Gli obblighi di sorveglianza e tutela dell’istituto scolastico si fermano alla porta

Gli obblighi di sorveglianza e di tutela dell'Istituto scattano solo allorché l'allievo si trovi all'interno della struttura, mentre tutto quanto accade prima, per esempio sui gradini di ingresso, può, ricorrendone le condizioni, trovare ristoro attraverso l'attivazione della responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2051 codice civile.

La fattispecie. E’ ormai un fatto notorio che l’Italia è un paese vecchio principio che vale anche per gli edifici dello Stato scuole comprese. Nel caso in esame una bambina di terza elementare è scivolata salendo le scale antistanti alla propria scuola a causa del pessimo stato di manutenzione dei gradini. Fatto che ha dato origine a un giudizio contro il Ministero dell’Istruzione teso a ottenere il ristoro delle lesioni patite dalla piccola secondo la difesa degli attori la responsabilità di quanto occorso è imputabile al Ministero in quanto il fatto illecito è avvenuto nell’orario scolastico e, di conseguenza, il personale aveva l’obbligo di vigilare sull’incolumità degli alunni sin dal momento dell’ingresso nel plesso scolastico. I giudici di merito, di primo e di secondo grado, non hanno avuto alcun dubbio nel rigettare la domanda sul presupposto che l’obbligo di sorveglianza inizia al momento dell’ingresso nel plesso scolastico senza poter essere esteso alle aree adiacenti all’edificio ancorché prossime all’ingresso. La natura negoziale dell’obbligo di sorveglianza del personale scolastico. La Corte di legittimità ha avuto modo di argomentare, più volte, che con l'accoglimento della domanda di iscrizione fra alunno e istituto si instaura un vincolo negoziale dal quale sorge, a carico della scuola, l'obbligazione di vigilare sulla sua sicurezza e incolumità nel periodo in cui l’allievo fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a se stesso. Obbligo che, secondo la sentenza oggetto d’esame, non può essere esteso all’area adiacente al plesso scolastico ancorché prossima all’ingresso dell’edificio ciò fermo restando la responsabilità, qualora ne ricorrano i presupposti, per l’applicazione dell’art. 2051 codice civile. Purtroppo la difesa della bambina ha deciso di avvalersi della sola responsabilità contrattuale, ignorando quella extracontrattuale del custode, con conseguente rigetto del ricorso. Legittimazione passiva del Ministero. Con sentenza pubblicata il medesimo giorno Cass. Civ., 6 novembre 2012, n. 19158 la Corte di legittimità ha avuto modo di ribadire che la domanda risarcitoria deve essere proposta unicamente nei confronti del Ministero. Ancorché si sia discusso sulla legittimazione passiva degli Istituti scolastici a seguito dell’entrata in vigore della l. n. 59/97 e del d.lgs n. 165/01, che attribuisce al dirigente scolastico la rappresentanza legale dell’Istituto, la Corte di legittimità ha ribadito che la legittimazione passiva spetta al Ministero in quanto i responsabili del danno personale addetto alla vigilanza sono legati da un rapporto organico con l’Amministrazione rectius Ministero e non con l’Istituto scolastico. Ciò esclude che l’insegnate possa essere convenuto in giudizio radicato per la violazione della culpa in vigilando fermo restando l’azione di surroga del Ministero che può essere esperita unicamente nelle ipotesi di dolo o colpa grave.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 1° ottobre – 6 novembre 2012, numero 19160 Presidente Massera – Relatore Amendola Svolgimento del processo I fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata. B.P. e F.C. , in proprio e quali genitori di F.F. , convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Genova, il Comune della stessa città nonché il Ministero della Pubblica Istruzione chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti dalla minore a seguito di un infortunio. Esposero che la piccola, che all'epoca frequentava la terza elementare, era caduta sui gradini esterni sdrucciolevoli e instabili dell'istituto scolastico, riportando lesioni al volto e ai denti. I convenuti, costituitisi, contestarono le avverse pretese. Nel giudizio intervenne anche Assitalia s.p.a., società assicuratrice del Ministero, aderendo alla linea difensiva della garantita. Con sentenza numero 3282 del 2003 il giudice adito rigettò la domanda. Proposto gravame dai soccombenti, la Corte d'appello di Genova lo ha respinto in data 8 marzo 2006. In motivazione il decidente, ricapitolati i principi giuridici che, per consolidato diritto vivente, governano la materia, ha preliminarmente evidenziato che gli attori avevano inteso far valere la responsabilità contrattuale dei convenuti, sul presupposto che l'incidente si era verificato durante l'orario scolastico, tale dovendosi considerare, secondo la prospettazione attorea, anche l'arco temporale in cui ha luogo l'ingresso degli alunni