Nella cessione dei beni nel concordato con continuità l’effetto purgativo non è scontato

Nell’ambito di un concordato con continuità aziendale, non è soggetta all’effetto purgativo l'assegnazione dell'immobile al socio di una cooperativa se tale assegnazione avviene in esecuzione di un piano di continuità gestionale dell'attività che ha portato alla conclusione degli alloggi rimasti incompiuti.

La Suprema Corte, con sentenza n. 23139/20, depositata il 22 ottobre, cassa con rinvio la decisione di prime cure che aveva considerato corretta l’applicazione dell’effetto purgativo con riguardo ad una cessione nell’ambito di un concordato con continuità. Il caso. Un architetto in forza di un decreto ingiuntivo iscriveva ipoteca sui beni una società cooperativa edilizia dedita all'attività di costruzione e assegnazione ai soci di beni immobili. Detta società veniva ammessa alla procedura di concordato preventivo sulla base di un piano che prevedeva, oltre alla liquidazione dei beni di proprietà della compagine, anche un piano di continuità gestionale dell'attività edile svolta, al fine di portare a termine i cantieri rimasti incompiuti e definire poi i contratti di assegnazione ai soci degli alloggi realizzati. Intervenuta l'omologa del concordato presentato, il giudice delegato disponeva - ai sensi del generale disposto dell'art. 108, comma 2, 1. fall. - la cancellazione dell'ipoteca iscritta dall’architetto a seguito dell'assegnazione dell'immobile ad un socio nell'ambito del piano di continuità gestionale nessuna cancellazione invece veniva ordinata rispetto all'ipoteca iscritta sul medesimo immobile da una banca a garanzia del pagamento del mutuo fondiario che l'assegnatario si era parzialmente accollato a saldo del residuo prezzo. Secondo il Tribunale andava applicato l’effetto purgativo anche all’assegnazione dell’immobile al socio della cooperativa. Il Tribunale rigettava il reclamo ritenendo che, a prescindere dalla natura del concordato ed anche volendo aderire alla tesi del reclamante secondo cui lo stesso doveva essere definito come concordato misto, il mancato richiamo all'interno dell'art. 186- bis l. fall. del precedente l'art. 108 non fosse sufficiente a escluderne l'applicazione. Una diversa scelta interpretativa infatti non solo avrebbe provocato un'ingiustificata disparità di trattamento per i creditori a seconda della tipologia di concordato prescelta, ma sarebbe stata anche incoerente con la relazione al disegno di legge che aveva introdotto il più recente disposto dell'art. 182, comma 5, l. fall., dove era stata resa esplicita l'intenzione del legislatore di eliminare qualsiasi dubbio circa l'applicazione dell'effetto purgativo pure nel caso in cui la cessione fosse stata attuata da un soggetto diverso dal liquidatore giudiziale. Concordato con continuità si applica l’art. 186- bis l. fall. Il concordato oggetto di ricorso aveva anche una componente di continuità e a tale proposito la stessa Corte di Cassazione ha di recente precisato che il concordato preventivo, in cui alla liquidazione atomistica di una parte dei beni dell'impresa si accompagni una componente di qualsiasi consistenza di prosecuzione dell'attività aziendale, rimane regolato nella sua interezza, salvi i casi di abuso dello strumento, dalla disciplina speciale prevista dall'art. 186- bis l. fall., che al primo comma espressamente contempla anche detta ipotesi fra quelle ricomprese nel suo ambito. che tuttavia non disciplina espressamente le modalità di liquidazione dei beni. Individuata nell'art. 186- bis l. fall. la norma di riferimento per la regolazione della procedura, tuttavia la stessa non disciplina espressamente le modalità con cui la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa debba avvenire. Per questo, secondo la Suprema Corte, non rimane quindi, per tale attività, che fare riferimento alla norma generale che regola la cessione dei beni nell'ambito generale del concordato, costituita dall'art. 182 I. fall. nei limiti della compatibilità. L’aspetto dirimente vendita concorsuale vs vendita relativa all’ordinaria attività. Gli Ermellini fanno una importante puntualizzazione un conto è la