Procedure di sovraindebitamento ed ""intangibilità dell'aggiudicazione"" nell'esecuzione individuale

La sospensione delle procedure esecutive pendenti a seguito del decreto di apertura di una procedura di sovraindebitamento ai sensi dell'art. 10 e 14 quinquies legge 3/2012 non opera in caso di già avvenuta aggiudicazione del bene nel corso della procedura esecutiva individuale.

Così il Tribunale di Genova con la sentenza n. 273/20, del 3 febbraio. Il caso. Un debitore intendeva accedere ad una procedura di sovraindebitamento e presentava proposta di piano del consumatore in data 29.1.2015 al professionista facente funzioni di OCC. La proposta prevedeva la soluzione dell'indebitamento senza vendere l'immobile di cui era proprietario il debitore - e già colpito da procedura esecutiva individuale in corso promossa dal creditore fondiario - con pagamenti rateali superiori al termine massimo previsto dall'art. 8, comma 4, l. n. 3/2012. La proposta di piano veniva subito considerata inammissibile dal professionista in quanto non attestabile. In senso conforme provvedeva il G.D. concedendo termine per presentare una proposta conforme. L'esecuzione immobiliare intanto proseguiva e l'immobile veniva aggiudicato all'asta in data 1.7.2015. Il debitore proponeva allora opposizione all'esecuzione chiedendone la sospensione e in data 18.3.2016 presentava al professionista richiesta di liquidazione del patrimonio. Il giudice dell'esecuzione intanto rigettava in data 1.3.2016 la richiesta di sospensione e il 7.4.2016 emetteva decreto di trasferimento dell'immobile nell'ambito della procedura esecutiva individuale. Da ultimo giungeva il 19.4.2016 anche il provvedimento di inammissibilità della proposta di piano originaria da parte del G.D. Il debitore allora proponeva azione di responsabilità professionale nei confronti del professionista reo di non aver consentito al debitore di centrare l'obiettivo dell'esdebitazione. La massima. La sospensione delle procedure esecutive pendenti a seguito del decreto di apertura di una procedura di sovraindebitamento ai sensi dell'art. 10 e 14- quinquies l. n. 3/2012 non opera in caso di già avvenuta aggiudicazione del bene nel corso della procedura esecutiva individuale. Infatti per il principio di intangibilità dell'aggiudicazione ex art. 187 bis disp. att. c.p.c. l'aggiudicazione stessa rimane valida e il giudice dell'esecuzione deve emettere il decreto di trasferimento dopo il pagamento del saldo prezzo da parte dell'aggiudicatario, in quanto atto dovuto e non già atto di ulteriore proseguimento dell'esecuzione. La decisione del Tribunale. In primo luogo il Tribunale di Genova specifica che il professionista facente funzioni di organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento è figura complessa riconducibile giuridicamente a quella del 1 professionista che presta opera di consulente del debitore 2 ausiliario del giudice 3 attestatore fidefacente a tutela dei creditori 4 mandatario in rem propria dei creditori stessi. La responsabilità di tale soggetto è pertanto inquadrabile nell'ambito della disciplina del contratto di prestazione d'opera intellettuale di cui all'art. 2230 c.c In argomento il Tribunale osserva che dalla successione cronologica degli avvenimenti sopra brevemente riepilogati il risultato dell'esdebitazione, obiettivo delle due istanze prima proposta di piano e poi liquidazione del patrimonio , è