Aceto Balsamico di Modena e tutelabilità del marchio

Non è consentita, nell’ambito del procedimento di registrazione del marchio, una rimodulazione dell’elenco dei prodotti o servizi oggetto della Classificazione internazionale di Nizza.

La questione affrontata. Con la sentenza n. 12484/2019, la Suprema Corte ha affrontato la questione inerente alla registrazione di un marchio collettivo presentata dal Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena. La Corte ha vagliato la conformità a diritto della pronuncia emessa dalla Commissione dei Ricorsi contro i provvedimenti dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, in merito alla questione in parola. La normativa di riferimento. Classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi comunemente denominata Classificazione di Nizza” , art. 156 c.p.i. Classe 30. Con ricorso avverso la sentenza pronunciata dalla Commissione dei Ricorsi contro i provvedimenti dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, il Consorzio Tutela Aceto Balsamico lamentava – tra l’altro – la possibilità per il registrante il marchio di indicare, nella domanda di registrazione del marchio, prodotti non presenti nella Classificazione internazionale di Nizza. La Suprema Corte ha confermato sul punto la pronuncia della Commissione dei ricorsi, ai sensi della quale lo specifico riferimento ai prodotti rivendicati Aceto balsamico di Modena” e Condimenti all’Aceto balsamico di Modena”, all’interno della Classe 30 della Classificazione di Nizza, così come operato dal Consorzio, comporterebbe una sorta di rimodulazione dell’elenco dei prodotti o dei servizi oggetto della Classificazione internazionale di Nizza, non per genere dei prodotti, bensì per caratteristiche specifiche ulteriori. Tale rimodulazione, secondo la sentenza in commento, non sarebbe consentita nell’ambito del procedimento di registrazione dei marchi, richiedendo la modifica o l’integrazione della Classificazione internazionale di Nizza. Secondo la pronuncia in esame, infatti, i prodotti rivendicati dal Consorzio, nonostante il riconoscimento comunitario ai sensi del Reg. CE 583/2009, non risultano distinguibili rispetto a quelli già classificati sotto la categoria aceto” in base alla Classe 30 della Classificazione internazionale di Nizza e, pertanto, non costituiscono un genere autonomo, come invece affermato dal Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena, il quale però ha omesso l’indicazione di elementi differenziali rispetto al prodotto già previsto nella classificazione. I prodotti de qua , pertanto, secondo la Corte, risulterebbero già inclusi nella Classe 30 della Classificazione di Nizza e non costituirebbero un genere autonomo.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 11 gennaio – 14 maggio 2019, n. 12848 Presidente Bisogni – Relatore Iofrida Fatti di causa La Commissione dei Ricorsi contro i provvedimenti dell’Ufficio Italiano Brevetti e marchi, con sentenza n. 58/2016, ha respinto il ricorso del Consorzio Tutela OMISSIS avverso il rifiuto della registrazione del marchio collettivo denominativo, con riferimento ai prodotti rivendicati con le diciture omissis e omissis , depositata dal Consorzio per contraddistinguere i prodotti della classe 30, opposto dall’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, stante l’assenza dei suddetti prodotti specifici nella Classificazione internazionale di Nizza. In particolare, la Commissione ha ritenuto che la registrazione del marchio collettivo, in relazione a prodotti con le diciture predette, non inseriti nell’elenco dei prodotti e servizi della Classificazione di Nizza, avrebbe comportato una ulteriore frammentazione dei prodotti ricompresi nella classe 30 ed una sorta di ristrutturazione dell’elenco di prodotti e servizi, non consentita in quella sede. Avverso la suddetta sentenza, il Consorzio propone ricorso per cassazione, affidato a otto motivi, nei confronti del Ministero dello Sviluppo Economico che resiste con controricorso . La ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Il Consorzio ricorrente lamenta 1 con il primo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 156 C.P.I. sul contenuto della domanda di registrazione del marchio e sulla procedura di indicazione dei prodotti e servizi, dovendo ritenersi consentita, al contrario di quanto ritenuto dalla Commissione, la