nell'edificio, con conseguente obbligo del personale di vigilare sull'incolumità dei discenti sin dal momento in cui essi si trovano nell'area di accesso allo stabile. E tuttavia, all'esito di un puntuale esame delle prove espletate, ha escluso che la piccola fosse caduta proprio sui gradini, avendo invece appurato che lo scivolone avvenne sul marciapiedi e che di lì la scolara fosse andata a sbattere contro gli scalini. Dall'accertata localizzazione dell'incidente all'esterno della struttura scolastica, sulla pubblica via e quindi in condizioni spaziali e temporali in cui l'infortunata avrebbe dovuto ancora essere sotto la vigilanza dei genitori o di un loro incaricato, ha quindi desunto l'insussistenza dei presupposti di accoglimento della pretesa azionata. Ha poi aggiunto che, in ogni caso, anche a volere ipotizzare una diversa eziologia dell'incidente, la domanda non sarebbe comunque stata meritevole di accoglimento, considerato che il dovere dì vigilanza della scuola inizia con l'ingresso nell'edificio o nell'eventuale area inequivocabilmente ad esso collegata che, anche a non voler considerare ininfluente lo stato dei gradini, dall'espletata istruttoria non era emerso che gli stessi fossero instabili o sdrucciolevoli, con conseguente esclusione di ogni profilo di responsabilità a carico della scuola e del Comune, quale ente proprietario, tenuto alla manutenzione dell'immobile. Infine, secondo il decidente, gli attori neppure avevano dimostrato che vi fossero stati ritardi nella prestazione dell'assistenza e nella comunicazione dell'infortunio ai genitori, essendo per contro emerso che il personale scolastico si era attivato in maniera tempestiva e adeguata. Per la cassazione di detta pronuncia ricorrono a questa Corte B.P. e P.F. , formulando quattro motivi. Resistono con controricorso il Ministero dell'Istruzione e INA Assitalia s.p.a Motivi della decisione 1.1 Con il primo motivo le impugnanti denunciano violazione degli artt. 1176, 1218, 2043 e 2048 cod. civ. ex art. 360, numero 3, cod. proc. civ. Deducono che la Curia territoriale, richiamati i principi enunciati dalle sezioni unite della Suprema Corte nella sentenza numero 9345 del 2002, ne aveva poi fatto malgoverno, avendo ritenuto insussistente l'obbligo dell'Istituto di vigilare sull'incolumità dell'allievo anche quando lo stesso si trovi sulle scale di accesso, facenti parte dell'edificio scolastico e conseguentemente negato la responsabilità dei convenuti in relazione all'incidente verificatosi nel lasso temporale in cui avviene l'ingresso dei discenti nella struttura. 1.2 Con il secondo mezzo, prospettando vizi motivazionali, ex art. 360, numero 5, cod. proc. civ., le ricorrenti deducono che il giudice d'appello aveva escluso la responsabilità dei convenuti sull'assunto che solo con l'entrata nell'edificio scatta l'obbligo di vigilanza e custodia dell'Istituto, ritenendo del tutto illogicamente irrilevante, attesa la dinamica della caduta, lo stato dei gradini, laddove la dedotta scivolosità e/o irregolarità delle condizioni della scala di accesso avevano giocato un ruolo decisivo nell'eziologia dell'infortunio, determinando la responsabilità degli enti convenuti, preposti alla custodia e alla manutenzione dello stabile. 1.3 Con il terzo motivo lamentano violazione degli artt. 100 e 246 cod. proc. civ., ex art. 360, numero 3, cod. proc. civ Oggetto delle critiche è la ritenuta incapacità a testimoniare della persona che aveva dichiarato di avere accompagnato la piccola a scuola, il giorno dell'incidente. 1.4 Con il quarto mezzo deducono, infine, vizi motivazionali, ex art. 360, numero 5, cod. proc. civ., in relazione all'affermata infondatezza delle doglianze volte a far valere il ritardo nell'assistenza alla minore, in contrasto con le risultanze probatorie acquisite. 2 Osserva il collegio che il secondo e quarto motivo di ricorso, che prospettano vizi motivazionali, sono inammissibili per inosservanza del disposto dell'art. 366 bis cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis. Tale norma richiede invero, ove vengano articolate censure relative all'iter argomentativo della decisione impugnata e all'erronea ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze di causa possibile in sede di legittimità, solo sotto l'aspetto del vizio di motivazione , l'esposizione chiara e sintetica, ancorché libera da rigidità formali, del fatto controverso - in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria - ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione Cass. numero 4556/09 . 3 Orbene, nel caso in esame, rispetto a nessuno dei due motivi che deducono vizi motivazionali, è stato formulato un idoneo momento di sintesi omologo del quesito di diritto , trattandosi di elemento espositivo che, come da questa Corte precisato, richiede un quid pluris rispetto alla mera illustrazione delle critiche alla decisione impugnata. Il momento di sintesi impone, per vero, un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, volto a circoscrivere i limiti delle allegate incongruenze argomentative, in maniera da non ingenerare incertezze sull'oggetto della doglianza e sulla valutazione demandata alla Corte confr. Cass. civ. 1 ottobre 2007, numero 20603 . 