stato vanificato per fatto imputabile esclusivamente al debitore stesso. Infatti con riferimento alla prima istanza, la proposta formulata non era ammissibile perché palesemente contra legem dato che si pretendeva di pagare il creditore ipotecario con rate di durata superiore al termine di cui all'art. 8 comma 4, l. n. 3/2012 e senza liquidare l'immobile. Nonostante lo spazio concesso dal G.D. per presentare una proposta conforme, il debitore ha insistito con la propria richiesta iniziale e ciò ha portato inevitabilmente al rigetto dell'istanza 19.4.2016 . Nel contempo l'esecuzione individuale è andata avanti dato che, come noto, fino al decreto di apertura di cui all'art. 10 e di cui all'art. 14- quinquies l. n. 3/2012 non è possibile la sospensione delle azioni esecutive. La procedura di sovraindebitamento però non poteva essere aperta dato che il piano non era attestabile dal professionista in quanto non ammissibile per le ragioni descritte. Controversa è poi la possibilità del giudice dell'esecuzione di sospendere la procedura pendente avanti a sé in costanza di una richiesta di accesso alle misure di sovraindebitamento senza ancora la pronuncia di ammissione. Non vi è una norma che prevede simile possibilità e l'orientamento giurisprudenziale prevalente tende ad escludere tale soluzione. Se invece la procedura di sovraindebimento è formalmente aperta con il provvedimento di ammissione e con la relativa sospensione delle procedure esecutive, allora il giudice dell'esecuzione non potrà che prenderne atto. In ogni caso, osserva il Tribunale, il provvedimento di sospensione non intacca gli atti compiuti anteriormente che quindi conservano la loro efficacia. Da ultimo nel provvedimento in commento si analizza l'ipotesi di sospensione intervenuta dopo l'aggiudicazione del bene nel corso della procedura esecutiva e prima del decreto di trasferimento. Per il principio di intangibilità dell'aggiudicazione ex art. 187- bis disp. att. c.p.c. l'aggiudicazione rimane valida e il giudice deve emettere decreto di trasferimento dopo il pagamento del prezzo in quanto atto dovuto e non ulteriore proseguimento dell'esecuzione. In caso poi di omologazione del piano o dell'accordo di sovraindebitamento il prezzo non potrà essere assegnato al creditore procedente, ma andrà a beneficio di tutti i creditori per via - come detto - dell'intervenuta sospensione della procedura esecutiva. Ora, nel caso di specie, tenuto conto dei rapporti brevemente riepilogati tra sovraindebitamento e esecuzione individuale, il Tribunale ritiene non sussistere profili di negligenza/omissione professionale in capo al professionista. Infatti la proposta di piano era ab origine non ammissibile e ciò era stato fatto presente sin dall'inizio da parte del professionista come poi confermato dal provvedimento di rigetto del G.D. Ad analoga conclusione si arriva considerando la successiva richiesta di liquidazione di patrimonio formalizzata solo il 18.3.2016 ad aggiudicazione già intervenuta e quindi insufficiente a bloccare l'esecuzione individuale proposta dal creditore fondiario. Nessun profilo di responsabilità può quindi essere mosso al professionista facente funzione di OCC dato che il fallimento delle procedure di sovraindebitamento non era imputabile a sue negligenze/omissioni, ma solo alle iniziative del debitore medesimo. L'azione risarcitoria non trova quindi accoglimento e viene respinta.