possibilità per il registrante il marchio di indicare anche prodotti non presenti nella Carta di Nizza 2 con il secondo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 2 dell’Accordo di Nizza riguardo all’indicazione dei prodotti e servizi della domanda di marchio, ove è prevista la possibilità di rivendicare prodotti non compresi nell’elenco 3 con il terzo motivo, l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo rappresentato dall’essere il marchio da registrare un marchio collettivo, con precipua funzione di garanzia che richiede una maggiore specificazione 4 con il quarto motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 11, comma 4, C.P.I., dando tale norma facoltà al registrante di un marchio collettivo di specificare qualità del prodotto e sua provenienza geografica 5 con il quinto motivo, l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo rappresentato dall’essere il marchio da registrare corrispondente ad un’IGP 6 con il sesto motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 14 Reg.UE n. 1151/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21/11/2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli ed alimentari, prevedendo tale norma che il marchio corrispondente all’IGP non crei forme di parassitismo, inganno o errore 7 con il settimo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 128 del 1998, art. 53, comma 16, essendo stato così precluso al Consorzio di essere titolare di un marchio collettivo consistente nell’IGP 8 con l’ottavo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 14, comma 1, lett. b , C.P.I., in quanto la denominazione Modena , se registrata ed utilizzata per contraddistinguere prodotti quali aceti o condimenti di altra natura ed origine, rispetto a quelli di cui all’IGP tutelata omissis risulterebbe falsa e decettiva. 2. Le prime due censure sono infondate. La domanda di registrazione di marchio collettivo denominativo OMISSIS , presentata, nel 2014, dal Consorzio Tutela omissis , era rivolta specificamente a contraddistinguere i prodotti omissis e Condimenti all’ omissis , all’interno della classe 30 della Classificazione internazionale di Nizza. L’obiettivo era quindi quello di individuare prodotti specifici, distinguibili dalla più ampia categoria dell’aceto o delle salse o condimenti, di cui alla Classe 30 dell’Accordo di Nizza. Tale intento è stato ribadito all’udienza pubblica di discussione dal ricorrente. La domanda, per come formulata, è stata respinta dall’U.I.B.M, a seguito di rifiuto del richiedente di procedere ad una riclassificazione in conformità alle diciture presenti nella classificazione di Nizza, Decima edizione nella classe 30, aceto . L’Accordo di Nizza dal 1957 , al fine di armonizzare le prassi di classificazione nazionali, stabilisce una classificazione di prodotti e servizi per poter effettuare la registrazione marchi la Classificazione di Nizza . La Classificazione di Nizza deve essere applicata dagli Stati che sono membri dell’Accordo di Nizza. L’art. 156 C.P.I. prevede che la domanda di registrazione di marchio deve contenere lett. d l’elenco dei prodotti o dei servizi che il marchio è destinato a contraddistinguere, raggruppati secondo le classi della classificazione di cui all’Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi a fini della registrazione dei marchi, testo di Ginevra del 13 maggio 1992, ratificato con L. n. 243 del 1982. La Classificazione di Nizza contiene 45 classi 34 per i prodotti ed 11 per i servizi. I Titoli delle classi sono delle indicazioni generali riguardo al settore in cui, in linea di principio, appartengono i prodotti o i servizi le Note Esplicative spiegano quali prodotti o servizi si intendono o non si intendono appartenenti ad una particolare classe la Lista Alfabetica è una lista di prodotti e servizi, in ordine alfabetico, con l’indicazione del numero della classe nel quale essi dovrebbero essere raggruppati le osservazioni generali spiegano infine quale criterio dovrebbe essere applicato se un termine non si trova nella lista alfabetica e non può essere classificato secondo le indicazioni delle note esplicative. Va rilevato che la classificazione è soggetta a costante revisione, con la quale si apportano modifiche alla classificazione di prodotti/servizi in particolare, si trasferiscono prodotti/servizi da una classe all’altra o si modifica