Nessun obbligo di deposito preventivo delle spese della procedura

In tema di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla l. n. 3/2012, il giudice non può, in assenza di una specifica norma che lo consenta, imporre al debitore, a pena di inammissibilità, il deposito preventivo di una somma per le spese che si presumono necessarie ai fini della procedura, potendo semmai disporre acconti sul compenso finale spettante all’organismo di composizione della crisi, ai sensi dell’art. 15 d.m. n. 202/2014, tenendo conto delle circostanze concrete e, in particolare, della consistenza dei beni e dei redditi del debitore in vista della fattibilità della proposta di accordo o del piano del consumatore, anche ai sensi dell’art. 8, comma 2, l. n. 3/2012.

Con la pronuncia del 19 dicembre 2019, n. 34105, emessa ai sensi dell’art. 363 c.p.c., il S.C. interviene su un tema di particolare importanza nelle procedure di sovraindebitamento, stabilendo che il Giudice non può imporre, a pena di inammissibilità della procedura, il deposito di una somma a titolo di copertura delle spese della procedura, in assenza di un’esplicita previsione normativa, che non è rinvenibile nel dato normativo. Il caso. La pronuncia in esame riguarda la questione della necessità o meno di depositare, nell’ambito della procedura di sovraindebitamento di accordo della composizione della crisi, una somma indicata dal giudice, a pena di inammissibilità, relativa alle spese che si dovranno sostenere per la procedura stessa. Il ricorso, promosso avverso il decreto del presidente del tribunale che rigetta le istanze di rateizzazione dei debitori in assenza del deposito della somma di euro 4.000,00 per ciascuna delle tre procedure promosse, è dichiarato inammissibile. Il S.C., in ogni caso, ravvisando un interesse pubblico nel tema per cui è causa, emette una ordinanza ai sensi dell’art. 363 c.p.c., secondo la massima in epigrafe. Concordato preventivo e deposito della somma per le spese. Il tema delle spese per le procedure concorsuali è disciplinato, nel sistema normativo, con riferimento al concordato preventivo. In particolare, in tale procedura, la somma che si presume necessaria va determinata tenendo conto del compenso da liquidarsi al commissario giudiziale, dei compensi per altri ausiliari e di varie altre spese di procedura. Tale somma va depositata in cancelleria nel termine di cui all'art. 163, comma 1, n. 4 l. fall., pena la dichiarazione di fallimento di ufficio non essendo prevista dalla norma la possibilità di un deposito parziale e di una successiva eventuale integrazione. Il termine per il deposito decorre dalla comunicazione del decreto del debitore ricorrente non potendo esigersi l'adempimento di un onere, se non dal momento in cui il soggetto, che vi è tenuto, viene a conoscenza del provvedimento, che ne determina il contenuto. Deposito della somma per le spese termine ordinatario o perentorio? Si ritiene, peraltro, che il termine stabilito dal tribunale per il deposito delle spese di cui all'art. 163, comma 2, n. 4 testè menzionato ha carattere perentorio. Pertanto, in caso di omissione o di adempimento tardivo, il commissario è tenuto a riferire al Tribunale che revoca la procedura e, in presenza dei presupposti di legge, può dichiarare il fallimento. Non mancano, comunque, provvedimenti che, seppur minoritari, ritengono il termine de quo meramente ordinatario. Revoca del concordato preventivo e pagamento delle spese. Il deposito delle somme disposto con il decreto di apertura della procedura di concordato preventivo è finalizzato al pagamento delle spese sostenute nel corso del procedimento pertanto, il commissario giudiziale è legittimato a procedere ai pagamenti anche a seguito di revoca ex art. 173 l.fall. e, in tal caso, il debitore avrà diritto alla restituzione delle somme residue solo dopo il pagamento delle spese della procedura e dei compensi liquidati. Anticipo delle spese e procedura di sovraindebitamento. Nel caso dei procedimenti di cui alla legge n. 3 del 2012 – ma anche, osserva il S.C., nella riforma risultante dal Codice della Crisi di Impresa di cui al d.lgs. n. 14/2019 – non sembra per contro ravvisarsi alcun obbligo relativo al