso il terzo responsabile, prevedendo tale istituto anche per l'assicurazione contro gli infortuni il legislatore ammette che, per effetto del pagamento dell'indennizzo assicurativo, il diritto al risarcimento si trasferisca dall'assicurato-danneggiato all'assicuratore. E se il diritto al risarcimento si trasferisce per effetto di surrogazione, l'assicurato non ne è più titolare e non può esigerne il pagamento dal terzo danneggiato, che altrimenti sarebbe costretto ad un duplice pagamento sia nelle mani del danneggiato a titolo di risarcimento , sia nelle mani dell'assicuratore di questi a titolo di surrogazione , come già ritenuto da questa Corte con la sentenza pronunciata da Sez. 3, Sentenza n. 1881 del 14/06/1972, Rv. 358934. La terza ragione è che, se fosse consentito all'assicurato cumulare indennizzo e risarcimento, la percezione del risarcimento integrale, da parte del danneggiato-creditore, estinguerebbe l'obbligazione del danneggiante-debitore. Se dunque l'assicuratore pagasse l'indennizzo, non potrebbe più agire in surrogazione, in quanto il danneggiante potrebbe validamente eccepirgli attesa la perfetta identità tra il diritto del danneggiato al risarcimento ed il diritto acquistato dall'assicuratore per effetto del pagamento dell'indennizzo di avere già estinto il proprio debito. Pertanto, anche se il credito relativo al risarcimento del danno e quello relativo al pagamento dell'indennizzo sono strutturalmente diversi, quando il danneggiato, prima di percepire l'indennizzo assicurativo, ottiene il risarcimento integrale da parte del responsabile, il risultato della liberazione dell'assicuratore dagli obblighi derivanti dal contratto di assicurazione si produce per effetto della norma che prevede la responsabilità dell'assicurato che arrechi pregiudizio al diritto dell'assicuratore come già ritenuto da Sez. 2, Sentenza n. 2595 del 25/10/1966, Rv. 325000 . 3.2. Il cumulo dell'indennizzo assicurativo con il risarcimento del danno, anche nell'assicurazione contro gli infortuni, è poi impedito dalle norme che disciplinano il risarcimento del danno. Se, infatti, fosse consentito tale cumulo, verrebbe violato il principio di integralità del risarcimento, in virtù del quale il danneggiato non può, dopo il risarcimento, trovarsi in una condizione patrimoniale più favorevole rispetto a quella in cui si trovava prima di restare vittima del fatto illecito. Tale principio venne affermato già da questa Corte con la sentenza pronunciata da Sez. 3, Sentenza n. 293 del 29/01/1973, Rv. 362174, nella cui motivazione si afferma che in virtù [del principio indennitario] un sinistro non può diventare fonte di lucro per chi lo subisce, neppure quando l'indennizzo gli spetti a duplice titolo e da parte di due soggetti diversi, come accade nell'ipotesi in cui lo stesso evento dannoso, oltre a rendere operante la copertura assicurativa, faccia sorgere un'obbligazione riparatoria a carico di chi lo ha cagionato. In tal caso il danneggiato resta bensì l'unico titolare attivo dei due distinti rapporti obbligatori, libero di rivolgersi all'uno o all'altro o ad entrambi gli obbligati ma l'eventualità del doppio indennizzo per lo stesso danno è scongiurata garantendo all'assicuratore o la possibilità di surrogarsi nei diritti dell'assicurato verso il terzo responsabile art. 1916 c.c. , o quella di rivalersi nei confronti dello stesso assicurato, se tale possibilità sia stata da lui pregiudicata . 4. Questa Corte non ignora che, per un diverso orientamento, anche quando la vittima di un danno abbia già ottenuto un risarcimento parziale o totale dal responsabile, essa resterebbe titolare del diritto al pagamento integrale dell'indennizzo assicurativo da parte del proprio assicuratore contro i danni. Ritiene tuttavia che tale orientamento, oltre che ormai superato dall'intervento delle Sezioni Unite sopra ricordato Sez. U, Sentenza n. 5119 del 10/04/2002, Rv. 553633 , non possa comunque essere condiviso, per la fragilità dei presupposti teorici su cui si fonda. Secondo il suddetto orientamento, il cumulo di indennizzo assicurativo e risarcimento del danno sarebbe possibile perché quando la vittima di un fatto illecito sia anche assicurato ai sensi dell'art. 1904 c.c., non opererebbe il principio della compensano lucri cum damno quest'ultimo, infatti, potrebbe