L’ipoteca sui beni vincolati

Quando l’ipoteca è iscritta su beni già oggetto di patrimonio destinato ai sensi dell’art. 2645-ter c.c., ed a garanzia di debiti estranei alla destinazione, non ha efficacia alcuna. Ciò in quanto la trascrizione dell’atto istitutivo di un vincolo di destinazione è opponibile ai terzi, e i beni vincolati, nonché i loro frutti, sono sottratti a qualsiasi azione esecutiva.

E’ quanto si legge nell’ordinanza n. 1260/2019 della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione depositata il 18 gennaio. Il caso. La D. 2000 notificava in data 26.05.2011 alla F. srl poi B. , un decreto ingiuntivo per l’importo di € 151.309,94 a saldo di talune forniture effettuate, iscrivendo contestualmente ipoteca su un bene immobile di proprietà di B B. si opponeva al decreto ingiuntivo contestando sia errori di calcolo nell’ammontare del saldo, sia l’inefficacia della ipoteca che risultava essere stata iscritta su di un immobile con vincolo di destinazione ai sensi dell’art. 2645- ter c.c. Il Tribunale di Pordenone rigettava l’opposizione e, in egual misura, la Corte d’Appello di Trieste con sentenza n. 471/2016 respingeva il gravame, ritenendo da un lato che l’eventuale errore non influiva sulla determinazione complessiva del credito, e dall’altro che la censura in ordine al vincolo di destinazione non fosse ammissibile perché non correlata alla domanda formulata nell’atto introduttivo del giudizio, unicamente rivolto all’accertamento dell’invalidità e dell’inefficacia del provvedimento monitorio e, solo come suo effetto, dell’invalidità dell’ipoteca. Avverso suddetta pronuncia, B. proponeva ricorso per cassazione affidandosi a cinque motivi di ricorso. Con i primi 3 motivi di ricorso, la società lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 111 Cost., in quanto la sentenza della Corte d’Appello avrebbe ritenuto legittimo un decreto non provato nel suo ammontare e avrebbe altresì omesso di considerare le fatture depositate in atti quale prova del pagamento. Con il quarto ed il quinto motivo viene denunciata la falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 2645- ter c.c., nonché la nullità della sentenza nella parte in cui si è ritenuto che l’accertamento dell’inefficacia dell’iscrizione ipotecaria non dipendesse dall’esistenza di un precedente vincolo di destinazione, ma solo dall’invalidità del decreto ingiuntivo. La Corte di Cassazione rigetta i primi 3 motivi, e accoglie il quarto ed il quinto. Onere e valutazione della prova in sede di calcolo dell’ammontare del debito . Il creditore che agisce per ottenere il pagamento di un proprio credito è tenuto unicamente a fornire la prova del titolo sul quale si basa la sua pretesa, mentre spetta al debitore la prova del fatto estintivo del debito stesso così come oramai pacifico in giurisprudenza all’indomani delle Sezioni Unite n. 13533/2001 in tema di riparto dell’onere della prova per inadempimento contrattuale . In ogni caso, comunque, la valutazione delle prove è rimessa alla discrezionalità del giudice che ha, altresì, il compito di controllarne l’attendibilità, in modo tale da attribuire ad ognuna di esse prevalenza rispetto ad altre. Il giudice di legittimità, sul punto, non è dotato di alcun potere, dovendo operare nel perimetro della valutazione posta in essere dal giudice di merito Cass. n. 27464/2006 . Per le suddette ragioni la Corte di Cassazione, nel caso di specie, rigetta i primi tre motivi di ricorso di B., nei quali il ricorrente lamentava l’erroneo calcolo del debito per la mancata valutazione della documentazione da questi depositata. Ipoteca e vincolo di destinazione ex art. 2645ter c.c L’art. 2645- ter c.c. rubricato Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche , rappresenta un’importante eccezione all’art. 2740 c.c., in forza del quale ciascun soggetto risponde delle proprie obbligazioni con tutti i propri beni presenti e futuri c.d. responsabilità patrimoniale generica . Infatti, secondo quanto prevede il testo dell’art. 2645- ter c.c., per effetto della trascrizione dell’atto istitutivo di un vincolo di destinazione, quest’ultimo diviene opponibile