Il medico che non è l’autore dell’evento lesivo non deve rispondere dei relativi danni …

La struttura sanitaria risponde a titolo contrattuale dei danni patiti dal paziente per fatto proprio, ex art. 1218 c.c., ove tali danni siano dipesi dall’inadeguatezza della struttura ovvero per fatto altrui, ex art. 1228 c.c., ove i danni siano dipesi dalla colpa dei sanitari di cui essa si avvale.

Questi ultimi, a loro volta possono essere chiamati a rispondere, solidalmente con la struttura sanitaria, proprio in ragione del comportamento professionale colposo posto in essere, non potendo, però, tale responsabilità estendersi sino a ricomprendere anche colui il quale non sia stato anche’egli riconosciuto autore di una condotta colposa nella determinazione del medesimo evento lesivo. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 27285, depositata il 5 dicembre 2013. Imputabilità del medico operante in una struttura sanitaria. Tra i temi trattati in sentenza vi è quello relativo all’imputabilità della responsabilità in capo al medico operante in una struttura sanitaria. In particolare, i giudici di legittimità analizzano in combinato disposto, l’art. 1218 c.c. a norma del quale il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, nonché l’art. 1228 c.c. secondo il quale il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro. Pertanto, gli Ermellini, recependo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, ritengono come conseguenza derivante dall’applicazione delle citate norme che nei casi in cui non sia stata fornita dalla parte sulla quale incombe il relativo onere, la prova dell’esistenza di responsabilità anche in capo al medico della struttura sanitaria che è intervenuto a prestare assistenza al paziente, il sanitario vada considerato esente da responsabilità. Il fatto. La controversia trae origine dalla domanda risarcitoria formulata in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale dai genitori di un minore rimasto vittima di lesioni gravissime derivanti da complicazioni sorte prima e durante il parto. In particolare, gli attori, ottenuta in primo grado la condanna in via solidale della struttura sanitaria nella quale era avvenuto l’evento lesivo e del medico che, a loro dire, era stato il diretto responsabile dell’evento stesso, resistevano nel giudizio di appello, promosso dalla parte soccombente per la parziale riforma della sentenza impugnata nella parte in cui le imputava una responsabilità per colpa in difetto di prova. Il giudizio di appello si concludeva con l’accoglimento della domanda dell’appellante sulla scorta dell’esclusione di una sua responsabilità atteso che, la stessa non era stata in alcun modo provata. Gli appellati, pertanto, proponevano ricorso per Cassazione. Onere della prova. Nella specie, i giudici, evidenziano come nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado gli attori non erano riusciti ad individuare a carico dell’operatore sanitario di cui chiedevano la condanna in via solidale con la struttura ospedaliera, alcun comportamento allo stesso direttamente riferibile e relativo al momento precedente il parto, che potesse essere qualificato in termini di imperizia professionale. L’individuazione del predetto momento era stato determinante, in sede di appello, per escludere la responsabilità a carico del medico, in quanto prodromica a ritenere insussistente il nesso eziologico tra l’evento lesivo e la sua condotta ritenuta negligente. Infatti, sulla scorta dell’elaborato peritale redatto dal consulente tecnico d’ufficio nominato nel corso del giudizio di primo grado, era stato accertato che la responsabilità dell’operatore sanitario si fondava sull’esecuzione di un’ecografia fatta in un momento precedente l’ingresso della gestante in sala parto, nonché sulla circostanza che lo stesso non avesse optato, in quel momento - quando ancora si era in tempo - per il taglio cesareo. Tuttavia, gli attori avevano allegato quale fatto costitutivo della propria domanda risarcitoria la circostanza che il medico in sala parto avesse deciso di attenersi all’opzione per il