Il corso di equitazione svolto con allievi inesperti costituisce attività pericolosa

Si configura la responsabilità dell’organizzatore del corso per il comportamento del proprio istruttore, in concorso minimo con l’allievo.

In tema di esercizio di attività pericolosa, qual è quella di un corso di equitazione svolto con allievi principianti, si configura la responsabilità dell’organizzatore del corso per il comportamento tenuto dal proprio istruttore ed il concorso di colpa minore dell’allievo che si iscrive ad un corso avanzato, dichiarando un’esperienza che invece non ha conseguito. Non è responsabile, invece, il proprietario del cavallo e del maneggio ed il comodatario del maneggio. Lo ha stabilito il Tribunale di Prato con la sentenza n. 1438 del 12 dicembre 2011. Il caso. Un soggetto, dipendente di un’associazione di promozione sociale, si iscriveva ad un corso universitario di formazione avanzata in riabilitazione equestre. Il corso, tenuto presso un centro ippico proprietario dei cavalli e del maneggio, dato in comodato ad una s.r.l., prevedeva lezioni pratiche a cavallo, sotto la guida di un istruttore federale incaricato dalla stessa università organizzatrice del corso e selezionatrice dei partecipanti, dei quali verificava la relativa esperienza. Nella domanda di iscrizione, l’allieva dichiarava di essere in possesso della patente A/1 attestazione di idoneità psico-fisica all’equitazione dell’associazione nazionale turismo equestre e di avere effettuato ippoterapia per oltre un anno, durante il corso triennale di terapia riabilitativa. Veniva, quindi, inserita nel gruppo con minore competenza cui venivano, pertanto, dati i cavalli migliori. Al termine di una prova pratica, l’allieva chiedeva, all’istruttore che non sapeva che fosse priva del brevetto federale , di poter continuare a galoppare e l’istruttore, dopo averle chiesto se lei fosse stanca, autorizzava la medesima la quale, poco dopo, veniva sbalzata a terra dal cavallo che, improvvisamente e senza alcun elemento esterno di disturbo, aveva cominciato a scalciare ed a sgroppare riportava, così, fratture e veniva sottoposta ad un intervento chirurgico, con postumi invalidanti temporanei totali e parziali e permanenti. Così, conveniva in giudizio l’Università ed il centro ippico a titolo di responsabilità civilistica e queste ultime chiamavano, come terzi, le rispettive compagnie assicurative. Oggetto e punti focali della vicenda. Anche se l’iscrizione ad un corso universitario genera un rapporto di natura contrattuale tra università ed allievo, il caso in esame, per le richieste effettuate dal danneggiato, verte in tema di diritto alla salute, di danno extracontrattuale, patrimoniale e non patrimoniale, cagionato da animali e di esercizio di attività pericolosa. Nella fattispecie, necessita accertare la norma configurabile onde individuare il soggetto responsabile, anche in via solidale, ergo la struttura genetica della fattispecie. Il punto è, quindi, valutare alla luce dell’ordinamento, logicamente e comparativamente, le posizioni dell’Università, del centro ippico e della s.r.l. nonchè la condotta dell’istruttore federale e dell’allieva, in termini di rilevanza, di diritti e doveri, di possibilità di alternativa etica e di rimedi, di nesso eziologico e di contribuzione all’evento, e l’occasione di danno. Questione preliminare il foro competente. E’ inapplicabile l’art. 25 c.p.c. sul foro erariale e, quindi, non è invocabile, come competente, il giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato. La competenza spetta, quindi, al giudice ordinario come individuato infatti, le Università non sono organi dello Stato ma enti pubblici autonomi e, pertanto, non sussiste il patrocinio obbligatorio dell’Avvocatura bensì quello autorizzato. Concorso apparente di norme parametri di valutazione ed attività pericolosa. In tema di responsabilità extracontrattuale, necessita, dapprima, identificare se la condotta si configuri illecita, chi è il soggetto danneggiante e quello danneggiato, se trattasi di danno, se esso sia risarcibile. Segnatamente, in ipotesi di responsabilità oggettiva, bisogna osservare se siano state adottate tutte le cautele idonee ad evitare il danno, se sia configurabile il caso fortuito o il concorso di colpa dell’allieva e, nel caso in esame, se il cavallo fosse addestrato ed abituato ad essere montato ed ai tracciati. A riguardo, l’individuazione del responsabile