4 Inammissibile è anche il secondo mezzo, posto che la sua formulazione non rispetta il disposto dell'art. 366 numero 6 cod. proc. civ., che impone la specifica indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso è fondato. Invero il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, che, secondo una consolidata elaborazione giurisprudenziale costituisce il corollario del requisito di specificità dei motivi di impugnazione, comporta che, quando siano in gioco atti processuali ovvero documenti o prove orali la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ex art. 360, numero 3, cod. proc. civ., di carenze motivazionali, ex art. 360, numero 5, o di un error in procedendo, ai sensi dei numeri 1, 2 e 4 della medesima norma, è necessario non solo che il contenuto dell'atto o della prova orale o documentale sia riprodotto in ricorso, ma anche che ne venga indicata l'esatta allocazione nel fascicolo d'ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità confr. Cass. civ., 23 marzo 2010, numero 6937 Cass. civ. 12 giugno 2008, numero 15808 Cass. civ. 25 maggio 2007, numero 12239 . Non è superfluo in proposito ricordare che le sezioni unite di questa Corte, pur avendo chiarito che l'onere del ricorrente, di cui all'art. 369, secondo comma, numero 4, cod. proc. civ., così come modificato dall'art. 7 del d.lgs. 2 febbraio 2006, numero 40, di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda è soddisfatto, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, mediante la produzione dello stesso, e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d'ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione, presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell'art. 369, terzo comma, cod. proc. civ., hanno tuttavia precisato che resta ferma, in ogni caso, l'esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366, numero 6, cod. proc. civ., del contenuto degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari al loro reperimento confr. Cass. civ. 3 novembre 2011, numero 22726 . Ora, nella fattispecie, ai fini dell'esito del preliminare scrutinio di ammissibilità delle censure, dirimente è il rilievo che l'impugnante non ha indicato i capitoli sui quali la persona che il giudice di merito ha ritenuto incapace a testimoniare avrebbe dovuto deporre, di talché la Corte non è in grado di valutare, sulla base della sola lettura del ricorso, la decisività della prova non espletata. Il che vizia in maniera irredimibile la doglianza per difetto di autosufficienza. 5 Infondato è invece il primo motivo. Ciò di cui si dolgono le ricorrenti è che la nozione di orario scolastico non sia stata estesa alla fase di ingresso nell'edificio, sì che si possa predicare la sussistenza, sin dal momento in cui l'allievo si trovi sulle scale esterne di accesso allo stabile, ovvero in area immediatamente a questo prospiciente, dell'obbligazione dell'Istituto di vigilare sulla sicurezza e sull'incolumità dello scolaro. Ma tale assunto non è condivisibile. Esso, per vero, anticipa l'operatività del vincolo negoziale, e del connesso regime di responsabilità, a un arco spaziale e temporale dai contorni indefiniti, nel quale, per soprammercato, il personale della scuola non ha, a ben vedere, alcuna seria possibilità di esercizio delle funzioni sue proprie. In realtà gli obblighi di sorveglianza e di tutela dell'Istituto scattano solo allorché l'allievo si trovi all'interno della struttura, mentre tutto quanto accade prima, per esempio sui gradini di ingresso, può, ricorrendone le condizioni, trovare ristoro attraverso l'attivazione della responsabilità del custode, ex art. 2051 cod. civ. Ne deriva che le censure formulate nel mezzo - che sono esclusivamente volte ad anticipare nel tempo la responsabilità contrattuale dell'Istituto, ignorando il profilo della responsabilità extracontrattuale del custode, trattato in chiave di vizio motivazionale nei secondo motivo di ricorso, inammissibile, per quanto innanzi detto - sono prive di pregio. 