parto naturale operata in precedenza non da lui, bensì, da altri sanitari presenti nello stesso reparto. Poiché, sempre in sede di consulenza tecnica d’ufficio, era stato accertato che non vi erano state carenze od errori nell’attività prestata in sala parto e poiché gli attori non riuscivano a provare che la decisione per il parto naturale antecedente all’ingresso della gestante in sala parto fosse stata operata dal medico in questione, l’allegazione di parte attrice valeva definitivamente ad escludere qualsiasi responsabilità per colpa a suo carico. Concludendo. Sulla scorta di quanto innanzi, occorre sottolineare con particolare riferimento ai requisiti di precisione, gravità e concordanza degli indizi di cui all’art. 2729 c.c. ed invocati dai ricorrenti a sostegno della propria domanda, come questi ai fini dell’assolvimento dell’onere della prova, non vadano ricercati con riguardo al complesso degli circostanze sottoposte ad una valutazione peraltro globale, bensì con specifico riferimento a ciascuna delle circostanze stesse. Pertanto, perché la domanda risarcitoria sia dichiarata fondata, occorre procedere ad un allegazione precisa e circostanziata - nonché fornire una prova puntuale e rigorosa - di tutti i fatti rilevanti e che siano stati conseguenza diretta dell’evento lesivo.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 8 ottobre – 5 dicembre 2013, n. 27285 Presidente Russo – Relatore Vincenti Ritenuto in fatto 1. - La Corte di appello di Napoli, con sentenza resa pubblica il 25 ottobre 2008, in parziale riforma della decisione assunta dal Tribunale della medesima città in data 6 dicembre 2003, respingeva - per quanto ancora specificamente interessa in questa sede - le domande di risarcimento danni proposte da I.G. e S.A. , in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sul minore Ia.Gi. , nei confronti di D.M.A. e della Axa Assicurazioni S.p.A. compagnia assicuratrice della responsabilità professionale del D.M. , confermando la condanna della U.S.L. n. XX di Napoli in liquidazione al pagamento della somma capitale di Euro 1.114.343,00 in favore dei genitori del minore e di Euro 261.645,00 in favore dei coniugi attori in proprio, maggiorandone, in entrambi i casi, il credito per interessi legali. In particolare, la Corte territoriale osservava che gli attori, a sostegno delle pretese risarcitorie avanzate con l'atto di citazione in primo grado, avevano dedotto che le gravissime lesione patite del neonato Gi. paraplegia flaccida alle gambe , erano ascrivibili all'imperizia medica prestata alla madre prima e durante il parto e nell'aver optato per il parto naturale invece del taglio cesareo intervento chirurgico che i medici stessi si erano prefissi e che, invece, al quarto giorno di degenza omissis , dopo un inspiegabile temporaggiamento, ad un certo punto era divenuto non più praticabile. Tuttavia, soggiungeva il giudice di appello, in nessun punto della citazione le attività di assistenza medica alla paziente nel periodo tra il ricovero e l'ingresso in sala parto sono attribuite al dr. D.M. , là dove, poi, essendo le domande risarcitorie dirette anche contro la struttura ospedaliera Università degli studi e ASL , non poteva operarsi un'estensione automatica al dr. D.M. di tutte le attività descritte come fonte di responsabilità, atteso che una lettura più lineare dell'atto porta a considerare che autori di quelle attività vengano considerati vari medici che nei quattro giorni di ricovero si alternarono nei vari turni del grande reparto ospedaliero, presso cui la paziente era degente, del cui operato rispondeva l'ente per il quale operavano . Invero, allorché il D.M. veniva nominato per la prima volta p. 8 dell'atto di citazione , gli attori precisano di avergli chiesto conto del suo operato e delle conseguenze che ne erano derivate nella sua qualità di medico assistente direttamente a tutta la fase del parto e responsabile dello stesso , adducendo inoltre l'esistenza di un nesso eziologico tra le lesioni riportate dal neonato e l'imperizia professionale dell'operatore al momento del parto e ciò