il contenuto letterale dei titoli. Risulta quindi necessario fare riferimento alla versione della classificazione vigente al momento del deposito della domanda di registrazione. La Classe 30 dell’Accordo di Nizza contiene, nella versione 10, qui applicata, i seguenti prodotti Caffè, tè, cacao e succedanei del caffè riso tapioca e sago farine e preparati fatti di cereali pane, pasticceria e confetteria gelati zucchero, miele, sciroppo di melassa lievito, polvere per fare lievitare sale senape aceto, salse condimenti spezie ghiaccio . La Nota esplicativa così chiarisce che la classe 30 comprende essenzialmente le derrate alimentari di origine vegetale preparate per il consumo o la conservazione, nonché gli additivi destinati a migliorare il sapore degli alimenti questa classe comprende in particolare - le bevande a base di caffè, cacao, cioccolato o tè - i cereali preparati per l’alimentazione dell’uomo per esempio fiocchi d’avena o di altri cereali questa classe non comprende in particolare - alcuni prodotti alimentari di origine vegetale consultare l’elenco alfabetico dei prodotti - il sale per conservare, non per uso alimentare cl. 1 - le infusioni medicinali e gli alimenti e le sostanze dietetiche per uso medico cl. 5 - gli alimenti per neonati cl. 5 i complementi alimentari cl. 5 i cereali grezzi ci. 31 gli alimenti per gli animali cl. 31 . Nell’elenco alfabetico dei prodotti, si trovavano inclusi nella classe 30 l’aceto, anche di birra, salsa di pomodoro , salsa piccante di soia . In collaborazione con gli uffici dei marchi dell’Unione Europea, altre organizzazioni, Uffici internazionali ed associazioni di utenti, l’Ufficio comunitario EUIPO ha messo a punto un elenco di indicazioni generali delle intestazioni delle classi della classificazione di Nizza che sono state considerate non sufficientemente chiare e precise, a seguito della sentenza della Corte di Giustizia del 19/06/2012, C-307/10, IP Translator citata dalla ricorrente, sentenza nella quale si era evidenziato come talune delle indicazioni generali che compaiono nei titoli delle classi della classificazione di Nizza sono, di per sé, sufficientemente chiare e precise da consentire alle autorità competenti e agli operatori economici di determinare la portata della protezione conferita dal marchio, mentre altre non sono idonee a soddisfare tale requisito giacché sono troppo generiche e comprendono prodotti o servizi troppo diversi tra loro per essere compatibili con la funzione d’origine del marchio , ma tra questi non rientra la classe 30, in oggetto. Ora, questa Corte Cass. 22845/2015 ha osservato, in motivazione, sia pure con riferimento alla disciplina di cui alla L.M., previgente rispetto al D.Lgs. n. 30 del 2005, che La dizione prodotti o servizi, infatti contenuta in svariati articoli della legge marchi non fa mai alcun riferimento a singoli prodotti o a prodotti specifici ma a prodotti o servizi che rientrano in uno specifico genere merceologico inseriti a loro volta in classi più ampie, secondo la classificazione di cui tabella C allegata al R.D. 21 giugno 1942, n. 949 sostituita dalla L. 10 aprile 1954, n. 129 , quali, ad esempio, tra i tanti apparecchi e strumenti scientifici, nautici, geodetici, fotografici apparecchi e strumenti chirurgici apparecchi di illuminazione, di riscaldamento veicoli strumenti musicali carta, cartone etc Del resto, la stessa domanda di registrazione di un brevetto per marchio deve indicare specificatamente le classi cui esso si riferisce ed eventualmente alcuni tipi di prodotti all’interno della stessa classe e non già singoli specifici prodotti quali, ad esempio in relazione alla fattispecie in esame valigie in tela ovvero in cuoio o in metallo . Ciò sta necessariamente a dimostrare che il titolare di un marchio di fatto, cui è consentita, ai sensi dell’art. 9 L.M., la continuazione dell’uso dello stesso, può effettuarla in relazione al genere prodotti cui lo stesso si riferiva e non già a prodotti specifici oggetto in concreto della precedente produzione . La Commissione dei ricorsi ha respinto il ricorso del Consorzio avverso il rifiuto di registrazione dell’UIBM, rilevando che proprio il riferimento specifico al prodotto rivendicato omissis e omissis , all’interno della classe 30 della Classificazione internazionale di Nizza che, anche nell’elenco alfabetico dei prodotti inclusi, non