deposito preventivo di una somma indicativa a copertura delle spese di procedura. Ai sensi, infatti, del d.m. 24 settembre 2014, n. 202, è previsto un obbligo di trasparenza per quanto attiene l’indicazione dell’importo da parte dell’organismo di composizione della crisi nonché altre indicazioni sulla determinazione dei compensi, ma nessun riferimento alla necessità di depositare, in anticipo, una determinata somma a titolo di anticipo delle spese. Tra l’altro, tale obbligo non sembra neanche sussistere alla luce della Direttiva UE 2019/1023 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, esdebitazione e interdizioni, essendo peraltro paradossale un obbligo di depositare – a pena di inammissibilità - determinate somme per l’apertura della procedura, che ha proprio la finalità di adiuvare il soggetto in difficoltà ad uscire dalla situazione di crisi. Gratuito patrocinio e procedura di sovraindebitamento. Per quanto poc’anzi riferito, infatti, l'istituto del gratuito patrocinio trova applicazione anche in relazione alle procedure di sovraindebitamento, giacché la legge sancisce in via generale il diritto del cittadino che abbia i requisiti di reddito ad essere assistito da un difensore a spese dello Stato in tutti i procedimenti civili e di volontaria giurisdizione, senza eccezione alcuna, tranne quella prevista dall'art. 121, d.P.R. n. 115/2002. L'istituto in parola, peraltro, opera sia in relazione al procedimento avviato ex art. 15 della legge n. 3/2012 per la nomina di un professionista con funzioni di O.c.c., sia con riferimento alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 26 settembre – 19 dicembre 2019, n. 34105 Presidente Didone – Relatore Vella Fatti di causa 1. Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Urbino ha rigettato il reclamo proposto dalla società S.R. & amp C. s.n.c. in liquidazione, e dai soci F.M. e S.R. , avverso i decreti presidenziali di rigetto delle istanze di rateizzazione e contestuale revoca dei decreti di nomina degli Organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento in persona dello studio associato dei dottori St.Mi. e F.S. , motivati sul fatto che il mancato deposito delle somme richieste a titolo di fondo-spese - pari ad Euro 4.000,00 per ciascuna delle tre procedure attivate - e la richiesta di riduzione e contestuale rateizzazione delle stesse, inducevano al ragionevole timore che difficilmente la proposta di accordo avrebbe trovato esecuzione. 2. Avverso detto decreto i ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. 3. Gli intimati non hanno svolto difese. Ragioni della decisione 4. Con il primo motivo si deduce testualmente la Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in riferimento all’art. 24 Cost., dell’art. 6, paragrafo 1, della CEDU, e della L. n. 3 del 2012 - artt. 6 e ss. , in quanto il tribunale, rifiutando la richiesta di riduzione e rateizzazione delle esorbitanti somme di complessivi Euro 12.000,00 richieste, a titolo di fondo-spese, per l’avvio delle tre procedure di composizione della crisi di sovraindebitamento avviate dalla società e dai due soci, avrebbe di fatto impedito loro l’accesso ai benefici previsti dalla L. n. 3 del 2012, finalizzata anche ad evitare il ricorso all’usura da parte dei soggetti sovraindebitati. 5. Con il secondo mezzo si lamenta la Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in riferimento alla L. n. 3 del 2012, artt. 7 e seguenti , per essere stata ingiustamente disattesa l’ulteriore istanza di includere gli onorari previsti per l’Organismo di composizione della crisi tra le passività del piano, di cui lo stesso Organismo avrebbe dovuto verificare la fattibilità, anche al fine di verificare possibili alternative di pagamento delle spese di procedura . 6. In via preliminare il ricorso va dichiarato inammissibile ex art. 111 Cost. per difetto dei caratteri di decisorietà e definitività del provvedimento impugnato. 