L’ambito della verifica del revisore contabile sulle operazioni compiute da una società quotata

Ponendo fine alla questione relativa ad una sanzione amministrativa pecuniaria erogata a carico di una società di revisione contabile da parte della CONSOB, gli Ermellini hanno chiarito che, nell’ambito della revisione del bilancio di una società di assicurazioni, il revisore è chiamato ad una verifica che deve estendersi al controllo delle modalità con cui le [predette] operazioni specifiche sono state condotte e deve esplicitare il metodo valutativo utilizzato dal revisore, le operazioni in concreto compiute e le motivazioni del giudizio finale di adeguatezza o non adeguatezza .

È il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 16780/19, depositata il 21 giugno, pronunciandosi sul ricorso presentato da una società di revisione contabile avverso la pronuncia con cui la Corte d’Appello di Roma confermava la decisione circa la legittimità del provvedimento sanzionatorio emesso dalla Consob a seguito di verifiche ispettive per violazione di alcuni principi contabili in occasione della revisione del bilancio di esercizio di una compagnia assicurativa. Il procedimento sanzionatorio. La società aveva proposto ricorso dinanzi alla Suprema Corte invocando la violazione del principio del contraddittorio in relazione al procedimento amministrativo sanzionatorio, nonché del principio di ragionevolezza e di proporzionalità. Lamenta inoltre la ricorrente che la Corte territoriale avrebbe disatteso l’istanza di consulenza tecnico-contabile sull’operato del revisore senza fornire alcuna motivazione. Gli Ermellini giudicano infondata la prima censura in quanto non può dirsi violato il principio del contraddittorio per l’omessa trasmissione delle conclusioni dell’ufficio sanzioni amministrative della Consob in quanto si tratta di una fase procedurale in cui non trovano applicazione i principi del diritto di difesa e del giusto processo, riferibili solo al procedimento giurisdizionale. La seconda doglianza risulta invece inammissibile in quanto rientra nell’ambito di cognizione riservato al giudice di merito e non deducibile in sede di legittimità. La posizione del revisore contabile. Con ulteriori censure, la ricorrente contesta la propria responsabilità e afferma che il revisore contabile non è tenuto a verificare la coerenza matematica della valutazione condotta dall’attuario revisore circa il superamento o meno della c.d. soglia di significatività, ma soltanto ad esprimere un giudizio di ragionevolezza sul suo operato . Gli Ermellini non condividono però tale tesi riduttiva proposta dalla società ricorrente, secondo la quale il revisore non avrebbe l’obbligo di esplicitare nella propria relazione conclusiva i motivi per i quali egli ha ritenuto ragionevoli gli scostamenti di stima effettuati dall’attuario . Richiamando i principi normativi fondamentali che regolano la materia, i Supremi Giudici affermano che la funzione di verifica e controllo affidata dall’ordinamento al revisore contabile o alla società di revisione contabile con riferimento alle società quotate in borsa si inquadra nell’ambito del sistema dei controlli interni della società, il cui esercizio è finalizzato ad assicurare, tra l’altro, la verifica della corretta appostazione di dati contabili nel bilancio della società e, di conseguenza, della corretta gestione contabile della società stessa. Tale funzione è diretta da un lato ad assicurare la conoscibilità, in capo ai terzi, delle effettive modalità di gestione contabile, e quindi, in ultima analisi, della stabilità e dell’affidabilità della società soggetta a revisione, e dall’altro lato a tutelare l’ordinato svolgimento della concorrenza e del mercato . Ne consegue che quando il revisore contabile, nell’ambito della revisione del bilancio di una società di assicurazioni è chiamato ad esprimere il giudizio di correttezza sulla valutazione, compiuta dall’attuario revisore, circa l’adeguatezza delle riserve tecniche previste dalla normativa sulle predette società, e più in generale in ogni caso in cui il revisore contabile debba valutare i risultati di specifiche operazioni di verifica e controllo affidare ad organi di controllo endosocietari o a terzi incaricati dalla società oggetto della revisione, la verifica deve estendersi al controllo delle modalità con cui le predette operazioni specifiche sono state condotte e deve esplicitare il metodo valutativo utilizzato dal revisore, le operazioni in concreto compiute e le motivazioni del giudizio finale di adeguatezza o non adeguatezza . In conclusione, il ricorso viene rigettato e le spese compensate.