liquidazione che avvenga in esecuzione di un concordato che preveda la cessione dei beni dell'imprenditore per soddisfare il ceto creditorio un altro è la vendita dei beni che siano il frutto della continuazione dell'attività di impresa da parte dell'impresa in concordato. La prima attività assolve una funzione corrispondente a quella della liquidazione fallimentare ed è presieduta dal criterio del miglior soddisfacimento dei creditori. La seconda attività costituisce invece il naturale sfogo del ciclo produttivo di un'impresa operante sul mercato ed è presieduta dalle regole di libertà negoziale in funzione del conseguimento di un profitto d'impresa a cui il mercato si ispira, dato che in questo tipo di concordato i creditori che con l'approvazione del piano hanno valutato il rischio economico non in termini di probabile corrispettivo ottenibile in sede di liquidazione, ma di profitti che l'impresa riuscirà a raggiungere continuando la propria attività caratteristica trovano soddisfazione nei proventi che la continuazione dell'attività economica nel suo complesso riuscirà a produrre. Quando l’effetto purgativo è giustificato vendita competitiva. La necessaria competizione nell'ambito di una procedura pubblica di dismissione del bene, che muova dal suo prezzo di stima e favorisca la massima informazione e partecipazione di tutti i soggetti interessati al fine di assicurare il conseguimento del maggior risultato possibile e con esso la miglior soddisfazione dei creditori costituisce il coacervo di principi a cui intende far richiamo l'art. 182, comma 5, l. fall. e la cui applicazione giustifica l'effetto purgativo della vendita procedimentalizzata. Vendita sul mercato senza competizione niente effetto purgativo. La vendita di un bene sul mercato che sia il frutto della continuazione dell'attività di impresa non si ispira a questi criteri, ma si caratterizza per la libertà di iniziativa economica dell'imprenditore in concordato, il quale si rivolge al mercato di riferimento con l'obiettivo della massimizzazione del proprio profitto e addiviene alla vendita secondo le modalità di contrattazione - quanto a individuazione del cliente e del prezzo di vendita - che egli ritenga più opportune. Assegnazione dell’immobile al socio della cooperativa non andava applicato l’effetto purgativo. Nel caso di specie l'assegnazione dell'immobile al socio della cooperativa è avvenuta, pacificamente, in esecuzione di un piano di continuità gestionale dell'attività che ha portato alla conclusione degli alloggi rimasti incompiuti. Il trasferimento è stato quindi il frutto della continuazione dell'attività di impresa e non della liquidazione dei beni non funzionali all'esercizio della stessa. La logica che poi ha presieduto la vendita è stata la libera scelta del cessionario sul mercato senza il ricorso a una procedura competitiva e ad evidenza pubblica. Una simile modalità di individuazione dell'acquirente non è coerente con il sistema di norme che giustificano la cancellazione dei gravami da parte del giudice delegato e ostava quindi alla purgazione che il Tribunale ha invece convalidato. Dunque, ove il piano preveda il trasferimento degli alloggi ai soci della compagine in concordato sotto forma di assegnazione onerosa, anche in virtù di precedenti obblighi contrattuali, è ancora il ricorso a una procedura competitiva ad evidenza pubblica, secondo le modalità art. 163- bis l. fall., la condizione che giustifica l'applicazione della disciplina fallimentare in materia di purgazione delle iscrizioni pregiudizievoli. Nel caso di specie il Tribunale non ha riscontrato né la previsione della cessione all'interno del piano concordatario, né il ricorso, in occasione della dismissione del bene, ad alcuna procedura competitiva al fine di assicurare la miglior soddisfazione dei creditori, rimanendo così impedita la cancellazione dell'iscrizione effettuata dal ricorrente.