Notaio responsabile di omesse visure catastali: l’assicuratore non garantisce in caso di scoperto di polizza

In tema di responsabilità del notaio, e quindi di rapporti tra assicurato ed assicuratore, la garanzia prevista nella polizza va riconosciuta, e prestata, con esclusione della franchigia di scoperto.

E’, così, legittima la sentenza con cui, accertato lo scoperto di polizza da parte dell’assicurato, si disponga, a carico del danneggiato, la restituzione delle somme eccedenti già liquidate in primo grado. Il principio si argomenta dalla sentenza n. 22903, depositata il 13 dicembre 2012. Il caso. Due coniugi acquistavano, con mutuo frazionato, dal costruttore, a mezzo atto notarile, due appartamenti e, dopo alcuni anni, venivano a conoscenza che, già prima del loro acquisto, gli immobili erano gravati da ipoteca a garanzia di un mutuo fondiario indiviso concesso al costruttore da un istituto bancario quest’ultimo, peraltro, assoggettava i medesimi immobili, tre anni dopo l’atto notarile stipulato dai coniugi, a pignoramento immobiliare. Il notaio veniva condannato, in primo grado, al risarcimento per equivalente monetario di una somma, corrispondente al prezzo d’acquisto degli immobili e l’assicurazione a tenerlo indenne , ridotta in secondo grado, oltre interessi convenzionali risultanti dalla nota d’iscrizione ipotecaria, escludendo la garanzia dell’assicurazione per la franchigia del 10%, pari allo scoperto di polizza, con obbligo dei coniugi acquirenti di restituire, al’assicurazione, le somme eccedenti quanto liquidato nel medesimo secondo grado, l’assicurazione proponeva appello limitatamente, come il notaio che però proponeva appello incidentale tardivo il quale, a differenza dell’assicurazione, non chiedeva la restituzione delle somme eccedenti senza notificarlo ai coniugi, alla misura del danno liquidato, e non sull’obbligo già imposto in primo grado di tenere indenne il notaio. Veniva, inoltre, disposta la compensazione per metà delle spese tra notaio ed assicurazione, condannando il notaio a pagare ai coniugi acquirenti la metà delle spese di primo che il notaio non impugnava in appello e secondo grado oggetto d’impugnazione , senza prevederne la rivalsa sull’assicurazione. Il caso verte, sotto il profilo sostanziale, in tema di responsabilità professionale, litisconsorzio, rapporti tra chiamante e chiamato in garanzia nonché tra terzo chiamato in causa ed attore, impugnabilità, spese processuali e giudicato. Bisogna, quindi, focalizzare sui concetti di danno e di responsabilità. La situazione giuridico-sostanziale dell’assicurato e dell’assicuratore. Alla luce dell’ordinamento italiano vigente, il notaio rogante è responsabile, professionalmente, quando omette di effettuare, preventivamente alla redazione e stipula dell’atto di compravendita, le visure catastali. Ricadono, così, sull’assicuratore, ex art. 1917 c.c., anche le spese giudiziali oggetto di condanna giudiziale per l’assicurato in favore del danneggiato. La configurazione processuale dell’assicurato e dell’assicuratore. Sotto il profilo formale, è pacifica la legittimazione dell’assicurazione il terzo chiamato in garanzia può, infatti, difendersi al fine di contrastare la domanda di manleva ed, altresì, la domanda proposta dall’attore principale e può impugnare le statuizioni della sentenza di primo grado relative al rapporto principale Cass. n. 3969/2012 . Quanto alla posizione dell’assicurato, responsabile del nocumento, è da notare che l’impugnazione incidentale tardiva, dal medesimo proposta, è sempre ammissibile anche in riferimento all’ipotesi di cause scindibili Cass. sez. un. nn. 24627/2007, 18049/2010, 9264/2008, 10125/2009 e 15050/2009 quando l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto degli interessi derivante dalla sentenza cui il litisconsorte abbia prestato acquiescenza peraltro, la notifica del medesimo atto è, ex art. 343 co. 1 c.p.c., necessaria soltanto quando esso sia proposto nei confronti di parti non presenti nel giudizio di secondo grado Cass. nn. 9649/2011, 4751/2000 e 11529/1995 . Facoltà e obblighi delle parte processuali e del magistrato la restituito in integrum. In tema di spese processuali, il giudice di merito è titolare, ex art. 91 c.p.c., di un potere discrezionale, censurabile soltanto se la relativa motivazione sia basata su ragioni illogiche o contraddittorie. Segnatamente, la parte