Rapporto tra espropriazione presso terzi e concordato preventivo

Nel concordato preventivo non trova applicazione il meccanismo dello spossessamento il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, sicchè è legittimo il pagamento effettuato dal debitor debitoris in esito a pignoramento presso terzi trascritto prima della pubblicazione della domanda di concordato preventivo, purchè l’ordinanza di assegnazione ex art. 533 c.p.c. sia anch’essa antecedente a detta pubblicazione.

Questo il principio di diritto espresso dalla Suprema Corte, sez. I Civile, sentenza n. 3850/21, che ha fornito una puntuale ricostruzione della giurisprudenza formatasi in materia e chiarito la differenza tra i poteri concessi al fallito , rispetto al debitore soggetto a concordato preventivo . Il caso riguardava una società in liquidazione in concordato preventivo che, in data 25.3.2013, concedeva in locazione un immobile sito in Ferrara. Il successivo 25.6.2013 la domanda di ammissione al concordato veniva iscritta nel registro delle imprese e l’Ente di riscossione pignorava la somma di euro 20.725,25 ai sensi dell’art. 72 bis del dpr n. 602/1973, nei confronti della conduttrice, quale importo dovuto per il suddetto rapporto locatizio. Il debitor debitoris corrispondeva il canone direttamente all’Ente ma, successivamente, la locatrice chiedeva ed otteneva un decreto ingiuntivo di pagamento della menzionata somma di euro 20.725,25 nei confronti della conduttrice. Quest’ultima formulava opposizione, che veniva respinta dal Tribunale. In sede di appello, la Corte di Bologna revocava il decreto, osservando che non poteva trovare applicazione l’art. 44 l. fall. nell’ambito di una procedura di concordato e che, ai sensi dell’art. 168 l. fall., il creditore preconcordatario accipiente non è obbligato a restituire alla massa quanto indebitamente percepito ma ha comunque efficacia liberatoria il pagamento, per il debitor debitoris che adempia, nel corso del concordato preventivo e prima della dichiarazione di fallimento, all’ordinanza di assegnazione del credito disposta nella esecuzione individuale, iniziata contro il medesimo debitore. Aggiungeva, inoltre, che seppure il pignoramento eseguito dall’Ente di riscossione poteva essere dichiarato nullo, tale nullità non era stata fatta valere con apposita opposizione all’esecuzione e che, il pagamento contestato non aveva neppure comportato una lesione della par condicio creditorum , atteso il carattere privilegiato del credito. Avverso la sentenza di gravame è stato interposto ricorso in Cassazione dalla società locatrice, affidato a tre motivi, tutti sussumibili in un unico rilievo l’inapplicabilità al caso di specie dell’art. 169 della l. fall., nella formulazione antecedente alla riforma del 2012, così come applicato dalla Corte di merito, in ossequio ad un indirizzo giurisprudenziale non più attuale. I motivi, tuttavia, sono stati ritenuti inammissibili dal Collegio, poiché non è stata contestata la seconda delle rationes decidendi poste a sostegno della decisione e di per sé idonea a sostenere la pronuncia e cioè l’asserzione secondo cui il pagamento effettuato dal debitor debitoris si era stabilizzato poiché la locatrice non aveva proposto opposizione all’esecuzione ed essendo, inoltre, il detto pagamento non lesivo della par condicio creditorum. Gli Ermellini, però, sono andati anche oltre, ritenendo necessario esprimere un principio nell’interesse della legge, onde chiarire ciò che differenzia la disciplina concordataria da quella del fallimento. Dal giorno della dichiarazione di fallimento, nessuna azione individuale esecutiva o cautelare può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento, anche per i crediti maturati durante tale procedura. Ai sensi dell’art 44 l.fall., inoltre, tutti gli atti compiuti dal fallito ed i pagamenti eseguiti dopo la declaratoria di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori, poiché egli è privo dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni. A lui è sottratta anche la legittimazione processuale nelle controversie. Anche in ambito concordatario, dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono , sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore. Tuttavia, l’art. 169 l.fall. non richiama l’art. 44, pertanto, il debitore concordatario conserva il diritto di esercitare le azioni o di