Gli effetti delle sopravvenienze collegate all’emergenza COVID sui piani del consumatore

In tempo di emergenza sanitaria e di misure di contenimento può accadere che una messa in cassa integrazione o un licenziamento impattino su situazioni finanziarie già critiche di debitori già sovraindebitati, ma che avevano proposto un piano per fronteggiare i loro debiti ristrutturando il debito e rendendolo sostenibile.

I due provvedimenti del Tribunale di Napoli del 3 e del 17 aprile 2020 sono tra i primi che affrontato le conseguenze di una sopravvenienza in qualche modo legata all’emergenza COVID-19, che impedisce al debitore di adempiere regolarmente al piano proposto non ancora omologato è il caso del 3 aprile o già omologato è il caso del 17 aprile . Ed infatti, a seguito dell’emergenza sono principalmente due i gruppi di problemi che saranno destinati a tenere banco nei prossimi mesi se non anni il primo riguarda gli effetti sui contratti delle misure di contenimento e trova la sua disciplina oltre che nelle norme generali del diritto delle obbligazioni e del contratto nel comma 6- bis dell’art. 88 d.l. Cura Italia come risultante dalla legge di conversione . Il secondo aspetto riguarda gli effetti della crisi economica che il rispetto delle misure di contenimento determina oggi e, molto probabilmente, determinerà in misura maggiore domani. Sopravvenienza impediente il regolare adempimento Ed è proprio questo il fil rouge che collega i due casi che esaminiamo l’ipotesi del consumatore che aveva proposto un piano, ma che non può più adempiere regolarmente alle scadenze previste o pattuite perché il cash flow sul quale contava non c’è più o si riduce dal momento che, per la crisi, è stato collocato in cassa integrazione oppure licenziato. Nel primo caso, il debitore aveva depositato la proposta di piano e il giudice, dopo l’udienza, si era riservato sull’omologazione siamo quindi nella fase precedente l’omologazione , nel secondo caso, la sopravvenienza si verifica dopo l’omologazione del piano e, cioè, in fase esecutiva . che fare? Ebbene, in entrambi i casi per il Tribunale di Napoli c’è spazio per accordare la tutela al debitore colpito dall’evento. dopo l’omologa. Ed infatti, se l’evento sopraggiunge dopo l’omologa la disciplina prevede espressamente l’ipotesi di sopravvenienza anche se in due distinte norme che potrebbero entrare in conflitto tra loro. Da un lato, il comma 4-ter dell’art. 14 l. n. 3/2012 consente al debitore di chiedere una modifica quando l’esecuzione dell’accordo o del piano del consumatore diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore, quest’ultimo, con l’ausilio dell’organismo di composizione della crisi, può modificare la proposta e si applicano le disposizioni di cui ai paragrafi 2 e 3 della presente sezione . Dall’altro lato, però, oltre all’ipotesi della risoluzione dell’accordo art. 14 l’art. 14, comma 2, lett. b - bis prevede la cessazione degli effetti del piano se il proponente non adempie agli obblighi derivanti dal piano, se le garanzie promesse non vengono costituite o se l'esecuzione del piano diviene impossibile anche per ragioni non imputabili al debitore. Prevalenza all’interesse del debitore. Come si coordinano queste due norme? Chi vince potremmo dire tra l’istanza del debitore volta evidentemente a salvare il salvabile e quella del creditore volta a privare di effetti il piano con un generale effetto di libera tutti? Tra l’esigenza del debitore sovraindebitato e colpito da un evento oggi in qualche modo collegato al COVID-19 che rende più difficile se non addirittura impossibile onorare le rate del piano proposto o già omologato e quelle del ceto creditorio alla risoluzione quale è destinata a prevalere? Ebbene, per secondo il provvedimento del Tribunale di Napoli del 17 aprile 2020 prevale la volontà del debitore di chiedere la modifica del piano rispetto alla richiesta del creditore di ottenere la cessazione degli effetti del piano. Ne deriva che i debitori, nei confronti dei quali sia già intervenuta la omologazione di un piano o di un accordo, possono rimodulare le modalità tempistiche dell’esecuzione avvalendosi dell’ausilio dell’OCC cui la stessa legge nr 3/2012 attribuisce in via generale, l’obbligo di risolvere le eventuali difficoltà insorte nella esecuzione dell’accordo e di vigilare sull’esatto adempimento dell’accordo e del piano . purché sia meritevole. Naturalmente, questa prevalenza sarà accordata al debitore a condizione, però, che la sopravvenienza impediente il regolare adempimento del piano non gli sia imputabile e sia ancora una volta meritevole di tutela nelle forme del sovraindebitamento e quanto risulta dalla modifica sia fattibile. Sopravvenienza prima dell’omologa Diverso il caso in cui la sopravvenienza si verifica nelle more dell’omologazione del piano ed infatti, qui manca una norma che lo disciplina. Tuttavia, il Tribunale di Napoli 3 aprile 2020, in maniera del tutto condivisibile, ritiene che la soluzione sia analoga a quella appena vista anche per ragioni di economia processuale il debitore è legittimato sempre coinvolgendo l’OCC che dovrà relazione sul punto a chiedere la modifica. L’alternativa, infatti sarebbe quella di omologare il piano così come proposto, senza lo spostamento del tempo dell’adempimento come richiesto e poi procedere all’esame di una istanza diretta ad ottenere la modifica della proposta del piano sotto il profilo temporale . Occorre coinvolgere i creditori? Da ultimo, un cenno alla procedura per addivenire alla modifica