del danno avviene sulla base di parametri oggettivi e non di coefficienti di imputazione soggettiva di tipo doloso o colposo segnatamente, a seconda della configurabilità alternativa dell’art. 2050 o in mancanza dell’art. 2052 c.c., ipotesi speciali rispetto a quella ordinaria di cui all’art. 2043 c.c., lo svolgimento di un’attività pericolosa o l’essere proprietario o il servirsi dell’animale. In primis , bisogna, quindi, valutare quale sia la fattispecie applicabile. Il concetto di attività pericolosa non è tipizzato in astratto e, perciò, possono essere ritenute pericolose anche quelle attività non astrattamente tali spetta, pertanto, al giudice stabilire se, nel caso concreto, ricorre il coefficiente di pericolosità e quest’ultimo è generalmente identificato nella natura dell’attività, nelle concrete modalità di svolgimento e/o nella rilevante possibilità del verificarsi del danno. L’attività di un corso di equitazione non è sempre e comunque pericolosa i parametri da considerare sono vari, tra cui il luogo di svolgimento, la presenza di attrezzature idonee di un istruttore, il grado di preparazione e di esperienza dei discenti. L’attività è, quindi, pericolosa quando i cavalieri sono principianti e/o inesperti Cass. 11-02-1994 n. 1380, n. 9581/1998 e 12307/98 . Nesso di causalità l’onere della prova. L’esercente deve provare di avere adottato misure preventive idonee adeguate e proporzionali ovvero di avere impiegato ogni cura atta ad impedire l’evento dannoso e di non avere violato norme di legge o di comune prudenza. Il fatto del terzo o del danneggiato, poi, si configura quale fonte autonoma ed esclusiva di responsabilità, liberando il soggetto esercente l’attività, soltanto se incidente e rilevante al punto da escludere, in modo certo, il nesso tra attività ed evento, configurando invece il concorso se attestatosi come elemento concorrente nella produzione del nocumento Cass. n. 4710/1991, n. 6888/2005 l’art. 1227 è, infatti, applicabile, ex art. 2056, anche alle obbligazioni extracontrattuali e da fatto illecito. Nel caso in esame, gli organizzatori del corso erano informati ovvero erano in condizioni di esserlo che l’allieva, come peraltro rilevabile dalla dinamica dell’incidente, fosse principiante e non avesse la patente b rilasciabile dopo esame ed attestante la capacità del cavaliere all’uopo, in termini di imputabilità, da un lato, rileva, in misura maggiore di eziologia, l’avventata autorizzazione concessa dall’istruttore ed il fatto che la segreteria del corso, soltanto successivamente alla caduta, verificò se l’allieva avesse già il brevetto federale mentre non è sufficiente sostenere che l’istruttore, il quale per la domanda posta all’allieva è da ritenersi fosse dubbioso delle capacità della medesima, aveva autorizzato la cavalcata supplementare poiché aveva visto l’allieva più sciolta nell’esercizio. Dall’altro lato, rileva, in termini di concorso art. 1227 , la condotta dell’allieva che aveva scelto di iscriversi ad un corso avanzato ed aveva accreditato di possedere un’esperienza di cui, invece, era priva. Decisione l’organizzatore è l’esercente di attività pericolosa ed è responsabile. E’ responsabile l’organizzatore, e non chi ha messo a disposizione la struttura ed i cavalli, del danno occorso all’allieva caduta da cavallo, sia pure con il concorso di quest’ultima nella misura del 30%. Ciascuna parte processuale deve, così, pagare le spese di giudizio alla controparte personalmente chiamata e che non avrebbe dovuto convenire.

Tribunale ordinario di Prato, sez. Unica Civile, sentenza 7 – 12 dicembre 2011, n. 1438 Giudice Unico Brogi Fatto e diritto L. Di V. ha convenuto in giudizio l’Università degli Studi di Firenze ed il Centro ippico Le Q.” per sentirli condannare in solido al risarcimento del danno cagionato dal cavallo di proprietà del secondo e noleggiato dalla prima per un ammontare complessivo di € 242.650,00. L’attrice ha esposto di essere una terapista della riabilitazione, dipendente dell’AIAS di Potenza, e di aver seguito per l’anno accademico 1999-2000 un Corso Universitario di Formazione Avanzata in Riabilitazione Equestre, organizzato dall’Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Cattedra di Neuropsichiatria Infantile, con lezioni pratiche a cavallo. Il corso era tenuto presso il Centro Ippico Le Q.” sotto la guida di Andrea P., istruttore di equitazione F.I.S.E. incaricato dalla stessa