di sentenza relativa alle spese giudiziali è sindacabile, in sede di legittimità, esclusivamente se il magistrato del merito abbia violato il principio della soccombenza, ponendo le spese a carico della parte risultata totalmente vittoriosa Cass. nn. 14023/2002, 10052/2006, 13660/2004, 5386/2003, 1428/1993, 12963/2007 e 17351/2010 , quando cioè la domanda di controparte sia stata totalmente respinta. Così, la mancata impugnazione del punto specifico della sentenza determina la formazione del giudicato interno il quale, nella fattispecie, si configura in riferimento alle spese di primo grado e non a quelle di secondo grado, in quanto queste ultime oggetto di puntuale impugnazione. Pertanto, per effetto della riforma della sentenza avente effetto di restitutio in integrum e di ripristino della situazione precedente Cass. nn. 11491/2006 e 10124/2009 , l’assicuratore ha diritto ad ottenere, anche senza richiesta ad hoc dell’assicurato, la restituzione di quanto già versato in forza della sentenza di primo grado immediatamente esecutiva tale azione, peraltro, non si inquadra a titolo di ripetizione ex art. 2033 c.c., non prestandosi il comportamento dell’ accipiens a valutazioni di buona o mala fede in quanto trattasi di prestazione eseguita dal solvens o ricevuta nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti Cass. nn. 6679/2006, 21699/2011 e 7270/2003 . E’ da ricordare, poi, che, in vigenza dell’art. 366 bis c.p.c., la mancata formulazione del quesito di diritto con obbligo di una riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito, di una sintetica indicazione della norma applicata e dell’indicazione della diversa norma che avrebbe dovuto essere applicata mentre non è sufficiente chiedere, in sede di legittimità, di accertare se vi sia stata, o meno, violazione di una determinata disposizione di legge o formazione di giudicato, ex Cass. ord. n. 19769/2008 e Cass. sez. un. n. 6530/2008 determina, ex art. 375 c.p.c., l’inammissibilità della censura. In caso di scoperto di polizza la responsabilità del notaio non può essere garantita integralmente dall’assicuratore. In ambito di responsabilità del notaio per omesse visure catastali preliminari ad una compravendita immobiliare, lo scoperto di polizza determina l’impossibilità dell’accoglimento integrale della domanda di garanzia del medesimo assicurato nei riguardi dell’assicurazione. Così, il danneggiato, titolare del diritto ad ottenere il risarcimento per la compravendita effettuata in sede notarile nella misura del mutuo frazionato e comunque nei limiti della garanzia ipotecaria successivamente scoperta sugli immobili, è tenuto a restituire, all’assicuratore, a prescindere da un’apposita richiesta dell’assicurato-responsabile del nocumento, le somme eccedenti quanto già liquidato in primo grado, potendo peraltro il giudice decidere in materia di spese relative al rapporto processuale tra l’assicurato e l’assicuratore in riferimento alle condizioni generali di polizza. Ergo , la sentenza va cassata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 24 ottobre - 13 dicembre 2012, numero 22903 Presidente Amatucci – Relatore Carleo Svolgimento del processo Con citazione notificata in data 3.7.1997 i coniugi D.M. e R.M. esponevano che in data 29 gennaio 1991 con atto di compravendita per notar D'.Sa. avevano acquistato, per il prezzo di L.140 milioni dal costruttore V.S. due appartamenti, facenti parte di uno stabile in XXXXXXXX che, anni dopo, avevano appreso che, già prima dell'acquisto, gli immobili risultavano gravati, insieme ad altri appartamenti dello stabile, da ipoteca sino a lire 390 milioni a garanzia di un mutuo fondiario indiviso di L.130 milioni concesso al costruttore dall'Istituto Bancario San Paolo di Torino, il quale aveva assoggettato i beni nel 1994 a pignoramento immobiliare. Ciò premesso, ritenuta la responsabilità del notaio rogante per non aver effettuato prima del rogito le dovute visure catastali, lo convenivano in giudizio per sentirlo condannare alla cancellazione dei gravami esistenti sull'intero stabile, previo pagamento in favore dei creditori iscritti ed intervenuti nella procedura esecutiva, nonché al risarcimento dei danni da loro subiti. In esito al giudizio in cui si costituivano il notaio D'. e la Milano Assicurazioni Spa, da questo chiamata in causa, il Tribunale di Trani condannava il notaio al risarcimento