proposta dal debitore. Nei casi che stiamo esaminando le proposte non davano luogo a modifiche sostanziali, qualitative e quantitative si trattava di modifiche che incidevano sui termini dell’adempimento originariamente proposti per far fronte ad una ritenuta impossibilità temporanea che incide sull’esatto adempimento sostanzialmente uno slittamento dei pagamenti . Sarà stato forse per questa ragione, forse, unitamente al periodo di emergenza sanitaria che secondo il Tribunale non serve né in un caso, né nell’altro, procedere all’instaurazione del contraddittorio con i creditori. Probabilmente, però, il mancato coinvolgimento dei creditori che sarebbe stato sicuramente quantomeno disagevole in questo momento e non avrebbe assicurato la tempestività necessaria non mi sembra la soluzione da percorrere. Ed infatti, per accedere alla modifica, oltre ai presupposti della non imputabilità della sopravvenienza, occorre anche la meritevolezza sono tutti fatti costitutivi della domanda del debitore sui quali il contraddittorio deve essere sempre garantito magari anche soltanto in forma cartolare o, se richiesti, in forma di udienza da remoto . Clicca qui per consultare la sezione dedicata al decreto Coronavirus

Tribunale di Napoli, provvedimento 3 aprile 2020 Giudice Graziano Osserva Il piano del consumatore, dedotto il pagamento delle spese prededucibili e cioè il compenso da riconoscere all'OCC che è pari ad Euro 1.558,52 di cui IVA al 22%, CPA al 4% e rimborso forfetario del 15% calcolato alla tariffa minima , prevede il pagamento dei creditori come di seguito indicato omissis Il ricorrente, dunque, propone di stanziare una somma di Euro 291,17 mensili per la soddisfazione, seppur parziale, dei propri creditori come indicato nella tabella che segue e per una durata di otto anni che è certamente compatibile con la natura delle obbligazioni assunte dal sovraindebitato e da considerare termine di durata ragionevole in considerazione della attività lavorativa svolta dal omissis e dello stipendio percepito e considerando le spese mensili che lo stesso deve sostenere per lo svolgimento di una vita dignitosa per sé e per la propria famiglia in effetti dalla proposta emerge una esatta descrizione delle spese mensili necessarie relative al sostentamento del ricorrente ed quello della propria famiglia e precisamente Utenze elettricità Euro 125,00 Utenze gas Euro 115,00 Utenze acqua Euro 125,00 Vestiario Euro 250,00 Spese sanitarie Euro 200,00 Altro e varie Euro 385,00 per un Totale di Euro 1.200,00 a fronte di uno stipendio mensile netto percepito dal proponente di Euro 1.500,00 come emerso dalla documentazione in atti - il omissis è lavoratore dipendente prestando la propria attività lavorativa presso omissis S.p.A. . In particolare la tabella del tempo e delle modalità di adempimento è la seguente omissis L'organismo nominato ha attestato la convenienza del piano per i creditori rispetto alla alternativa liquidatoria come emerge dalla relazione secondo cui Per ultimo il legislatore chiede un giudizio sulla probabile convenienza del piano rispetto all'alternativa liquidatoria. Nulla viene specificato se deve intendersi liquidatoria volontaria o liquidazione dei beni ex art 14 ter L. n. 3/2012. Pertanto si è deciso di esporre la doppia ipotesi. Nel primo caso, si fa presente che le spese di mantenimento e quanto necessario al sostentamento della propria famiglio unitamente al rimborso delle prime rate dei debiti contratti impegnano gran parte dello stipendio del debitore e nulla di questi potrebbe essere messo ulteriormente a disposizione o favore dei creditori di quanto già non sia stato valutato. Gli unici beni di proprietà del omissis che sarebbero potuti essere stati assoggettati a vendita erano i motoveicoli sottoposti a furto e quindi non più nella sua disponibilità. Relativamente al secondo caso, invece, si devono fare due premesse a con il decreto di apertura della liquidazione, analogamente al piano del consumatore, il Giudice, ai sensi dell'art. 14 quinquies comma lett. B, L. numero /2012 , dispone che fino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni cautelari ed esecutive, né acquistati diritti di prelazione sui patrimonio, da parte dei creditori aventi titolo o cause anteriori b la procedura di liquidazione rimane aperta sino alla completa esecuzione del programma di liquidazione ed, in ogni caso, per quattro anni successivi al deposito della domanda art. 14quinquies comma - L n. 3/2012 .Ciò premesso, secondo quanto già anticipato circa la mancanza di beni sottoponili a liquidazione, i redditi da lavoro, dedotti dalle spese necessarie per il sostentamento del nucleo famigliare non sarebbero sufficienti al soddisfacimento totale dei creditori. Pertanto, in caso di liquidazione, la presumibile somma messa a disposizione a favore a loro favore nei quattro anni successivi sarebbe certamente inferiore rispetto a quanto proposto nel piano del consumatore. In conclusione l'ipotesi liquidatoria non appare conveniente in quanto l'eventuale somma disponibile risulta inferiore a quanto indicato nel piano del consumatore nell'ipotesi di liquidazione volontaria non si riuscirebbe neanche a pagare la prededuzione per l'intero, mentre nel caso di liquidazione ex art. 14-ter i chirografari verrebbero soddisfatti in una percentuale senza dubbio inferiore a quella proposta nel piana. Come chiaramente esposto nel Piano e ripreso nella presente relazione, infatti, i creditori privilegiati Comune di Napoli e Comune di Quarto, conterebbero