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 8 novembre 2018 – 21 giugno 2019, n. 16780 Presidente Petitti – Relatore Oliva Fatti di causa Con delibera n. 18821 del 4.3.2014 la CONSOB, all’esito di una verifica ispettiva disposta D.Lgs. n. 39 del 2010, ex art. 22, comma 3, lett. b , presso la Reconta Ernst & amp Young Spa oggi EY Spa irrogava alla società di revisione la sanzione pecuniaria di Euro 200.000, ai sensi degli artt. 26 e 43 del predetto D.Lgs. n. 39 del 2010, e dell’art. 163 del T.U.F CONSOB configurava a carico della società la violazione di alcuni principi contabili in occasione della revisione del bilancio di esercizio di Fondiaria Sai Spa chiuso al 31.12.2010, in particolare con riferimento alle riserve sinistri ramo auto e natanti, alle verifiche di conformità sulla gestione dei sinistri riservati, riaperti e pagati, alle verifiche di quadratura nell’ambito dei test di validità del ramo responsabilità civile auto e natanti, ad incertezze sui tempi di esecuzione delle verifiche, ad irregolarità nell’archiviazione di documenti. Proponeva opposizione Ernst & amp Young Spa lamentando l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio in primo luogo, per violazione del diritto di difesa e per mancanza dell’udienza pubblica in condizione di parità delle armi tra accusa e difesa in secondo luogo, perché CONSOB avrebbe erroneamente affidato ad un revisore l’incarico di eseguire test di conformità della correttezza dei database usati dalla Fondiaria in terzo luogo, perché il revisore incaricato da Ernst & amp Young Spa sarebbe stato erroneamente equiparato alla figura dell’esperto revisore di cui al principio contabile n. 620, in realtà non applicabile alla fattispecie in quarto luogo, perché CONSOB avrebbe erroneamente applicato il principio contabile n. 540 relativamente alle riserve, senza valutare la ragionevolezza delle differenze di stima riscontrare dall’attuario revisore in quinto luogo, perché il provvedimento non avrebbe considererato la correttezza dell’operato della società di revisione contabile, che aveva svolto la sua opera rispettando il procedimento multifase di riservazione seguito da Fondiaria-Sai. Si costituiva CONSOB resistendo all’opposizione. Con il decreto impugnato la Corte di Appello di Roma respingeva tutti i motivi di opposizione condannando la società ricorrente alle spese di lite. Propone ricorso per la cassazione di detta decisione EY Spa affidandosi a sette motivi. Resiste con controricorso la CONSOB. Ambo le parti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195, comma 2, e L. n. 262 del 2005, art. 24, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ed all’art. 111 Cost., in quanto la Corte di Appello non avrebbe rilevato la violazione del principio del contraddittorio, che - ad avviso di EY - si applicherebbe anche al procedimento amministrativo. In particolare, la Corte territoriale avrebbe dovuto rilevare che il Regolamento Sanzioni di CONSOB non rispetta né il criterio di ragionevolezza né quello di proporzionalità esso infatti, nella parte in cui non prevede la trasmissione all’interessato della relazione finale dell’Ufficio USA né il diritto di costui di interloquire e contraddire, sia di fronte al detto Ufficio che dinanzi la Commissione decidente, non assicurerebbe la cd. parità delle armi tra accusa e difesa. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 61 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e all’art. 111 Cost., nonché dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, perché la Corte di Appello avrebbe disatteso l’istanza di eseguire una consulenza tecnico-contabile sull’operato del revisore senza fornire alcuna specifica motivazione al riguardo. Le due doglianze sono rispettivamente, la prima infondata e la seconda inammissibile. La prima è infondata in quanto Il procedimento di irrogazione di sanzioni amministrative previsto dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 187 septies, postula solo che, prima dell’adozione della sanzione, sia effettuata la contestazione dell’addebito e siano valutate le eventuali controdeduzioni dell’interessato. Pertanto, non violano il principio del contraddittorio l’omessa trasmissione all’interessato delle conclusioni dell’ufficio sanzioni amministrative della Consob e la sua mancata audizione innanzi alla Commissione, non trovando, d’altronde, applicazione, in tale fase, i principi del diritto di difesa e del giusto processo, riferibili solo al procedimento giurisdizionale . Cass. Sez. 5, Sentenza n. 27564 del 30/10/2018, Rv.651068 conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8210 del 22/04/2016, Rv. 639663 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18683 del 04/09/2014, Rv. 632302 . La Corte territoriale ha affermato, in motivazione cfr. pagg. 5 e ss. del decreto impugnato che l’udienza camerale è di per sé sufficiente ad assicurare la garanzia del contraddittorio in regime di parità delle armi ha ricostruito l’iter del procedimento giurisdizionale, articolatosi in due udienze pubbliche ha dato atto che le parti non erano state sentite perché non ne avevano fatto richiesta ha richiamato i precedenti di questa Corte in particolare Cass. n. 23217/2013, quanto alla sufficienza del rito camerale Cass. n. 4725/2016 e n. 25141/2015, quanto alla limitazione della garanzia del giusto processo alla sola fase giurisdizionale e Cass. n. 10748/2011 quanto alla circoscrizione del diritto di difesa ai soli elementi essenziali della contestazione dell’illecito amministrativo ed ha concluso che, nel caso di specie, la società ricorrente non aveva neanche illustrato . una specifica violazione del diritto di difesa di Reconta, né essa ha specificamente indicato in giudizio fatti o prove che avrebbe potuto esporre dinanzi alla CONSOB e che è stata impossibilitata a svolgere. Anzi, in più passaggi delle sue difese può apprezzarsi l’assoluta sovrapponibilità delle stesse con quelle esposte dinanzi a CONSOB cfr. pagg. 7 e 8 del decreto impugnato . Siffatta motivazione è assolutamente coerente con i consolidati precedenti di questa Corte. La seconda, invece, è inammissibile perché la valutazione sull’ammissibilità e rilevanza delle prove spetta al giudice del merito. Sul punto, è sufficiente ribadire che L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595 conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448 Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330 Cass. Sez. L, Sentenza n. 11933 del 07/08/2003, Rv. 565755 Cass. Sez. L, Sentenza n. 322 del 13/01/2003, Rv. 559636 . Inoltre, il secondo motivo difetta anche di specificità, posto che la ricorrente non chiarisce per quale motivo la C.T.U. che essa aveva invocato nel giudizio di merito sarebbe stata decisiva, ma si limita ad affermare che la Corte di Appello avrebbe dovuto disporla poiché il ricorso verteva su questioni di tecnica contabile e di tecnica di revisione. Al riguardo, va ribadito che Qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente i mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, nonché di dimostrare sia l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4178 del 22/02/2007, Rv. 595004 Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 23194 del 04/10/2017, Rv. 645753 . Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 39 del 2010, art. 14, del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 102, e dell’art. 26 del Regolamento IVASS 22/2008 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e all’art. 111 Cost., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente interpretato le norme di legge poste a presidio della funzione del revisore. Ad avviso della ricorrente, la verifica sulla sufficienza delle riserve tecniche dell’impresa di assicurazione sarebbe spettata non al revisore contabile ma all’attuarlo revisore, che è figura diversa dal primo e costituisce uno specifico presidio di garanzia della corretta gestione aziendale. Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 39 del 2010, artt. 11 e 14, e art. 43, comma 3, del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 162, comma 2, lett. a , del par. 26 del Principio di Revisione n. 540 e del pag. 25 del Principio di Revisione n. 320, richiamati e incorporati nelle citate disposizioni di legge, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e all’art. 111 Cost Ad avviso della ricorrente, la Corte di Appello avrebbe fornito una erronea interpretazione dei principi di revisione sopra indicati, considerando come errori gli scostamenti tra il dato di bilancio e le risultanze delle stime attuariali fornite dall’attuarlo revisore, dimenticando in tal modo che il revisore contabile non è tenuto a verificare la coerenza matematica della valutazione condotta dall’attuarlo revisore circa il superamento o meno della cd. soglia di significatività, ma soltanto ad esprimere un giudizio di ragionevolezza sul suo operato. Nell’ambito di tale compito, il revisore contabile dovrebbe quindi limitarsi a ripercorrere il processo valutativo condotto dall’attuarlo revisore al fine di comprenderne il metodo di lavoro e di valutare se, in base alla sua conoscenza dell’attività dell’impresa, dei dati di bilancio e delle altre procedure di revisione condotte sull’impresa stessa, i predetti metodi siano appropriati rispetto alle circostanze e siano stati applicati in modo corretto. Né, in base al Principio di Revisione n. 540, il revisore contabile sarebbe tenuto ad esplicitare nella sua relazione una spiegazione circa i motivi per i quali egli ha ritenuto ragionevoli, o meno, gli scostamenti di stima rilevati dall’attuarlo. I due motivi, che è opportuno trattare congiuntamente, sono infondati. Il revisore contabile, nello svolgimento della sua funzione di verifica della corretta gestione contabile della società, deve necessariamente operare un controllo sulla correttezza e congruità di tutte le voci di bilancio, e quindi anche delle riserve tecniche specificamente previste dalla legge per le imprese di assicurazione e della relativa valutazione di adeguatezza o inadeguatezza svolta dall’attuarlo revisore. Quest’ultimo, del resto, è un ausiliario tecnico degli organi gestori della società, dotato di cognizioni e conoscenze specifiche di conseguenza, la sua attività è direttamente imputabile ai predetti organi e si inserisce nel procedimento multifase preposto da un lato alla costituzione delle riserve tecniche previste dalla normativa sulle società di assicurazioni e, dall’altro lato, a consentire la verifica di adeguatezza e sufficienza di dette riserve. La Corte territoriale, in sostanza, non ha affatto confuso - come sembra sostenere la ricorrente - tra le due figure del revisore contabile e dell’attuario revisore e tra i relativi compiti, ma ha piuttosto valorizzato il ruolo di controllo generale del revisore contabile, nell’ambito della catena dei controlli interni di gestione della società, ritenendo che costui dovesse necessariamente verificare, insieme al bilancio, le valutazioni tecniche di terzi inerenti le singole voci che lo compongono, comprese quelle proprie dell’attuario revisore. L’assunto è coerente con i principi generali elaborati da questa Corte in tema di sanzioni amministrative derivanti da omesso o incompleto controllo spettante agli organi societari. Con riferimento ai sindaci, ad esempio, si è ritenuto che In tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, la complessa articolazione della struttura organizzativa di una società di investimenti non può comportare l’esclusione od anche il semplice affievolimento del potere-dovere di controllo riconducibile a ciascuno dei componenti del collegio sindacale, i quali, in caso di accertate carenze delle procedure aziendali predisposte per la corretta gestione societaria, sono sanzionabili a titolo di concorso omissivo quoad functionem, gravando sui sindaci, da un lato, l’obbligo di vigilanza -in funzione non soltanto della salvaguardia degli interessi degli azionisti nei confronti di atti di abuso di gestione da parte degli amministratori, ma anche della verifica dell’adeguatezza delle metodologie finalizzate al controllo interno della società di investimenti, secondo parametri procedimentali dettati dalla normativa regolamentare Consob, a garanzia degli investitori-e, dall’altro lato, l’obbligo legale di denuncia immediata alla Banca d’Italia ed alla Consob Cass. Sez. U, Sentenza