Tribunale di Genova, sez. II Civile, sentenza 30 gennaio – 3 febbraio 2020, n. 273 Giudice Buttiglione Motivi in fatto ed in diritto della decisione Preliminarmente, poiché la richiesta di risarcimento del danno risulta formulata dalla parte attrice/debitrice nei confronti del professionista dr. PO. nominato dal Tribunale come facente funzioni di organismo di composizione della crisi di cui alla legge n. 3/2012 – va chiarito che la natura giuridica di tale figura professionale è riconducibile a quella del professionista che presta opera di consulente del debitore, sia pure non esclusivo attestatore fidefacente a tutela dei creditori ausiliario del giudice mandatario in rem propriam dei creditori. La responsabilità del professionista nominato è pertanto inquadrabile nell’ambito della disciplina del contratto di prestazione d’opera intellettuale di cui all’art. 2230 c.c. A tutela di eventuali danneggiati la legge prevede che il professionista stipuli adeguata polizza assicurativa v. art. 4 lett. c decreto 2014 N. 202 . Ciò premesso, nel merito la ricostruzione della cronologia degli eventi legati alle due distinte procedure, di composizione della crisi da sovraindebitamento da un lato, ed esecutiva di espropriazione immobiliare già pendente, è sufficiente a chiarire l’intento perseguito dalla debitrice, dapprima con la presentazione della proposta di piano del consumatore ai sensi art. 9 legge n. 3/2021 , e in seguito con la presentazione di istanza di liquidazione del patrimonio art. 14 ter legge n. 3/2021 . In particolare, la ricostruzione cronologica degli eventi permette di verificare che il risultato perseguito con la presentazione delle due istanze proposta di piano e liquidazione è stato vanificato per fatto addebitabile esclusivamente alla parte attrice. Infatti, tramite il deposito della prima istanza per la presentazione del piano del consumatore, e quindi diretta alla nomina del professionista 29.1.2015 , la parte istante intendeva evitare a tutti i costi la liquidazione dell’immobile già avviata tramite esecuzione individuale promossa dal creditore fondiario . Tuttavia, la proposta di piano presentata al professionista veniva dichiarata inammissibile, in quanto non attestabile. Si trattava, in particolare, di un piano richiesto con termini e modalità contra legem, in quanto prevedeva di NON liquidare l’immobile, e di pagare il creditore ipotecario con rate superiori al termine massimo previsto dall’art. 8 comma 4. Il commercialista spiegava più volte tale circostanza alla parte, il G.D. pure v. doc. n. 4 parte attrice - provvedimento in data 16.7.2015 con cui veniva comunque concessa una proroga fino al 15.9.2015 per deposito di una proposta conforme a legge , eppure, pur dopo la proroga concessa dal G.D., nuovamente nella proposta di piano riscontrata il 22.10.2015 al punto 6 il commercialista evidenziava chiaramente le criticità ripetute del piano che prevedevano di non soddisfare entro l’anno il creditore ipotecario, e di NON VENDERE comunque l’immobile -v. doc. n. 15 lettera 22.10.2015 del commercialista . Si trattava pertanto, come già indicato chiaramente, di piano NON ATTESTABILE. Nel frattempo l’esecuzione immobiliare procedura totalmente autonoma rispetto a quella di composizione della crisi proseguiva legittimamente, e in data 1.7.2015 AVVENIVA LA VENDITA ALL’ASTA DELL’IMMOBILE. Il 22.7.2015 il G.E sospendeva comunque ogni attività successiva alla aggiudicazione ma non sospendeva formalmente l’esecuzione , essendo stata proposta opposizione alla esecuzione, ma sulla richiesta di sospensione decideva in data 1.3.2016 rigettandola, in quanto riteneva che le procedure di composizione della crisi avviate non comportassero improcedibilità delle azioni esecutive. Dava quindi mandato al delegato di procedere agli ulteriori atti esecutivi e in data 7.4.2016 veniva emesso il decreto di trasferimento dell’immobile in favore dell’aggiudicatario. Premesso che fino alla data di adozione del DECRETO DI APERTURA DI CUI ALL’ART. 10 E DI CUI ALL’ART. 14 QUINQUIES LEGGE N. 3/2012 NON E’ PREVISTA LA