su di una percentuale di soddisfacimento sicuramente superiore rispetto a quella stimata in caso di liquidazione del patrimonio, non essendo tra l'altro il debitore intestatario di altri beni. Va osservato che il piano come proposto è stato attestato dall'Organismo di composizione della crisi quanto alla sua completezza, sostenibilità e fattibilità, come detto anche in ordine all'alternativa liquidatoria. Ritiene il Tribunale che il piano del consumatore così come proposto possa essere omologato considerato che appare evidente che la parte istante, che assume senza dubbio alcuno la qualifica di consumatore ai sensi e per gli effetti della cd. legge sul sovraindebitamento, appare del tutto meritevole per non aver assunto i propri debiti senza la ragionevole prospettiva di poterli adempiere ovvero senza aver determinato colposamente il sovraindebitamento in considerazione della natura dei debiti contratti e delle circostanze emerse nel corso della procedura. In particolare le cause della crisi possono imputarsi essenzialmente ad un indebitamento contratto per pure esigenze familiari dall'istante. Esse sono da ricercarsi negli anni immediatamente successivi al matrimonio avvenuto nel 1995 in cui il debitore ha contratto prestiti per Euro 30.000 circa per lavori di ristrutturazione della casa coniugale non di proprietà casa popolare pensando che fosse la casa per la vita e comunque forte del reddito mensilmente percepito. Nel 2010 a seguito di problematiche prettamente personali i coniugi hanno iniziato il percorso di separazione legale. La casa coniugale assegnata alla ex moglie fu dalla stessa nel tempo lasciata per poi trasferirsi con i figli a omissis . Il omissis non ha potuto più prendere possesso neanche della casa coniugale ed oltre al fitto di una casa dove vivere ha dovuto affrontare anche i costi dei frequenti trasferimenti a omissis per poter vedere i figli durante l'età adolescenziale. Le numerose trasferte, oltre il mantenimento dei figli ed il fitto di casa, hanno comportato nel tempo una grossa crisi finanziaria che ha costretto lo stesso omissis a ricorrere spesso a finanziamenti che non è più riuscito ad onorare con regolarità, anche in considerazione della circostanza di essere dipendente con uno stipendio di circa 1.500 Euro mensili. I debiti contratti ammontano a circa 90.000 Euro di cui il 90% sono verso finanziarie ed il 10% nei confronti di Equitalia - Agenzia Entrate - Riscossione. L'indebitamento contratto risulta, infatti, verso i principali istituti di credito dai quali aveva ottenuto linee di credito o consumo per fronteggiare le inziali spese di ristrutturazione. Le cause dell'indebitamento, pertanto, risiedono esclusivamente nella inesistenza di un adeguato reddito per far fronte alle sopravvenute ed inaspettate esigenze personali e della famiglia infatti da incidere in misura non indifferente sono state le spese di mantenimento stabilite a seguito della separazione coniugale, ora non più dovute a seguito del raggiungimento della maggiore età della figlia . Ecco che il protrarsi di questa situazione ha ingenerato un graduale ma inesorabile squilibrio di natura economica e finanziaria, per la necessità di far fronte alle spese familiari e a quelle derivanti dai finanziamenti già in corso. Da ciò è derivata anche la ragione dell'incapacità ad adempiere articolo c.3 bis lett.b che va ricercata essenzialmente nella ridotta disponibilità finanziaria mensile. Inoltre va aggiunto che la parte istante non ha compiuto atti di disposizione degli ultimi cinque anni né risulta l'esistenza di atti impugnati dai creditori. In sostanza la proposta è in linea con la ratio della normativa sul sovraindebitamento, anche con riferimento ai tempi di sua esecuzione che, oltre che essere ragionevoli come sopra detto, sono anche compatibili con la età della parte proponente il piano nato il omissis , la sua condizione di dipendente a tempo indeterminato presso la omissis S.p.a., la sua situazione familiare complessa e la volontà di estinguere, sia pure nei tempi e modi parziali sopra indicati, ogni posizione debitoria. Non osta, inoltre, alla fattibilità del piano, la previsione del pagamento in prededuzione della somma prevista in favore del professionista incaricato da corrispondersi come nel piano previsto, in considerazione della natura pattizia della previsione nonché dell'operato dello stesso che è evidentemente strumentale alla omologazione del piano del consumatore del resto la pattuizione è al minimo della tariffa . Non è di ostacolo l'esistenza di un pignoramento del quinto dello stipendio del proponente in favore della IFIS ex Santander che va dichiarato inefficace per effetto dell'omologazione del piano, in ragione della obbligatorietà della ristrutturazione del debito per tutti i creditori e della futurità dei crediti ceduti che rendono il pignoramento contenuto nel quinto dello stipendio valido ed efficace solo al maturare del diritto mensile all'emolumento. Del resto si aderisce all'indirizzo interpretativo secondo cui essendo la procedura di sovraindebitamento una procedura concorsuale il creditore chirografario pignorante il quinto dello stipendio, per la parte che residui impagata alla data dell'apertura del concorso, non potrà continuare a riscuotere il non più suo quinto fino a soddisfazione integrale, ma dovrà subire la falcidia come tutti gli altri, poiché l'esecuzione forzata per lui non è ancora terminata, e non può essere portata ad ulteriore compimento. Lo stesso deve ritenersi, come nel caso di