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 9 settembre – 22 ottobre 2020, n. 23139 Presidente Genovese – Relatore Pazzi Fatti di causa 1. L’Arch. F.M. , in forza di decreto ingiuntivo, iscriveva ipoteca sui beni di Manta soc. coop. a r.l., società cooperativa edilizia dedita all’attività di costruzione e assegnazione ai soci di beni immobili. Manta soc. coop. veniva ammessa alla procedura di concordato preventivo sulla base di un piano contemplante al passivo anche il credito dell’Arch. F. , con il privilegio previsto dall’art. 2751-bis c.c., n. 2 che prevedeva, oltre alla liquidazione dei beni di proprietà della compagine, anche un piano di continuità gestionale dell’attività edile svolta al fine di portare a termine i cantieri rimasti incompiuti e definire poi i contratti di assegnazione ai soci degli alloggi realizzati. 2. Una volta intervenuta l’omologa del concordato presentato, il giudice delegato alla procedura disponeva - ai sensi della L. Fall., art. 108, comma 2 - la cancellazione dell’ipoteca iscritta dal F. a seguito dell’assegnazione dell’immobile al socio B.G. nell’ambito del piano di continuità gestionale nessuna cancellazione invece veniva ordinata rispetto all’ipoteca iscritta sul medesimo immobile dalla Banca Monte dei Paschi di Siena, a garanzia del pagamento del mutuo fondiario che l’assegnatario si era parzialmente accollato a saldo del residuo prezzo. 3. Il Tribunale di Siena, con decreto in data 15 luglio 2016, rigettava il reclamo proposto avverso questo provvedimento da F.M. ritenendo che, a prescindere dalla natura del concordato ed anche volendo aderire alla tesi del reclamante secondo cui lo stesso doveva essere definito come concordato misto, il mancato richiamo all’interno della L. Fall., art. 186-bis, del precedente l’art. 108 non fosse sufficiente a escluderne l’applicazione. Una diversa scelta interpretativa infatti non solo avrebbe provocato un’ingiustificata disparità di trattamento per i creditori a seconda della tipologia di concordato prescelta, ma sarebbe stata anche incoerente con la relazione al disegno di legge che aveva introdotto il più recente disposto della L. Fall., art. 182, comma 5, dove era stata resa esplicita l’intenzione del legislatore di eliminare qualsiasi dubbio circa l’applicazione dell’effetto purgativo pure nel caso in cui la cessione fosse stata attuata da un soggetto diverso dal liquidatore giudiziale, come accade per esempio quando la proposta non preveda la nomina di un liquidatore giudiziale o per le dismissioni previste ai sensi dell’art. 186-bis, nell’ambito di un concordato in continuità . 4. Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso F.M. prospettando tre motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso Manta soc. coop. a r.l. in concordato preventivo. Gli intimati Avv. B.G. e Dott. C.F. non hanno svolto alcuna difesa. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ex art. 380 bis.1 c.p.c., sollecitando l’accoglimento del ricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c Ragioni della decisione 5.1 Occorre prendere le mosse dall’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione sollevata dal controricorrente, a parere del quale il provvedimento in questione, seppur decisorio, non è definitivo, essendo ridiscutibile in sede di cognizione piena mediante domanda di accertamento, positivo o negativo, delle condizioni della cancellazione dell’ipoteca. 5.2 L’eccezione non è fondata. Secondo la giurisprudenza di questa Corte il provvedimento con cui il Tribunale accolga o rigetti il reclamo proposto contro un decreto emesso dal giudice delegato in tema di vendita dei beni del debitore, nella fase esecutiva di un concordato preventivo per cessione dei beni omologato dal medesimo Tribunale, è assoggettabile a ricorso straordinario per cassazione, a norma dell’art. 111 Cost., comma 7, dovendosi estendere - sulla base di un’interpretazione sistematica dell’ordinamento, imposta dalla necessità di rispettare il principio di uguaglianza - il regime di ricorribilità applicabile, a norma degli artt. 617 e 618 c.p.c., per i provvedimenti del giudice dell’esecuzione non altrimenti impugnabili Cass., Sez. U., 19506/2008 . Infatti, i suddetti provvedimenti del giudice delegato a sovraintendere all’esecuzione del concordato rientrano nel novero degli atti di giurisdizione esecutiva, assolvendo a una funzione corrispondente a quella dei provvedimenti di analogo tenore emessi nell’ambito della liquidazione fallimentare. Una simile natura dell’atto fa sì che il provvedimento con cui il Tribunale abbia rigettato il reclamo avverso il decreto del giudice delegato tramite il quale, a seguito di trasferimento immobiliare, sia stata disposta la cancellazione delle ipoteche ai sensi della L. Fall., art. 108, comma 2, sia ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7, stante la sua autonoma incidenza - all’esito della verifica dei presupposti richiesti dalla norma per provvedere alla purgazione - sui diritti reali di garanzia, che altrimenti verrebbero sacrificati in via definitiva, non essendo detto provvedimento altrimenti impugnabile si vedano in questo senso Cass. 30454/2019 e Cass. 2892/1989 . 6.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 108 e 186-bis il collegio del reclamo non avrebbe considerato che il piano posto a base della domanda omologata era di natura mista e che l’assegnazione definitiva del bene immobile era stata compiuta direttamente dalla società ammessa al concordato dando corso alla propria attività in continuità e non dal liquidatore nell’ambito della fase di esecuzione del concordato. La fattispecie rimaneva quindi regolata - in tesi di parte ricorrente – dalla L. Fall., art. 186-bis, che nulla stabilisce in tema di cancellazione delle formalità pregiudizievoli, mentre non era possibile fare riferimento alla L. Fall., art. 182, applicabile alle sole vendite compiute nell’ambito di una procedura concordataria strutturata in funzione della cessione dei beni. L’assegnazione effettuata in favore del socio non aveva avuto inoltre - prosegue il ricorrente - natura di vendita forzata, caratteristica che legittima l’ordine di cancellazione di tutte le iscrizioni pregiudizievoli, ma era avvenuta nell’ambito dell’attività gestionale dell’impresa, la quale era rimessa alla società titolare e rimaneva disciplinata dalle regole comuni. 6.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2741 c.c. il Tribunale avrebbe applicato la L. Fall., art. 108, ritenendo che una diversa interpretazione avrebbe comportato un’ingiustificata disparità di trattamento per i creditori dipendente dalla tipologia di concordato prescelta dal debitore, senza considerare che una simile differenza era riconnessa all’ontologica distinzione, sia in termini di benefici che di oneri, fra concordato liquidatorio, dove l’intero patrimonio del debitore è messo a disposizione dei creditori, e concordato in continuità, in cui invece il pagamento dei crediti avviene con i proventi della prosecuzione dell’attività aziendale. Era invece proprio la tesi sostenuta dal collegio del reclamo a determinare - a dire del ricorrente - un’ingiustificata disparità di trattamento fra creditori chirografari e creditori privilegiati, dato che questi ultimi, in questa prospettiva interpretativa, in caso di cessione di un bene frutto della continuità aziendale si sarebbero trovati esposti al rischio di veder vanificata la propria prelazione senza poter prendere parte alle operazioni di votazione della proposta presentata. Una simile interpretazione avrebbe anche determinato una posizione non paritaria nel rapporto fra creditori ipotecari, dato che la cancellazione delle iscrizioni pregiudizievoli aveva interessato la sola ipoteca iscritta dal F. e non era stata estesa all’ipoteca posta a garanzia del mutuo che l’assegnatario si era parzialmente accollato. 6.3 Il terzo motivo di ricorso assume, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 preleggi, in quanto il giudice di merito avrebbe valorizzato a fini interpretativi la relazione al disegno di L. n. 32 del 2001, con riferimento alla modifica della L. Fall., art. 182, comma 5, malgrado i lavori preparatori abbiano valore unicamente sussidiario nell’interpretazione di una legge e risultino quindi di nessuna utilità ove sia possibile apprezzare il significato proprio delle parole del testo normativo secondo la loro connessione. In ogni caso la relazione, nel riferirsi espressamente alla L. Fall., art. 186-bis, comma 1, renderebbe evidente che le espressioni valorizzate intendevano riferirsi alla sola liquidazione dei beni non funzionali all’esercizio dell’impresa. 7. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione del rapporto di connessione che li lega, sono fondati, nei termini che si vanno a illustrare. 7.1 Il provvedimento impugnato si pone nella prospettiva interpretativa proposta dal reclamante non contrastata dalle parti in questa sede , secondo cui il concordato presentato da Manta soc. coop. aveva anche una componente di continuità. In proposito questa Corte ha di recente precisato che il concordato preventivo in cui alla liquidazione atomistica di una parte dei beni dell’impresa si accompagni una componente di qualsiasi consistenza di prosecuzione dell’attività aziendale rimane regolato nella sua interezza, salvi i casi di abuso dello strumento, dalla disciplina speciale prevista dalla L. Fall., art. 186-bis, che al comma 1, espressamente contempla anche detta ipotesi fra quelle ricomprese nel suo ambito Cass. 734/2020 . Individuata nella L. Fall., art. 186-bis, la norma di riferimento per la regolazione della procedura, bisogna tuttavia constatare come la stessa non disciplini espressamente le modalità con cui la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa debba avvenire. Non rimane quindi, per tale attività, che fare riferimento alla norma generale che regola la cessione dei beni nell’ambito generale del concordato, costituita dalla L. Fall., art. 182 - nel testo introdotto dal D.L. 27 giugno 2015, n. 83, art. 2, comma 2, lett. a e c , convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132, applicabile, a mente dell’art. 23, comma 5, del medesimo Decreto, anche ai procedimenti di concordato preventivo già pendenti alla data del 27 giugno 2015 della sua entrata in vigore - nei limiti della compatibilità. 7.2 È opportuno poi precisare che un conto è la liquidazione che avvenga in esecuzione di un concordato che preveda la cessione dei beni dell’imprenditore per soddisfare il ceto creditorio, un altro è la vendita dei beni che siano il frutto della continuazione dell’attività di impresa da parte dell’impresa in concordato. La prima attività assolve una funzione corrispondente a quella della liquidazione fallimentare ed è presieduta dal criterio del miglior soddisfacimento dei creditori, come rende esplicito il rinvio fatto dalla L. Fall., art. 182, comma 5, L. Fall., artt. da 105 a 108-ter. La seconda attività costituisce invece il naturale sfogo del ciclo produttivo di un’impresa operante sul mercato ed è presieduta dalle regole di libertà negoziale in funzione del conseguimento di un profitto d’impresa a cui il mercato si ispira, dato che in questo tipo di concordato i creditori che con l’approvazione del piano hanno valutato il rischio economico non in termini di probabile corrispettivo ottenibile in sede di liquidazione, ma di profitti che l’impresa riuscirà a raggiungere continuando la propria attività caratteristica trovano soddisfazione nei proventi che la continuazione dell’attività economica nel suo complesso riuscirà a produrre. 7.3 La L. Fall., art. 182, comma 5, prevede l’applicazione alle vendite, alle cessioni e ai trasferimenti legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo de gli artt. da 105 a 108-ter, in quanto compatibili e subito dopo specifica che la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo, sono effettuati su ordine del giudice . Un simile disposto normativo deve essere inteso come rinvio alle norme espressamente evocate nella loro complessità e, loro tramite, alle regole di pubblicità, competitività e stima che ne costituiscono la precipua trama. La necessaria competizione nell’ambito di una procedura pubblica di dismissione del bene, che muova dal suo prezzo di stima e favorisca la massima informazione e partecipazione di tutti i soggetti interessati al fine di assicurare il conseguimento del maggior risultato possibile e con esso la miglior soddisfazione dei creditori, costituisce quindi il coacervo di principi a cui intende far richiamo la L. Fall., art. 182, comma 5 e la cui applicazione giustifica l’effetto purgativo della vendita procedimentalizzata. La vendita di un bene sul mercato che sia il frutto della continuazione dell’attività di impresa non si ispira a questi criteri, ma, come detto, si caratterizza per la libertà di iniziativa economica dell’imprenditore in concordato, il quale si rivolge al mercato di riferimento con l’obiettivo della massimizzazione del proprio profitto e addiviene alla vendita secondo le modalità di contrattazione - quanto a individuazione del cliente e del prezzo di vendita - che egli ritenga più opportune. Nel caso di specie l’assegnazione dell’immobile al socio della cooperativa è avvenuta, pacificamente, in esecuzione di un piano di continuità gestionale dell’attività che ha portato alla conclusione degli alloggi rimasti incompiuti. Il trasferimento è stato quindi il frutto della continuazione dell’attività di impresa e non della liquidazione dei beni non funzionali all’esercizio della stessa. La logica che poi ha presieduto la vendita è stata la libera scelta del cessionario sul mercato senza il ricorso a una procedura competitiva e ad evidenza pubblica. Una simile modalità di individuazione dell’acquirente non è coerente con il sistema di norme che giustificano la cancellazione dei gravami da parte del giudice delegato e ostava quindi alla purgazione che il Tribunale ha invece convalidato. 7.5 La questione dell’inserimento della vendita dell’immobile de quo in un percorso di dismissione formalizzato dal piano omologato, rappresentata da Manta all’interno del controricorso, è del tutto estranea al contenuto del provvedimento impugnato, non risulta essere stata allegata nel corso del giudizio di merito e costituisce una difesa inammissibile in questa sede in ragione del suo carattere di novità. Peraltro, quand’anche così fosse stato, l’assunto risulterebbe comunque irrilevante ai fini del decidere. In vero la L. Fall., art. 182, comma 5, laddove fa riferimento non solo alle vendite e alle cessioni, ma anche ai trasferimenti legalmente compiuti posti in essere in esecuzione del concordato , in effetti potrebbe far pensare, in sé considerato, a una sua applicabilità a tutti i casi in cui un bene sia trasferito a un soggetto in esecuzione del concordato omologato, a prescindere dai criteri di competitività. Si consideri però che la norma è stata introdotta come detto dal D.L. 27 giugno 2015, n. 83, art. 2, comma 2, lett. c , convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132 non a caso con il contemporaneo inserimento ad opera del comma 1 del medesimo art. 2 , nel panorama normativo concordatario, della L. Fall., art. 163-bis, in tema di offerte concorrenti. A mente del comma 1 di quest’ultimo articolo la disciplina delle offerte concorrenti, con l’apertura di un procedimento competitivo volto alla ricerca di altri interessati all’acquisto, trova applicazione anche al caso in cui il piano comprenda un’offerta da parte di un soggetto già individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore a titolo oneroso di specifici beni e ciò pure nell’ipotesi in cui il debitore abbia stipulato un contratto che abbia la finalità del trasferimento non immediato di tali beni . Dunque ove il piano preveda il trasferimento degli alloggi ai soci della compagine in concordato sotto forma di assegnazione onerosa, anche in virtù di precedenti obblighi contrattuali, è ancora il ricorso a una procedura competitiva ad evidenza pubblica, secondo le modalità L. Fall., art. 163-bis, la condizione che giustifica l’applicazione della disciplina fallimentare in materia di purgazione delle iscrizioni pregiudizievoli. Poco importa che la L. Fall., art. 163-bis, riguardi i procedimenti introdotti successivamente alla data del 27 giugno 2015 e non trovi diretta applicazione, come invece avviene per il nuovo testo della L. Fall., art. 182, comma 5, anche ai procedimenti di concordato preventivo all’epoca pendenti, come quello in esame. Basta a consacrare la regola di necessario ricorso ai principi di stima, pubblicità e competitività quale condizione per la purgazione l’attuale tenore della L. Fall., art. 108, comma 5. Quest’ultimo disposto normativo infatti, apprezzato nel suo complesso, accomuna le sorti di vendite, cessioni e trasferimenti legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo imponendo che a tutte queste diverse forme di cessione trovino applicazione gli artt. da 105 a 108-ter, in quanto compatibili e proprio in ragione del ricorso a questa disciplina, ispirata alla competizione pubblica finalizzata alla miglior soddisfazione dei creditori, e a condizione del suo rispetto prevede la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione. 7.6 Pertanto non tutte le cessioni effettuate dopo il deposito della domanda di concordato trovano regolamentazione nella L. Fall., art. 182, comma 5, in quanto sfuggono a questa disciplina le dismissioni dei beni prodotti grazie alla continuazione dell’attività d’impresa a seguito dell’avvio della procedura e attuate dall’imprenditore sul libero mercato. Tutte le cessioni che siano espressione della fase esecutiva del concordato devono però ora svolgersi, a prescindere dalla natura liquidatoria o in continuità della procedura, secondo procedure formalizzate e comunque, quand’anche non regolate dalla L. Fall., art. 163-bis, trovano nella competizione pubblicamente provocata tramite la massima informazione rivolta agli interessati all’acquisto la condizione che giustifica la cancellazione di iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli. In mancanza di queste condizioni non è dato al giudice delegato alla procedura di provvedere ad alcuna cancellazione, che dovrà invece avvenire secondo le regole del diritto comune. Nel caso di specie il Tribunale non ha riscontrato nè la previsione della cessione all’interno del piano concordatario, nè il ricorso, in occasione della dismissione del bene, ad alcuna procedura competitiva al fine di assicurare la miglior soddisfazione dei creditori, rimanendo così impedita la cancellazione dell’iscrizione effettuata dall’odierno ricorrente. 7.8 Gli argomenti appena illustrati sconfessano il contenuto del provvedimento impugnato anche laddove esso ritiene che un’applicazione generalizzata della L. Fall., art. 108, da un lato consenta di evitare una disparità di trattamento fra creditori a seconda della tipologia di concordato prescelta dal debitore, dall’altro sia avvalorata dalla relazione al disegno di legge che ha introdotto il nuovo testo della L. Fall., art. 182, comma 5. Quanto al primo profilo è il ricorso ai principi evocati nel primo periodo della norma in discorso ad assicurare il trattamento dei creditori in coerenza con il disposto dell’art. 2741 c.c Infatti la differente sorte riservata ai creditori ipotecari a seconda che possa o meno applicarsi alla garanzia ipotecaria il disposto della L. Fall., art. 108, discende non dalla natura, liquidatoria o in continuità, del concordato e di conseguenza da opzioni rimesse alla discrezione del debitore , ma dalle regole che presiedono la dismissione del bene su cui grava la garanzia e trova giustificazione nel ricorso o meno a una procedura che persegua la migliore soddisfazione dei creditori. All’esito di questa procedura di liquidazione chi sia rimasto insoddisfatto nei propri diritti di prelazione non può che essere degradato in chirografo, L. Fall., ex art. 111, comma 1, n. 3. Nè poi è possibile trovare argomenti a suffragio di un’applicazione generalizzata della L. Fall., art. 108, all’interno della relazione al disegno di legge, la quale, nel passo citato, intende in realtà sostenere che l’effetto purgativo non dipende dal soggetto che attua le cessioni in esecuzione del piano concordatario e prescinde dall’avvenuta nomina di un liquidatore giudiziale. Assunto, questo, che tuttavia risulta irrilevante rispetto alla fattispecie in esame, dato che la cancellazione delle iscrizioni pregiudizievoli dipendeva non dal soggetto che aveva operato la cessione, ma dalle modalità con cui la stessa era avvenuta e dal rispetto delle condizioni previste dalla L. Fall., art. 108, comma 5, per poter procedere alla purgazione dell’ipoteca. 8. Il provvedimento impugnato andrà dunque cassato, con rinvio al Tribunale di Siena in diversa composizione, il quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa al Tribunale di Siena in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.