per equivalente monetario nella misura di Euro 72.303,96 oltre interessi legali, corrispondente al prezzo sostenuto dagli attori per l'acquisto degli immobili, e la Milano Assicurazioni a tenere indenne il D'. dall'esborso e dalle spese in favore degli attori. Avverso tale decisione proponevano appello i soccombenti ed, in esito al giudizio, la Corte di Appello di Bari con sentenza depositata in data 30 ottobre 2006 liquidava il danno patito dai coniugi in Euro 18.269,11 pari alla quota di mutuo frazionato riferito agli immobili acquistati, oltre interessi convenzionali risultanti dalla nota di iscrizione ipotecaria, il tutto entro il limite di Euro 73.453 pari all'ammontare della garanzia ipotecaria esistente in favore del San Paolo dichiarava la Milano tenuta a prestare la garanzia prevista in polizza con esclusione della franchigia del 10% e con il minimo di Euro 258,23 provvedeva al governo delle spese di lite, condannava gli originari attori a restituire alla Milano le somme eccedenti quanto liquidato. Avverso la detta sentenza i coniugi D. e R. hanno quindi proposto ricorso per cassazione, in via principale, articolato in cinque motivi. Resistono con controricorsi la Spa Milano e il D'. , i quali a loro volta hanno proposto ricorsi incidentali, articolati rispettivamente in uno ed in tre motivi. Hanno infine depositato memorie illustrative i ricorrenti principali nonché la Milano Assicurazioni. Motivi della decisione In via preliminare, deve rilevarsi che il ricorso principale e quelli incidentali sono stati riuniti, in quanto proposti avverso la stessa sentenza. Procedendo all'esame del ricorso principale, va osservato che con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli articolo 333, 334, 106, 325, 332, 382 e 112 c.p.c., i ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata in ordine alla ritenuta ammissibilità dell'appello proposto dal terzo chiamato in causa, in mancanza di un tempestivo appello da parte del chiamante, il quale ha proposto soltanto un appello incidentale tardivo dopo la scadenza del termine e senza notificarlo all'altra parte. Hanno quindi concluso il motivo di impugnazione con il seguente quesito di diritto in un rapporto di garanzia impropria, è legittimo - o no - l'appello principale notificato dal chiamato in causa, in assenza di quello del chiamante nonché responsabile del risarcimento del danno e questi può proporre un appello incidentale tardivo, dopo la scadenza del termine di legge e senza notificarlo all’altra parte? . La censura è infondata. All'uopo, è opportuno premettere che l'appello principale proposto dalla Milano Assicurazioni, terza chiamata, investì la sentenza impugnata soltanto in ordine alla misura del danno liquidato per equivalente, al cui pagamento era stato condannato il D'. , in favore degli attori, ed al cui esborso era stata dichiarata obbligata la compagnia assicuratrice al fine di tenere indenne il proprio assicurato e che con il successivo appello incidentale, proposto nella comparsa di costituzione depositata in cancelleria, anche l'assicurato D'. impugnò la sentenza limitatamente al quantum liquidato agli attori ed alla compensazione delle spese disposta nel rapporto processuale tra lui e la Milano Assicurazioni. Il terzo chiamato in garanzia impropria, come è legittimato a svolgere le sue difese per contrastare non solo la domanda di manleva, ma anche quella proposta dall'attore principale, così può autonomamente impugnare le statuizioni della sentenza di primo grado relative al rapporto principale, sia pure al solo fine di sottrarsi agli effetti riflessi che la decisione spiega sul rapporto di garanzia Cass. numero 3969/2012 . Giova aggiungere che, secondo la giurisprudenza più recente, il gravame incidentale tardivo proposto nella specie dal convenuto assicurato è sempre ammissibile, anche con riferimento all'ipotesi di cause scindibili ex plurimis, Cass., SU, nnumero 24627/2007 18049/2010 Cass., nnumero 9264/2008 10125/2009 15050/2009 a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l'impugnazione principale metta in discussione l'assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il litisconsorte abbia prestato acquiescenza. La censura deve essere pertanto disattesa. Né rileva in senso contrario la mancata notifica dell'appello incidentale in quanto la norma dell'articolo 343, primo comma, cod. proc. civ., secondo cui