per aver eseguito manovre eccessive e malcondotte, per non aver saputo far fronte alla distocia incontrata, determinando l'asfissia neonatale e la paraplegia flaccida pagg. 10 e 11 dell'atto di citazione . In definitiva, la Corte territoriale riteneva che quanto specificamente ed unicamente l'atto introduttivo del giudizio ascrive all'odierno appellante è la cattiva conduzione dell'assistenza al parto, inseritasi sulla scelta errata e colposa operata dal momento del ricovero in poi dai medici operanti nel reparto, che avevano visitato e seguito la paziente, di attendere il parto naturale, invece di avviarla a quello con taglio cesareo, scelta che anche il dr. D.M. aveva secondato dal momento in cui aveva cominciato a seguire l'evoluzione della paziente in sala parto . Inoltre, nello stesso di citazione pag. 3 vi era un solo un cenno fugace alla ecografia praticata alla S. alle ore 10 del omissis e dalla quale era stato confermato il quadro clinico di presentazione in podice incompleto già esposto dal medico che subito prima aveva visitato la stessa partoriente dr. P. , senza però che si attribuisse in alcun modo la sua esecuzione o la visita al dr. D.M. . Sicché, concludeva il giudice del gravame, avendo la sentenza di primo grado, sulla scorta della c.t.u. medica espletata in corso di giudizio, fondato la responsabilità del dr. D.M. sulla esecuzione di detta ecografia e, dunque, sul fatto di non aver optato, quando ancora si era in tempo, per il taglio cesareo , là dove invece l'allegato fatto costituivo della domanda risarcitoria nei suoi confronti era quello della scelta, operata in sala parto, di attenersi all'opzione per il parto naturale operata in precedenza dai sanitari del reparto , nonché la cattiva conduzione delle operazioni di assistenza al parto ciò che, invece, era stato escluso dalla c.t.u., in forza della quale si era accertato che non vi erano state carenze od errori nell'attività prestata in sala parto , il Tribunale di Napoli era incorso nel vizio di extrapetizione, avendo sostituito al fatto costitutivo del diritto individuato in citazione una diversa causa, petendi . Peraltro, secondo la Corte territoriale, anche nell'ipotesi in cui si fosse inteso, forzando il senso della citazione , addebitare al dr. D.M. tutti i ritardi e le scelte, che portarono all'espletamento del parto per via naturale , la domanda attorea avrebbe dovuto essere comunque respinta, in difetto di prova sul fatto che questi abbia eseguito l'ecografia delle ore 10 ed abbia avuto contatto con la partoriente prima del suo ingresso in sala parto, quando ormai il feto aveva impegnato il canale cervicale sporgendo già i piedi in vagina e non era possibile altra scelta se non quella di assistere e secondare il parto per via naturale in posizione podalica . 2. - Per la cassazione di tale sentenza ricorrono I.G. e S.A. , in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sul minore Ia.Gi. , sulla base di cinque motivi, illustrati da memorie ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ Resistono con controricorso D.M.A. e l'Axa Assicurazioni S.p.A., mentre non hanno svolto attività difensiva gli intimati A.S.L. Napoli X, Università degli studi di Napoli Federico Secondo , le Assicurazioni Generali S.p.A. e la Gestione liquidatoria della USL n. XX di Napoli. Considerato in diritto 1. — Preliminarmente, deve reputarsi ricevibile anche la seconda memoria depositata dai ricorrenti ex art. 378 cod. proc. civ. nei termini di rito 1 ottobre 2013 , giacché, sia l'anzidetta norma, che l'art. 140 disp. att. cod. proc. civ. fanno riferimento a memorie , senza circoscrivere in termini quantitativi la facoltà difensiva delle parti di provvedere in tal senso, ma soltanto imponendo, rispettivamente, un limite temporale ed un requisito modale numero tre copie da depositare per memoria , cosi da rendere l’interpretazione estensiva non solo consentita dalla formulazione letterale che assiste la disciplina positiva, ma anche armonica rispetto al pieno dispiegarsi del diritto di difesa. 