specie, per il cessionario del quinto, che non beneficia di un effetto definitivo, come nella cessione del credito tout court, ma soltanto di una modalità di riscossione che diventa incompatibile con la procedura concorsuale, e con la par condicio, con riferimento al debito che residua alla data di apertura del concorso, anch'esso strutturalmente destinato alla falcidia sia pure non ancora in vigore la fattispecie è contemplata come ammissibile nel nuovo Codice della Crisi di cui al D.Lgs. n. 14/2019 art. 67, comma III e la norma certamente può lumeggiare in chiave interpretativa la tesi seguita nel presente provvedimento . Sennonché nelle more della presente decisione è pervenuta istanza a mezzo dell'OCC da parte del proponente che chiedeva fissarsi il tempo della decorrenza dell'adempimento delle obbligazioni assunte con la proposta a far data dal 1 Ottobre 2020 veniva proposta in corso di omologa una modifica del piano solo in ordine alla decorrenza del termine per l'adempimento degli obblighi assunti . La stessa era pervenuta al sottoscritto, visto la assoluta urgenza, a mezzo e-mail spedita dall'OCC, secondo quanto previsto dalle disposizioni del Presidente della Sezione Fallimentare - prot. 7 del 26/03/2020 - in cui si chiarisce che, al fine di limitare i contatti e nel rispetto dell'articolo del D.L. 17/03/2020 numero , i consulenti sono invitati a comunicare con i magistrati anche tramite posta elettronica, con riserva di perfezionare formalmente e sostanzialmente tale istanza tramite i canali formali. Giova riportare il tenore della istanza e le motivazioni poste a suo fondamento A seguito di contatto telefonico tenutosi in data 31 marzo u.s. con il Signor omissis - debitore nella procedura n. omissis /2019 ex L. 3/2012 - è emerso il recente provvedimento della omissis S.P.A., azienda presso cui lo stesso risulta essere impiegato con mansioni di sabbiatore e verniciatore, di sospendere le prestazioni di lavoro dei propri dipendenti, a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. A seguito di ciò, i lavoratori facenti parte dell'organico aziendale, e quindi il Signor omissis stesso, hanno avuto accesso alla CIG, o decorrere dalla data odierno. Con riferimento al Titolo II - Misure a sostegno del lavoro - Capo I - Estensione delle misure speciali in temo di ammortizzatori sociali per tutto il territorio nazionale, all'art. 22 del D.L. Cura Italia -DECRETO-LEGGE 17 marzo 2020, n. 18, ai datori di lavoro del settore privato, si possono riconoscere trattamenti di cassa integrazione salariale in deroga, per la durata della sospensione del rapporto di lavoro. Per i lavoratori è riconosciuta la contribuzione figurativa e i relativi oneri accessori. A norma del D.Lgs. 148/2015, l'indennità riconosciuta al dipendente in cassa integrazione è pari all'80% della retribuzione, comprensiva di eventuali ratei di mensilità aggiuntive, che il dipendente avrebbe percepito per le ore di lavoro non prestate tra le ore zero e il limite dell'orario contrattuale, comunque non oltre le 40 ore settimanali. Il Signor omissis ha tempestivamente comunicato quanto detto alla sottoscritta, nella suo qualità di gestore, nutrendo paura e dubbi circa la propria capacità di far fronte agli impegni economici che scaturirebbero dall'eventuale omologa del Piano depositato e discusso in udienza il giorno 3 Marzo 2020, avanzando richiesta di proroga delle proprie obbligazioni al 1 Ottobre 2020, nella speranza di poter rientrare pienamente operativo in azienda. In detto piano si evidenzio che il Signor omissis a regime, percepisce quale salario mensile Euro 1.500,00 netti, e sostiene spese mensili per Euro 1.200,00. Per detto motivo, la rato mensile messa a disposizione del piano, per poter ottemperare alle sue obbligazioni è pari ad Euro 300,00. Con lo stato di cassa integrazione in deroga, il debitore percepirà l'80 % del suo stipendio che è pori ad Euro 1.200,00 80% di Euro 1.500,00 - Euro 1.200,00 perdendo esattamente i 300,00 Euro della rata messa a disposizione per i propri debiti, come indicato nel Piano, alla pag.12. La sottoscritta, appellandosi all'articolo , comma 4-ter ex L.3/2012 che cita testualmente Quando l'esecuzione dell'accordo o del piano del consumatore diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore, quest'ultimo, con l'ausilio dell'organismo di composizione della crisi, può modificare la proposta e si applicano le disposizioni di cui ai paragrafi 2 e 3 della presente sezione. , ritiene di poter condividere quanto richiesto ed esprimere parere favorevole olio slittamento delle obbligazioni, essendo, ad oggi, il provvedimento di omologa della S.V.I. ancora riservato. Relativamente alla documentazione o supporto di quanto affermato dal Signor omissis non vi è modo, allo stato, di provare la messa in cassa integrazione, avendone lo stesso ricevuto comunicazione solo telefonicamente. Difatti, l'azienda, per usufruire della cassa integrazione in deroga, ho dovuto presentare un formulario on-line alla Regione Campania e, in tal modo l'agevolazione è stata ottenuta ope legis. Lo scrivente ha contattato telefonicamente il datore di lavoro, che ha confermato la messa in cassa integrazione del Signor omissis a far dota dal 1 aprile 2020 e ho certificato tale accadimento a mezzo pec, che si allega in uno olla presente . L'istanza è meritevole di accoglimento per cui fin da adesso va detto che si stabilisce che la decorrenza delle obbligazioni assunte nel piano, che con questo provvedimento va omologato, viene fissata alla data