l'appello incidentale si propone nella prima comparsa all'atto della costituzione in cancelleria non prevede affatto la notifica dell'atto di impugnazione, la quale è necessaria solo quando l'appello incidentale sia proposto nei confronti di parti non presenti nel giudizio di secondo grado Cass. nnumero 9649/2011, 4751/00, 11529/95 ed in tal caso l'omessa notificazione può essere dedotta, come motivo di ricorso per cassazione, soltanto dal contumace. Passando all'esame della seconda doglianza, svolta dai ricorrenti per violazione e falsa applicazione degli articolo 2058., 1218, 1223, 1226, 2043, 2056 cc e 112 cpc, va osservato che la censura si fonda sulla considerazione che la Corte avrebbe erroneamente rigettato l'appello incidentale, proposto da essi ricorrenti in ordine all'esecuzione in forma specifica, liquidando il danno per equivalente non riferito però al valore degli appartamenti erroneamente vincolati ma al prezzo di acquisto versato oltre dodici anni prima. La doglianza è inammissibile. Ed invero, premesso che il motivo di impugnazione non è accompagnato dalla formulazione di alcun quesito di diritto, mette conto di rilevare che, ai sensi dell'articolo 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. numero 40 del 2006, articolo 6, applicabile alle sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006, i motivi del ricorso per cassazione, nei casi previsti dall'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 1 , 2 , 3 , 4 c.p.c., devono essere accompagnati, a pena di inammissibilità giusta la previsione dell'articolo 375 cpc numero 5 - dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto, che si risolva, secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite, in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta - negativa od affermativa - che ad esso si dia, discenda in modo univoco l'accoglimento od il rigetto del gravarne Sez. Unumero numero 23732/07 . La mancata formulazione del quesito comporta pertanto l'inammissibilità della censura. Passando all'esame della terza doglianza, articolata sotto il profilo della violazione dell'articolo 2909 cc, degli articolo 325, 331, 334, 112, 342 cpc nonché 2056, 1218, 1223, 12224, 1226 cc, va osservato che la censura si fonda sulla considerazione che sul punto della liquidazione del danno per equivalente si sarebbe formato un giudicato perché la Milano non aveva appellato il criterio utilizzato per la liquidazione ma semplicemente il quantum del risarcimento a causa dell'avvenuto frazionamento del mutuo dopo l'emissione della sentenza. I ricorrenti hanno quindi concluso il motivo di impugnazione scrivendo testualmente ai sensi dell'articolo 366 bis cpc deve formularsi il quesito relativo alla formazione - o meno - del giudicato 2909 cc sulla liquidazione per equivalente e quale, in ogni caso, il criterio da adottare che non può comportare un danno liquidato in contrasto con le norme di legge articolo 1223 e ss cc . Anche tale censura è inammissibile. Ed invero, deve osservarsi a riguardo che, secondo l'orientamento consolidato di questa Corte, il quesito di diritto deve compendiare a la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito b la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice c la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. È, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge Cass., ord. numero 19769 del 2008 Cass., S.U., numero 6530 del 2008 , ovvero, come nella specie, se vi sia stata la formazione o meno di un giudicato sulla liquidazione per equivalente e quale sarebbe il criterio da adottare per tale liquidazione. Con la quarta censura, svolta per violazione degli articolo 91 e 92 cpc, i ricorrenti lamentano l'illegittimità della compensazione per metà delle spese, perché se il giudice di primo grado ha ritenuto di adottare un criterio di liquidazione eccessivo, non per questo sarebbe configurabile una loro soccombenza. La censura è infondata. Ed invero, in materia di spese giudiziali, il sindacato di legittimità trova ingresso nella sola ipotesi in cui il giudice di merito abbia violato il principio della soccombenza ponendo le spese a carico della parte risultata totalmente vittoriosa Cass. numero 14023/02, numero 10052/06, numero 13660/04, numero 5386/03, numero 1428/93, numero 12963/07, numero 17351/2010 tra le tante , intendendosi per tale, cioè totalmente vittoriosa, la parte