7. Invero, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, tale mezzo di impugnazione straordinaria è proponibile avverso provvedimenti giurisdizionali emessi in forma di ordinanza o di decreto solo quando essi siano definitivi ed abbiano carattere decisorio, essendo in grado di incidere con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale di qui l’inammissibilità dell’impugnazione di provvedimenti adottati dal tribunale in sede di reclamo, pur quando se ne deduca la inesistenza, nullità o abnormità, tutte le volte in cui essi siano inidonei a conseguire efficacia di giudicato, sia dal punto di vista formale che da quello sostanziale, senza che ciò si ponga in contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost. - proprio per la loro inidoneità a incidere con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale - e con l’art. 6 Cedu, essendo comunque garantita una duplice fase di tutela davanti a un’istanza nazionale v. ex multis, Cass. 20954/2017, Cass. 12229/2018, Cass. 16161/2018, in tema di provvedimenti di natura cautelare, anche adottati ai fini degli accordi di ristrutturazione dei debiti L. Fall., ex art. 182 bis, comma 6 . 8. Tale principio è stato affermato anche nell’ambito delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla L. n. 3 del 2012, con specifico riguardo al decreto reiettivo del reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato che ha dichiarato inammissibile la proposta Cass. 6516/2017 e del decreto reiettivo del reclamo avverso il provvedimento, successivo alla nomina del professionista L. n. 3 del 2012, ex art. 15, comma 9 di archiviazione della procedura Cass. 4497/2018 . 9. Ciò premesso, il Collegio ritiene che, ferma restando l’inammissibilità del ricorso, la questione posta meriti una pronuncia ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3. 10. Occorre innanzitutto dare atto che nell’ambito delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla L. n. 3 del 2012 come modificata dal D.L. n. 179 del 2012, convertito dalla L. n. 221 del 2012 non figurano disposizioni analoghe a quelle dettate in materia di concordato preventivo, in base alle quali i con il decreto di ammissione alla procedura il tribunale stabilisce il termine non superiore a quindici giorni entro il quale il ricorrente deve depositare nella la cancelleria del tribunale la somma pari al 50 per cento delle spese che si presumono necessarie per l’intera procedura, ovvero la diversa minor somma, non inferiore al 20 per cento di tali spese, che sia determinata dal giudice L. Fall., art. 163, comma 2, n. 4 ii qualora non sia eseguito il suddetto deposito, il commissario giudiziale provvede a riferirne al tribunale che apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato L. Fall., art. 163, comma 3 e art. 173, comma 1 . Va altresì evidenziato come tali disposizioni non siano esplicitamente richiamate nemmeno nell’ipotesi di nomina facoltativa del commissario giudiziale in caso di deposito del ricorso contenente domanda di ammissione al concordato cd. con riserva, ai sensi dell’art. 161 c.p.c., comma 6. 11. Anche nel Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza di cui al D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 - destinato in gran parte ad entrare in vigore dal 15 agosto 2020, con le modifiche che verranno apportate ai sensi della L. 8 marzo 2019, n. 20 recante Delega al Governo per l’adozione di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza, di cui alla L. 19 ottobre 2017, n. 155 - non si rinvengono disposizioni del genere nelle Procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento disciplinate nel Capo II, del Tit. IV, della Parte I del codice, fatto salvo il rinvio di cui all’art. 65, comma 2, in base al quale si applicano, per quanto non specificamente previsto dalle disposizioni della presente sezione, le disposizioni del titolo III in quanto compatibili , che potrebbe semmai legittimare l’applicazione degli artt. 44, comma 1, lett. d e 47, comma 1, lett. d in tema di deposito del fondo spese nelle procedure di concordato preventivo e omologazione degli accordi di ristrutturazione, previa apposita verifica di compatibilità, tenuto conto delle specifiche circostanze del caso concreto. 