Trasferimento d’azienda: dei debiti risponde il cessionario anche in assenza delle scritture contabili

In tema di cessione di azienda, il principio di solidarietà tra cedente e cessionario di cui all’art. 2560, comma 2, c.c., con riferimento ai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento – principio condizionato al fatto che essi risultino dai libri contabili obbligatori – deve essere applicato tenendo conto della finalità di protezione” della disposizione, finalità che consente all’interprete di far prevalere il principio generale della responsabilità solidale del cessionario ove venga riscontrato, da una parte, un utilizzo della norma volto a perseguire fini diversi da quelli per i quali è stata introdotta e, dall’altra, un quadro probatorio che, ricondotto alle regole generali, fondato anche sul valore delle presunzioni, consenta di fornire una tutela effettiva al creditore che deve essere salvaguardato.

Con la pronuncia del 10 dicembre 2019, n. 32134, il S.C. offre un’interpretazione dell’art. 2560, comma 2 – in tema di trasferimento di azienda e responsabilità dei debiti del cessionario – tale da garantire una tutela del creditore nel caso in cui emerga dal quadro probatorio un utilizzo della cessione con finalità strumentali solo escludere la responsabilità del cessionario e quindi in contrasto con la ratio della norma. Il caso. Una società ottiene un decreto ingiuntivo per un proprio credito relativo ad un piano di rientro non rispettato e, nelle more, la società debitrice chiude e viene costituita una nuova società mediante trasferimento della medesima azienda della società posta in liquidazione. Il Tribunale respinge l’opposizione promossa dalla società cessionaria dell’azienda ritenendola, ai sensi dell’art. 2560, comma 2, debitrice in solido con l’altra società, nelle more estinta. La Corte d’Appello, per contro, non rinvenendo il debito de quo nelle scritture contabili, accoglie l’opposizione e revoca il decreto ingiuntivo. La società creditrice propone ricorso per Cassazione ritenendo erronea l’interpretazione data all’art. 2560, comma 2, in quanto l’iscrizione del debito nelle scritture contabili rappresenterebbe elemento a tutela del creditore e non può essere utilizzato in senso fraudolento per escludere la responsabilità del cessionario verso il debitore. Debiti e crediti dell’azienda ceduta gli interessi tutelati. Il legislatore ha disciplinato la sorte dei crediti, dei debiti e dei contratti inerenti all’azienda, ceduta in proprietà o in godimento, con norme che prendono in considerazione, più che i rapporti interni tra cedente e cessionario, i rapporti esterni del cedente e del cessionario con i terzi. In tale prospettiva, peraltro, si inquadra la previsione dell’art. 2558 c.c. sull’obbligo di non concorrenza, come effetto naturale del contratto di cessione e per il quale chi aliena un’azienda deve astenersi dall’iniziare una nuova impresa che, per oggetto, ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela traendola in inganno sull’effettiva titolarità dell’impresa. La sorte dei crediti in caso di trasferimento di azienda. Per quanto riguarda i crediti, l’art. 2559 c.c. prevede che la cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta, anche in mancanza di notifica al debitore, ha effetto nei confronti dei terzi dal momento della iscrizione nel registro delle imprese del trasferimento dell’azienda. In realtà è dubbio se tale trasferimento sia automatico o in forza di apposita pattuizione. Se la prevalente giurisprudenza è nel primo senso, non mancano pronunce, più remote, che si esprimono in senso contrario. In ogni caso, è pacifico che si tratta di una successione a titolo particolare e non universale, che deroga comunque al diritto comune in quanto ha efficacia nei confronti dei terzi anche in mancanza di notifica ma in conseguenza dell’iscrizione nel registro delle imprese del contratto di trasferimento. Trasferimento di azienda e sorte dei debiti. L’art. 2560 c.c., al comma 1, stabilisce che l’alienante non è liberato dai debiti inerenti all’azienda ceduta se i creditori non vi hanno consentito, secondo una regola che discende dal comune diritto dei contratti art. 1273 c.c. . Nel comma 2, invece, si stabilisce la responsabilità solidale dell’acquirente