nei cui confronti la domanda avversaria sia stata totalmente respinta, giacché solo la parte totalmente vittoriosa non deve sopportare, neppure in parte, le spese di causa. In tutti gli altri casi, non si configura la violazione del precetto di cui all'articolo 91 cod. proc. civ. in quanto la materia del governo delle spese processuali rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, pertanto, esula dal sindacato di legittimità, salva la possibilità di censurarne la motivazione basata su ragioni illogiche o contraddittorie profilo nella specie insussistente, alla luce delle considerazioni congrue e convincenti rassegnate invece dalla Corte di merito a sostegno della compensazione parziale disposta . Ne deriva l'infondatezza della doglianza. Resta da esaminare l'ultimo motivo di impugnazione, articolato sotto il profilo della violazione degli articolo 2033, 2228, 1224, 336, 112 e 113 cpc, con cui i coniugi D. /R. hanno dedotto che la Corte territoriale avrebbe sbagliato nel condannarli a restituire le somme eccedenti quanto liquidato in secondo grado, trascurando che il D'. non aveva chiesto la restituzione, richiesta invece dalla Milano Assicurazioni e trascurando inoltre che nella determinazione della somma da restituire si deve tener conto solo della sorte capitale e delle spese legali. Anche quest'ultima doglianza è infondata. A riguardo occorre richiamare l'attenzione sulle seguenti circostanze di fatto, risultanti dalla sentenza impugnata e pacifiche tra le parti 1 la Milano Assicurazioni, in forza della sentenza di primo grado, a seguito dell'atto di precetto notificato al suo assicurato, corrispose agli attori D. e R. la somma di Euro 123.185,37 2 in accoglimento dell'appello proposto dalla Milano Assicurazioni, la Corte di secondo grado ha liquidato il danno patito dagli attori in Euro 18.269,11, pari alla quota di mutuo frazionato riferito alle unità immobiliari acquistate dagli attori, oltre gli interessi convenzionali risultanti dalla nota di iscrizione ipotecaria, il tutto entro il limite di Euro 73.453, ed ha quindi condannato gli attori D. e R. a restituire alla Milano le somme ricevute eccedenti quanto liquidato in secondo grado. Ciò premesso, mette conto di sottolineare che l'azione di ripetizione di quanto pagato in virtù della sentenza di primo grado immediatamente esecutiva, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, non si inquadra nell'istituto della condictio indebiti ex articolo 2033 c.c., ricollegandosi invece ad un'esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale precedente alla sentenza e non prestandosi il comportamento dell'accipiens a valutazioni di buona o mala fede in quanto non possono venire in rilievo gli stati soggettivi rispetto a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti Cass. nnumero 6679/06, 21699/2011, 7270/2003 . Pertanto, l'azione in parola, mirando alla mera riduzione in pristino della situazione patrimoniale anteriore al pagamento, vede come legittimati soltanto il solvens e l'accipiens, prescindendo dall'esistenza o meno del rapporto sostanziale ancora oggetto di contesa e non potendo il relativo rapporto processuale che intrattenersi tra il soggetto che ha ricevuto il pagamento non dovuto, per effetto della sentenza provvisoriamente esecutiva successivamente riformata, ed il soggetto che ha provveduto al pagamento ed ha quindi diritto ad essere indennizzato dell'intera diminuzione patrimoniale subita, vale a dire alla restituzione della somma con interessi a partire dal giorno del pagamento. Ed invero, come ha già avuto modo di statuire questa Corte, l'entità della restituzione deve includere anche gli accessori, come gli interessi e le spese, atteso che la riforma o la cassazione della sentenza provvisoriamente eseguita ha un effetto di restitutio in integrum e di ripristino della situazione precedente Cass. numero 11491/2006, numero 10124/09 . Ne consegue il rigetto anche dell'ultima censura. Passando all'esame del ricorso incidentale, proposto dalla Milano Assicurazioni,deve osservarsi che l'unica doglianza, per erronea valutazione dei fatti, errata applicazione dell'articolo 336 cpc in relazione all'articolo 360 nnumero 3 e 5 cpc, si fonda sulla considerazione che la Corte di appello, pur dando atto che la Spa Milano aveva versato ai coniugi R. e D. la complessiva somma di Euro 137.732,83, ha quindi disposto che i predetti