1.1. - Deve, però, essere respinta l'eccezione di inammissibilità del controricorso proposto dal D.M. , sollevata dai ricorrenti, con la predetta memoria e, comunque, rilevabile d'ufficio , sul presupposto della invalidità del mandato difensivo per non far esso riferimento specifico al giudizio in questione . Posto che la procura in questione è stata conferita a margine del controricorso, l'eccezione si scontra con il consolidato orientamento tra le tante, Cass., sez. un., 24 novembre 2004, n. 22119 Cass., 27 gennaio 2009, n. 1954 Cass., 13 dicembre 2010, n. 25137 secondo cui la procura al difensore apposta a margine o in calce al ricorso per cassazione, o al controricorso, deve considerarsi conferita, salva diversa manifestazione di volontà, per il giudizio di cassazione, in quanto costituendo corpo unico con l'atto cui inerisce, esprime necessariamente il suo riferimento a questo e garantisce il requisito della specialità, essendo irrilevante la mancanza di uno specifico riferimento al giudizio di legittimità che, peraltro, è presente nella procura rilasciata dal D.M. , in cui compare l'espressione procedimento di Cassazione di cui al presente atto . 2. - Sempre in via preliminare, va esaminata l'eccezione di difetto ad interesse ad agire dei ricorrenti, sollevata dalla Axa Assicurazioni S.p.A. sul presupposto che questi, all'esito della proposta impugnazione - che investe solo il profilo della responsabilità del D.M. e non l'ammontare del risarcimento - non possano ottenere più di quanto già conseguito, essendo ormai passata in giudicato la condanna della Gestione liquidatoria della USL n. XX di Napoli, quale struttura ospedaliera responsabile del fatto illecito per colpa dei sanitari in essa operanti. L'eccezione è infondata, e come tale va respinta, posto che è agevole rilevare che i ricorrenti fanno valere la responsabilità solidale del D.M. accertata in primo grado ed esclusa in appello e, dunque, un rafforzamento della garanzia patrimoniale ai fini del soddisfacimento del proprio credito risarcitorio. 3. - Con il primo mezzo è denunciato violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 2043 cod. civ. e 99 e 100 cod. proc. civ., nella parte in cui si esclude la responsabilità contrattuale da fatto illecito del dott. D.M. . Si addebita alla Corte territoriale di aver erroneamente ritenuto, sulla base di una lettura a singhiozzo della domanda introduttiva , che il giudice di primo grado fosse incorso in vizio di ultrapetizione, posto che con l'atto di citazione si era specificamente individuato e ripetuto che la responsabilità invocata degli operatori sanitari tra cui anche il D.M. era relativa sia all'assistenza prestata prima del parto e sia a quella relativa alla sua esecuzione e cioè riguardava tutti gli operatori sanitari, tra cui anche il D.M. , che avevano avuto in cura la Sig. ra S.A. dal momento del ricovero a quello del parto . Vengono, quindi, formulati i seguenti quesiti la sentenza di primo grado è viziata per ultrapetizione se il medico convenuto viene chiamato in giudizio quale medico responsabile di tutta la fase precedente al parto e vengono riportate analiticamente tutte le situazioni di fatto che dovevano indurre lui e tutti gli altri operatori sanitari che ebbero in cura la madre a farla partorire con taglio cesareo e poi invece ciò non è avvenuto, se afferma invece la esclusione di responsabilità colposa del resistente sull'errato presupposto di una divisione in più fasi, tempi e modalità dell'assistenza sanitaria prestata dal dott. D.M. , escludendo la unitarietà della prestazione? Se viene espressamente invocata la colpa nella omessa scelta terapeutica adottata, non è viziata la sentenza di gravame nella parte in cui viola il principio della domanda, ritenendo che questa non abbia intrinseca efficacia estensiva anche nei confronti del convenuto medico responsabile della fase precedente al parto? . 