con l’alienante a condizione che si tratti di azienda utilizzata per l’impresa commerciale e che i debiti risultino dai libri contabili obbligatori. La regola è fissata, secondo quanto previsto in precedenza, per dare certezza al rapporto coi terzi. Nulla viene previsto per quanto riguarda il rapporto tra cedente e cessionario, ma la questione è spesso risolta in via pattizia nei contratti di trasferimento. In assenza di apposita pattuizione, peraltro, in giurisprudenza si nega – ma anche qui, non mancano significative voci contrarie – l’accollo dei debiti da parte dell’acquirente. Necessità di iscrizione del debito nelle scritture contabili. La vicenda alla base dell’ordinanza in commento riguarda uno specifico momento della sorte dei debiti in caso di trasferimento di azienda, ossia la risultanza o meno dei debiti nelle scritture contabili e, quindi, la solidarietà del cessionario per i suddetti debiti. La corte territoriale, infatti, la cui pronuncia è stata cassata dal S.C., ha seguito un’interpretazione letterale dell’art. 2560, comma 2, c.c., stabilendo che l’iscrizione del debito nelle scritture contabili rappresenta l’elemento costitutivo del sorgere della responsabilità del cessionario elemento che non può essere surrogato da altri strumenti probatori, stante l’eccezionalità della disposizione rispetto ai principi di diritto comune. La sorte dei debiti ed il superamento del rigore” dell’art. 2560 c.c Diversamente, una parte della giurisprudenza – alla quale aderisce la pronuncia in esame – assume un atteggiamento meno rigoroso nell’interpretazione del secondo comma dell’art. 2560 c.c., affermando, ad esempio, la necessità di coniugare il dato normativo con la ratio della disposizione, per evitare che la disposizione stessa sia applicata in senso contrario rispetto all’interesse tutelato, ossia quello dei creditori. In tale prospettiva, si ritiene possibile giungere ad una soluzione come quella indicata nella massima, valorizzando gli elementi di vicinanza della prova” e superando il rigore della necessaria iscrizione del debito nelle scritture contabili ai fini dall’applicazione del principio della solidarietà del cessionario verso il creditore.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 27 settembre – 10 dicembre 2019, n. 32134 Presidente Vivaldi – Relatore Di Florio Ritenuto che 1. La Euro Motors Italia Spa da ora EMI ricorre, affidandosi a tre motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Milano che, riformando la pronuncia del Tribunale, aveva respinto la domanda della società volta ad ottenere dalla Broker Srl, in qualità di cessionaria di azienda della Centro Esse Srl, l’importo di cui la predetta società era debitrice in virtù del decreto ingiuntivo emesso in suo favore e divenuto definitivo. 2. L’intimata ha resistito proponendo ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo, rispetto al quale la EMI si è difesa. Considerato che 1. La complessità della controversia rende opportuna una breve sintesi dei fatti posti sullo sfondo dell’intera vicenda, al fine di meglio inquadrare le questioni di diritto sottoposte all’attenzione di questa Corte. 1.1 Euro Motors Spa stipulò con il broker assicurativo Centro Esse Srl da ora CS una polizza di capitalizzazione a premio unico dell’importo di Euro 1.000.000,00 versando a mani dell’amministratore della società l’intera somma, con l’impegno della contraente a consegnarle successivamente il contratto assicurativo. Le attese risultarono vane e l’odierna ricorrente scoprì che la somma versata era stata utilizzata dalla CS per coprire i propri debiti e che la polizza non era stata mai emessa. A seguito di trattativa, l’importo versato venne in parte recuperato ed, in parte, fatto oggetto di un impegno di restituzione in tre rate che rimase inadempiuto. 1.2. La EMI, perciò, chiese ed ottenne un decreto ingiuntivo al Tribunale di Milano che, non opposto e divenuto, quindi, definitivo, non venne soddisfatto. 1.3. La CS fu posta in liquidazione e, contestualmente, venne istituita la Broker Srl che, quale cessionaria di azienda e solidalmente responsabile del debito, fu citata dalla EMI dinanzi al Tribunale di Milano affinché venisse condannata al pagamento di quanto dovuto ed, in via subordinata, al risarcimento del danno. 