resistervi nei confronti dei terzi, a tutela del proprio patrimonio. Ciò perché il commissario giudiziale non subentra nella disponibilità del suo patrimonio e non ha potere di rappresentanza processuale, a differenza del curatore fallimentare si parla, infatti, in proposito di spossessamento attenuato ”, poiché il debitore concordatario conserva proprietà, amministrazione e disponibilità dei propri beni, sotto la vigilanza del commissario giudiziale. Da ciò ne deriva che è legittimo il pagamento effettuato dal debitor debitoris in esito ad un pignoramento presso terzi trascritto prima della pubblicazione della domanda di concordato preventivo, ove l’ordinanza di assegnazione di cui all’art. 533 c.p.c. sia anch’essa antecedente a detta pubblicazione, quantunque il pagamento venga invece effettuato successivamente ad essa.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 9 settembre 2020 – 15 febbraio 2021, n. 3850 Presidente Genovese – Relatore Di Marzio Fatti di causa 1. - Sinteco Real Estate S.p.A., poi Sinteco Holding S.r.l. in liquidazione in concordato preventivo, ha concesso in locazione a Ferrovie Emilia-Romagna S.r.l., con contratto del 25 marzo 2013, un immobile situato in omissis , verso il canone di Euro 120.000,00 annui, oltre accessori. 2. - Formulata dalla società locatrice domanda di ammissione al concordato preventivo, iscritta nel Registro delle imprese il 25 giugno 2013, Equitalia Centro S.p.A., poi Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A., ha pignorato presso Ferrovie Emilia-Romagna S.r.l., con atto notificato il 27 gennaio 2014, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 72 bis la somma di Euro 20.725,25 da essa Ferrovie Emilia-Romagna S.r.l. dovuta per canone di locazione a Sinteco Real Estate S.p.A., somma che il debitor debitoris ha poi corrisposto ad Equitalia Centro S.p.A 3. - Successivamente Sinteco Real Estate S.p.A. ha chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Ferrara, nei confronti di Ferrovie Emilia-Romagna S.r.l., decreto ingiuntivo di pagamento della menzionata somma di Euro 20.725,25, poiché dovuta in forza del contratto di locazione, oltre accessori e spese. 4. - Ferrovie Emilia-Romagna S.r.l. ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo, chiamando in pari tempo Equitalia Centro S.p.A., opposizione che l’adito Tribunale di Ferrara, nel contraddittorio con la società opposta e con la chiamata, ha respinto, ritenendo in breve che la conduttrice, nel corrispondere la somma di Euro 20.725,25 a Equitalia Centro S.p.A. avesse pagato male. 5. - Contro la sentenza hanno spiegato appello principale ed incidentale Ferrovie Emilia-Romagna S.r.l. e Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A., mentre Sinteco Holding S.r.l. in liquidazione in concordato preventivo ha resistito alle impugnazioni. 6. - La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 9 marzo 2017, pronunciando in totale riforma della sentenza impugnata, ha revocato il decreto ingiuntivo, condannando Sinteco Holding S.r.l. in liquidazione in concordato a restituire a Ferrovie Emilia-Romagna S.r.l. quanto corrisposto in esecuzione di esso e regolando le spese di lite in applicazione del principio di soccombenza. 7. - Ha osservato la Corte territoriale - che nella procedura di concordato preventivo non trova applicazione la L.Fall., art. 44, neppure essendo dotata la procedura concordataria di un ufficio abilitato all’esercizio delle azioni revocatorie - che la L.Fall., art. 168, comma 1, che fa divieto ai creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore dalla data della presentazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, se sottrae il creditore preconcordatario accipiente all’obbligo di restituire alla massa quanto indebitamente percepito, non priva di efficacia liberatoria il pagamento, per il debitor debitoris che adempia, nel corso del concordato preventivo e prima della dichiarazione di fallimento, all’ordinanza di assegnazione del credito disposta nella esecuzione individuale iniziata contro il medesimo debitore - che, pur potendo essere dichiarato nullo il pignoramento intimato da Equitalia Centro S.p.A. ai sensi della L.Fall., art. 168, attraverso un’opposizione presentata all’interno del procedimento esecutivo, il pagamento effettuato a seguito del pignoramento era valido ed efficace per il debitore, stante il mancato