3.1. - Il motivo - che evoca la violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali - è da scrutinare, come reso evidente dalla sostanza della censura in tal senso, Cass., sez. un., 24 luglio 2013, n. 17931 , sotto lo spettro del n. 4 del primo comma, dell'art. 360 cod. proc. civ. e, dunque, come error in procedendo, posto che si addebita alla Corte di appello di aver errato nel ritenere che il primo fosse incorso in un vizio di ultrapetizione e, dunque, nella violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Del resto, proprio nella prospettiva della denuncia riconducibile ad un vizio processuale soccorre il principio consolidato secondo cui il giudice ha il potere-dovere di qualificare giuridicamente l'azione e di attribuire al rapporto dedotto in giudizio un nomen juris diverso da quello indicato dalle parti, purché, tuttavia, non sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o fondandosi su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio, cosi da incorrere in un vizio di ultrapetizione tra le altre, Cass., 3 agosto 2012, n. 13945 . Ciò precisato, la censura di error in procedendo, per poter avere ingresso in questa sede, deve essere confezionata in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito e, tra queste, anzitutto quella di specificità della prospettazione cfr. Cass., sez. un., 22 maggio 2012, n. 8077 , di cui il principio di autosufficienza del ricorso è precipitato. Trattasi, dunque, di regola consentanea alla funzione che questa Corte, in ragione della natura della denuncia veicolata ai sensi del n. 4 del primo comma dell'art. 360 cod. proc. civ., è tenuta ad esercitare e cioè quella di giudice del fatto processuale . Sicché, ai fini dell'ammissibilità del mezzo, i ricorrenti avrebbero dovuto, anzitutto, esplicitare puntualmente il contenuto della domanda proposta con l'atto di citazione, mentre a ciò non hanno sufficientemente provveduto, posto che nel ricorso è riportato soltanto uno stralcio decontestualizzato di detta citazione e, come tale, inidoneo a dare piena contezza dell'impianto allegatorio su cui si fonderebbe la pretesa originariamente azionata e, di conseguenza, la portata del vizio del quale sarebbe affetta la sentenza della Corte territoriale. 3.2. - Peraltro, proprio le evidenziate carenze strutturali del motivo, particolarmente significative e rilevanti nella specie, ne fanno comunque risaltare l'infondatezza, in quanto già soltanto in base al contenuto dello stralcio dell'atto di citazione trascritto in ricorso è dato apprezzare il vizio di ultrapetizione nel quale è incorso il giudice di primo grado e che la Corte territoriale ha, dunque, correttamente rilevato. Un esito, questo, che, del resto, è confortato dal complessivo tenore del medesimo atto introduttivo del giudizio di primo grado, cui la Corte ha accesso in ragione della natura del vizio oggetto di scrutinio. Ivi, infatti, si indugia nell'accomunare genericamente la responsabilità di tutti i sanitari nelle conclusioni dell'atto di citazione, p. 21, si indicano gli operatori sanitari responsabili del parto per imprudenza, imperizia e colpa professionale che avevano avuto in cura la gestante nei quattro giorni di degenza presso la struttura ospedaliera napoletana dal OMISSIS , senza però che si individui a carico del D.M. un comportamento ad esso direttamente attribuibile in relazione al momento precedente al parto, tanto che, allorquando, dopo la narrazione storica della vicenda, si afferma la responsabilità dei sanitari per l'opera prestata prima e durante il parto p. 5 atto di citazione , non risulta ancora indicata la persona del D.M. , diversamente da quella degli sanitari nel frattempo intervenuti durante la degenza della S. . Invero, al D.M. risulta ascritta, dagli attori, unicamente la diretta responsabilità nella conduzione del parto, come appare chiaramente nella distinzione p. 8 atto di citazione tra la dedotta responsabilità della struttura sanitaria in quanto responsabile oggettivamente dell'operato dei suoi dipendenti e quella D.M. stesso quale medico assistente direttamente a tutta la fase del parto e responsabile dello stesso . Allegazione, quest'ultima, che assume una spiccata valenza selettiva nel contesto della complessiva domanda risarcitoria attorea, posto che questa si rivolgeva, per l'appunto, anche nei confronti della struttura ospedaliera, postulando la presupposta responsabilità dei sanitari in essa operanti e concorrenti nell'illecito, ove però dello stesso fossero riconosciuti responsabili in forza di una propria condotta dolosa o colposa. 3.4. - Il motivo, dunque, non può trovare accoglimento e ciò anche a prescindere dall'idoneità dei quesiti di diritto che lo assistono, al limite della ammissibilità rispetto alle indicazioni del diritto vivente in ordine alle modalità di un pertinente e congruo confezionamento cfr. Cass., sez. un., 5 febbraio 2008, n. 2658 Cass., 25 marzo 2009, n. 7197 Cass., 8 novembre 2010, n. 22704 . 4. - Con il secondo mezzo è dedotta violazione e falsa applicazione di legge con motivazione contraddittoria ed insufficiente e contrastante decisione tra l'affermazione da un lato della responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e la esclusione dall'altro della responsabilità del medico responsabile del reparto e della guardia medica ginecologica nella fase precedente al parto in relazione a quanto previsto dall'art. 1218 e 2043 c.c. . La Corte territoriale, con motivazione contraddittoria e, comunque, errata, ha negato la responsabilità del D.M. sul presupposto della mancanza di prova circa la sua partecipazione all'attività di assistenza precedente al parto . Tuttavia, tale convinzione sarebbe frutto di una lettura non coerente degli indizi emersi nel corso del giudizio e, in ogni caso, risulterebbe contraddittoria rispetto alla affermata responsabilità della struttura sanitaria, per l'operato dei medici sin dal ricovero ospedaliero della S. , alla cui attività ha concorso anche il D.M. . Viene, quindi, formulato il seguente quesito la sentenza impugnata è contraddittoria e deve essere cassata se afferma da un lato che la struttura sanitaria è responsabile contrattualmente per la mancata scelta operativa di parto cesareo fatta dai medici di turno prima dell'espletamento del parto e poi esclude il concorso con la responsabilità contrattuale della struttura di quella specifica del dott. D.M.A. , che pure era uno dei medici di turno nel reparto di ginecologia il giorno del parto e pertanto non era solo responsabile del parto, ma anche dell'assistenza prestata prima alla signora S. . 5. — Con il terzo mezzo è prospettata violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto della emanata sentenza, ed in particolare dell'articolo 2729 c.c. nella parte in cui prevede che in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti gli stessi non assurgano a ruolo di prova . La Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere insussistente la responsabilità del D.M. per mancanza di indizi, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2729 cod. civ., in ordine alla condotta dallo stesso tenuta nel corso della degenza della gestante prima del parto. Vengono, dunque, formulati i seguenti quesiti I requisiti della precisione, gravità e concordanza degli indizi, imposti dall'art. 2719 c.c., devono essere ricercati in relazione al complesso degli indizi sottoposti a valutazione globale e non con riferimento a ciascuno di essi, per cui gli indizi acquisiti nella istruttoria del giudizio e costituiti sia da elementi induttivi, quali la presenza del resistente sul luogo di lavoro e l'obbligo da parte di questi di prestare assistenza sanitaria al paziente, e sia da elementi di accertamento positivo, relativi all'eseguito esame ecografico e visita ginecologica da parte del resistente ben sei ore prima dell'espletamento del parto di podice, perché non assurgono a valore di prova della responsabilità omissiva del dott. D.M. quale aiuto della guardia medica per non aver posto in essere una condotta tale da evitare l'evento lesivo quando invece vi era giuridicamente obbligato? Perché le dichiarazioni rese dai consulenti tecnici di parte resistente vengono declassate e considerate senza alcun valore probatorio, quando invece il consulente si identifica nella figura dell'expert fitness degli ordinamenti anglosassoni, partecipa al giudizio in una posizione di soggetto di prova - cioè di soggetto che partecipa attivamente all'acquisizione dei dati tecnici indispensabili ai fini della decisione? . 6. - Con il quarto mezzo è denunciata violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla esclusione di responsabilità civile da fatto illecito del dott. D.M.A. in contrasto con quanto previsto dagli articoli 2055 c.c., 40 e 41 c.p. . La Corte territoriale avrebbe errato a ritenere, ai fini dell'esclusione della responsabilità del D.M. , non provata la sua partecipazione alla assistenza sanitaria prestata prima del parto alla signora S. . Ciò per non aver considerato che tale responsabilità derivava dal fatto stesso che il medico era in servizio sin dal mattino del OMISSIS ed in tale qualità anche lui ha omesso, insieme agli altri operatori sanitari, di indicare quale unica scelta terapeutica da seguire quella del parto con taglio cesareo . Viene, quindi, formulato il seguente quesito Ai sensi dell'art. 2055 c.c., la persona danneggiata in seguito ad un fatto illecito imputabile a più persone, legate dal vincolo della solidarietà, può pretendere la totalità della pretesa risarcitoria anche nei confronti di una sola delle persone coobbligate, a nulla rilevando la diversa gravità delle colpe di costoro e l'eventuale diverso contributo causale apportato alla produzione dell'evento lesivo. La sentenza della Corte di Appello impugnata non è viziata nella parte in cui esclude la responsabilità del dott. D.M. , che pure con azione omissiva temporalmente distinta ha determinato l'evento lesivo quando invece in tema di responsabilità per danni da fatto illecito il giudice deve fare ricorso alla presunzione di uguaglianza delle colpe, non essendone stata accertata una esclusiva responsabilità tale da limitare quella degli altri operatori sanitari coinvolti? . 7. - Con il quinto mezzo è dedotta insufficiente e/o contraddittoria motivazione perché, pur in relazione alla pronuncia di responsabilità della struttura sanitaria e per essa della ex U.S.L. competente territorialmente, esclude ogni forma di responsabilità dell'operatore sanitario coinvolto pur di fronte all'accertata presenza del dott. D.M. quale aiuto responsabile della guardia medica ginecologica per il giorno nella produzione dell'evento lesivo . Sarebbe contraddittoria la motivazione della sentenza impugnata là dove, per un verso, afferma la responsabilità di coloro che ebbero in cura la sig.ra S.A. prima del parto , ma, per altro verso, esclude in concreto qualsiasi coinvolgimento del dott. D.M. , anche se risulta inequivocabilmente la sua presenza in reparto il giorno del verificarsi dell'evento lesivo in danno del neonato, limitando l'esame della sua posizione solo al momento dell'espletamento del parto, e non anche a quanto questo doveva fare prima dello stesso . 8. - I motivi - che possono essere congiuntamente scrutinati — sono in parte infondati e in parte inammissibili. 8.1. - È inammissibile, anzitutto, il quinto motivo, giacché con esso si denuncia un vizio di motivazione della sentenza impugnata senza che venga formulato il c.d. quesito di fatto o di sintesi , imposto - alla stregua del diritto vivente tra le tante, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603 Cass., 30 dicembre 2009, n. 27680 Cass., 18 novembre 2011, n. 24255 Cass., 8 marzo 2013, n. 5858 - dall'art. 366-bis cod. proc. civ. applicabile ratione temporis, in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata il 25 ottobre 2006 , a mente del quale è onere del ricorrente indicare chiaramente il fatto controverso, ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall'art. 366-bis cod. proc. civ., e ciò non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto alla illustrazione del motivo, cosi da consentire alla Corte di valutare immediatamente la ammissibilità del ricorso stesso. Tale sintesi, peraltro, non può essere confusa con il requisito di specificità del motivo ex art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., ma assume l'autonoma funzione volta alla immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove correttamente valutato, ai fini della decisione favorevole al ricorrente cosi, segnatamente, Cass. n. 5858 del 2013, cit. . 