n. 20934 del 30/09/2009, Rv. 610514 conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6037 del 29/03/2016, Rv. 639053 . La responsabilità dei sindaci sussiste quindi in ogni caso di . omesso o inadeguato esercizio dell’attività di controllo ., non essendo il danno un elemento costitutivo dell’illecito, quanto invece parametro per la determinazione della sanzione la responsabilità dei sindaci sussiste, dunque, indipendentemente dall’esito delle singole operazioni ed anche a fronte di insufficienti informazioni da parte degli amministratori, potendo gli stessi avvalersi della vasta gamma di strumenti informativi ed istruttori, prevista dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 149 Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5357 del 07/03/2018, Rv.647847 . Ed invero la funzione del collegio sindacale si estrinseca nel controllo del regolare svolgimento della gestione della società, posto che Il dovere di vigilanza e di controllo imposto ai sindaci delle società per azioni ex art. 2403 c.c., non è circoscritto all’operato degli amministratori, ma si estende a tutta l’attività sociale, con funzione di tutela non solo dell’interesse dei soci, ma anche di quello, concorrente, dei creditori sociali, e ricomprende, pertanto, anche l’obbligo di segnalare tutte le situazioni che esigano, in applicazione degli artt. 2446 e 2447 c.c., la riduzione del capitale sociale Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2772 del 24/03/1999, Rv.524490 conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5287 del 28/05/1998, Rv. 515885 . Nelle società quotate in borsa, tale dovere si fa ancora più stringente, in vista della funzione di garanzia dell’equilibrio del mercato cfr. Cass. Cass. Sez. U, Sentenza n. 20934 del 30/09/2009, Rv. 610514 e Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6037 del 29/03/2016, Rv. 639053, entrambe già citate . Il principio, costantemente riaffermato da questa Corte, si ricollega alla funzione di garanzia che i vari organismi di controllo sono deputati a svolgere nell’ambito delle società, soprattutto se quotate e strutturate in un’articolazione interna complessa, che preveda il riparto delle competenze gestorie tra diversi organi. Tutti tali organismi di controllo, a partire da quelli deputati al controllo interno aziendale, fino alle società di revisione dei conti e al collegio sindacale, sono investiti di un ineludibile compito di costante verifica della corrispondenza dei meccanismi di gestione della società al paradigma della corretta amministrazione, così come definito dalla scienza dell’economia aziendale. In applicazione di tale principio, si è ad esempio ritenuta sanzionabile . la condotta del soggetto, cui sia affidata la funzione di controllo interno, ai sensi dell’art. 57 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998, vigente ratione temporis, il quale ometta di segnalare tempestivamente le irregolarità compiute dall’agente di cambio in violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 22 e 23, e relativi, il primo, ad operazioni eseguite in difformità dell’obbligo di separazione tra il patrimonio dei clienti ed il patrimonio dell’intermediario e di separazione dei patrimoni dei clienti, e, il secondo, al mancato rispetto degli obblighi di informazione alla clientela in ordine alla situazione finanziaria Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19003 del 31/07/2017, Rv. 645081 tale pronuncia, in particolare, ha ritenuto sussistente l’obbligo di segnalare senza indugio alla CONSOB le irregolarità riscontrate ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 8, non soltanto in capo ai componenti del collegio sindacale, ma anche all’organo aziendale che svolge funzioni di controllo interno ed alle società incaricate della revisione dei conti . La società di revisione, deputata a svolgere una funzione di verifica e controllo generale sui dati di bilancio e sulla corretta gestione contabile della società, non può quindi esimersi dal valutare se l’attività dei singoli organismi endosocietari o dei professionisti esterni incaricati di compiere specifiche funzioni di verifica su determinati aspetti della gestione sociale ovvero su singole poste di bilancio come nel caso dell’attuarlo revisore, chiamato