richiamo alla L.Fall., art. 44 da parte dell’art. 169 stessa legge - che la nullità del pignoramento avrebbe quindi dovuto essere fatta valere con un’opposizione all’esecuzione che, viceversa, non era stata proposta, nonostante il pignoramento presso terzi fosse stato notificato a Sinteco Real Estate S.p.A. - che, d’altro canto, il detto pagamento neppure aveva comportato una lesione della par condicio creditorum, atteso il carattere privilegiato del credito di Equitalia Centro S.p.A 8. - Per la cassazione della sentenza Sinteco Holding S.r.l. in liquidazione in concordato preventivo ha proposto ricorso affidato a tre motivi ed illustrato da memoria. Ferrovie Emilia-Romagna S.r.l. e Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A. hanno resistito con distinti controricorsi. La prima ha anche depositato memoria. Ragioni della decisione 1. - Il ricorso contiene tre motivi. 1.1. - Il primo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione della L.Fall., artt. 44, 161, 168, 169 e art. 1189 c.p.c Sostiene la società ricorrente che la Corte d’appello avrebbe deciso il caso sulla base di un indirizzo giurisprudenziale datato Cass. 26036/2005 Cass. 24476/2008 Cass. 11660/2016 , formatosi in riferimento alla formulazione della L.Fall., art. 168 antecedente alla riforma del 2012, con la quale riforma la domanda di ammissione al concordato preventivo era stata sottoposta al requisito pubblicitario dell’iscrizione nel Registro delle imprese, tale da comportarne l’opponibilità ai terzi. Pertanto sia il pignoramento che il pagamento che ne era seguito dovevano ritenersi effettuati in mala fede con conseguente inapplicabilità dell’effetto liberatorio contemplato dall’art. 1189 c.c. 1.2. - Il secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione della L.Fall., artt. 44, 161, 168 e 169 a seguito del mancato rilievo di incostituzionalità dell’art. 169 citato laddove non richiama l’art. 44, comma 2. 1.3. - Il terzo mezzo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, fatto costituito dall’avvenuta pubblicazione presso il Registro delle imprese, in data 25 giugno 2013, nella domanda di concordato preventivo. 2. - Il ricorso è inammissibile. 2.1. - I tre motivi, tutti fondati, nella sostanza, sul rilievo della previsione secondo cui la domanda di ammissione al concordato preventivo è stata dalla legge sottoposta al requisito pubblicitario dell’iscrizione nel Registro delle imprese, il che renderebbe non più attuale l’indirizzo giurisprudenziale, di cui si parlerà più avanti, recepito dalla sentenza impugnata, possono essere trattati simultaneamente. Essi sono inammissibili. 2.2. - Come si è visto in espositiva, la Corte d’appello ha accolto l’impugnazione, e con essa l’opposizione a decreto ingiuntivo, adottando una duplice ratio decidendi consistente - da un lato nel richiamo a principii affermati da questa Corte di cui tra breve si dirà - dall’altro lato nell’asserzione secondo cui la nullità del pignoramento, discendente, secondo il giudice di merito, dall’applicazione di quei principii, avrebbe dovuto essere fatta valere con opposizione all’esecuzione, invece non proposta, con conseguente stabilizzazione del pagamento effettuato dal debitor debitoris, tanto più che detto pagamento neppure aveva comportato una lesione della par condicio creditorum, atteso il carattere privilegiato del credito di Equitalia Centro S.p.A 2.3. - In tale contesto, le censure non toccano la seconda delle due rationes decidendi poste come si è detto a sostegno della decisione impugnata, ratio decidendi, quella non censurata, di per sé idonea a sostenere la pronuncia e cioè, il nucleo argomentativo su cui il motivo si regge - la sottolineatura della novella che ha assoggettato la domanda di concordato preventivo ad uno specifico regime pubblicitario - non attacca la sentenza impugnata laddove essa ha ritenuto che il pagamento effettuato da Ferrovie Emilia-Romagna S.r.l. in favore di Equitalia Centro S.p.A. si fosse stabilizzato per non avere Sinteco Real Estate S.p.A. proposto opposizione all’esecuzione, essendo inoltre il pagamento non lesivo della par condicio. Ora, il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione medesima Cass. 25 febbraio 2004, n. 3741 Cass. 23 marzo 2005, n. 6219 Cass. 17 luglio 2007, n. 15952 Cass. 19 agosto 2009, n. 18421 . In particolare è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione Cass. 10 agosto 2017, n. 19989 . Ove poi la sentenza sia come in questo caso sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso la cassazione della sentenza tra le tante, Cass. 27 luglio 2017, n. 18641 Cass. 18 aprile 2017, n. 9752 Cass. 3 novembre 2011, n. 22753 . 