1.4. Il Tribunale accolse la domanda, applicando l’art. 2560 c.c., comma 2, in punto di responsabilità solidale venne, al riguardo, statuito che, in mancanza di contestazione, doveva presumersi che il debito, attestato dal decreto ingiuntivo divenuto esecutivo, fosse presente nelle scritture contabili della società cedente, ancorché non prodotte, costituendo un obbligo ex lege rispetto al quale il presupposto risultava accertato. 1.5. La Corte d’appello, pur confermando la pronuncia in relazione alla statuizione che aveva riscontrato i presupposti per la contestata configurabilità della cessione visto che la nuova società era stata costituita con la stessa compagine sociale, il trasferimento della medesima clientela e l’esercizio della stessa attività ha tuttavia rigettato la domanda dell’EMI, riformando la decisione di primo grado in punto di interpretazione dell’art. 2560 c.c., comma 2 i giudici d’appello hanno, infatti, ritenuto che la mancata produzione/acquisizione delle scritture contabili non consentiva di applicare la norma invocata in relazione alla pretesa avanzata. 2. Sul ricorso principale. 2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce la violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. lamenta che la Corte territoriale, non osservando il principio che regolava la ripartizione degli oneri probatori e la prova presuntiva, aveva interpretato restrittivamente l’art. 2560 c.c., statuendo che la prova dell’iscrizione del debito nei libri contabili poteva essere fornita soltanto per via documentale ed escludendo, in tal modo, la possibile inversione degli oneri probatori in presenza di una prova certa come quella rappresentata dal decreto ingiuntivo divenuto definitivo e regolarmente prodotto. 2.2. Con il secondo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deduce la violazione dell’art. 2560 c.c., comma 2, artt. 2 e 41 Cost. la ricorrente lamenta che la Corte territoriale, attraverso una interpretazione formalistica della norma, aveva determinato uno stravolgimento della sua ratio, perché il rigetto della domanda aveva finito per avallare un’operazione fraudolenta, privilegiando la tutela dell’affidamento, solo formale, del cessionario dell’azienda che, con la propria condotta aveva raggirato i creditore. 3. Con il terzo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la ricorrente deduce la motivazione apparente circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti. Contesta lo statuito assorbimento della domanda risarcitoria formulata in via subordinata ed assume che essa doveva comunque essere esaminata avendo una ratio differente rispetto a quella principale. Il risarcimento richiesto era, infatti, causalmente collegato ai passaggi non limpidi della acclarata cessione, costituiti dal trasferimento di azienda, dallo svuotamento economico del cedente e dalla successiva impossibilità di recuperare il credito. 4. Sul ricorso incidentale. 4.1. Con unico motivo di ricorso incidentale, la Broker Srl deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione degli artt. 2555, 2560 e 2112 c.c., come modificato ed integrato dalla L. n. 428 del 1990, art. 47, comma 3 ed D.Lgs. n. 18 del 2001, art. 1 contesta che ricorresse la statuita cessione di azienda, assumendo che gli elementi esaminati dalla Corte territoriale non potevano ritenersi affatto univoci per configurare la fattispecie, essendo stati devalutati tutti i fatti negativi dedotti, in primis l’assenza di un atto di cessione. 4.2. Tanto premesso, si osserva quanto segue. Il ricorso incidentale si pone come antecedente logico rispetto a quello principale. Al riguardo si osserva che la censura, per la parte ricondotta all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è inammissibile in quanto sulla specifica questione la sentenza è conforme a quella di primo grado. Deve pertanto applicarsi l’art. 348 ter c.p.c., ratione temporis vigente, che preclude la denuncia del vizio dedotto in tale ipotesi. 