Università. Il 7 febbraio 2000 l’attrice, in possesso di brevetto F.I.S.E. e, quindi, con esperienza di equitazione acquisita nel tempo, mentre era a cavallo per una prova pratica di tirocinio, veniva sbalzata a terra dall’animale, che, improvvisamente cominciava a scalciare e a sgroppare, senza alcun elemento esterno di disturbo. In conseguenza della caduta la Di V. ha riportato una frattura a cuneo della seconda vertebra lombare, con infrazione per trocanterica all’anca destra, con la necessità di subire un intervento chirurgico e con la permanenza di postumi invalidanti permanenti, dei quali ha chiesto il risarcimento nella somma di € 242.650,00, di cui - € 10.500,00 per invalidità temporanea totale - € 3150,00 per invalidità temporanea parziale - € 147.500,00 per invalidità permanente - € 80.500,00 per danno morale - € 1.000,00 per spese mediche. In diritto, la parte attrice ha sostenuto la responsabilità solidale dei convenuti 1. ex art. 2052 c.c., in quanto il Centro Ippico era proprietario dell’animale e l’Università di Firenze aveva noleggiato il cavallo 2. ex art. 2050 c.c., dato che gli stessi avevano in custodia e si servivano del cavallo. Si è costituita l’Università degli Studi di Firenze, che, a fronte della domanda di risarcimento dell’attrice, ha sollevato le seguenti eccezioni 1. in rito incompetenza del Tribunale di Prato ex art. 25 c.p.c., dato che l’Università deve essere convenuta davanti al foro erariale 2. nel merito mancanza del nesso causale ex art. 2052 c.c., dato che il comportamento dell’animale, che ha iniziato improvvisamente a scalciare e a sgroppare integra il caso fortuito, richiamato dalla norma in esame, come limite alla responsabilità del proprietario o di colui che si serve del cavallo 3. l’attrice, contravvenendo alle indicazioni dell’istruttore, al termine della lezione, invece di rientrare, aveva mandato al galoppo il cavallo, che ebbe la reazione del tutto improvvisa di scrollamento, pur essendo rimasto tranquillo per tutta la lezione 4. mancanza di responsabilità ex art. 2050 c.c. tale norma si applica al gestore del maneggio solo nei casi di attività ippica svolta da principianti, mentre nel caso in esame l’attrice dichiara di aver conseguito, prima dell’iscrizione al corso universitario il brevetto F.I.S.E. e di avere una certa esperienza di equitazione acquisita da tempo 5. infondatezza della richiesta di risarcimento del danno morale per € 80.500,00 per essere accertata la responsabilità dei convenuti su parametri di natura presuntiva. L’Università di Firenze ha poi chiesto la chiamata in causa della propria compagnia assicuratrice Fondiaria Sai s.p.a., che non si è costituita. Si è altresì costituita l’Associazione Centro Ippico Le Q.”, che, a fronte della domanda di parte attrice ha chiesto in primo luogo la chiamata in causa della propria compagnia assicuratrice Helvetia Assicurazioni Milano e della Equigest s.r.l. In particolare, avverso la domanda di parte attrice, ha sollevato le seguenti eccezioni 1. all’epoca del sinistro le attività svolte all’interno del circolo erano gestite da terzi. In particolare, il Centro Ippico, sebbene proprietario dell’animale, dal quale è caduta l’attrice, aveva tuttavia concesso tutto il settore dell’equitazione e del suo insegnamento in comodato ad Equigest sr.l. Il Centro ippico non aveva pertanto alcuna ingerenza nella gestione e non traeva alcun profitto dalla gestione degli animali 2. esclusione della responsabilità del Centro Ippico ex art. 2050 c.c. non può considerarsi pericolosa la lezione tenuta da un docente incaricato dall’Università, con un cavallo addestrato ed abituato ad essere montato ed a percorrere i vari tracciati 3. esclusione della responsabilità del Centro Ippico ex art. 2052 c.c. la responsabilità prevista dalla norma non ha carattere cumulativo, ma alternativo tra il proprietario e chi ha in uso l’animale. Nella specie il cavallo era usato da Equigest per i suo scopi sociali di lucro e al momento del sinistro dall’Università. In particolare era quest’ultima a gestire il corso, tramite un proprio docente, percependo un profitto 4. risulta che l’attrice sia caduta mentre il cavallo era fermo ed è pertanto probabile che la stessa non abbia tenuto una corretta posizione del cavallo ed abbia pertanto concorso colposamente al verificarsi dell’evento. Si è costituita la compagnia assicuratrice terza chiamata Helvetia Assicurazioni, mentre la