SOSPENSIONE DELLE PROCEDURE ESECUTIVE, in ordine ai rapporti fra procedure di composizione della crisi e procedure esecutive individuali si osserva quanto segue Nel piano del consumatore, diversamente da quanto accade nella procedura di accordo di composizione della crisi, non esiste un divieto generale e automatico di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali sui beni del sovraindebitato. Quest’ultimo, infatti, sarà legittimato a chiedere al giudice la sospensione di determinate esecuzioni già esistenti, individuandole specificamente nel ricorso. Difatti, il comma 2 dell’art. 12 bis della L. n. 3/2012, prevede che quando, nelle more della convocazione dei creditori, la prosecuzione di specifici procedimenti di esecuzione forzata potrebbe pregiudicare la fattibilità del piano, il giudice, con lo stesso decreto, può disporre la sospensione degli stessi sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo”. In ogni caso, il provvedimento in questione non è adottabile fino a quando non sia aperta con decreto la procedura, procedura che nel caso di specie non è stata mai aperta, in quanto la parte debitrice presentava una proposta di piano non attestabile. E’ controversa poi, in ipotesi di esecuzione già pendente, la possibilità per l’esecutato di depositare davanti al giudice dell’esecuzione istanza di sospensione, prima che il giudice competente per il sovraindebitamento si sia pronunciato sull’ammissione della procedura. L’orientamento giurisprudenziale maggioritario esclude tale possibilità nella misura in cui non si ritiene sufficiente l’aver presentato la proposta di piano per formulare richiesta di sospensione al giudice dell’esecuzione motivo per cui il G.E. rigettava l’istanza di sospensione in data 1.3.2016 . Quest’ultimo è, infatti, privo di qualsivoglia potere in materia, non esistendo alcuna norma che lo autorizzi a sospendere l’esecuzione a seguito del deposito del ricorso per accedere alla procedura di composizione della crisi. Ove, invece, il provvedimento di sospensione dell’esecuzione pendente sia emesso dal giudice del sovraindebitamento, una volta dichiarata ammissibile la procedura, il giudice dell’esecuzione, investito con istanza informativa” dal sovraindebitato, potrà solo prendere atto della sospensione del procedimento esecutivo. Gli effetti reali del provvedimento di sospensione della procedura esecutiva sono quelli previsti dall’art. 626 c.p.c., secondo cui quando il processo è sospeso, nessun atto esecutivo può essere compiuto, salvo diversa disposizione del giudice dell’esecuzione”. In ogni caso, il provvedimento di sospensione del procedimento esecutivo non pregiudica gli atti compiuti anteriormente alla sospensione, i quali conservano la propria efficacia. Infine, nella ipotesi in cui l’aggiudicazione del bene sia già avvenuta, in virtù del principio dell’intangibilità dell’aggiudicazione, che trova fondamento nell’art. 187- bis disp. att. c.p.c., l’aggiudicazione deve rimanere valida e il giudice dell’esecuzione deve emettere il decreto di trasferimento dopo il pagamento del saldo prezzo da parte dell’aggiudicatario, in quanto atto dovuto e non già atto di ulteriore proseguimento dell’esecuzione. Infatti, l’art. 187-bis disp. att. c.p.c. prevede che in ogni caso di estinzione o di chiusura anticipata del processo esecutivo avvenuta dopo l’aggiudicazione, anche provvisoria, o l’assegnazione, restano fermi nei confronti dei terzi aggiudicatari o assegnatari, in forza dell’art. 632, secondo comma, del codice, gli effetti di tali atti”. Naturalmente, in caso di omologazione del piano o dell’accordo, il prezzo che verrà pagato dall’aggiudicatario non potrà essere assegnato al creditore procedente ma andrà a beneficio di tutti i creditori, in quanto la sospensione del processo esecutivo esclude che le somme incassate possano essere trasferite ai creditori che hanno intrapreso o partecipato all’esecuzione. Tornando quindi alla parallela vicenda procedimentale di composizione della crisi avviata con presentazione di una proposta di piano inammissibile e non attestabile, scaduto