3. - Va affermato nell’interesse della legge il principio che infine si esporrà. 3.1. - Quanto alle decisioni di questa Corte richiamate nella sentenza impugnata, occorre dire che la ricorrente mostra di ritenere che l’indirizzo giurisprudenziale menzionato nello svolgimento dei motivi Cass. 24476/2008 e Cass. 11660/2016, citate dalla Corte d’appello, unitamente a Cass. 26036/2005, ricordata in ricorso esprima un orientamento univoco e si attagli, in linea di principio, al caso in esame. Entro tale inquadramento, il punto di frizione tra l’opinione manifestata dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata e quella sostenuta dalla ricorrente in questa sede risiede in ciò, che, secondo quest’ultima, la ricorrente, tale indirizzo sarebbe divenuto inattuale a seguito della novella della L.Fall., art. 161, comma 5, in forza del quale la domanda di concordato è pubblicata, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria v. D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 33, comma 1, lett. b, n. 3 . 3.2. - Viceversa, l’orientamento richiamato dalla ricorrente, e che sarebbe divenuto obsoleto a seguito dell’introduzione della previsione normativa della pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese, non è richiamato a proposito, e la sopravvenuta modificazione del quadro normativo è del tutto ininfluente rispetto alla vicenda in esame. E cioè - Cass. 24476/2008, da un lato, e Cass. 11660/2016 e Cass. 26036/2005, dall’altro, esprimono principii non omogenei - detti principii non sono applicabili alla vicenda in discorso. Il quesito affrontato dalla giurisprudenza di questa Corte, nelle pronunce menzionate, concerne il se, una volta pervenuta al suo esito fisiologico la procedura di espropriazione presso terzi con la pronuncia dell’ordinanza di assegnazione del credito pignorato, la domanda di ammissione al concordato preventivo - beninteso domanda proposta successivamente al pignoramento presso terzi - da parte del debitore principale travolga il diritto del creditore di porre in esecuzione il provvedimento ottenuto nei confronti del terzo debitor debitoris o, egualmente, di trattenere le somme percepite dal medesimo a seguito di eventuale pagamento spontaneo. Il problema attiene all’applicazione della L.Fall., art. 168, comma 1, secondo cui, una volta esordita la procedura, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. La ratio di tale disposizione è senza dubbio la tutela della par condicio creditorum, che viene perseguita attraverso la nullità questo l’espresso dato normativo, ma è noto il dibattito sulla questione se di nullità si tratti effettivamente, oppure di inopponibilità di ogni procedura esecutiva intrapresa sul patrimonio del debitore. In un primo tempo è stato affermato che la norma di cui alla L.Fall., art. 168, comma 1, che fa divieto ai creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore dalla data della presentazione del ricorso per l’ammissione al concordato fino al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione , non può ritenersi legittimamente applicabile anche al pagamento del terzo pignorato effettuato in adempimento dell’ordinanza di assegnazione del credito. Il procedimento di concordato preventivo non prevede la possibilità di revocatorie o di azioni ai sensi della L.Fall., art. 44, e nemmeno è fornito di un ufficio abilitato ad agire in tal senso, essendo applicabili, in virtù del richiamo di cui all’art. 169 legge cit., soltanto le disposizioni degli artt. da 55 a 63 medesima legge. Pertanto, il pagamento di un debito preconcordatario è in sé legittimo, in quanto atto di ordinaria amministrazione, purché non integri l’ipotesi di un atto diretto a frodare le ragioni dei creditori , e, quindi, sanzionabile con la dichiarazione di fallimento ai sensi dell’art. 173, comma 2 Cass. 29 novembre 2005, n. 26036, concernente la seguente sequenza temporale ordinanza di assegnazione del 28 dicembre 1993, domanda di concordato del 4 febbraio 1994, pagamento del terzo pignorato del 9 febbraio 1994 . Il tutto sul presupposto che l’ordinanza