Equigest s.r.l. è rimasta contumace. La compagnia assicuratrice, in particolare, ha sollevato le seguenti eccezioni di merito 1. il contratto di comodato stipulato tra il Centro Ippico e la Equigest ha comportato che il cavallo in questione sia uscito dalla sfera di vigilanza e controllo del Centro Ippico per passare in quella della Equigest s.r.l. Non è pertanto configurabile la responsabilità solidale dell’Università degli Studi cono il Centro Ippico 2. è da escludere la responsabilità del Centro Ippico assicurato, anche ai sensi dell’art. 2050 c.c., dato che l’equitazione non può essere considerata un’attività pericolosa, all’infuori dei casi di allievi principianti o giovanissimi. L’attrice, inoltre, si accingeva a svolgere un corso universitario di formazione avanzata, sotto la guida di un docente incaricato dall’Università degli Studi di Firenze. In primo luogo occorre dare atto dell’infondatezza dell’eccezione di rito sollevata dall’Università di Firenze, con riferimento alla regola del c.d. foro erariale di cui all’art. 25 c.p.c. Secondo la giurisprudenza di legittimità infatti Alle università, dopo la riforma introdotta dalla legge 9 maggio 1989, n. 168, non può essere riconosciuta la qualità di organi dello Stato, ma quella di enti pubblici autonomi, con la conseguenza che, ai fini della rappresentanza e difesa da parte dell'Avvocatura dello Stato, non opera il patrocinio obbligatorio disciplinato dagli artt. da 1 a 11 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, bensì, in virtù dell'art. 56 r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, non abrogato dalla legge n. 168 del 1989, il patrocinio autorizzato disciplinato dagli artt. 43 r.d. n. 1611 del 1933, come modificato dall'art. 11 della legge 3 aprile 1979, n. 103, e 45 r.d. cit., con i limitati effetti previsti per tale forma di rappresentanza esclusione della necessità del mandato e facoltà, salvo i casi di conflitto, di non avvalersi dell'Avvocatura dello Stato con apposita e motivata delibera. Sono conseguentemente inapplicabili le disposizioni sul foro erariale e sulla domiciliazione presso l'Avvocatura ai fini della notificazione di atti e provvedimenti giudiziali, salvo - quanto alle notificazioni - alle controversie in materia di lavoro, attesa l'equiparazione alle amministrazioni statali ai fini della rappresentanza e difesa dell'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 415, comma 7, cod. proc. civ.” Sez. L, Sentenza n. 20582 del 29/07/2008 . La presente causa ha per oggetto la domanda di risarcimento dei danni riportati dall’attrice, a seguito di una caduta da cavallo, in occasione di un corso di formazione organizzato dall’Università degli Studi di Firenze. Più precisamente, si è trattato di un Corso Universitario di Formazione Avanzata in Riabilitazione Equestre, indetto dall’Università di Firenze, Facoltà di Medicina e Chirurgia, dipartimento di Scienze Neurologiche e Pisachiatriche, al quale l’attrice aveva chiesto di poter partecipare. Nella domanda di iscrizione la Di V. aveva dichiarato di essere in possesso della Patente A/1 dell’associazione nazionale turismo Equestre e tra le esperienze di riabilitazione equestre, dichiarava di aver effettuato Ippoterapia per oltre un anno, durante il corso triennale di terapia. Nello svolgimento di tale corso, presso il Centro Ippico convenuto, era avvenuta la caduta da cavallo alla fine della lezione tenuta dall’istruttore P. Nonostante l’iscrizione al Master abbia generato un rapporto di natura contrattuale tra l’Università degli studi di Firenze e la Di V., quest’ultima ha chiaramente agito nei confronti della prima a titolo di responsabilità extracontrattuale. Tale azione è configurabile nella misura in cui l’attrice configuri non già l’inadempimento della prestazione contrattuale assunta dall’Università di Firenze con lo svolgimento del master verso corrispettivo di un prezzo, ma piuttosto la violazione del c.d. neminem laedere , da cui sia derivata la lesione del suo diritto alla salute. L’individuazione dei fatti costitutivi della domanda risarcitoria, anche ai fini della ripartizione dell’onere della prova non può prescindere dall’individuazione del parametro normativo di riferimento sotto cui sussumere la fattispecie in esame. Nel caso in esame viene infatti in rilievo un concorso apparente di norme tra l’art. 2050 c.c. e l’art. 2052 c.c. Tali norme prevedono ipotesi speciali di responsabilità