comprende tali diciture , avrebbe comportato una sorta di rimodulazione dell’elenco dei prodotti o servizi oggetto della Classificazione Internazionale di Nizza, non per genere dei prodotti ma per caratteristiche specifiche ulteriori non incluse nella classificazione stessa non consentita. La pronuncia risulta pertanto conforme a diritto. Inoltre, come anche rilevato dal PG, la ricorrente assume che il prodotto OMISSIS non possa rientrare nel genere , presente nella classe 30, costituendo una sorta di genere autonomo di prodotto ben definito, sulla base di elementi differenziali, peraltro non chiaramente indicati in ricorso la ricorrente non spiega perché la dicitura , presente nella classe 30 che accorpa i prodotti merceologici in base a caratteristiche generali comuni , non potrebbe ricomprendere anche l’ omissis . Ed invero non si trattava di negare tutela ad un genere autonomo, non previsto nella Classificazione di Nizza, ma di ricondurre il prodotto ad un genere già classificato, nella Classe 30. 3. I motivi quarto, quinto, sesto, settimo ed ottavo, da trattare unitariamente in quanto connessi, sono infondati. Le indicazioni geografiche artt. 29 e 30 C.P.I. sono segni distintivi al pari delle denominazioni di origine essi servono per designare la zona di provenienza paese, regione o località dei prodotti, le cui qualità, reputazione e caratteristiche sono dovute essenzialmente all’ambiente geografico di origine, comprensivo di fattori umani ed ambientali, ed, in particolare, i prodotti IGP, Indicazione Geografica Protetta, hanno legami con una zona delimitata solo per quanto riguarda almeno una fase del processo produttivo. Quindi, devono avvenire in un solo luogo o la produzione, o la trasformazione o l’elaborazione del prodotto. Inoltre, il legame con il territorio in questione deve conferire al prodotto una determinata qualità, reputazione o caratteristica. Secondo la legislazione comunitaria, nelle indicazioni geografiche protette IGP una determinata qualità, notorietà o altra caratteristica del prodotto sono essenzialmente attribuibili alla sua origine geografica, senza tuttavia che le fasi di produzione, elaborazione o preparazione si svolgano necessariamente nella stessa area. Gli artt. 29 e 30 del nostro C.P.I. disciplinano la tutela delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine essi sono infatti segni distintivi della provenienza e consistono nell’accostamento del nome geografico al nome del prodotto, garantendo la provenienza del prodotto da una zona geograficamente determinata cui i consumatori tradizionalmente associano una qualità costante, derivante da fattori territoriali ed umani. Nella specie, omissis è un’indicazione Geografica Protetta, che ha ottenuto il riconoscimento comunitario con il Regolamento CE n. 583/2009 della Commissione del 3/7/2009, come rilevato dalla ricorrente. I marchi collettivi sono altri segni distintivi volontari, destinati, come le indicazioni geografiche protette e le denominazioni d’origine, a garantire l’origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi sono disciplinati dall’art. 11 C.P.I. in essi assume rilievo non necessariamente il valore semantico del segno, ma la regola che ne disciplina l’uso, disciplinata da specifiche disposizioni regolamentari il marchio collettivo, di regola, viene registrato da enti o associazioni che non svolgono un’attività di impresa, in proprio, cosicché l’uso del marchio è attribuito ad una pluralità di imprenditori ad essi aderenti, a condizione che i loro prodotti rispondano ai requisiti previsti dal regolamento ed i titolari del marchio possono infatti esercitare controlli sui soggetti aderenti, autorizzati ad utilizzare il segno distintivo . Una particolare categoria di marchi collettivi è quella avente ad oggetto denominazioni geografiche, che servono a designare e garantire la provenienza geografica del prodotto e che, in generale art. 13 C.P.I. , non possono essere esclusivamente utilizzate come segni distintivi tale norma costituisce una eccezione al divieto generale di brevettare come marchio i nomi geografici, ma viene escluso art. 21 C.P.I. che il titolare possa vietare ai terzi di utilizzare le espressioni descrittive e geografiche in questione, purché l’uso sia conforme ai principi di correttezza. L’art. 11.4 del C.P.I. ammette, invece, la registrazione come marchio