8.2. - Va, poi, esclusa la sussistenza dell'error in indicando, dedotto in via immediata con il secondo motivo, per aver il giudice del merito ritenuto, nel caso di specie, responsabile, da un lato, la struttura sanitaria nella quale prestava attività medica il D.M. , unitamente ad altri sanitari concorrenti nella causazione dell'illecito, e, dall'altro, esente da responsabilità quest'ultimo sanitario. In tale approdo non è, infatti, ravvisabile alcuna irrimediabile aporia logico-giuridica, anzi risultando esso armonico rispetto ai principi della materia, atteso che la struttura sanitaria risponde a titolo contrattuale dei danni patiti dal paziente, per fatto proprio, ex art. 1218 cod. civ., ove tali danni siano dipesi dall'inadeguatezza della struttura, ovvero per fatto altrui, ex art. 1228 cod. civ., ove siano dipesi dalla colpa dei sanitari di cui essa si avvale tra le altre, Cass., 24 maggio 2006, n. 12362 Cass., 13 aprile 2007, n. 8826 Cass., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 577 Cass., 3 febbraio 2012, n. 1620 . Quest'ultimi, a loro volta, possono essere chiamati a rispondere, solidalmente con detta struttura, proprio in ragione del comportamento professionale colposo posto in essere, non potendo, però, tale responsabilità estendersi sino a ricomprendere anche colui il quale — come, nella specie, il Di Meglio - non sia stato anch'egli riconosciuto autore di una condotta colposa nella determinazione del medesimo evento lesivo. 8.3. - Peraltro, quanto appena evidenziato rende di per sé palese l’infondatezza del quarto motivo anche a prescindere da quanto si porrà in rilievo nel punto 8.4. che segue , con cui ci si duole, segnatamente, della violazione dell'artt. 2055 cod. civ., postulando però l'esistenza, pur sempre orientata verso la fase precedente al parto, della responsabilità del D.M. , in concorso con gli altri sanitari della struttura ospedaliera nella quale era ricoverata la S. , che il giudice di appello ha - come detto - in ogni caso escluso. 8.4. - Tanto premesso, in relazione alle restanti doglianze comprensive anche di quelle residualmente veicolate con il quarto motivo va poi osservato che i ricorrenti insistono a censurare quanto ad abundantiam la Corte territoriale ha affermato nel senso della mancanza di prova della responsabilità del D.M. in ordine alla fase precedente il parto, senza però aggredire la ratio decidendi della sentenza impugnata sulla esclusione della responsabilità dello stesso sanitario per quanto ad esso effettivamente addebitato in prima persona con l'atto di citazione e cioè l'imperizia avuta durante il parto, che, invece, il giudice di appello cosi come, del resto, il primo giudice, anch'esso sulla scorta dell'espletata c.t.u. ha del tutto escluso che sussistesse. Sicché, una volta caduto il primo motivo, con il quale ci si doleva dell'errore della Corte territoriale in punto di ritenuta ultrapetizione della sentenza di primo grado, la statuizione che sorregge nel merito il rigetto delle domande attoree e cioè - si ripete - quella sulla condotta del D.M. durante l'esecuzione del parto è rimasta priva di censure e, come tale, è ormai divenuta definitiva. Di qui, per l'appunto, l'inammissibilità dei restanti motivi i quali, censurando una diversa ed ultronea ratio decidendi, rendono l'impugnazione priva di interesse, giacché non conducenti ad una eventuale cassazione dell'impugnata sentenza. 9. — Il ricorso va, dunque, rigettato e, in ragione della particolarità della vicenda sostanziale e processuale che ha visto anche l'alternarsi di pronunce di segno opposto nei gradi di merito , sussistono i presupposti per addivenire alla integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità tra i ricorrenti ed i controricorrenti. Nulla è da disporsi in punto di regolamentazione delle stesse spese nei confronti degli intimati che non hanno svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra i ricorrenti ed i controricorrenti le spese processuali del presente giudizio di legittimità.