extracontrattuale, caratterizzate rispetto alla clausola generale di cui all’art. 2043 c.c., dal fatto che l’individuazione del responsabile del danno, id est di colui che è chiamato a risponderne, avviene non sulla base di un coefficiente di imputazione soggettiva di tipo doloso o colposo, ma sulla base di parametri oggettivi. In tal modo il legislatore ha dato vita a due ipotesi di responsabilità oggettiva, che, in quanto tali, prescindono dall’accertamento delle presenza in capo al responsabile del danno di eventuali coefficienti di tipo colposo o doloso in merito alla causazione del danno. In tal modo il legame tra responsabile ed evento di danno è tutto e solo di tipo oggettivo ed il parametro di imputazione della responsabilità è individuato nello svolgimento dell’attività pericolosa art. 2050 c.c. o nell’essere proprietario o servirsi dell’animale art. 2052 c.c. . In particolare, l’art. 2050 c.c. stabilisce che chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.” L’art. 2052 c.c. prevede invece che il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui l’ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito.”. Nell’ipotesi in cui l’evento di danno si sia verificato durante un corso di equitazione emergono possibili profili di interferenza tra le due norme, che, come già rilevato, integrano una vera e propria ipotesi di concorso apparente. La soluzione ermeneutica è influenzata dalla possibilità o meno di qualificare l’attività di chi tiene un corso di equitazione o gestisce un maneggio come pericolosa. Il problema è particolarmente delicato, soprattutto perché il legislatore non ha tipizzato in astratto il concetto di attività pericolosa, rimettendo pertanto al giudice stabilire, in base alla caratteristiche concrete della fattispecie, stabilire se nel caso concreto ricorre il coefficiente di pericolosità di cui all’art. 2050 c.c. o meno. Ciò implica che non solo la pericolosità può essere connaturata intrinsecamente alla natura dell’attività svolta, ma che possono esservi altresì attività che, sebbene non astrattamente pericolose, possono diventare tali in relazione alle concrete modalità di svolgimento delle stesse. La nozione di pericolosità è infatti connaturata a quelle attività caratterizzate da una rilevante possibilità del verificarsi del danno. Con riferimento all’attività di chi svolge un corso di equitazione non può, stricto sensu , parlarsi di un’attività sempre e comunque pericolosa, ma occorre guardare ad una pluralità di parametri concreti, quali, ad esempio, il luogo in cui si svolge e la presenza di attrezzature idonee, la presenza di un istruttore, il grado di esperienza dei discenti. Sul punto è bene precisare che la giurisprudenza ha ritenuto – con una serie di considerazioni applicabili anche all’ipotesi in cui un ente organizzi un corso di equitazione – che l’attività di gestione del maneggio può essere considerata pericolosa e rientrare pertanto nell’ambito di applicazione dell’art. 2050 c.c. quando siano coinvolti cavalieri principianti e/o inesperti. In particolare, è proprio il grado di preparazione e di esperienza del cavaliere che per la giurisprudenza più recente costituisce il discrimen tra l’applicazione dell’art. 2050 c.c. in luogo dell’art. 2052 c.c. a fattispecie del tipo di quella in esame. Sul punto la recente giurisprudenza di legittimità ha infatti precisato che La sentenza impugnata è immune da vizi, perché, in effetti, esattamente ha ritenuto che deve essere applicata nel caso la disposizione di cui all'art. 2050 c.c., una volta distinta l'attività di maneggio in pericolosa o meno a seconda dei soggetti partecipanti se principianti o meno, inesperti o meno Cass. 11.2.1994, n. 1380, nonché Cass. 9581/98 e 12307/98 . Nel caso la sentenza impugnata ha considerato la B., seppure ventitreenne, inesperta perché solo titolare del patentino A1, e cioè di un'attestazione di idoneità psicofisica alla cavalcatura, e perché oggettivamente la B. era soltanto alla sua sesta lezione, quando avvenne la caduta. I Giudici di merito hanno dunque accertato che nel caso specifico le caratteristiche erano quelle integranti la pericolosità dell'attività svolta dal gestore del maneggio, in quanto proprietario o utilizzatore dei cavalli. Poiché, dunque, vi è presunzione di colpa a carico dell'esercente attività pericolosa ai sensi dell'art. 2050 c.c., è questi che deve provare