6 Non è superfluo peraltro evidenziare che l'apparato argomentativo col quale il giudice di merito ha motivato il suo convincimento in ordine alla dinamica dell'incidente e al comportamento del personale dopo l'infortunio, è logicamente corretto ed esente da aporie o da contrasti disarticolanti con il contesto fattuale di riferimento. Ne deriva che le critiche, nella parte in cui hanno ad oggetto la ricostruzione della fattispecie concreta, attraverso la surrettizia deduzione di violazioni di legge e di vizi motivazionali, in realtà inesistenti, tendono a introdurre una revisione del merito del convincimento del giudice di appello, preclusa in sede di legittimità. Il ricorso è respinto. La novità delle questioni centrali del ricorso induce il collegio a compensare tra le parti le spese del giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 1° ottobre – 6 novembre 2012, n. 19158 Presidente Massera – Relatore Amendola Svolgimento del processo I fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata. I M. , quale esercente la potestà genitoriale sulla minore S.A M. , convenne in giudizio, innanzi al Giudice di Pace di Fondi il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, per ivi sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti dalla minore in conseguenza di un infortunio occorsole all'interno della scuola elementare, durante la lezione di educazione fisica. Con sentenza n. 325 del 2004 il giudice adito accolse la domanda. Proposto dal soccombente gravame, il Tribunale lo ha respinto in data 9 marzo 2006. Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione il Ministero della Pubblica Istruzione sulla base di un solo, articolato motivo. L'intimata non ha svolto alcuna attività difensiva. Motivi della decisione 1 Con l'unico motivo di ricorso l'impugnante lamenta violazione degli artt. 1218 cod. civ., 21 d.lgs. n. 59 del 1997, 14 d.P.R. n. 275 del 1999, 31 D.M. n. 44 del 2001, 61, comma 2, legge n. 312 del 1980. Oggetto delle critiche è l'affermata legittimazione passiva del Ministero in un'azione dichiaratamente volta a far valere il diritto al risarcimento del danno per responsabilità contrattuale dell'Amministrazione, senza considerare che il vincolo negoziale, che si perfeziona con l'iscrizione, comporta che l'istituto scolastico, tenuto a vigilare sulla sicurezza e sull'incolumità dei discenti, risponde ex art. 1218 cod. civ., dei danni che gli studenti procurino a se stessi. La sentenza impugnata avrebbe segnatamente fatto malgoverno dei principi introdotti dalla legge n. 59 del 1997 c.d. Bassanini , nonché dal d.P.R. n. 275 del 1999 e successive modifiche, norme che hanno attribuito agli istituti scolastici personalità giuridica, con la conseguenza che gli stessi costituiscono ormai autonomi centri di imputazione di diritti e di obblighi, senza che sulla loro capacità giuridica - e connessa legittimazione processuale - possa influire la natura, a essi riconosciuta, di enti strumentali dello Stato, abilitati, in quanto tali, ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura confr. ord. n. 12977 del 2004 . Del tutto ininfluente sarebbe altresì che l'inadempimento contrattuale dell'Istituto si fondi su una presunta colpa del personale incaricato della vigilanza, che è alle dipendenze del Ministero, a fronte del dato incontestabile che soltanto il primo è parte del rapporto contrattuale. E invero, dell'operato del personale l'Istituto, in quanto soggetto obbligato, risponde in base al disposto dell'art. 1228 cod. civ Né a diverse conclusioni potrebbe condurre il dettato dell'art. 61 della legge n. 312 del 1980 Nuovo assetto retributivo - funzionale del personale civile e militare dello Stato , secondo cui la responsabilità patrimoniale del personale direttivo, docente, educativo e non docente della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato e delle istituzioni educative statali per danni arrecati direttamente all'Amministrazione in connessione a comportamenti degli alunni è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave nell'esercizio della vigilanza sugli alunni stessi primo comma , con la precisazione, contenuta nel capoverso successivo, che la limitazione di cui al comma precedente si applica anche alla responsabilità del predetto personale verso l'Amministrazione che risarcisca il terzo dei danni subiti per comportamenti degli alunni sottoposti alla vigilanza e che, salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave, l’Amministrazione si surroga al personale medesimo nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi. La norma sarebbe invero volta a disciplinare esclusivamente l'ipotesi in cui l'attore agisca in giudizio per far valere la culpa in vigilando del personale scolastico, individuando, come processualmente legittimato, un soggetto diverso da quello che si assume abbia commesso l'illecito, laddove, nel momento in cui viene azionata la responsabilità contrattuale dell'amministrazione, convenuto in giudizio non può non essere la parte che si ritiene inadempiente. 