del 1 ottobre 2020, impregiudicata la produzione degli altri effetti della omologazione con decorrenza immediata. Giova però qualificare esattamente la istanza e motivarne il fondamento. In primo luogo va subito precisato che non è del tutto conferente il richiamo all'art. 13, comma 4-ter della Legge n. 3/2012 perché tale norma presuppone che il piano sia stato già omologato e che nella sua fase esecutiva diventi impossibile il suo esatto adempimento vizio funzionale del piano . In tal caso però appare evidente che è rimesso al giudice, medio tempore riservatosi di decidere, valutare la sopravvenuta esistenza di una causa non imputabile al debitore che non rende possibile l'esatto adempimento nel caso di specie solo in ordine al momento della decorrenza della esecuzione, cioè verificandosi in tal caso una sorta di sospensione della esecuzione della prestazione promessa ai creditori da parte del consumatore . Da questo punto di vista, anche alla luce della ratio che ispira l'insieme delle norme di cui si compone il DL Cura Italia , si ritiene che la circostanza possa essere valutata dal Giudice delegato fin dal momento della omologa del piano e senza la necessità di una nuova udienza per la discussione del profilo temporale dell'adempimento con i creditori o qualunque altro interessato che ne possano trarre elemento per sollevare una eventuale contestazione. Ispira questa interpretazione in primo luogo l'art. 91 del Decreto Legge sopra richiamato recante disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall'attuazione delle misure di contenimento che, sia pure riferito a vicende contrattuali e non a vicende caratterizzate da profili procedurali in senso ampio come il caso del piano del consumatore la norma così recita Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti può essere considerata norma di carattere generale per la interpretazione delle conseguenze dell'attuazione delle misure di contenimento del Coronavirus e quindi anche strumento nelle mani del giudice per valutare la presente istanza di differimento del termine da cui iniziare a far decorrere l'adempimento delle obbligazioni assunte con il piano del consumatore del resto, come detto, l'istante è stato messo in cassa integrazione ai sensi e per gli effetti proprio del decreto legge Cura Italia e dal decreto appena citato emergono anche una serie di altre disposizioni che confermano la direzione interpretativa assunta come, ad esempio, le norme sulla proroga fino al 30 settembre 2020, dei contratti di finanziamento erogati nelle varie forme ai fini della loro stabilizzazione e del differimento della scadenza dei relativi crediti la moratoria, sempre fino al 30 settembre 2020, delle rate in scadenza dei mutui, prestiti, leasing inoltre con riferimento ai crediti erariali, e precisamente per carichi iscritti a ruolo, le norme che prevedono la sospensione dei pagamenti e la sospensione dell'attività di riscossione, ivi compresi gli atti esecutivi e cautelari . Inoltre non può tacersi il principio della economia dei mezzi processuali che in tal caso fonda la decisione di accogliere l'istanza del omissis L'alternativa, infatti, sarebbe quella di omologare il piano così come proposto, senza lo spostamento del tempo dell'adempimento come richiesto, e poi procedere all'esame di una istanza diretta ad ottenere la modifica della proposta del piano sotto il solo profilo temporale. In parte qua non si può che ritenere che la istanza sarebbe certamente accoglibile stante la natura del tutto eccezionale della situazione in cui versa il omissis per effetto delle misure di contenimento della diffusione del Coronavirus. Il procedimento di cui all'art. 13, comma IV ter non potrebbe che terminare con l'accoglimento della istanza dovendosi certamente ritenere o meglio prendere atto che il richiesto ritardo nell'adempimento da parte del consumatore è certamente derivante da una ragione a lui non imputabile, non potendo trovare prevalenza, con tutta evidenza, la disposizione di cui all'art. 14 bis, comma II, lett. b che riconosce ai creditori di dichiarare cessati gli effetti del piano del consumatore omologato nel caso in cui l'esecuzione e si ritiene anche l'esatta esecuzione del piano diviene impossibile anche per ragioni non imputabili al debitore. Il rapporto tra art. 13, comma IV ter e art. 14 bis, comma II, lett. b va inteso nel senso che prevale la volontà del debitore di chiedere la modifica della proposta del piano rispetto a quella dei creditori di ottenere la cessazione degli effetti dell'omologazione del piano del consumatore possibilità evidentemente riconosciuta solo in presenza di causa non imputabili al debitore e non certo in caso di suo colpevole inadempimento . Fin qui emerge che non è stato necessario ricorrere alle norme generali che disciplinano i modelli civilistici della rilevanza della impossibilità sopravvenuta della prestazione che variamente incidono sulle modalità di esecuzione delle obbligazioni assunte ma non si può tacere che, se non ci fosse stata la sopra detta disciplina speciale, proprio la ratio che ispira l'art. 91 sopra citato e le norme del codice civile che dettano ta disciplina dell'inadempimento o della impossibilità dell'esatto adempimento da parte del debitore per causa a lui non imputabile sarebbero state utili a chiarire i termini della questione posta all'attenzione del Giudice Delegato, ed ancor prima le norme sulla buona fede, correttezza e l'equità come ulteriore fonti immanenti ogni rapporto obbligatorio pur non derivante