restituissero ad essa Milano che aveva corrisposto agli attori la somma di Euro 123.185,37 le somme eccedenti quanto liquidato in secondo grado, trascurando che la Milano aveva altresì versato la somma di Euro 14.547,4b pari al 10% corrispondente allo scoperto di polizza. Il ricorso è fondato. Ed invero, mette conto di sottolineare a riguardo che, così come risulta dalla nota prodotta, all'udienza del 31.7.2003, nel corso de] giudizio di secondo grado, la Spa Milano ebbe a rimettere ai coniugi D. -R. l'ulteriore somma di Euro 14.541,45 pari al 10% corrispondente allo scoperto di polizza. La circostanza, risultante dal predetto documento, fu acclarata dagli stessi giudici di seconde cure che ne dettero atto nella motivazione della sentenza, precisando a riguardo che gli attori ai momento della formulazione della proposta transattiva, avevano già ricevuto dalla società Milano Assicurazioni la complessiva somma di Euro 137.732,82 a titolo risarcitorio cfr pag.15 della sentenza impugnata . Fatto sta che, come emerge dal capo g del dispositivo della decisione, la Corte si è limitata a condannare i coniugi D.M. e R.M. a restituire alla Milano Assicurazioni che ha corrisposto agli attori la somma di Euro 123.185,37 le somme eccedenti quanto sopra liquidato e necessario per estinguere il mutuo frazionato e pagare gli interessi convenzionali risultanti dalla nota di iscrizione ipotecaria, senza tener minimamente conto della somma corrispondente allo scoperto di polizza versata dalla compagnia assicuratrice, pari ad Euro 14.547,45, e senza tener conto altresì della questione relativa alla restituzione del 50% delle spese legali, compensate nella sentenza di appello, e degli oneri di registrazione e delle competenze successive connesse all'atto di precetto notificato. Ne deriva l'accoglimento del ricorso incidentale in questione, con la cassazione della sentenza impugnata in relazione. Passando infine al ricorso incidentale proposto dal notaio D'. , va osservato che con il primo motivo violazione e falsa applicazione degli articolo 2909 e 1917 cc, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte d'Appello errato quando - in accoglimento del terzo motivo dell'appello proposto dalla Milano Assicurazioni la quale aveva lamentato l'erroneità del]a condanna di esso notaio al pagamento di tutte le spese in favore degli attori - ha condannato lo stesso notaio a pagare agli attori la metà delle spese del giudizio di primo grado, senza prevedere nel contempo la relativa rivalsa a carico della compagnia. In tal modo, la Corte avrebbe di fatto riformato un capo della sentenza non oggetto di impugnazione, in quanto la compagnia non aveva impugnato anche il capo con cui la Milano era stata dichiarata obbligata a tenere il convenuto indenne dagli esborsi. Ha quindi concluso il motivo con i seguenti quesiti In mancanza di impugnazione dei capo della sentenza di primo grado che ha condannato la compagnia assicuratrice a tenere indenne l'assicurato di tutte le somme a cui quest'ultimo è stato condannato, comprese quelle liquidate per spese legali a favore del danneggiato vittorioso, può il giudice d'appello condannare l'assicurato al pagamento delle spese legali del primo grado a favore del danneggiato senza prevedere nel contempo la rivalsa dell'assicurato nei confronti della compagnia assicuratrice?” Nell'assicurazione per la responsabilità civile, le spese giudiziali al cui pagamento venga condannato l'assicurato in favore del danneggiato vittorioso vanno a carico dell'assicuratore, ancorché nei limiti della polizza?”. La censura è infondata. Ed invero, mette conto di richiamare l'attenzione sul fatto che, in primo qrado, come è stato riconosciuto dallo stesso ricorrente nel primo dei due quesiti sopra riportati, il Tribunale aveva condannato il notaio al pagamento delle spese processuali, in favore degli attori, ed altresì la Milano Assicurazioni a tenere indenne il suo assicurato dall’esborso e dalle spese in favore degli attori. Ciò posto, una volta che sia stato definitivamente accertato per effetto della mancata impugnazione del relativo capo della sentenza di prime cure l'obbligo della compagnia assicuratrice di manlevare il proprio assicurato in base al disposto dall'articolo 1917 cc. che pone a carico dell'assicuratore le spese giudiziali che l'assicurato viene condannato a pagare al danneggiato , ne consegue che gli