a valutare l’adeguatezza delle riserve tecniche previste dalla legge per le imprese di assicurazione sia stata condotta nel rispetto dei principi di corretta gestione e di adeguatezza, e deve - in caso contrario - tempestivamente segnalare le incongruenze rilevate. La predetta valutazione di adeguatezza, inoltre, deve necessariamente comportare l’estrinsecazione dei criteri in base ai quali essa è stata condotta dal revisore contabile. Diversamente argomentando ove cioè, come sostiene la ricorrente, il revisore non fosse tenuto ad esplicitare le motivazioni per cui ha ritenuto corretta, o meno, la valutazione di adeguatezza compiuta dall’attuarlo revisore la funzione di controllo non assicurerebbe la piena conoscibilità, da parte dei terzi estranei alla società oggetto di revisione, delle metodiche di gestione di quest’ultima e dei criteri seguiti nell’appostazione in bilancio dei dati contabili, con conseguente frustrazione - in pratica - di ogni contenuto effettivo della funzione predetta e della stessa finalità della previsione normativa, da individuare in ultima analisi nella tutela del mercato e del corretto svolgimento della concorrenza. In altri termini, la funzione del revisore non è meramente compilativa, limitata al solo controllo che al bilancio siano stati allegati tutti i documenti formali di verifica previsti dalle norme, poiché in tal modo non si realizza alcun controllo concreto sulla correttezza della gestione e delle appostazioni delle singole voci che compongono il bilancio stesso. La conferma di quanto precede si trae dal tenore letterale del D.Lgs. n. 39 del 2010, art. 11, secondo cui La revisione legale è svolta in conformità ai principi di revisione adottati dalla Commissione Europea ai sensi dell’art. 26, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/43/CE art. 11 comma 1 , cui si aggiungono le eventuali direttive emanate dal Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, sentita la Consob, la Banca d’Italia per quanto riguarda le banche e l’ISVAP per le imprese di assicurazioni art. 11 comma 2 , nonché - in fase transitoria - in conformità ai principi di revisione elaborati da associazioni e ordini professionali e dalla Consob adii. comma 3 . Ed inoltre, dal dettato del D.Lgs. n. 39 del 2010, successivo art. 14 commi 1, 2 e 3, ai sensi dei quali 1. Il revisore legale o la società di revisione legale incaricati di effettuare la revisione legale dei conti a esprimono con apposita relazione un giudizio sul bilancio di esercizio e sul bilancio consolidato, ove redatto b verificano nel corso dell’esercizio la regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili. 2. La relazione, redatta in conformità ai principi di cui all’art. 11, comprende a un paragrafo introduttivo che identifica i conti annuali o consolidati sottoposti a revisione legale ed il quadro delle regole di redazione applicate dalla società b una descrizione della portata della revisione legale svolta con l’indicazione dei principi di revisione osservati c un giudizio sul bilancio che indica chiaramente se questo è conforme alle norme che ne disciplinano la redazione e se rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico dell’esercizio d eventuali richiami di informativa che il revisore sottopone all’attenzione dei destinatari del bilancio, senza che essi costituiscano rilievi e un giudizio sulla coerenza della relazione sulla gestione con il bilancio. 3. Nel caso in cui il revisore esprima un giudizio sul bilancio con rilievi, un giudizio negativo o rilasci una dichiarazione di impossibilità di esprimere un giudizio, la relazione illustra analiticamente i motivi della decisione . Il D.Lgs. n. 39 del 2010, successivi art. 14, commi 6 e 7, prevedono che 6. I soggetti incaricati della revisione legale hanno diritto ad ottenere dagli amministratori documenti e notizie utili all’attività di revisione legale e possono procedere ad accertamenti, controlli ed esame di atti e documentazione. Il revisore legale o la società di revisione legale incaricati della revisione del bilancio consolidato sono interamente responsabili dell’espressione del relativo giudizio. A questo fine, essi ricevono i documenti di revisione dai soggetti incaricati della revisione delle società controllate e possono chiedere ai suddetti soggetti o agli amministratori delle società controllate ulteriori documenti e notizie utili alla revisione, nonché procedere direttamente ad accertamenti, controlli ed esame di atti e documentazione e controlli presso le medesime società. I documenti e le carte di lavoro relativi agli incarichi di revisione legale svolti sono conservati per 10 anni dalla data della relazione di revisione. 