4.5. Per la parte in cui si lamenta il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, inoltre, il motivo prospetta questioni di merito volte a rimettere in discussione la statuita sussistenza della cessione di azienda fra la CS e la Broker srl postulando una rivalutazione di tutti i fatti già esaminati dalla Corte territoriale ed ancora prima dal Tribunale alla cui motivazione i giudici d’appello hanno aderito e domandando, con ciò, una rivalutazione di merito delle emergenze processuali già compiutamente esaminate cfr. pag. 12,13 e 14 del ricorso incidentale che non può trovare ingresso in questa sede cfr. Cass. 8758/2017 Cass. 18721/2018 . 4.6. In conclusione, il ricorso incidentale è inammissibile. 5. Sul ricorso principale. I motivi dedotti devono essere congiuntamnete esaminati, prendendo le mosse dal terzo che ne costituisce l’antecedente logico. 5.1. La censura ha per oggetto la statuzione della Corte territoriale che ha ritenuto assorbita la domanda risarcitoria, omettendo di articolare nel merito una sufficiente motivazione. Al riguardo, si osserva preliminarmente che la critica è stata erroneamente ricondotta all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 tuttavia, l’argomentazione prospettata nella stessa rubrica motivazione apparente circa un fatto decisivo per il giudizio consente al Collegio, in presenza di argomentazioni idonee, di riqualificarla con riferimento al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per motivazione assente su una domanda specificamente proposta cfr. ex mutis Cass. SU 17931/2013 Cass. 24553/2013 Cass. 10862/2018 . 5.2. Tanto premesso, il motivo è fondato. La società ricorrente, infatti, ha proposto in via subordinata la domanda di condanna della Broker srl al risarcimento dei danni patiti per la lesione del suo diritto di credito, non soddisfatto nonostante il provvedimento monitorio emesso, mai opposto, che consentiva di ritenerlo riconosciuto ed ha dedotto, al riguardo, che la cessione di azienda, definitivamente riconosciuta dalla stessa Corte territoriale, doveva configurarsi come una complessiva operazione fraudolenta che, in disparte l’esito della diversa domanda proposta in via principale, rappresentava lo strumento per spogliare la società debitrice di ogni attivo, precludendo in tal modo ogni operazione di recupero. 5.3. Tale domanda che, pur proposta in via subordinata, presenta un autonomo petitum ed una diversa causa petendi, è stata erroneamente dichiarata assorbita dalla Corte territoriale che ha affermato che la mancata produzione in giudizio delle scritture contabili del CS si traduceva nell’assenza di prova che la cessione d’azienda fosse avvenuta in frode ai creditori. 5.4. Tale motivazione risulta, effettivamente, illogica ed apparente in quanto la natura dell’operazione - una volta affermata la sussistenza della cessione di azienda sulla scorta degli indicatori esaminati dalla Corte - ben consentiva di formulare una valutazione di essa sulla quale fondare i presupposti per fornire risposta alla domanda risarcitoria, presupposti del tutto differenti da quelli sui quali era basata la domanda principale, riferita soltanto al soddisfacimento del credito portato nel decreto ingiuntivo, disconosciuto in ragione di una interpretazione letterale dell’art. 2560 c.c., comma 2, secondo cui il legislatore, disciplinando la norma, avrebbe inteso limitare la responsabilità dell’acquirente ai soli debiti facilmente conoscibili, senza imporgli un’attività di indagine eccessivamente onerosa e dall’esito incerto cfr. pag. 12 sentenza impugnata la Corte dichiarando assorbita la domanda subordinata ha, dunque, errato, attribuendo alle scritture contabili, anche in relazione ad essa, una rilevanza impropria. 5.5. La sentenza, pertanto, deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano per il riesame della questione ritenuta assorbita. 6. Ma tanto premesso, il Collegio ritiene che anche i primi due motivi - da esaminarsi congiuntamente, in quanto le questioni relative alla ripartizione degli oneri probatori ed all’interpretazione dell’art. 2560 c.c., comma 2, risultano intrinsecamente connesse - siano fondati. 6.1. La Corte territoriale, infatti, non attribuendo alcun rilievo al quadro fraudolento dedotto, ha privilegiato un’interpretazione letterale della norma, dando seguito alla giurisprudenza di questa Corte, invero risalente, secondo la quale in caso di cessione di azienda, l’iscrizione dei debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, nei libri contabili obbligatori è elemento costitutivo della responsabilità dell’acquirente dell’azienda e, data la natura eccezionale della disposizione art. 2560 c.c. che prevede tale responsabilità, non può essere surrogata dalla prova che l’esistenza dei debiti era comunque conosciuta da parte dell’acquirente medesimo cfr. Cass. 22831/2010 . 