il termine prorogato dal G.D. fino al 4.12.2015, solo in data 7.12.2015 la parte debitrice si attivava prospettando al professionista di voler presentare l’alternativa richiesta di liquidazione del patrimonio. Infatti, sfumata la possibilità che venisse ammesso un piano che prevedeva di mantenere la proprietà dell’immobile, la parte debitrice si affrettava a presentare, il 7.12.2015, una alternativa richiesta di liquidazione dei beni, che consentisse, in prospettiva, la successiva completa esdebitazione – e ciò nonostante l’avvenuta vendita all’asta dell’immobile nella procedura espropriativa ordinaria. Tuttavia, anche questa richiesta e allegata documentazione, venivano trasmessi al commercialista solo il 18.3.2016. Il 7.4.2016 veniva intanto emesso decreto di trasferimento dell’immobile nell’ambito della procedura di esecuzione doc. n. 27 parte attrice . Il 19.4.2016 il Giudice Delegato dichiarava inammissibile la proposta doc. n. 28 parte attrice . Dal punto di vista della procedura di composizione della crisi, quindi, non si arrivava nemmeno alla apertura con decreto di cui all’art. 10 e di cui all’art. 14 quinquies della legge n. 3/2012 – ma de plano a una pronuncia di inammissibilità della istanza. Ora, essendo pacifico che la proposta di piano era inammissibile e non attestabile, come ripetutamente comunicato, resta da verificare se la alternativa richiesta di liquidazione, fatta pervenire al commercialista il 18.3.2016 con allegati documenti fosse di per sé idonea a sfociare in una successiva esdebitazione e permettesse di bloccare” la procedura esecutiva, la cui richiesta di sospensione era stata rigettata dal G.E. il 1.3.2016. In ogni caso, valutati tutti gli esiti possibili delle procedure, occorre stabilire se vi sia stata una omissione professionale da parte del commercialista convenuto, da porre in nesso di causa con la lamentata mancata esdebitazione”. Quanto alla non attestabilità del piano condizionato al mantenimento della proprietà dell’immobile non vi sono dubbi, sia per la lettera della legge chiara sul punto sia per i ripetuti chiarimenti scritti in tal senso forniti dal commercialista al legale della debitrice, e infine per stessa ammissione della parte debitrice. Si legge infatti nella comunicazione 16.6.2015 dello stesso legale di parte attrice doc. n. 6 di parte convenuta il riconoscimento esplicito della impossibilità di attestare il piano proposto. In particolare, in tale comunicazione al commercialista, lo stesso legale chiedeva di soprassedere prima di comunicare l’impossibilità di attestare il piano. Il commercialista, per parte sua, fin da subito osservava e comunicava al legale della debitrice che, per poter attestare un piano che consentisse il mantenimento della proprietà dell’immobile già oggetto di esecuzione, l’unica via da percorrere era rappresentata da un accordo con il creditorie fondiario. I tentativi di detto accordo sono ampiamente documentati negli atti di causa. E’ evidente pertanto che fino all’ultimo momento la parte debitrice tentava di proporre un piano che le consentisse di raggiungere un accordo separato con la banca, con pagamento rateale, evitando la vendita all’asta dell’immobile. A fronte del diniego della banca, il piano veniva presentato nonostante ancora a ottobre del 2015 il commercialista ne facesse presente chiaramente la non attestabilità. Come risulta dalle comunicazioni intercorse, il commercialista fin da subito suggeriva quindi l’alternativa del piano di liquidazione del patrimonio v. mail in atti . Come emerge però dagli atti allegati della procedura di espropriazione, pendendo istanza di sospensione della procedura esecutiva e opposizione alla esecuzione su cui evidentemente il commercialista non aveva alcun potere di intervento – la debitrice provava fino all’ultimo a non ricorrere alla procedura di liquidazione di cui alla legge n. 3/2012. Solo a termine scaduto fissato per la presentazione del piano, pacificamente non attestabile, veniva prospettata la alternativa della richiesta di liquidazione, datata 7.12.2015, strumentale