7. Il revisore legale o la società di revisione legale incaricati della revisione del bilancio consolidato devono conservare copia dei documenti e delle carte di lavoro relativi al lavoro di revisione svolto dai revisori e dagli enti di revisione dei Paesi terzi o, in alternativa, devono concordare con detti soggetti l’accesso a tale documentazione. La presenza di ostacoli legali alla trasmissione di tale documentazione deve essere comprovata nelle carte di lavoro del revisore legale o della società di revisione legale incaricati della revisione del bilancio consolidato . Le norme appena riportate descrivono in modo compiuto l’ambito della verifica demandata dall’ordinamento al revisore contabile e l’ampiezza del dovere di controllo funzionale allo svolgimento di tale compito, che non può non estendersi alla valutazione di coerenza e congruità, sotto il profilo tecnico-contabile, di tutte le singole voci del bilancio sociale. Proprio in funzione della peculiare ampiezza e incisività del controllo affidato al revisore contabile, il D.Lgs. n. 39 del 2010, art. 15, prevede che esso risponda, in solido con gli amministratori, nei confronti della società che ha conferito loro l’incarico di revisione, dei suoi soci e dei terzi per i danni derivanti dall’inadempimento ai loro doveri . Questa Corte ha affermato che la responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., della società di revisione, per i danni derivati a terzi dall’attività di controllo e di certificazione del bilancio di una società quotata in borsa, si configura anche nell’ipotesi di revisione volontaria, effettuata su incarico della società medesima Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10403 del 18/07/2002, Rv. 555872 in tal modo la funzione di controllo affidata al revisore è stata valorizzata anche con riferimento alla tutela dell’ordinata conduzione del mercato. Ne consegue che la tesi riduttiva proposta dalla società ricorrente, secondo la quale l’attività del revisore contabile sarebbe limitata alla semplice espressione di un giudizio astratto di ragionevolezza sull’operato dell’attuarlo revisore, senza obbligo di esplicitare nella propria relazione conclusiva i motivi per i quali egli ha ritenuto ragionevoli gli scostamenti di stima rilevati dall’attuarlo, non può essere condivisa. Posta la novità della questione, va affermato il seguente principio di diritto La funzione di verifica e controllo affidata dall’ordinamento al revisore contabile o alla società di revisione contabile con riferimento alle società quotate in borsa si inquadra nell’ambito del sistema dei controlli interni della società, il cui esercizio è finalizzato ad assicurare, tra l’altro, la verifica della corretta appostazione dei dati contabili nel bilancio della società e, di conseguenza della corretta gestione contabile della società stessa. Tale funzione è diretta da un lato ad assicurare la conoscibilità, in capo ai terzi, delle effettive modalità di gestione contabile, e quindi in ultima analisi, della stabilità e dell’affidabilità, della società soggetta a revisione, e dall’altro lato a tutelare l’ordinato svolgimento della concorrenza e del mercato. Di conseguenza, quando il revisore contabile, nell’ambito della revisione del bilancio di una società di assicurazioni è chiamato ad esprimere il giudizio di correttezza sulla valutazione, compiuta dall’attuarlo revisore, circa l’adeguatezza delle riserve tecniche previste dalla normativa sulle predette società, e più in generale in ogni caso in cui il revisore contabile debba valutare i risultati di specifiche operazioni di verifica e controllo affidate ad organi di controllo endosocietari o a terzi incaricati dalla società oggetto della revisione, la verifica deve estendersi al controllo delle modalità con cui le predette operazioni specifiche sono