12. Attualmente, in tema di compensi e spese di procedura, la L. n. 3 del 2012 si limita a prevedere per quanto rileva in questa sede che il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi art. 7, comma 1 i quali assumono ogni iniziativa funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione e all’esecuzione dello stesso art. 15, comma 5 , con la precisazione che i compiti e le funzioni dell’organismo possono essere svolti anche da un professionista o una società tra professionisti in possesso dei requisiti di cui alla L. Fall., art. 28 ovvero da un notaio, nominati dal presidente del tribunale o dal giudice da lui delegato e che, sino all’entrata in vigore del regolamento previsto dal precedente comma 3, i compensi sono determinati secondo i parametri previsti per i commissari giudiziali nelle procedure di concordato preventivo, ridotti del quaranta per cento art. 15, comma 9 . 13. Orbene, il D.M. 24 settembre 2014, n. 202 Regolamento recante i requisiti di iscrizione nel registro degli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento ha disciplinato, tra l’altro, la determinazione dei compensi e dei rimborsi spese spettanti agli organismi a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura . 13.1. In particolare, l’art. 10 dispone tra l’altro che al momento del conferimento dell’incarico l’organismo deve comunicare al debitore il grado di complessità dell’opera, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili fino alla conclusione dell’incarico e deve altresì indicare i dati della polizza assicurativa di cui all’art. 4, comma 3, lett. c polizza necessaria ai fini dell’iscrizione nel registro nazionale, con massimale non inferiore a un milione di Euro, per le conseguenze patrimoniali comunque derivanti dallo svolgimento del servizio di gestione della crisi la misura del compenso è previamente resa nota al debitore con un preventivo, indicando per le singole attività tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi comma 3 l’organismo è obbligato a portare a conoscenza dei creditori l’accordo concluso con il debitore per la determinazione del compenso comma 4 . Il successivo art. 11, comma 2, aggiunge che al gestore della crisi e ai suoi ausiliari è fatto divieto, tra l’altro, di percepire, in qualunque forma, compensi o utilità direttamente dal debitore . 13.2. A livello operativo, l’art. 14 prevede che, in difetto di accordo con il debitore che lo ha incaricato, la determinazione dei compensi e dei rimborsi spese spettanti all’organismo ha luogo secondo le disposizioni del presente capo , le quali si applicano in particolare per la determinazione dei compensi dei soggetti nominati dal giudice ai sensi della L. n. 3 del 2012, art. 15, comma 9, anche se i valori minimi e massimi indicati non sono vincolanti per la relativa liquidazione. 13.3. Infine, l’art. 15 stabilisce che per la determinazione del compenso si tiene conto dell’opera prestata, dei risultati ottenuti, del ricorso all’opera di ausiliari, della sollecitudine con cui sono stati svolti i compiti e le funzioni, della complessità delle questioni affrontate, del numero dei creditori e della misura di soddisfazione agli stessi assicurata con l’esecuzione dell’accordo o del piano del consumatore omologato ovvero con la liquidazione e che, sebbene la liquidazione così strutturata sia concretizzabile all’esito della prestazione resa, sono ammessi acconti sul compenso finale . 14. Così ricostruite le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari, un provvedimento che condizioni la stessa ammissibilità della domanda di composizione della crisi da sovraindebitamento al deposito di un fondo spese, sostanzialmente destinato a coprire i compensi e le spese spettanti all’organismo di composizione della crisi - e, a maggior ragione, un provvedimento che neghi finanche la possibilità di una rateizzazione delle somme richieste - appare sfornito di fondamento normativo, poiché, come visto, il regime dettato dal D.M. 24 settembre 2014, n. 202 contempla solo la possibilità di acconti sul compenso finale che include il rimborso delle spese vive e di quelle forfetarie , salvo diverso accordo con il debitore. 