strettamente da una pattuizione come nel caso del piano del consumatore che non implica un elevato tasso di negozialità e a tali principi il legislatore fa espresso riferimento anche nel Codice della Crisi laddove all'art. 4 rubricato doveri delle parti si disciplina l'obbligo del comportamento del debitore e del creditore secondo buona fede e correttezza e il dovere di leale collaborazione tra le parti coinvolte nelle procedure di composizione della crisi e nella loro esecuzione. L'interpretazione proposta trova poi conferma nelle norme del nuovo Codice della Crisi. Infatti l'art. 72 prevede che è possibile la revoca giudiziale dell'omologazione del piano nel caso di inadempimento imputabile degli obblighi previsti nel piano mentre la revoca è possibile anche nel caso in cui il piano non sia più attuabile rectius fattibile e sempre che lo stesso non sia modificabile. Non può esimersi, infine, il Tribunale da una ulteriore considerazione di carattere più generale. Il piano del consumatore e in parte qua anche l'accordo di composizione della crisi sono sottoposti ad un controllo giudiziale sia nella fase della omologazione fase genetica in senso ampio sia nella fase della esecuzione momento funzionale - artt. 13 e ss della Legge n. 3/2012 . Orbene, con particolare riferimento al piano del consumatore, come è noto, il Tribunale è chiamato, in sede di omologa, ad una valutazione circa la meritevolezza del consumatore e la fattibilità del piano. E' di tutta evidenza che tale valutazione non può che essere effettuata dal Tribunale anche nella sede in cui è chiamato a decidere sulla istanza del debitore per ottenere la modifica del piano ex art. 13, comma IV ter. E' chiaro che di meritevolezza nella fase della esecuzione del piano deve parlarsi, in questa ipotesi, nel senso della non imputabilità al debitore della causa che non rende possibile l'esatto adempimento mentre appare evidente che solo l'accoglimento della istanza da parte del Tribunale renderebbe ancora fattibile il piano che altrimenti se, come nel caso di specie, si richiedesse l'immediato adempimento non sarebbe più fattibile per mancanza di uno dei presupposti nel caso in esame lo stipendio mensile non più congruo rispetto alla proposta visto la messa in cassa integrazione del proponente che è ridotto almeno fino alla data del 1 ottobre 2020 . In conclusione, accolta l'istanza del omissis stante anche il parere favorevole dell'OCC, si dispone che le obbligazioni assunte nel piano del consumatore saranno adempiute dal omissis a far data dal 1 ottobre 2020, producendo l'omologa immediatamente tutti gli altri effetti previsti dalla Legge n. 3/2012. Ai sensi e per gli effetti dell'art. 12 bis, comma III, della legge n. 3/2012, il presente provvedimento, comunicato alle parti, deve essere altresì reso pubblico a cura dell'Organismo di composizione della crisi, e nel rispetto della normativa sulla privacy, attraverso la pubblicazione in estratto sul sito www.ilcaso.it.

Tribunale di Napoli, provvedimento 16 - 17 aprile 2020 Giudice De Gennaro Osserva Nella procedura nr 8/2019 in oggetto, gli indicati proponenti e l'OCC designato in qualità di gestore della crisi da sovraindebitamento, hanno chiesto la sospensione della esecuzione del piano del consumatore omologato per il termine dal 15.3.2020 al 15.09.2020 dalla rata nr 9 alla rata nr 15 . Il piano del consumatore, invero, si era fondato su una proposta dilazione del credito residuo vantato dalla B.N.L. per l'acquisto di immobile destinato ad abitazione principale del debitore con la previsione di una rateazione del pagamento. A fondamento della istanza è stato evidenziato - che in data 28.5.2019 è stato omologato il piano del consumatore presentato da A.P. e F.A. e che i debitori hanno dato esecuzione al piano, adempiendo regolarmente gli impegni assunti fino al mese di febbraio 2020 - che in corso di esecuzione la grave situazione emergenziale causata dalla diffusione del covid-19 ha posto i debitori nelle condizioni di non poter proseguire l'esecuzione del piano secondo le modalità e le scadenze ivi indicate - che l'esecuzione del piano è diventata impossibile per cause non imputabili ai debitori e che ricorrono gravi motivi di urgenza per chiedere la sospensione della esecuzione del piano omologato in quanto il debitore A.F. è stata licenziata, trovandosi nella impossibilità economica di adempiere. Questo Giudice ritiene fondata e meritevole di accoglimento l'istanza in oggetto pervenuta a mezzo dell'OCC da parte dei proponenti. Valga quanto segue. Come è noto, l'art 13 comma 4 ter della legge nr 3/2019 prevede la possibilità per il debitore o il consumatore di modificare l'accordo o il piano qualora la loro esecuzione sia divenuta impossibile per ragioni a loro non imputabili. Tale norma ha per presupposto infatti che il piano sia già stato omologato e che nella sua fase esecutiva diventi impossibile il suo esatto adempimento per cause non imputabili al debitore, accordando, in tale caso allo stesso la possibilità di modificare la proposta su cui si fondano il piano e raccordo, con l'ausilio dell'Organismo di composizione della crisi OCC . Ne consegue che i debitori, nei confronti dei quali sia già intervenuta la omologazione di un piano o di un accordo, possono rimodulare le modalità e le tempistiche della esecuzione avvalendosi dell'ausilio dell'OCC cui la stessa legge nr 3/2012 attribuisce, in via generale, l'obbligo di risolvere le eventuali difficoltà insorte nella esecuzione dell'accordo e di vigilare sull'esatto