di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno. Tuttavia la presunzione di responsabilità di cui all'art. 2050 c.c. per le attività pericolose come è stata inquadrata la fattispecie in oggetto può essere vinta solo con una prova particolarmente rigorosa, poiché è posto a carico dell'esercente l'attività pericolosa l'onere di dimostrare l'adozione di tutte le misure idonee ad evitare il danno occorre cioè dare anche la prova di avere impiegato ogni cura o misura atta ad impedire l'evento dannoso oltre che di non avere commesso violazione delle norme di legge o di comune prudenza , di guisa che anche il fatto del danneggiato o del terzo può produrre effetti liberatori solo se per la sua incidenza e rilevanza sia tale da escludere, in modo certo, il nesso causale tra l'attività pericolosa e l'evento, e non già quando costituisce elemento concorrente nella produzione del danno, inserendosi in una situazione di pericolo che ne abbia reso possibile l'insorgenza a causa delle idoneità delle misure preventive adottate Cass., 29.4.1991, n. 4710 .” Cass. n. 6888/2005 . Le considerazioni del Giudice di legittimità, seppure riferite all’attività di gestione del maneggio possono essere applicate al caso in esame non solo perché è convenuto il Centro Ippico, ma anche perché anche l’attività di organizzazione e di gestione di un corso di equitazione si presta a poter essere classificata o meno come attività pericolosa o meno sulla base degli stessi criteri, cioè principalmente sul livello di esperienza dei cavalieri partecipanti al corso. Nel caso in esame se è vero che si trattava di un corso di formazione avanzata è pur vero che la stessa Di V. ha dichiarato, al momento dell’iscrizione, di essere titolare del patentino A/1 e di aver praticato ippoterapia per oltre un anno. Tralasciando il significato di tale ultima affermazione, suscettibile di rilevare, come vedremo meglio in seguito, ai fini dell’applicazione dell’art. 1227 c.c., si osserva come sia l’istruttore che l’organizzatrice del corso fossero ben consapevoli della poca esperienza dell’attrice. La teste P. A., organizzatrice del corso, presente al momento della caduta da cavallo dell’attrice precisa che la Di V. era stata messa nel gruppo con minore competenza, al quale, per tale motivo, furono dati i cavalli migliori. Inoltre, precisa che la patente A1, che l’attrice aveva dichiarato di possedere al momento dell’iscrizione al corso, viene rilasciata all’atto di iscrizione ed equivale ad un’autorizzazione a montare, mentre la patente B viene rilasciata dopo un esame che attesta la capacità del cavaliere. Anche l’istruttore A. P. dichiara che, al momento dell’incidente, stava facendo una lezione di gruppo per i cavalieri meno esperti e che l’attrice chiese di poter galoppare ancora, venendo autorizzata dallo stesso istruttore, che dette il proprio consenso, vedendo che si stava sciogliendo. Inoltre, sempre il P. precisa che dopo l’incidente la segreteria verificò se la Di V. avesse già il brevetto F.I.S.E., necessario ad effettuare l’esame finale e l’esito fu negativo. Dall’istruttoria espletata risulta quindi che l’unico titolo che aveva l’attrice al momento della frequentazione del corso era la patente A, che non costituisce altro che un’autorizzazione a montare e non un brevetto rilasciato in esito ad un esame nel corso del quale vengono testate le capacità del cavaliere. Gli organizzatori del corso erano pertanto edotti o potevano essere comunque edotti del fatto che la capacità della Di V. fosse quella di un principiante e poco importa che la stessa avesse dichiarato di aver frequentato per un anno il corso di ippoterapia, durante il corso triennale di terapia. Del resto, anche la dinamica dell’incidente, in base alle parole dei testi P. e P. si rivela abbastanza banale, se non fosse per l’inesperienza dell’attrice, che, di fatto, non riuscì a gestire il passaggio dal trotto al galoppo. Il parametro normativo di riferimento della fattispecie è pertanto costituito dall’art. 2050 c.c. piuttosto che dall’art. 2052 c.c. Il corso di equitazione svolto con la partecipazione di soggetti pressoché inesperti è pertanto attività pericolosa. Dando atto dell’avvenuta prova anche perché non contestato del nesso causale tra il danno lamentato dalla Di V. ed il corso di equitazione, resta da vedere se nel caso di specie fossero state adottate o meno tutte le cautele idonee ad evitare il danno. La risposta deve essere negativa. In primo luogo lo stesso istruttore del corso non sapeva che la Di V. fosse priva del brevetto F.I.S.E. necessario per effettuare l’esame finale del corso, cosa che fu verificata solo dopo la caduta. In secondo luogo, sempre l’istruttore, si era comunque reso conto che l’attrice non era particolarmente esperta, dato che autorizzò un’attività ulteriore di galoppo per premiarne l’entusiasmo e perché si stava rendendo conto che la stessa si stava sciogliendo. In terzo luogo, prima di autorizzare la Di V. a continuare, mentre gli altri erano scesi, l’istruttore chiese se la stessa era stanca, segno che aveva dei dubbi in ordine alle capacità dell’attrice. In quarto luogo, come osservato dalla giurisprudenza di legittimità sopra citata, la prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno è particolarmente rigorosa, occorre cioè dare anche la prova di avere impiegato ogni cura o misura atta ad impedire l'evento dannoso oltre che di non avere commesso violazione delle norme di legge o di comune prudenza ”. Nel caso in esame la convenuta Università degli Studi non ha dato la prova di aver usato tutte le cautele idonee ad evitare il danno, posto che sono emerse delle lacune di non poco conto nel consentire la partecipazione al corso di un soggetto poco esperto. Considerato che il corso era stato organizzato dall’Università degli Studi, anche se avvalendosi della struttura e dei cavalli del Centro Ippico, né all’Equigest s.r.l., non è riferibile a questi ultimi alcuna responsabilità in ordine al sinistro verificatosi. Nel caso in esame infatti il parametro normativo all’interno del quale sussumere la fattispecie concreta è stato individuato nello svolgimento dell’attività pericolosa di cui all’art. 2050 c.c. Tale attività deve necessariamente individuata in quella di organizzazione di un corso di equitazione riconducibile esclusivamente all’Università di Firenze, che chiamò anche l’istruttore che doveva impartire le lezioni. Inoltre, era l’Università a selezionare i partecipanti al corso, verificando al relativa esperienza, con la conseguenza che né il Centro Ippico, né la Equigest s.r.l. potevano adottare tutte le misure idonee ad evitare il danno cagionato a terzi di cui non avevano potuto, di fatto, verificare la capacità di stare a cavallo quanto al Centro Ippico che ne era il proprietario e di entrare al maneggio quanto all’Equigest s.r.l., che aveva in comodato il maneggio dove si svolgevano le lezioni . Non può essere quindi ritenuto responsabile chi ha messo a disposizione la struttura ed i cavalli per lo svolgimento di un’attività che sono i terzi ad organizzare, anche con riferimento alla selezione dei partecipanti alle lezioni di equitazione. Il soggetto esercente l’attività pericolosa di gestione di un corso di equitazione cui partecipino cavalieri inesperti è pertanto da considerare nell’ipotesi in esame solamente l’Università degli Studi di Firenze. Nondimeno, quest’ultima non può essere ritenuta la sola responsabile dell’evento di danno, essendo configurabile, ex art. 1227 c.c., anche il concorso di colpa dell’attrice, che ha voluto prendere parte ad un corso di equitazione avanzata, nonostante disponesse della sola patente A/1, cioè di una mera autorizzazione a cavalcare, che presuppone il solo possesso dei requisiti psico-fisici per lo svolgimento dell’attività ippica. Inoltre la stessa aveva dichiarato al momento dell’iscrizione, di aver preso parte per un anno ai corsi di ippoterapia al corso triennale di equitazione, accreditando, in parte, il possesso di un’esperienza di cui era invece priva. È bene precisare che tale comportamento della convenuta non assume valore assorbente nell’ambito della dinamica causale del sinistro, posto che l’organizzazione del corso avrebbe ben dovuto rifiutare la partecipazione di un soggetto inesperto dotato della sola patente A/1 , mentre, invece, non fece alcuna verifica in merito, come attestato dal fatto che, solo dopo l’incidente, fu accertata la mancanza del brevetto F.I.S.E. necessario per l’esame finale del corso. È pertanto possibile quantificare nel 30% per cento, considerata l’avventata decisione dell’istruttore che autorizzò il supplemento dell’attività di galoppo, il concorso di colpa della parte attrice nell’eziologia dell’evento e procedere quindi alla quantificazione del risarcimento dovuto. A tal fine è stata espletata una c.t.u. medica, che ha consentito di rilevare che per effetto