effetti di tale giudicato interno si riflettono necessariamente anche sulle spese del medesimo primo grado, peraltro determinate in misura più ridotta, pari al solo 50% per effetto della disposta compensazione, che l'assicurato sia stato condannato a pagare al danneggiato dal giudice di appello. Ne deriva pertanto l'infondatezza della censura. Per le medesime ragioni, argomentando a contrariis, deve essere invece accolta la successiva censura, anch'essa articolata per violazione e falsa applicazione dell'articolo 1917 cc, con cui il ricorrente si è doluto del fatto che la Corte d'Appello lo ha condannato - in solido con la compagnia assicuratrice - a pagare ai coniugi D. e R. la metà delle spese del secondo grado di giudizio, senza prevedere la relativa rivalsa da parte dell'assicurato nei confronti dell'assicuratore. Ed invero, premesso che il giudicato sopra accennato non poteva che esplicare i suoi effetti sul solo capo riguardante la condanna alle spese di primo grado, ne deriva la censurabilità della decisione, in base a quanto disposto dall'articolo 1917 cc, nella parte in cui la Corte non ha disposto la condanna dell'assicuratore a tener indenne il proprio assicurato anche in relazione alle spese processuali del secondo grado che era stato condannato a pagare al danneggiato. Deve essere infine dichiarata inammissibile l'ultima doglianza, articolata per violazione e falsa applicazione degli articolo 1917 co. 3, 1453, 1218 cc nonché per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, con cui il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte d'Appello errato nel compensare le spese del secondo grado tra il notaio e la Milano per reciproca soccombenza, trascurando che le spese processuali sostenute dall'assicurato per resistere all'azione del danneggiato non vanno ripartite in base al principio della soccombenza ma sono a carico dell'assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata ex articolo 1917 co. 3 cpc. La censura è con tutta evidenza inammissibile ove si consideri che il capo della decisione non riguarda affatto il governo delle spese processuali inerenti al rapporto processuale tra l'assicurato ed il danneggiato bensì il governo delle spese relative al rapporto processuale tra il notaio D'. e la sua compagnia assicuratrice, relativamente ai contrasti tra loro intercorrenti circa lo scoperto del 10% e circa l'applicabilità dell'articolo 49 delle condizioni generali di polizza. Ed invero, come risulta dalla lettura della sentenza impugnata, con il secondo motivo dell'appello principale la Milano Assicurazioni aveva lamentato l'erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale aveva accolto integralmente la domanda di garanzia impropria, avanzata dal notaio D'. , senza tener conto che la polizza alla condizione prevedeva che l'assicurazione era prestata con uno scoperto pari al 10% dell'importo di ogni sinistro, con il minimo assoluto. Tale tesi era stata opposta dal notaio, il quale a sua volta, con il secondo motivo dell'appello incidentale, aveva lamentato l'erroneità della disposta compensazione integrale fra esso notaio e la Milano Assicurazioni cfr pag. 17 della decisione . Tutto ciò considerato, appare evidente come la censura, fondata sulla previsione dell'articolo 1917 cc, terzo comma, eluda il punto nodale della pronunzia e non sia correlata con la ratio decidendi della decisione impugnata, difettando della necessaria specificità, attesa la non riferibilità della censura alla sentenza d'appello impugnata. Ne deriva l'inammissibilità di quest'ultima doglianza. Alla stregua di tutte le pregresse considerazioni, va pertanto rigettato il ricorso principale, va accolto il ricorso incidentale proposto dalla Milano Assicurazioni, va accolto il secondo motivo di doglianza proposto dal notaio D'. mentre va rigettato il primo motivo e va dichiarato inammissibile l'ultimo motivo. La sentenza impugnata va cassata in relazione, con rinvio alla Corte di Appello di Bari in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità. P.Q.M. La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale proposto da D.M. e R.M. accoglie il ricorso incidentale della Milano Assicurazioni Spa accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale di D'.Sa. , rigetta il primo e dichiara inammissibile il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Bari in diversa composizione.