15. Invero, l’imposizione di oneri che pongono una condizione di accesso non espressamente prevista dalla legge, incide sul diritto del debitore di avvalersi delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, senza che ciò sia adeguatamente giustificato dall’esigenza di tutelare il diritto al compenso dell’organismo, sia perché esso ha pacificamente natura prededucibile, sia perché la stessa L. n. 3 del 2012 contempla meccanismi di garanzia, come l’art. 8, comma 2, in base al quale nei casi in cui i beni e i redditi del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità dell’accordo o del piano del consumatore, la proposta deve essere sottoscritta da uno o più terzi che consentono il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per assicurarne l’attuabilità . Pertanto, solo una volta verificata, in concreto, l’assenza di qualsivoglia attivo sufficiente a sostenere compensi e spese dell’organismo di composizione della crisi, il tribunale potrebbe motivatamente assumere un provvedimento di inammissibilità della procedura. 16. Al riguardo occorre anche considerare, tenuto conto dell’effetto esdebitatorio che consegue alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, che la Direttiva UE 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la Dir. UE 2017/1132 - entrata in vigore il 16 luglio 2019 e da attuare per lo più entro il 17 luglio 2021 - prescrive agli Stati membri di provvedere affinché l’imprenditore insolvente abbia accesso ad almeno una procedura che porti all’esdebitazione art. 20, par. 1 , sia pure con le deroghe consentite dall’art. 23, stabilendo in particolare che essi possono escludere o limitare l’accesso, tra l’altro, quando non è coperto il costo della procedura che porta all’esdebitazione art. 23, par. 2, lett. e . Ciò conferma indirettamente che, laddove tale facoltà non sia esplicitamente esercitata - come è attualmente nella L. n. 3 del 2012 - il giudice non può per simili ragioni impedire arbitrariamente al debitore sovraindebitato l’accesso ad una procedura che gli consenta di beneficiare dell’esdebitazione, al di là delle condizioni espressamente richieste dalla legge. 17. Tra l’altro, sebbene l’art. 1, par. 2, lett. h , escluda dal campo di applicazione della Direttiva le persone fisiche che non siano imprenditori i.e. consumatori , il primo capoverso del successivo par. 4 precisa che gli Stati membri possono estendere loro la disciplina dell’esdebitazione, ed anzi il Cons. 21 ne sostiene la massima opportunità, non solo perché il sovraindebitamento del consumatore rappresenta un problema di grande rilevanza economica e sociale , ma anche perché gli stessi imprenditori non godrebbero efficacemente di una seconda opportunità per liberarsi dai debiti legati all’impresa e da altri debiti maturati al di fuori dell’impresa, se dovessero sottoporsi a procedure distinte quanto a condizioni di accesso e termini . 18. In proposito è appena il caso di rammentare che il principio di leale cooperazione ex art. 4, par. 3 TUE e art. 288, par. 3 TFUE consente ai giudici un’interpretazione del diritto nazionale conforme alla lettera e allo scopo di una direttiva cfr. Corte giust. 13 novembre 1990, Marleasing anche nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore e quella della sua attuazione ad opera dello Stato membro cfr. Corte giust. 17 gennaio 2008, Velasco Navarro e con riguardo a tutto il diritto interno, per far sì che esso possa essere applicato in modo da non addivenire ad un risultato contrario a quello cui mira la direttiva Cass., Sez. U, n. 23710/2008 . 19. In conclusione, il principio di diritto da affermare ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3, è il seguente In tema di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla L. n. 3 del 2012, il giudice non può, in assenza di una specifica norma che lo consenta, imporre al debitore, a pena di inammissibilità, il deposito preventivo di una somma per le spese che si presumono necessarie ai fini della procedura, potendo semmai disporre acconti sul compenso finale spettante all’organismo di composizione della crisi, ai sensi del D.M. 24 settembre 2014, n. 202, art. 15 tenendo conto delle circostanze concrete e, in particolare, della consistenza dei beni e dei redditi del debitore in vista della fattibilità della proposta di accordo o del piano del consumatore, anche ai sensi della L. n. 3 del 2012, art. 8, comma 2 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.