collettivo di denominazioni geografiche, contemplando, tuttavia, da un lato, che l’UIBM possa vietarne la registrazione, ove riscontri che la loro adozione possa creare situazioni di ingiustificato privilegio o recare pregiudizio allo sviluppo di analoghe iniziative nella regione, e, dall’altro lato, che non è consentito al titolare del marchio collettivo geografico di vietare a terzi l’uso del nome geografico, quando l’uso sia conforme ai principi della correttezza professionale e sia quindi in funzione di indicazione di provenienza del prodotto, proveniente pertanto da quella data regione o località . Con riguardo alla previgente disciplina, questa Corte aveva chiarito che la tutela della denominazione d’origine di un determinato prodotto, attuata con specifico provvedimento legislativo nella specie, le L. n. 506 del 1970, e L. n. 26 del 1990 concernenti il prosciutto di Parma nella sua specifica caratteristica di lavorazione a crudo , in quanto diretta ad impedire l’uso della denominazione stessa per prodotti identici, ma di qualità e provenienza non corrispondenti a quelle per le quali quest’ultima è stata normativamente riconosciuta, non preclude l’uso del medesimo nome geografico a chi realizzi e commerci, nella zona cui tale nome è riferibile, prodotti dichiaratamente diversi, ancorché affini, obiettivamente non confondibili nella specie, per essere il prodotto indicato come prosciutto cotto , senza servirsi di segni distintivi altrui Cass.2942/1991 . Sempre questa Corte, con riguardo al marchio collettivo, ha precisato Cass. 24620/2010 che il marchio collettivo tutela uno specifico prodotto, non l’attività produttiva di una determinata impresa, con la conseguenza che la tutela da esso apprestata non si estende, oltre ai prodotti specificamente contraddistinti, anche ai prodotti affini, i quali, in quanto riconducibili all’attività di impresa, rientrano solo nell’ambito di protezione del marchio individuale, ai sensi del R.D. 21 giugno 1942, n. 929, art. 1, ratione temporis applicabile , cosicché se il marchio collettivo sia costituito da un nome geografico, qualsiasi altro prodotto, sia esso, o no, simile a quello tutelato dal marchio collettivo, può avvalersi di detta denominazione, purchè se ne faccia uso corretto, ai sensi dell’art. 2, comma 4, del R.D. menzionato . In detta ultima pronuncia, si è poi ulteriormente chiarito che qualsiasi prodotto diverso da quello che può fregiarsi di un marchio collettivo di tipo geografico, può comunque avvalersi di detta denominazione purchè ne faccia corretto uso , in quanto il marchio collettivo contenente un nome geografico non può costituire in favore del titolare e degli utilizzatori alcun monopolio sul nome stesso , cosicché la possibilità di utilizzare purché se ne faccia corretto uso il nome in questione si estende anche a tutti prodotti non tutelati dal marchio collettivo sia che essi siano simili e sia che non lo siano , rammentandosi che i marchi collettivi sovente vengono riconosciuti a prodotti che già sono protetti quali indicazioni geografiche e che, a tale titolo, contengono un nome geografico che sovente è il medesimo del marchio collettivo . Tanto premesso, la Commissione dei ricorsi, nella decisione impugnata, pur avendo tenuto conto del fatto che oggetto della domanda di registrazione era un marchio collettivo, ha implicitamente ritenuto le doglianze, inerenti alla mancata considerazione della natura del segno richiesto, marchio collettivo, corrispondente anche ad una IGP, non fondate e comunque non rilevanti con l’oggetto del contenzioso, attesa la preliminare ragione di diniego della registrazione l’essere richiesta, in relazione alla Classe 30 dell’Accordo di Nizza, ma per prodotti specifici omissis e condimenti all’ omissis , non inclusi nella classe, ove si menzionano solo i prodotti generici aceto e condimenti , in difetto di una loro autonomia quale genere il controricorrente Ministero deduce, al riguardo, che la registrazione della IGP costituisce un istituto sufficiente ai fini della tutela del consumatore dai rischi di inganno e di agganciamento parassitario. La sentenza risulta corretta, alla luce delle considerazioni svolte al par.2. 4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente, al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 5.000,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.