state condotte e deve esplicitare il metodo valutativo utilizzato dal revisore, le operazioni in concreto compiute e le motivazioni del giudizio finale di adeguatezza o di non adeguatezza . Con il quinto motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., e art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e all’art. 111 Cost., in quanto la Corte di Appello avrebbe erroneamente valorizzato, nell’ambito del proprio procedimento valutativo della fattispecie, la circostanza che EY aveva individuato in 20 milioni di Euro sull’intero bilancio ed in 10 milioni di Euro per singola posta la soglia di significatività della differenza rilevata nei calcoli eseguiti dall’attuarlo revisore. Ad avviso della ricorrente, tale fatto non sarebbe idoneo a fornire elementi di prova, neppure sotto il profilo della non contestazione, in quanto EY aveva sempre affermato, nelle proprie difese, che le differenze di stima delle riserve tecniche eventualmente rilevate dall’attuarlo revisore non costituivano automaticamente differenze di revisione rilevanti ai fini del giudizio di revisione. Posto infatti il diverso ambito in cui operano i due ausiliari attuati revisore, per le riserve tecniche, e revisore contabile, per la revisione generale del bilancio e sulla gestione dell’impresa i rispettivi parametri di significatività assunti nell’ambito delle specifiche e diverse indagini tecnico-contabili non sarebbero tra loro comparabili. Con il sesto motivo, la ricorrente lamenta l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 e all’art. 111 Cost., in quanto la Corte di Appello non avrebbe considerato le correnti prassi applicative, che ammettono scostamenti analoghi a quelli contestati da CONSOB nel caso di specie. Infine, con il settimo ed ultimo motivo la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, e all’art. 111 Cost., in quanto la Corte territoriale avrebbe errato nel valorizzare la circostanza che la cd. sottoriservazione è stata ammessa da Fondiaria-SAI, senza tuttavia considerare che detta ammissione è avvenuta successivamente rispetto all’epoca dei fatti oggetto della sanzione. Di conseguenza, da tale fatto non potrebbe trarsi alcun elemento di prova. I motivi da 5 a 7 compresi sono inammissibili in quanto essi si risolvono in una censura del procedimento di apprezzamento dei fatti e valutazione delle prove condotto dal giudice di merito, del quale invocano un’inammissibile revisione cfr. ancora le già richiamate Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595 Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448 Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330 Cass. Sez. L, Sentenza n. 11933 del 07/08/2003, Rv. 565755 Cass. Sez. L, Sentenza n. 322 del 13/01/2003, Rv. 559636 . Il motivo di ricorso, infatti, non può mai risolversi in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790 . Inoltre il sesto motivo è ulteriormente inammissibile per difetto di specificità, posto che il ricorrente richiama solo genericamente le prassi di mercato, senza però chiarirne adeguatamente il contenuto né riportarne le fonti né allegare come e quando la deduzione - ed i relativi riscontri probatori siano stati acquisiti al giudizio di merito sul punto, cfr. le già richiamate Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4178 del 22/02/2007, Rv. 595004 e Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 23194 del 04/10/2017, Rv. 645753 . Infine, il settimo motivo è ulteriormente inammissibile in quanto esso non coglie la ratio dalla decisione impugnata emerge infatti che la Corte di Appello ha fatto riferimento alla successiva ammissione, da parte di Fondiaria, della cd. sottoriservazione soltanto al fine di rafforzare l’argomento della ritenuta superficialità dell’opera del revisore, e non anche per far discendere da tale evento la prova, ex post, del fatto non riscontrato dal revisore stesso. In definitiva, il ricorso va respinto. In considerazione della novità e peculiarità della questione, le spese del presente giudizio vengono interamente compensate tra le parti. Poiché il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater, del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, dell’obbligo di versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis.