Danni all’abitazione: ammessa l’ispezione giudiziale

Non viola il principio dell’onere della prova ex art. 2697 c.c. il giudice per la verificazione dell’an e del quantum di un danno aquiliano ordini la disposizione di una ispezione giudiziale. L’ispezione giudiziale, infatti, è uno degli strumenti finalizzati all’acquisizione delle prove, che il legislatore ha affidato all’esclusivo potere discrezionale del giudice ed ha la funzione di permettere all’organo giudicante di ottenere in giudizio tutti quegli elementi che per motivi diversi non possono essere acquisiti con i normali mezzi di prova.

La Cassazione, con la sentenza n. 22745 del 4 ottobre 2013, affronta il tema della funzione dell’istituto della ispezione giudiziale che, come noto, è ordinata dal giudice qualora si renda indispensabile acquisire una prova materiale che per sua natura non può essere allegata artt. 118 e 258 ss. c.p.c. . Essa viene essenzialmente disciplinata in una duplice prospettiva come ordine d’ispezione e come procedimento probatorio, fermo restando che la sua esecuzione possa effettuarsi senza un grave danno per la parte che la subisce. Il fatto. Il Tribunale condannava la curatela fallimentare di una società di costruzioni e la compagnia assicurativa, in solido tra loro, alla corresponsione di una somma di denaro a titoli di risarcimento danni in favore di due coniugi. Rigettava, invece, la domanda proposta contro la società proprietaria dell’appartamento ristrutturato. La controversia, invero, insorgeva a seguito di lavori che la società costruttrice aveva eseguito sull’appartamento sovrastante quello di proprietà dei due consorti. Danni che si erano caratterizzati per la presenza di fessurazioni murarie causate dai lavori di ristrutturazione a cui era stato sottoposto l’immobile del piano superiore. In secondo grado, a seguito di gravame spiegato dalla compagnia assicurativa, la Corte d’Appello confermava la condanna al risarcimento dei danni sia della curatela che della società titolare dell’immobile ristrutturato. Il giudice di seconde cure stabiliva un diritto di rivalsa della società titolare dell’immobile ristrutturato nei confronti della curatela fallimentare nei limiti del 60% della somma versata. Ne scaturiva un ricorso per cassazione da parte della prima. La società ricorrente si duole per aver il giudice d’appello conferito valore di prova alla CTU espletata, in mancanza di altri idonei elementi probatori. Pone il quesito se il principio dell’onere probatorio, di cui all’art. 2697 c.c., non consenta alla parte che si ritiene danneggiata di rimettere la prova degli elementi di fatto posti a base della pretesa risarcitoria azionata alla sola attività del C.T.U Ammissibile l’ispezione giudiziale per l’accertamento dei danni. Per gli ermellini il ricorso non è meritevole di accoglimento. Nel nostro ordinamento, infatti, ai sensi dell’art. 118 c.p.c., il giudice può demandare, secondo il suo prudente apprezzamento, anche ad un ausiliario, qual è il C.T.U., di procedere alla individuazione dell’esistenza dei danni arrecati ad un immobile. Nel caso di specie, peraltro, il C.T.U. incaricato ha avuto modo di accertare l’esistenza dei danni all’immobile dei coniugi. L’appartamento, infatti, a seguito di sopralluogo, presentava realmente diffuse lesioni e macchie di umido. Ne risultava acquisita, pertanto, in sede di processo anche la responsabilità della società appaltante i lavori edili. Concludendo . D’altra parte, affidando l’incarico ad un C.T.U., il giudice non ha affatto esentato gli attori dal provare gli elementi costitutivi del danno ingiusto patito. Ma ha solo affermato che la conoscenza degli elementi di causa può essere fatta e verificata anche con lo strumento della ispezione . L’ispezione giudiziale, infatti, è uno strumento imprescindibile quando il magistrato non possa altrimenti valutare il caso sottoposto al suo vaglio. Nessuna censura, pertanto, può essere mossa alla decisione del giudice d’appello, perché l’ispezione è stata ordinata in conformità con quanto disposto dall’art. 118 c.p.c., con il pieno rispetto del principio del contraddittorio tra le parti in contesa. E’ così che il giudice a quo ha potuto accertare l’illecito aquiliano del committente e della società appaltatrice dei lavori, in solido tra loro ex art. 2055 c.c., rilevandone la causa nell’aumento di carico indotto dalla ristrutturazione eseguita.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 giugno – 4 ottobre 2013, n. 22745 Presidente Finocchiaro – Relatore Uccella Svolgimento del processo Il 14 novembre 2002 il Tribunale di Napoli condannava la Curatela del fallimento della SEIM Prefabbricati e la società Reale Mutua Assicurazioni in solido a corrispondere ai coniugi B. - C.P. a titolo di risarcimento danni la somma di Euro 54.448, 21 con interessi legali dalla domanda al soddisfo, nonché alle spese di lite, mentre rigettava la domanda proposta contro la soc. Brusil s.r.l Infatti, i predetti coniugi, proprietari di un appartamento sito in omissis , a seguito di lavori di ristrutturazione eseguiti dalla Brusil s.r.l., proprietaria di in un appartamento sovrastante al loro, avevano constatato delle fessurazioni nel loro immobile a seguito dei lavori di ristrutturazione effettuati sopra il loro appartamento. La società Brusil convenuta chiamava in causa la SEIM, società appaltatrice ed esecutrice dei lavori in virtù del contratto di appalto con essa stipulato. La SEIM chiedeva ed otteneva di chiamare in causa la Reale Mutua Assicurazioni per essere manlevata. Nelle more la SEIM veniva dichiarata fallita e con la riassunzione da parte degli originari attori, in virtù della quale si costituivano la Reale Mutua Assicurazioni e la Brusil, mentre la Curatela del fallimento rimaneva contumace il Tribunale decideva nei sensi di cui sopra. Su gravame principale della Reale Mutua Assicurazioni ed incidentale dei coniugi B. - C.P. , la Corte di appello di Napoli in data 20 settembre 2006, condannava la Brusil e la Curatela a corrispondere in solido a favore dei coniugi per risarcimento danni la soma di Euro 66.271, 75 con interessi dalla domanda al soddisfo nonché alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio dichiarava che la Brusil, in caso di versamento da parte sua della suddetta somma, aveva diritto ad essere rimborsata dalla Curatela per una quota pari al 60% della somma versata compensava integralmente le spese del doppio grado nei rapporti tra la Brusil e la Curatela rigettava la domanda della SEIM nei confronti della Compagnia Assicuratrice e condannava la curatela alle spese del doppio grado a favore della Compagnia stessa. Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione la Brusil, affidandosi s tre motivi. Resistono con controricorso soltanto i coniugi B. - C.P. . Parte ricorrente ha depositato memoria. Motivi della decisione 1. - In riferimento al presente ricorso il Collegio osserva quanto segue. Il primo motivo violazione dell'articolo 112 c.p.c. - omessa pronuncia e il terzo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione - violazione e falsa applicazione dell'articolo 118 c.p.c. - violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c. vanno esaminati congiuntamente per la loro intima connessione. 2. - Con il primo, in estrema sintesi, la società ricorrente si lamenta che il giudice dell'appello non avrebbe esaminato la sua prima censura consistente nel fatto che non sarebbe stato provato né l’ an né il quantum debeatur , conferendo valore di prova alla CTU espletata, in mancanza di altri elementi probatori. Ad illustrazione della censura viene formulato il seguente quesito Dica la suprema Corte di cassazione se in applicazione del principio di corrispondenza del chiesto e del pronunciato ex articolo 112 c.p.c. il giudice di appello debba pronunciare su tutti i motivi di gravame formulati ove non siano assorbiti dall'accoglimento degli altri motivi. In ordine a questa censura, al di là dell'apparente genericità del quesito, va affermato che il vizio denunciato non è affatto rinvenibile. Infatti, il giudice dell'appello, dopo avere rilevato che la questione sulla esistenza dei danni aveva valore assorbente rispetto all'appello della Reale Mutua, - p. 12 sentenza impugnata - afferma che nessuna contestazione è stata mossa ed ha condiviso la CTU., in quanto ex articolo 118 c.p.c. il giudice può demandare anche ad un ausiliario di procedere alla individuazione della esistenza dei danni. E, nella specie, il C.T.U. ebbe a riferire di avere riscontrato che realmente l'immobile degli attori presentava diffuse lesioni e macchie di umido, per cui risulta acquisita al processo la prova della esclusiva responsabilità della società p. 13 - 16 sentenza impugnata . Il giudice a quo ha altresì aggiunto che solo un esperto può conoscere ed è tenuto a conoscere quali operazioni siano necessarie per attuare una determinata innovazione e deve essere in grado di prevederne le conseguenze, per poi concludere che l’evento era imputabile a più persone articolo 2055 c.c. , ossia al committente ed all'appaltatore p. 17 sentenza impugnata . Ciò posto, e passando alla quantificazione dei danni, quale determinata dal C.T.U., e contestata dal consulente di parte, il giudice dell'appello ha ridotto il computo dei prezzi per carico e scarico e per attrezzature, rideterminando il corrispettivo dell'opera ha commisurato il compenso