trovare applicazione solo nel caso in cui il vantaggio ed il danno siano entrambi conseguenza immediata e diretta del fatto illecito, quali suoi effetti contrapposti. Invece nel caso in cui il danneggiato abbia un'assicurazione contro i danni, il credito risarcitorio vantato nei confronti del responsabile ed il credito indennitario vantato nei confronti del proprio assicuratore privato hanno fonte diversa rispettivamente, legale e contrattuale , e tra essi non opera la compensano lucri cum damno così Sez. 3, Sentenza n. 1135 del 10/02/1999, Rv. 523113 . In altre decisioni, poi, si è affermato che il cumulo di indennizzo e risarcimento è si vietato dal principio indennitario, ma solo a condizione che l'assicuratore privato della vittima abbia manifestato la volontà di surrogarsi nei diritti di quest'ultima verso il danneggiante diversamente il danneggiato anche se ha riscosso l'indennizzo, può agire per il risarcimento totale, senza che il responsabile possa opporgli l'avvenuta riscossione cosi Sez. 3, Sentenza n. 22883 del 06/12/2004, Rv. 578304 Sez. 3, Sentenza n. 3544 del 23/02/2004, Rv. 570390 Sez. 3, Sentenza n. 12101 del 19/08/2003, Rv. 565930 . 5. L'orientamento appena riassunto non sembra meritevole di essere ulteriormente coltivato, perché cozza contro insormontabili ostacoli di ordine teorico. In primo luogo, appare erroneo affermare che indennizzo e risarcimento possono cumularsi perché nel caso in esame non opererebbe il principio della compensano lucri cum damno , a causa della diversità dei titoli in base ai quali il danneggiato può vantare da un lato l'indennizzo, dall'altro il risarcimento. La diversità formale dei titoli posti a fondamento della pretesa risarcitoria non può mai servire a superare il principio indennitario, come già ritenuto da tempo dalla dottrina. In secondo luogo, il cumulo di indennizzo e risarcimento non può escludersi invocando il principio della inapplicabilità a tale ipotesi dell'istituto della compensano lucri cum damno . Indennizzo assicurativo e risarcimento non si possono cumulare non già perché sia operante in tale ipotesi il principio della compensano, ma per una ragione molto più semplice il pagamento dell'indennizzo assicurativo, nell'assicurazione contro i danni, presuppone che esista un danno. Ma se il terzo responsabile risarcisce la vittima prima che questa percepisca l'indennizzo, il credito risarcitorio si estingue per effetto dell'adempimento, e con esso il danno risarcibile. L'assicuratore non sarà tenuto al pagamento di alcun indennizzo, per la semplice ragione che non v'è più alcun danno da indennizzare. Lo stesso dicasi nell'ipotesi inversa, in cui il danneggiato percepisca l'indennizzo assicurativo prima del risarcimento. Anche in tal caso l'obbligo risarcitorio del terzo responsabile verrà meno non per effetto della compensano, ma per la semplice ragione che l'intervento dell'assicuratore ha eliso in tutto od in parte il pregiudizio patito dal danneggiato, e non si può pretendere il risarcimento di un danno che non c'è più. Né appare risolutiva, al fine di consentire il cumulo di indennizzo e risarcimento, l'osservazione - pure prospettata da dottrina minoritaria -secondo cui, avendo l'assicurato pagato i premi, egli avrebbe comunque diritto all'indennizzo in aggiunta al risarcimento, altrimenti il pagamento dei premi sarebbe sine causa . Il pagamento del premio infatti non è mai sine causa , perché al momento in cui viene compiuto vi è obiettiva incertezza circa il verificarsi del sinistro e la solvibilità del responsabile. Il pagamento del premio è in sinallagma col trasferimento del rischio, non certo col pagamento dell'indennizzo, tanto è vero che se alla scadenza del contratto il rischio non si è verificato, il premio resta ugualmente dovuto. In secondo luogo, se davvero bastasse pagare il premio per cumulare indennizzo e risarcimento, e quindi trasformare il sinistro in una occasione di lucro, allora si dovrebbe conseguentemente ammettere che il contratto concluso non è più un'assicurazione, ma una scommessa, nella quale puntando una certa somma il premio lo scommettitore può ottenere una remunerazione complessiva assai superiore al danno subito. Non meno erroneo appare l'orientamento che ammette il cumulo di indennizzo e risarcimento, in tutti i casi in cui l'assicuratore della vittima non abbia manifestato la volontà di surrogarsi a quest'ultima nei confronti del responsabile, ex art. 1916 c.c Questo orientamento si fonda sul seguente falso sillogismo a il trasferimento dei diritti dall'assicurato all'assicuratore non opera automaticamente, ma è subordinato ad una manifestazione di volontà di quest'ultimo diretta al terzo responsabile b di conseguenza, solo da quel momento l'assicurato non è più legittimato a protendere dal terzo responsabile il risarcimento del danno, per essersi la legittimazione trasferita all'assicuratore c ergo, qualora non risulti che l'assicuratore non si sia avvalso di tale facoltà, il danneggiato assicurato può agire per il risarcimento totale verso il responsabile, senza che quest'ultimo possa opporgli l'avvenuta riscossione dell'indennità assicurativa ovvero l'avvenuto pagamento da parte dell'assicuratore di quanto dovuto dall'assicurato ad un terzo. Quello appena riassunto è tuttavia un falso sillogismo. La surrogazione dell'assicuratore non interferisce in alcun modo con il problema dell'esistenza del danno, e quindi col principio indennitario. Abbia o non abbia l'assicuratore rinunciato alla surroga, non può essere risarcito il danno inesistente ab origine o non più esistente , ed il danno indennizzato dall'assicuratore è un danno che ha cessato di esistere dal punto di vista giuridico, dal momento in cui la vittima ha percepito l'indennizzo, e fino all'ammontare di quest'ultimo. Si consideri, del resto, che la surrogazione ex art. 1916 c.c. costituisce, secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente, una successione a titolo particolare dell'assicuratore nel diritto dell'assicurato. Orbene, perché il diritto si trasferisca, è necessario che esso sia perso dall'assicurato ed acquistato dall'assicuratore. Tuttavia l'estinzione del diritto al risarcimento in capo all'assicurato avviene per effetto del solo pagamento, non certo per effetto della surrogazione, la quale se mai è un effetto dell'estinzione e non la causa di essa. Pertanto l'effetto estintivo, prodotto dal pagamento, è indifferente alle vicende del diritto di surrogazione da parte dell'assicuratore. Questi, rinunciando alla surrogazione, dispone di un proprio diritto futuro , e non dell'altrui, e tale atto di disposizione non muta l'effetto estintivo del pagamento. Detto altrimenti, la percezione dell'indennizzo, da parte del danneggiato, elide in misura corrispondente il suo credito risarcitorio nei confronti del danneggiante, che pertanto si estingue e non può essere più preteso, né azionato. Se così non fosse, nell'ipotesi in cui il danneggiato avesse stipulato un contratto di assicurazione contro i danni, questi avrebbe un interesse positivo al realizzarsi del sinistro, il che contrasta insanabilmente con il principio indennitario e con la neutralità dell'intervento dell'assicuratore rispetto alle condizioni patrimoniali dell'assicurato in epoca anteriore al sinistro. Pertanto se l'assicuratore della vittima abbia rinunciato alla surrogazione, ovvero non abbia ancora manifestato l'intenzione di esercitarla al momento in cui il danneggiato pretende il risarcimento dal responsabile pur avendo corrisposto l'indennizzo , è circostanza irrilevante ai fini del problema. Ed infatti, a prescindere dalla circostanza che è stato a lungo ed è tuttora controverso se la surrogazione dell'assicuratore operi ipso iure o per effetto di una apposita denuntiatio, è dirimente che non sussiste alcun nesso di implicazione reciproca tra il diritto di surrogazione ed il divieto di cumulo tra indennizzo e risarcimento. Il primo, infatti, costituisce una modificazione soggettiva dell'obbligazione, finalizzata ad evitare il depauperamento dell'assicuratore, e che può mancare senza che il contratto di assicurazione perda la sua natura l'altro è un principio che attiene al nucleo causale del contratto di assicurazione, e la cui mancanza finisce inevitabilmente per trasformare quest'ultimo in un contratto diverso. A conferma di quanto osservato basterà ricordare che le SS.UU. hanno radicalmente escluso la possibilità per l'assicurato di cumulare più indennizzi che, complessivamente, eccedano l'ammontare del danno patito e se non possono cumularsi più indennizzi, a fortiori non può ritenersi