di assegnazione del credito, per la sua natura liquidativa e satisfattiva, segna, col trasferimento coattivo del credito dal debitore esecutato assegnante al creditore pignorante assegnatario , il momento finale e l’atto giurisdizionale conclusivo del processo di espropriazione presso terzi. Insomma, se l’esecuzione presso terzi si conclude, con l’ordinanza di assegnazione, prima che la procedura concordataria abbia inizio, il debitor debitoris deve ottemperare all’ordinanza, pagando al creditore pignorante, ed effettuando cioè un’attività materiale meramente esecutiva del comando giudiziale, anche se medio tempore il debitore principale abbia chiesto il concordato. Successivamente è stato per contro sostenuto che il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore, previsto dalla L.Fall., art. 168, comma 1, comporta che i debiti sorti prima dell’apertura della procedura non possono essere estinti fuori dall’esecuzione concorsuale pertanto ove, prima di tale momento, sia stata iniziata da un creditore l’espropriazione presso terzi avente ad oggetto un credito tributario, il terzo pignorato, che sia stata portata a conoscenza del concordato, non deve sottostare al precetto intimato dal creditore assegnatario delle somme, ma, essendo venuto meno il presupposto dell’esecuzione individuale, deve opporsi all’atto di precetto ex art. 615 c.p.c., allegando il venir meno dell’obbligo di pagare Cass. 26 giugno 2007, n. 14738, concernente ordinanza di assegnazione del 15 novembre 1994 e successiva ammissione al concordato preventivo, all’esito della quale il debitor debitoris, che era nell’occasione l’amministrazione delle finanze, aveva revocato la disposizione di pagamento in favore del creditore principale, già impartita in ossequio all’ordinanza di assegnazione . Quest’ultimo principio, difforme dal precedente giacché nega che, una volta conclusa l’esecuzione presso terzi con l’ordinanza di assegnazione, non resti altro da fare che pagare, nonostante il sopravvenire del concordato , non risulta aver avuto seguito, mentre è stato successivamente affermato che la norma di cui alla L.Fall., art. 168, comma 1, se non sottrae il creditore preconcordatario accipiente all’obbligo di restituire alla massa quanto indebitamente percepito, non priva di efficacia liberatoria il medesimo pagamento per il debitor debitoris che adempia, nel corso del concordato preventivo e prima della dichiarazione di fallimento, all’ordinanza di assegnazione del credito disposta nella esecuzione individuale anteriormente iniziata contro il medesimo debitore Cass. 2 ottobre 2008, n. 24476 . Qui la sequenza temporale è la seguente dopo il pignoramento presso terzi, il debitore principale propone domanda di ammissione al concordato preventivo in data 7 marzo 1992 il 20 marzo 1992, il pretore, a definizione della procedura esecutiva di pignoramento presso terzi, assegna al creditore la somma dovuta al debitore principale dal terzo pignorato, e il 2 aprile 1992 emette il mandato di pagamento della somma assegnata . La fattispecie differisce, cioè, da quella decisa difformemente dalle due sentenze già ricordate, dal momento che, nei casi già esaminati, sia il pignoramento che l’ordinanza di assegnazione avevano avuto luogo prima dell’inizio della procedura concordataria nel caso ora in questione, invece, il pignoramento aveva preceduto la domanda di concordato, mentre l’ordinanza di assegnazione aveva avuto luogo dopo che la procedura di concordato era esordita. Soluzione, quella sostenuta dall’ultima decisione citata, dunque, ben comprensibile, poiché la L.Fall., art. 168 preclude non solo l’introduzione di azioni esecutive individuali sul patrimonio del debitore, ma anche la loro prosecuzione prosecuzione nella specie concretizzatasi con l’adozione dell’ordinanza di assegnazione, ossia con la conclusione della procedura esecutiva, a concordato già iniziato. Riprendendo infine la posizione della pronuncia n. 26036 del 29 novembre 2005, la S.C. ha più di recente ribadito che la norma di cui alla L.Fall., art. 168, comma 1 . non può ritenersi legittimamente applicabile anche al pagamento del terzo pignorato effettuato in adempimento dell’ordinanza di assegnazione del credito e questo perché il procedimento di concordato preventivo non prevede, di fatto, la possibilità di revocatorie o di azioni ai sensi della L.Fall., art. 44, e