adempimento dell'accordo e del piano. In siffatta ipotesi, appare evidente che è rimesso al giudice valutare la sopravvenuta esistenza di una causa non imputabile al debitore che non renda possibile l'esatto adempimento. Orbene, sotto tale profilo, deve ritenersi che la gravissima crisi sociale, sanitaria ed economica provocata da Covid-19 pone senz'altro il problema della impossibilità di adempiere le obbligazioni contrattuali, non essendo improbabile che le parti contrattuali si trovino nella impossibilità di adempiere le proprie obbligazioni alla luce delle rigide restrizioni imposte dall'autorità governativa impossibilità di uscire di casa se non nei casi di stretta e comprovata necessità, chiusura di molte attività commerciali o anche solo alla luce della necessità di esporsi il meno possibile al contagio del virus . In questa prospettiva, deve ritenersi che l'emergenza epidemiologica da covid-19 costituisce causa di impossibilità sopravvenuta della prestazione nella disciplina delle obbligazioni atteso che tra i casi in cui potrebbe essere invocabile l'impossibilità sopravvenuta della prestazione rientrerebbero gli ordini ed i divieti posti in essere dalla autorità amministrativa, cd factum principis. Invero, si tratta di disposizioni emanate a salvaguardia di interessi generali, come la protezione della salute pubblica, che, imponendo divieti e restrizioni, rendono di fatto impossibile l'adempimento di una obbligazione, a prescindere dal volere di chi si sia impegnato contrattualmente a farlo. Come è noto, nel nostro ordinamento, l'inadempimento contrattuale e la responsabilità del debitore vanno valutati alla luce dell'art 1218 c.c., secondo il quale il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile. L'art 1218 è infatti strutturato in modo tale da porre a carico del debitore una presunzione di colpa ogni volta in cui ci sia un inadempimento. Il debitore per vincere questa presunzione ed evitare di dover rispondere del mancato rispetto delle obbligazioni che ha assunto tramite il contratto, deve dare prova di avere eseguito correttamente la prestazione oppure dimostrare che l'inadempimento è dipeso da una causa a lui non imputabile, ossia un evento esterno al debitore, che questi, sebbene abbia posto in essere tutti gli sforzi necessari, non è riuscito ad evitare. I provvedimenti legislativi dettati da interessi generali e di ordine pubblico, che rendano impossibile la prestazione indipendentemente dal comportamento dell'obbligato, come quelli di recente emanazione, costituiscono infatti un'esimente della responsabilità del debitore. Nella fattispecie in esame, ogni dubbio sulla applicabilità dei principi generali sulla responsabilità del debitore per l'inadempimento o ritardo sembrerebbe risolto dall'art 91 D.L. 17 marzo 2020 nr 18 che così dispone all'art 3 del decreto legge 23.2.2020 nr 6 convertito con modificazioni dalla legge 5.3.2020 nr 13, dopo il comma 6 è inserito il seguente 6 bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini della esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 c.c. e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente alla applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati od omessi adempimenti . Sebbene tale disposizione sia dettata solo per i contratti pubblici, l'eudem ratio imporrebbe di estendere il principio a tutti i contratti, indipendentemente dall'oggetto e dalla natura dei contraenti. Sono gli stessi articoli 1218 e 1223 c.c. che, letti combinatamente, escludono responsabilità e risarcimento quando l'inadempimento della obbligazione o il ritardo della sua prestazione dipendano da causa non imputabile al debitore e tale è appunto, indubitabilmente, il rispetto delle misure di contenimento. Da questo punto di vista, anche alla luce della ratio che ispira l'insieme delle norme di cui si compone il D.L. Cura Italia , si ritiene che la sopravvenuta esistenza di una causa non imputabile che non rende possibile l'esatto adempimento possa essere valutata dal Giudice delegato senza la necessità di una nuova udienza per la discussione del profilo temporale dell' adempimento con i creditori o qualunque altro interessato che possa sollevare contestazioni. Ispira questa interpretazione in primo luogo l'art 91 del decreto legge sopra richiamato recante disposizioni in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dalla attuazione delle misure di contenimento che, sia pure riferito a vicende contrattuali e non a vicende caratterizzate da profili procedurali in senso ampio come il caso del piano del consumatore può essere considerata norma di carattere generale per la interpretazione delle conseguenze della attuazione delle misure di contenimento del Coronavirus e, quindi, anche strumento nelle mani del giudice per valutare la presente istanza di differimento del termine da cui far continuare decorrere l'adempimento delle obbligazioni assunte con il piano del consumatore. Si ritiene infatti che sulla istanza di modifica richiesta dal debitore, con l'ausilio dell'organismo di composizione della crisi, il giudice designato possa decidere sulla istanza senza necessità di disporre la convocazione dei creditori. Valga evidenziare che nel decreto liquidità, il legislatore, riconosce la possibilità di rivolgere direttamente istanze al Tribunale se motivate con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto della emergenza epidemiologica Covid-19 così facendo entrare nel diritto della crisi di impresa come rilevante, tipizzandolo, il fatto sopravvenuto