della caduta si verificò l’evento di danno costituito dalla frattura della seconda vertebra lombare e da un’infrazione pertrocanterica dell’anca destra, in conseguenza della quale l’attrice ha subito anche un intervento chirurgico. Ne sono derivati i seguenti danni-conseguenza 6 mesi di I.T.T. 3 mesi di I.T.P. al 50% 4 mesi di I.T.P. al 25 % postumi permanenti pari al 25%. Liquidando tali voci di danno in base alle c.d. Tabelle di Milano secondo quanto prescritto dalla giurisprudenza di legittimità, con la sentenza della Corte di Cass. n. 12408/2011 , si ottengono i seguenti importi - 6 mesi di I.T.T. € 91,00 al giorno € 16.380,00 - 3 mesi di I.T.P. al 50% € 45,5 al giorno € 4.095,00 - 4 mesi di I.T.P. al 25 % € 22,75 al giorno € 2.730,00 - per la diminuzione permanente dell’integrità fisica pari al 25% in soggetto che all’epoca del sinistro aveva 30 anni € 74.379,015, partendo dal punto base di € 3.479,72. Aumentando il punto base ad € 4.906,41 in modo da comprendere il pregiudizio non patrimoniale riconducibile sia alla sofferenza patita in considerazione della tipologia dell’incidente ed al lungo periodo di infermità che ne è conseguito, alla necessità di un intervento chirurgico e dei cicli di riabilitazione che la Di V. dovrà fare periodicamente due-tre volte all’anno , si perviene alla somma complessiva di € 104.875,00. A titolo di danno biologico viene pertanto la somma complessiva di € 128.080,00. In considerazione del concorso di colpa dell’attrice, occorre decurtare tale importo del 30% pervenendo alla cifra di € 89.656,00. Tale importo deve essere devalutato all’epoca del sinistro 7 febbraio 2000 pervenendo alla somma di € 69.989,07, sulla quale devono essere applicati gli interessi e la rivalutazione, pervenendo all’importo totale di € 113.601,38, che devono essere liquidati in favore della parte attrice. A titolo di danno patrimoniale emergente sono stati poi riconosciuti congrui dal c.t.u. € 1.200,00 per spese mediche. Considerato che l’Università degli Studi di Firenze ha chiamato in causa la Fondiaria S.p.a. ed ha prodotto il contratto di assicurazione, quest’ultima deve essere condannata a tenere indenne la prima di quanto la stessa viene condannata a pagare alla Di V In conseguenza del rigetto della domanda nei confronti del Centro Ippico Le Q.” resta invece assorbita la domanda nei confronti della Helvetia Assicurazioni. In conseguenza della parziale soccombenza della parte attrice sul quantum del risarcimento, devono essere compensate per un terzo le spese giudiziali, mentre i restanti due terzi devono essere posti a carico dell’Università degli Studi di Firenze. La parte attrice deve essere condannata a pagare al Centro Ippico Le Q.” le spese del presente giudizio, in virtù del principio di soccombenza. Il Centro Ippico Le Q.” deve essere condannato a pagare alla Helvezia Assicurazioni le spese del presente giudizio. Le spese di c.t.u. devono essere compensate tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Prato, definitivamente pronunziando, ogni altra domanda ed eccezione respinta, dichiara la contumacia di Fondiaria s.p.a. e di Equigest s.r.l. condanna l’Università degli Studi di Firenze a pagare a L. di V. - € 113.601,38, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale - € 1.200,00 a titolo di risarcimento del danno patrimoniale per spese mediche, oltre interessi legali dalla data dei singoli esborsi al saldo condanna la Fondiaria s.p.a. a tenere indenne l’Università degli Studi di Firenze di quanto la stessa è condannata a pagare alla parte attrice condanna il Centro Ippico Le Q.” a pagare all’Helvezia Assicurazioni le spese del presente giudizio, che si liquidano in € 2.000,00 per diritti, € 3.000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e c.a.p. di legge rigetta la domanda proposta da L. Di V. contro il Centro Ippico Le Q.” rigetta la domanda proposta dal Centro Ippico Le Q.” contro Equigest s.r.l. ed Helvetia Assicurazioni condanna l’Università degli Studi di Firenze a pagare a Di V. L. due terzi delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 330,00 per spese, € 3.000,00 per diritti, € 4.000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e c.a.p. di legge condanna Di V. L. a pagare al Centro Ippico Le Q.” le spese del presente giudizio, che si liquidano in € 3.000,00 per diritti, € 4.000,00 per onorari, oltre I.V.A. e c.a.p. di legge spese di c.t.u. compensate tra le parti.