possibile cumulare indennizzi e risarcimento. Nemmeno la preventiva rinuncia dell'assicuratore all'esercizio del diritto di surroga ex art. 1916 c.c. può consentire all'assicurato di cumulare il risarcimento ottenuto dal terzo con l'indennizzo dovuto dall'assicuratore, per le seguenti ragioni - perché il diritto di surroga dell'assicuratore non è un elemento essenziale del contratto di assicurazione, e può dunque mancare senza che il contratto di assicurazione perda la sua funzione indennitaria - perché la rinuncia al diritto di surroga giova solo al responsabile civile, non al danneggiato, il quale anche in questo caso non può cumulare risarcimento del terzo ed indennità dell'assicuratore - perché il principio indennitario in materia assicurativa è principio di ordine pubblico e quindi inderogabile. Deve dunque concludersi nel senso che indennizzo dovuto dall'assicuratore e risarcimento dovuto dal responsabile assolvano ad una identica funzione risarcitoria, e non possano essere cumulati non perché nel caso di specie non trovi applicazione l'istituto della compensatio lucri cum damno , ma semplicemente perché non c'è più danno risarcibile per la parte indennizzata dall'assicuratore. Di conseguenza a l'assicuratore può legittimamente rifiutare il pagamento dell'indennizzo in tutto od in parte , ove l'assicurato abbia già ottenuto il risarcimento del danno in tutto od in parte dal responsabile b il responsabile del danno può legittimamente rifiutare il pagamento del risarcimento in tutto od in parte , ove l'assicurato abbia già ottenuto il pagamento dell'indennità in tutto od in parte dal proprio assicuratore privato contro i danni. Questo principio era ben chiaro a questa Corte già un secolo fa, allorché si escluse il cumulo tra risarcimento ed indennizzo assicurativo con una motivazione che merita di essere ricordata è di intuitiva evidenza e conforme a ragione e giustizia che il fatto delle assicurazioni stipulate e pagate . concorrono senza possibile dubbio ad attenuare il danno complessivo . . In tema di liquidazione di danni da colpa aquiliana, . si deve tener . conto di quei fatti e di quelle circostanze che, apprezzato convenientemente il complessivo danno materiale e morale, valgano a legittimare una equa riduzione dell'indennità, la quale fosse dovuta ove non concorressero detti fatti e dette circostanze, sia pure che ciò provenga non ad opera del danneggiatore, ma della vittima od altrimenti. Né giova osservare in contrario che . diversi sono i titoli da cui deriva il diritto all'indennità di assicurazione . e all'indennità per fatto colposo, non potendosi negare che la conseguenza circa alla vera entità del danno effettivo risarcibile sia ad ogni modo la reale attenuazione del danno medesimo Cass. Torino 30.3.1910, in Giur. it., 1910, I, 1, 1099 . 6. Resta solo da aggiungere, per completezza, che la detrazione dal risarcimento del danno aquiliano dell'indennizzo assicurativo percepito dalla vittima in virtù di una assicurazione contro gli infortuni esige che il danno patito ed il rischio assicurato coincidano se l'assicurazione copre il danno da perdita della capacità di lavoro danno patrimoniale , e la vittima del fatto illecito abbia subito soltanto un danno biologico danno non patrimoniale , nessuna detrazione sarà possibile, a nulla rilevando che l'assicuratore abbia, per effetto di particolari clausole contrattuali che ammettano l'indennizzabilità d'un danno presunto, pagato ugualmente l'indennizzo. 7. Il ricorso deve dunque essere rigettato sulla base del seguente principio di diritto L'assicurazione contro gli infortuni non mortali costituisce un'assicurazione contro i danni, ed è soggetta al principio indennitario, in virtù del quale l'indennizzo non può mai eccedere il danno effettivamente patito. Ne consegue che il risarcimento del danno dovuto alla vittima di lesioni personali deve essere diminuito dell'importo da questa percepito a titolo di indennizzo da parte del proprio assicuratore privato contro gli infortuni. 8. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell'art. 385, comma 1, c.p.c P.Q.M. la Corte di cassazione - rigetta il ricorso - condanna il sig. S.L. alla rifusione in favore di INA Assitalia s.p.a. delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 2.100, di cui 200 per spese vive.