non imputabile ad una delle parti coinvolte nella esecuzione degli accordi e nelle procedure di regolazione della crisi e della insolvenza Sul punto l'art 9 comma 3 del decreto fa riferimento alla ipotesi in cui il debitore intenda solo modificare i termini di adempimento originariamente prospettati nella proposta e nell'accordo. Il presupposto di operatività della norma è la pendenza di un procedimento di omologa di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione alla data del 23.2.2020. In tale caso si fa riferimento non ad una modifica sostanziale del piano ma ad una modifica unilaterale del termine di adempimento come originariamente prospettato e sempre che nella nuova istanza siano indicati i termini i nuovi termini che non possono essere superiori a sei mesi e venga data prova documentale della necessità della modifica. In questo caso, il Giudice è chiamato ad una valutazione solo sui temi dell'adempimento per cui l’istanza dovrà vertere essenzialmente su tale circostanza dovendo il proponente giustificare i motivi che stanno a base della richiesta di modifica dei tempi. La disciplina relativa alla moratoria sino a sei mesi secondo una modifica unilaterale e previo parere del commissario va ritenuta estensibile ai piani del consumatore tenuto conto della ratio sottesa al decreto richiamato che è quella di sostenere il sistema da una spaventosa crisi di liquidità tale sforzo rischierebbe di essere vanificato in mancanza della possibilità di ridimensionare i debiti già contratti da chi è in difficoltà apportando una modifica unilaterale del termine di adempimento, intervenendo sui debiti pregressi, sospendendone l'esazione. Sotto il medesimo profilo va rilevato che l'esigenza di concedere ai debitori la possibilità di apportare celermente modifiche ai piani è funzionale a quella di semplificazione richiesta dalla attuale fase emergenziale nella gestione dei procedimenti pendenti e futuri con riferimento agli accordi di composizione della crisi, l'avvio di un ulteriore iter finalizzato al raggiungimento di un nuovo accordo coi creditori, rischierebbe di dilatarne eccessivamente la durata e tanto anche in considerazione dei nuovi carichi di lavoro che ricadranno sugli uffici giudiziari a seguito delle sospensioni delle udienza, dei termini, delle attività. La modifica unilaterale suddetta trova poi la sua ratio nel principio di buona fede contrattuale che è principio tipizzato dal legislatore anche come diritto del contraente di introdurre in via unilaterale modifiche vincolanti per le parti del contratto, funzionali alla tutela del suo specifico interesse e non lesive degli interessi della controparte. Ciò vuol dire che non deve mai trattarsi di modifiche sostanziali, qualitative e quantitative ma solo di una modifica come nel caso de quo che incide sui termini dell'adempimento originariamente proposti per fare fronte ad una ritenuta impossibilità temporanea che incide sull'esatto adempimento. Le norme sulla buona fede, sulla correttezza ed equità costituiscono fonti di ogni rapporto obbligatorio e a tali principi il legislatore fa espresso riferimento anche nel codice della crisi laddove all'art 4 rubricato doveri delle parti si disciplina l'obbligo del comportamento del debitore e del creditore secondo buona fede e correttezza e secondo il dovere di leale collaborazione tra le parti coinvolte nelle procedure di composizione della crisi di impresa e nella loro esecuzione. Appare evidente che in tali termini si giustifica la mancata partecipazione del ceto creditorio compensata dal parere espresso dall'OCC. In definitiva e alla stregua di quanto sopra argomentato, deve ritenersi che il debitore, con l'ausilio dell'OCC possa chiedere al Giudice in via telematica la sospensione della esecuzione dell'accordo o del piano omologato, ricorrendo una ipotesi di impossibilità sopravvenuta all'adempimento derivante da ragione a lui non imputabile. Non può trovare, invero, prevalenza la disposizione di cui all'art 14 bis, comma II lett B che riconosce ai creditori di dichiarare cessati gli effetti del piano del consumatore omologato nel caso in cui l'esecuzione del piano diviene impossibile anche per fatti non imputabili al debitore. Deve infatti ritenersi che il rapporto tra art 13 comma IV ter ed art 14 bis, comma II lett b va inteso nel senso che prevale la volontà del debitore di chiedere la modifica della proposta del piano rispetto a quella dei creditori di ottenere la cessazione degli effetti della omologazione del piano del consumatore. Va considerato che il piano del consumatore è sottoposto ad un controllo giudiziale sia nella fase di omologazione che in quella di esecuzione la valutazione circa la fattibilità del piano e la meritevolezza dello stesso va effettuata anche nella sede in cui il giudice è chiamato a decidere sulla istanza del debitore per ottenere la modifica del piano ex art 13 comma IV ter. Questa considerazione appare tanto più fondata in considerazione del fatto che nella fase di esecuzione il requisito della meritevolezza viene in rilievo sul presupposto della non imputabilità al debitore della causa che non rende possibile l'esatto adempimento e quello della fattibilità assume rilievo considerato che se venisse richiesto l'immediato adempimento, il piano non sarebbe più fattibile. In questo senso, l’istanza va accolta. P.Q.M. In accoglimento dell'istanza, dispone la sospensione della esecuzione del piano del consumatore per il termine dal 15.3.2020 al 15.09.2020 dalla rata nr 9 alla rata nr 15