alla concomitante richiesta di sospensione dell’esecuzione, e formalizzata e comunicata al commercialista solo il 18.3.2016, ad avvenuto rigetto della richiesta di sospensione dell’esecuzione decisa in data 1.3.2016 . Contemporaneamente interveniva declaratoria di inammissibilità della proposta di piano originaria in data 19.4.2016. Tale provvedimento veniva fatto oggetto di reclamo da parte della debitrice, e veniva deciso dal Collegio in data 23.6.2016 doc. n. 29 – reclamo e decreto collegiale . Il 27.6.2016 veniva avanzata richiesta di risarcimento danni nei confronti del commercialista, che pertanto si asteneva da qualunque ulteriore attività. La sequenza cronologica degli eventi e degli atti che hanno riguardato la procedura di sovraindebitamento da un lato, e la procedura di esecuzione immobiliare dall’altro, alla luce della disciplina normativa e dei rapporti fra le diverse procedure, rende palese la totale infondatezza della richiesta di risarcimento del danno. Infatti, la mancata attestabilità della proposta di piano così come formulata dalla debitrice risultava fin da subito esplicitata, e va quindi esclusa ogni responsabilità sul punto in capo al dr. PO Peraltro, in ordine al rapporto con la procedura di esecuzione pendente, fino alla apertura della procedura mai avvenuta per non attestabilità del piano nessun provvedimento di sospensione dell’esecuzione avrebbe potuto essere adottato dal G.D., e analogo provvedimento di rigetto della sospensione era adottato anche dal G.E. Alla medesima conclusione deve pervenirsi con riguardo alla proposta richiesta di procedura di liquidazione formalizzata solo il 18.3.2016, anch’essa insufficiente a bloccare l’esecuzione individuale promossa dal creditore fondiario, nella quale era già intervenuta la aggiudicazione. L’esito della eventuale esdebitazione successiva alla liquidazione del patrimonio era quindi ininfluente sugli atti già compiuti nella procedura esecutiva. Considerato che comunque la debitrice interponeva reclamo avverso il provvedimento di inammissibilità dell’istanza di piano, decisa il 23.6.2016, e il successivo 26.6.2016 inoltrava immediata richiesta di risarcimento al professionista, deve concludersi in fatto e in diritto che non sussistono profili di negligenza/omissione in capo al professionista, e che le vicende che hanno determinato l’espropriazione immobiliare sono del tutto svincolate dalla attività svolta dal professionista nell’ambito della procedura di risoluzione della crisi da sovraindebitamento. Nello stesso decreto del Collegio che decideva sul reclamo il Tribunale osservava in punto come fosse attribuibile alla parte debitrice il passaggio alla diversa procedura di liquidazione, la quale comunque richiedeva adempimenti non compatibili con i tempi indicati dal Giudice, dei quali non era nemmeno stata richiesta la proroga. Ovviamente, la successiva immediata richiesta di risarcimento del danno del 26.6.2016 interrompeva ogni attività del professionista. La domanda deve quindi essere rigettata. Le spese del giudizio seguono la soccombenza integrale della parte attrice, e a carico di quest’ultima devono essere poste anche le spese legali della assicurazione terza chiamata, trattandosi di chiamata in causa necessitata dalla richiesta di risarcimento infondata proposta. Non sussistono invece i presupposti per configurare una responsabilità ex art. 96 c.p.c. La liquidazione come in dispositivo, tenuto conto del valore della domanda Euro 132.712,83 – riconosciute le voci della tariffa esclusa la fase istruttoria. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, contrariis rejectis, RIGETTA La domanda di risarcimento del danno avanzata da BA. MA. RO. EL. nei confronti di PO. MA CONDANNA BA. MA. RO. EL. a rifondere le spese sostenute nel presente giudizio da PO. MA., che liquida in complessivi Euro 8.030,00 oltre rimborso spese al 15%, IVA e CPA. CONDANNA BA. MA. RO. EL. a rifondere le spese sostenute nel presente giudizio da GLI ASSICURATORI DEI LLOYD’S che liquida in complessivi Euro 8.030,00 oltre rimborso spese al 15%, IVA e CPA.