2 Le censure non hanno pregio. Costituisce principio ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, sì da potersi parlare al riguardo di un vero e proprio diritto vivente, che nel caso di danno cagionato dall'alunno a se stesso, la responsabilità dell'istituto scolastico e dell'insegnante non ha natura extracontrattuale, bensì contrattuale, atteso che - quanto all'istituto scolastico - l'accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell'allievo nella scuola, determina l'instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell'istituto l'obbligazione di vigilare sulla sicurezza e sull'incolumità della scolaresca, nel tempo in cui questa fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni e che - quanto al precettore - tra insegnante e discente si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico, nell'ambito del quale l'insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico dovere di protezione e vigilanza, onde evitare che l'allievo si procuri da solo un danno alla persona confr. Cass. civ. sez. un. 27 giugno 2002, n. 9346 Cass. civ. 26 aprile 2010, n. 9906 . Corollario di tale affermazione è che, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell'istituto scolastico e dell'insegnante, è applicabile il regime probatorio sancito dall'art. 1218 cod. civ., sicché, mentre l'attore deve dimostrare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull'altra parte incombe l'onere di dimostrare che l'infortunio è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all'insegnante. 3 Non è superfluo aggiungere che il richiamo al disposto dell'art. 1228 cod. civ., al fine di escludere la legittimazione passiva del Ministero, è, al postutto, capzioso. Si è già detto, infatti che la responsabilità del precettore nei confronti dell'allievo è una responsabilità contrattuale per contatto sociale. Peraltro è assolutamente consolidata la massima che, qualora si tratti di scuola pubblica, riscontrata la responsabilità dell'insegnante, la richiesta di risarcimento del danno deve essere proposta non direttamente nei confronti del docente, ma verso il Ministero della Pubblica Istruzione. E invero, l'art. 61, comma 2, della legge 11 luglio 1980, n. 312, nel prevedere la sostituzione dell'Amministrazione, salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave, nelle responsabilità civili derivanti da iniziative giudiziarie promosse da terzi, esclude in radice la possibilità che gli insegnanti statali siano direttamente convenuti nelle azioni di risarcimento danni da culpa in vigilando, quale che sia il titolo, contrattuale o extracontrattuale, dell'azione confr. Cass. civ. 26 aprile 2010, n. 9906 Cass. n. 3 marzo 2010, n. 5067 Cass. civ. sez. un. 27 giugno 2002, n. 9346 . È stato in proposito segnatamente evidenziato che, anche dopo l'estensione della personalità giuridica, per effetto della legge delega n. 59 del 1997 e dei successivi provvedimenti di attuazione, ai circoli didattici, alle scuole medie e agli istituti di istruzione secondaria, il personale docente degli istituti statali - i quali costituiscono organi dello Stato muniti di personalità giuridica ed inseriti nell'organizzazione statale - sì trova in rapporto organico con l'Amministrazione della Pubblica Istruzione e non con i singoli istituti, che sono dotati di mera autonomia amministrativa. E invero la figura dell'organo con personalità giuridica, qui ricorrente, implica che lo stesso abbia legittimazione di diritto sostanziale e processuale in relazione alla titolarità di rapporti giuridici, ma che resti tuttavia soggetto, proprio in ragione della sua natura di organo, alle direttive e ai controlli dell'amministrazione di appartenenza. In sostanza il disegno organizzativo avuto in mente dal delegante - attuato e specificato dal d.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 - ha sì previsto la soggettività giuridica degli istituti, ma come strumento di realizzazione dell'autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, di sperimentazione e di sviluppo e, in definitiva, come garanzia di libertà di insegnamento, di pluralismo culturale e di duttilità dell'offerta formativa. Il che non toglie che le funzioni amministrative, al pari della gestione del servizio istruzione, siano rimaste funzioni statali, di talché soltanto la competenza per il loro esercizio è stata sottratta non allo Stato ma all'amministrazione centrale e periferica e attribuita, di regola, alle istituzioni scolastiche art. 14 del cit. d.P.R. n. 275 del 1999 , le quali quindi agiscono in veste di organi statali e non di soggetti distinti dallo Stato. In tale stringente e consequenziale prospettiva l'affermazione che il personale docente della scuola si trova in rapporto organico con l'Amministrazione statale della Pubblica Istruzione, e non con i singoli istituti, è del tutto coerente alle premesse confr. Cass. civ. 21 marzo 2011, n. 6372 Cass. civ. 10 maggio 2005, n. 9752 Cass. civ. 3 febbraio 1997, n. 1000 , come lo è l'ulteriore corollario che, essendo riferibili direttamente al Ministero gli atti posti in essere dal menzionato personale, nelle controversie relative agli illeciti ascrivibili a culpa in vigilando dello stesso, legittimato passivo è il Ministero e non l'Istituto. Il ricorso è respinto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.