nemmeno è fornito di un ufficio abilitato ad agire in tal senso, . sicché il pagamento di un debito preconcordatario deve ritenersi in sé legittimo, in quanto atto di ordinaria amministrazione, purché non integri l’ipotesi di un atto diretto a frodare le ragioni dei creditori e, quindi, sanzionabile con la dichiarazione di fallimento ai sensi dell’art. 173, comma 2 Cass. 7 giugno 2016, n. 11660 . Ora, come rilevato in quest’ultima pronuncia, e come si è già evidenziato, nel caso deciso dalla precedente Cass. n. 24476/2008, l’ordinanza di assegnazione del credito pignorato era intervenuta in momento successivo alla presentazione della domanda di concordato da parte del debitore esecutato e dunque doveva correttamente discutersi di somme indebitamente percepite dal creditore principale, in quanto versate nell’osservanza di un provvedimento da qualificarsi illegittimo, poiché emesso in situazione di blocco ex lege, secondo la L.Fall., art. 168 bis, della procedura esecutiva. In breve, il quadro derivante dalle decisioni menzionate, avuto riguardo al dato normativo odierno, considerando isolato e recessivo il precedente del 2007, si può riassumere così - se l’esecuzione presso terzi, introdotta prima della pubblicazione della domanda di concordato preventivo, è già pervenuta alla ordinanza di assegnazione, gli effetti di essa rimangono fermi v. art. 187 bis disp. att. c.p.c. , sebbene il pagamento sia successivo all’inizio della procedura concordataria difatti, l’ordinanza di assegnazione del credito, emessa ai sensi dell’art. 553 c.p.c. in presenza della dichiarazione positiva del terzo, per la sua natura liquidativa e satisfattiva, segna, col trasferimento coattivo del credito dal debitore esecutato assegnante al creditore pignorante assegnatario , il momento finale e l’atto giurisdizionale conclusivo del processo di espropriazione presso terzi Cass. 29 ottobre 2003, n. 16232 Cass. 28 giugno 2000, n. 8813 . - in ipotesi di assegnazione nella esecuzione presso terzi, occorre distinguere, però, il caso dell’assegnazione anteriore alla trascrizione della domanda di concordato e quello dell’assegnazione, all’esito di un pignoramento tuttavia anteriore, successiva alla trascrizione della domanda di concordato nel primo caso il debitor debitoris è liberato ed il creditore principale trattiene quanto pagato nel secondo caso il debitor debitoris è liberato, ma il creditore principale deve restituire alla massa la somma pagata. Varrà a questo punto osservare, come si premetteva, che i principii menzionati non si attagliano al caso in esame, il quale si differenzia per il fatto che il pignoramento era in questo caso successivo alla domanda di ammissione al concordato preventivo, con conseguente iscrizione nel Registro delle imprese siamo in presenza, cioè, non di una procedura di concordato preventivo esordita ad esecuzione presso terzi pendente, e tantomeno di una procedura concordataria iniziata ad esecuzione presso terzi ormai conclusa, per effetto dell’ordinanza di assegnazione, bensì di un concordato domandato prima del pignoramento domanda di ammissione al concordato del 21 giugno 2013 notifica pignoramento 27 gennaio 2014 pagamento da FER a Equitalia 4 febbraio 2014 , quando l’effetto di automatic stay previsto dalla L.Fall., art. 168, comma 1 si era già prodotto. 3.3. - Detto questo, ciò che occorre chiarire, e che sollecita la pronuncia del principio di diritto nell’interesse della legge, è che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l’assetto fino ad ora esaminato, che differenzia la disciplina concordataria da quella del fallimento, in particolare con riguardo all’omesso richiamo in tema di concordato della L.Fall., art. 44, non è frutto di un difetto di coordinamento, tale da interpellare la Corte addirittura sulla costituzionalità della previsione, ma della chiara logica del sistema. La L.Fall., art. 51, che apre la sezione dedicata agli effetti del fallimento per i creditori, stabilisce che, salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento. Formula, quella dettata dall’art. 51, sostanzialmente sovrapponibile al precetto posto dalla L.Fall., art. 168, comma 1, ove è detto che dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. In ambito fallimentare, però, trova altresì applicazione la disposizione dettata dall’art. 44, comma 1 secondo cui tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori. Norma sulla quale si fonda il principio - diverso da quello operante in materia concordataria - secondo cui, in caso di fallimento del debitore già assoggettato ad espropriazione presso terzi, il pagamento eseguito dal debitor debitoris al creditore che abbia ottenuto l’assegnazione del credito pignorato ex art. 553 c.p.c., è inefficace, ai sensi dell’art. 44 citato, qualora intervenuto successivamente alla dichiarazione di fallimento Cass. 8 giugno 2020, n. 10867 . E, nel frangente considerato, in caso di fallimento del debitore già assoggettato ad espropriazione presso terzi, è data al curatore l’azione revocatoria fallimentare del pagamento eseguito dal debitor debitoris Cass. 3 novembre 2016, n. 22160 Cass. 19 luglio 2016, n. 14779 Cass. 17 dicembre 2015, n. 25421 . Ma la L.Fall., art. 44 è un corollario anzitutto del precedente art. 42, in forza del quale la sentenza dichiarativa di fallimento priva il fallito dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni , nonché dell’art. 43, che sottrae al fallito la legittimazione processuale nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale compresi nel fallimento, attribuendola al curatore. In tal senso è stato anche di recente evidenziato che il citato art. 44 rappresenta la proiezione del cd. spossessamento sostanziale e processuale tracciato dai precedenti artt. 42 e 43 . in attuazione del principio della cristallizzazione , alla data del fallimento, dei rapporti facenti capo al fallito così la citata Cass. 8 giugno 2020, n. 10867 . Viceversa, in ambito concordatario, la L.Fall., art. 169 a ragione non richiama l’art. 44. La procedura di concordato preventivo comporta il trasferimento agli organi della procedura non della proprietà dei beni e della titolarità dei crediti, ma solo dei poteri di gestione finalizzati alla liquidazione, con la conseguenza che il debitore concordatario conserva il diritto di esercitare le azioni o di resistervi nei confronti dei terzi, a tutela del proprio patrimonio. In tale contesto il commissario giudiziale, diversamente dal curatore fallimentare, non subentra nella disponibilità del patrimonio del debitore e non ha potere di rappresentanza processuale di quest’ultimo, nè della massa dei creditori. Essi, anche durante la pendenza della procedura di concordato preventivo, conservano la loro legittimazione ad agire nei confronti dell’imprenditore per ottenere l’accertamento delle loro pretese creditorie. Si discorre dunque in proposito di spossessamento attenuato , in quanto il debitore concordatario conserva, oltre alla proprietà, l’amministrazione e la disponibilità dei propri beni, salve le limitazioni connesse alla natura stessa della procedura. Quindi a differenza che nel fallimento, in cui il debitore è privato dei poteri di amministrazione patrimoniale che vengono trasferiti al curatore fallimentare, nel concordato preventivo il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale , secondo quanto stabilisce la L.Fall., art. 167, comma 1. Sicché può essere infine affermato il seguente principio. Nella disciplina del concordato preventivo, nella quale non trova applicazione il congegno di spossessamento previsto in ambito fallimentare dalla L.Fall., artt. 42-43, con la conseguente previsione di inefficacia dei pagamenti eseguiti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento, ai sensi del successivo art. 44, ma opera un diverso congegno di spossessamento attenuato in forza del quale il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale, è legittimo - salvo non ricorra l’ipotesi di frode sanzionabile con la dichiarazione di fallimento ai sensi dell’art. 173, comma 2 - il pagamento effettuato dal debitor debitoris in esito ad un pignoramento presso terzi trascritto prima della pubblicazione della domanda di concordato preventivo, ove l’ordinanza di assegnazione di cui all’art. 533 c.p.c. sia anch’essa antecedente a detta pubblicazione, quantunque il pagamento venga invece effettuato successivamente ad essa. 4. - Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso ed afferma nell’interesse della legge il principio indicato in motivazione, condannando la ricorrente al rimborso, in favore delle controricorrenti, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate, quanto ad ognuna di esse, in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.