6.2. Il Collegio osserva che la giurisprudenza successiva a quella richiamata dalla Corte mostra aperture per una interpretazione che tenga conto, in via principale, del principio generale di cui all’art. 2560 c.c., comma 1, in punto di responsabilità solidale fra cedente e cessionario, ritenendo che la regola sancita dall’art. 2560 c.c., comma 2 - di carattere eccezionale in quanto assegna preminente rilievo probatorio alle scritture contabili, derogando alla regola generale prevista dall’art. 2697 c.c. quanto alla ripartizione degli oneri e artt. 2727 e 2729 c.c. quanto alla rilevanza delle presunzioni - debba essere declinata in funzione della effettiva ratio di protezione contenuta nella norma, che non può prescindere dalle complessive emergenze processuali. 6.3. È stato, al riguardo, affermato che in tema di cessione di azienda, alla stregua del regime fissato dall’art. 2560 c.c., comma 2, con riferimento ai debiti inerenti l’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, allorché la cessione sia avvenuta nel corso di un processo al cui esito sia stata pronunciata una sentenza poi azionata in via esecutiva, è opponibile al cessionario il titolo conseguito dal ceduto nei confronti del cedente, relativo ad un rapporto contrattuale d’impresa non del tutto esaurito cfr. Cass. 6107/2013 ed, ancora, è stato ritenuto, sia pur in materia di revocatoria fallimentare che il cessionario dell’azienda è obbligato, ai sensi dell’art. 2560 c.c., comma 2, alla restituzione conseguente alla revoca fallimentare di un pagamento ricevuto dal cedente anteriormente alla cessione, solo se tale debito risulti dai libri contabili obbligatori, sempre che sussista un’effettiva alterità soggettiva delle parti titolari dell’azienda non ravvisabile, ad esempio, nelle ipotesi di trasformazione, anche eterogenea, della forma giuridica di un soggetto ed in quella di conferimento dell’azienda di un’impresa individuale in una società unipersonale e salvo che il cessionario stesso abbia inteso assumere anche il futuro debito derivante dall’esercizio dell’azione revocatoria dei pagamenti risultanti dalla contabilità aziendale Cass. SUU 5054/2017 . 6.4. In buona sostanza, l’evoluzione giurisprudenziale che questo Collegio condivide pienamente prospetta la necessità di coniugare la regola speciale di cui all’art. 2560 c.c., comma 2, con la necessità di tener conto dell’esigenza di fornire tutela effettiva , escludendo che una interpretazione fondata sul mero dato letterale ed impermeabile sia alle contrastanti evidenze processuali che alle ormai consolidate elaborazioni giurisprudenziali in materia di vicinanza della prova e di conseguente possibile inversione dei relativi oneri, possa condurre a soluzioni incoerenti con la ratio sulla quale essa si fonda o, addirittura, ad una eterogenesi dei fini. 7. In conclusione, il ricorso principale deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione che dovrà riesaminare la controversia sulla base del seguente principio di diritto in tema di cessione di azienda, il principio di solidarietà fra cedente e cessionario, fissato dall’art. 2560 c.c., comma 2, con riferimento ai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, principio condizionato al fatto che essi risultino dai libri contabili obbligatori, deve essere applicato tenendo conto della finalità di protezione della disposizione, finalità che consente all’interprete di far prevalere il principio generale della responsabilità solidale del cessionario ove venga riscontrato, da una parte, un utilizzo della norma volto a perseguire fini diversi da quelli per i quali essa è stata introdotta, e, dall’altra, un quadro probatorio che, ricondotto alle regole generali fondate anche sul valore delle presunzioni, consenta di fornire una tutela effettiva al creditore che deve essere salvaguardato . La Corte di rinvio provvederà altresì alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione per il riesame della controversia e per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.