al tecnico al 5% del costo ha sottolineato che pure in assenza di documentazione del costi la riparazione dell'immobile non poteva considerarsi superflua, per cui non sembra esatto affermare che il giudice a quo non abbia esaminato quella censura né che abbia pronunciato di ufficio v. al riguardo fol. 21 sentenza impugnata . Anzi, a ben leggere la motivazione va sottolineato che tutta la vicenda è stata esaminata funditus . Ne consegue il rigetto del terzo motivo, ad illustrazione del quale viene formulato il seguente quesito Vero è che il principio dell'onere probatorio di cui all'articolo 2697 c.c. non consente alla parte di rimettere la prova degli elementi di fatto posto a fondamento delle pretesa azionata all'attività del C.T.U Infatti, contrariamente a quanto si rileva contenuto ed espresso nel quesito, il giudice a quo non ha sollevato dall'onere probatorio gli attori, ma ha solo avuto modo di affermare che la conoscenza dei fatti di causa può essere fatta e verificata anche con lo strumento della ispezione p. 13 sentenza impugnata , trattandosi di strumento che il giudice può adoperare quando non può altrimenti valutare, come pure riconosce la società ricorrente, con richiami a giurisprudenza di questa Corte sul punto p. 29 ricorso . Né peraltro, la stessa ricorrente allega o indica quali altri strumenti avrebbe potuto avere e nel caso concreto avrebbe potuto adoperare il giudice per accertare e verificare la natura dei danni che ebbero a manifestarsi. In altri termini, la decisione impugnata è conforme alla funzione e alla natura dell'ispezione di cui all'articolo 118 c.p.c Infatti, l'ispezione giudiziale è uno degli strumenti finalizzati all'acquisizione delle prove, che il legislatore ha affidato all'esclusivo potere discrezionale del giudice ed ha la funzione di permettere all'organo giudicante di ottenere in giudizio tutti quegli elementi che per motivi diverso non possono essere acquisiti con i normali mezzi di prova. Essa rappresenta una prova diretta, ritenuta indispensabile dal giudice nel suo prudente apprezzamento. E ciò, ulteriormente precisandosi che nel caso in esame fu espletata una C.T.U. in contraddittorio con le parti e la parte convenuta si munì di un proprio consulente che svolse ritualmente le sue osservazioni. Quindi, i vizi lamentati né sotto il profilo motivazionale né sotto quello dell'errore di diritto sono rinvenibili. 3.- Con il secondo motivo violazione articolo 112 c.p.c. - violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato - ultrapetizione p. 24 ricorso , alla cui illustrazione viene formulato il seguente quesito Vero che viola il principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunziato il giudice che pone a fondamento della sua statuizioni fatti nuovi non allegati dalle parti la società ricorrente lamenta che gli attori, contrariamente a quanto avrebbe ritenuto il giudice dell'appello, non avrebbero mai posto a fondamento delle loro pretese le eventuali carenze progettuali ed, anzi, il progetto delle opere realizzate non sarebbe mai stato prodotto agli atti del giudizio p. 17 ricorso . Il Collegio ritiene la censura inammissibile. Infatti, il quesito è meramente astratto e la sua illustrazione si appalesa eccentrica rispetto a quanto accertato dal giudice dell'appello, che si è attenuto all'atto di citazione. La Brusil era ed è proprietaria dell'appartamento sovrastante è la committente dei lavori in esso eseguiti, cui i coniugi si erano rivolti allorché si accorsero delle fessurazioni, invitandola ad eseguire le opere con le dovute precauzioni p. 4 parte narrativa della sentenza impugnata ed in tale qualità e conseguente richiesta di adempimento è stata convenuta. Pertanto, il giudice dell'appello non ha affatto violato l'articolo 112 c.p.c Di fronte all'unico fatto dannoso, che ha portato anche un risultato unitario del rafforzamento della garanzia del danneggiato, che costituisce il fondamento dell'articolo 2055 c.c., il giudice a quo ha potuto accertare l'illecito aquiliano della Brusil nei confronti dei coniugi nonché quello della S.E.I.M. Prefabbricati, riportando, però, gli effetti dell'incidenza causale nella misura dell'80% all'aumento di carico indotto dalla ristrutturazione voluta dalla Brusil - proprietaria committente - e accettata dalla S.E.I.M. – appaltatore -, per cui ognuno di essi ne viene a rispondere per la metà e nella misura del 20% per le modalità esecutive che sono state poste a carico della S.E.I.M Conclusivamente il ricorso va respinto e le spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio a favore della parte resistente, che liquida in Euro 3.900,00, di cu Euro 200,00, per spese, oltre accessori come per legge.