ai terzi, e i beni vincolati, nonché i loro frutti, sono sottratti a qualsiasi azione esecutiva. Ciò sta a significare che il vincolo, una volta trascritto, crea un effetto di separazione o segregazione patrimoniale, traducendosi altresì in un vincolo di indisponibilità ogniqualvolta il compimento di un atto di disposizione risulti inconciliabile o comunque contrario allo scopo della destinazione. Con particolare riguardo all’ipoteca, diritto reale di garanzia disciplinato agli artt. 2808 e seguenti c.c., laddove essa riguardi beni vincolati, ma è iscritta a garanzia di debiti estranei alla destinazione, non ha efficacia alcuna, in quanto, come prima già affermato, i detti beni non possono essere oggetto di espropriazione se non per debiti inerenti il vincolo di destinazione stesso . Il diritto reale di garanzia, inoltre, laddove dovesse venire esistenza in un momento successivo rispetto alla trascrizione del vincolo di destinazione, non sorgerebbero dubbi, sulla base della ratio della disciplina civilistica, circa l’opponibilità del vincolo al creditore ipotecario. Nel caso di specie B. ha sempre sostento che, quale conseguenza del vincolo di destinazione ex art. 2645- ter c.c., l’ipoteca iscritta successivamente alla trascrizione del vincolo suddetto, perde ogni efficacia. La Corte d’Appello, tuttavia, ritenendo tale richiesta subordinata all’opposizione al decreto ingiuntivo, ha ritenuto superfluo pronunciarsi su di essa. A ben vedere, però, la domanda attorea, fin dall’inizio, non era stata formulata in via subordinata alla dichiarazione di invalidità del decreto ingiuntivo, ma in via autonoma ed indipendente sicché la Corte di Cassazione ritiene palese una violazione dell’art. 112 c.p.c. corrispondenza tra chiesto e pronunciato , cassando con rinvio sul punto la sentenza oggetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 5 luglio 2018 – 18 gennaio 2019, n. 1260 Presidente Armano – Relatore Moscarini Fatti di causa La omissis notificò, in data 26/5/2011 a Forlegno s.r.l. poi BiGiPi un decreto ingiuntivo per l’importo di Euro 151.309,94, oltre interessi e spese, a titolo di saldo per forniture effettuate all’attrice opponente. Contestualmente iscrisse ipoteca su un immobile di proprietà di Bigipi. Quest’ultima propose opposizione al decreto ingiuntivo, contestando che il provvedimento monitorio era stato ottenuto nei confronti di un soggetto nominato in modo difforme da quello corretto che vi erano errori di calcolo tra la somma richiesta con il ricorso per ingiunzione e le risultanze contabili in possesso dell’opponente che l’ipoteca giudiziale era inefficace perché iscritta successivamente all’atto costitutivo di vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c. sullo stesso immobile chiese la revoca del decreto ingiuntivo opposto e la declaratoria di invalidità o inefficacia dell’ipoteca giudiziale iscritta. Costituitosi il contraddittorio con omissis , quest’ultima rilevò l’intento dilatorio di BiGiPi e che il conflitto tra il vincolo di destinazione e l’ipoteca doveva essere risolto a favore della seconda, per inopponibilità dell’atto di destinazione. Il Tribunale di Pordenone rigettò l’opposizione confermando il decreto e condannando l’opponente alle spese di lite, liquidate in Euro 8.000, oltre accessori. La BiGiPi sas propose appello, denunciando l’erroneità della sentenza nella parte in cui aveva sostanzialmente duplicato il conteggio di alcune fatture. La Corte d’Appello di Trieste, con sentenza n. 491 del 26/7/2016, ha ritenuto che l’eventuale errore non influiva sulla determinazione del credito complessivo risultante dalle fatture, in quanto la somma ingiunta era inferiore all’ammontare complessivo dei crediti risultanti dalle fatture indicate dall’attrice, tutte relative a transazioni commerciali non contestate nell’an, di guisa che il credito ingiunto non sarebbe stato comunque ridotto quanto al dedotto pagamento di una parte delle fatture, il giudice ha ritenuto che la documentazione offerta come prova non fosse idonea a tale scopo quanto al rapporto tra l’ipoteca iscritta ed il vincolo di destinazione ai sensi dell’art. 2645 ter c.c. la Corte d’Appello ha ritenuto che la censura fosse inammissibile perché non correlata alla domanda formulata nell’atto introduttivo del giudizio, unicamente rivolto all’accertamento dell’invalidità o dell’inefficacia del provvedimento monitorio e, solo come suo effetto, dell’invalidità dell’ipoteca. La Corte d’Appello ha dunque rigettato l’appello e disposto sulle spese in ragione della soccombenza. Avverso quest’ultima sentenza BIGIPI S.a.s. propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso il Fallimento di s.r.l. in liquidazione già omissis s.r.l. . Ragioni della decisione 1.Con il primo motivo violazione, falsa applicazione delle norme di cui all’art. 2697 c.c. e art. 111 Cost. la società ricorrente censura la sentenza nella parte in cui avrebbe erroneamente ritenuto legittimo un decreto non provato nel suo preciso ammontare, così invertendo illegittimamente l’onere della prova a carico delle parti, a detrimento del diritto di difesa di BiGiPi sas. 1.1 Il motivo è infondato in quanto il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito è tenuto unicamente a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto e non anche a provare il mancato pagamento, mentre spetta al debitore, che eccepisca un fatto estintivo, provare il medesimo. A fronte della richiesta di pagamento della somma di Euro 151.309,94, provata con le fatture allegate al decreto ingiuntivo, il debitore avrebbe solo dovuto dimostrare di aver integralmente pagato le suddette fatture, prova che non è stata data. Solo nell’ipotesi in cui il debitore avesse dimostrato l’intervenuto pagamento del credito, con efficacia estintiva, l’onere della prova sarebbe passato sul creditore, tenuto a controdedurre che il pagamento doveva imputarsi ad un credito diverso, rappresentando l’onere del convenuto di provare il fatto estintivo un prius logico rispetto all’onere di provare la diversa imputazione di pagamento, atteso che l’onere del creditore acquista la sua ragion d’essere solo dopo che il debitore ha dato prova esauriente e completa del fatto estintivo. Peraltro, in base al principio di non contestazione, il credito di OMISSIS doveva ritenersi provato e pacifico nel suo ammontare. Da quanto premesso deriva la manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso. 2. Con il secondo motivo violazione, falsa applicazione delle norme di cui all’art. 24 e art. 111 Cost. art. 115 c.p.c. censura la sentenza nella parte in cui avrebbe ignorato una parte importante dei mezzi di prova offerti, senza dedicare alcuna considerazione ai documenti da 10 al 15. 2.1 Il motivo è inammissibile in quanto si risolve nella tardiva contestazione del valore probatorio dei documenti prodotti da Bigipi sas nel giudizio di primo grado, mentre fin dal primo grado del giudizio il Giudice, con assunto non contestato, aveva ritenuto che la documentazione versata in atti non fosse idonea a provare l’avvenuto pagamento delle fatture emesse dalla società intimante. In ogni caso, anche ove si ritenesse dimostrato che i documenti si riferissero alle fatture indicate da controparte, si tratterebbe di pagamenti parziali tali da non coprire l’intero importo delle fatture stesse. Ove, infatti, si sottraesse dalla somma di Euro 213.298,59 inizialmente dovuta, quella di Euro 65,315,18, il risultato che si otterrebbe sarebbe quello di un residuo debito di Euro 147.983,41, che dovrebbe, pertanto, ritenersi riconosciuto dalla società debitrice. 3. Con il terzo motivo omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 c.p.c., n. 5, in ordine ai documenti depositati da BIGIPI s.a.s. , censura la sentenza nella parte in cui avrebbe omesso di considerare le fatture depositate in atti, quali prova del pagamento. 3.1 Il motivo è infondato. La documentazione, prevalentemente di carattere unilaterale, non era affatto idonea a dimostrare l’avvenuto pagamento delle somme dovute da BiGiPi ed, in ogni caso, il compito di valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, così come di attribuire ad alcune di esse un significato prevalente rispetto ad altre rientra nel potere del giudice del merito e non è sindacabile in cassazione, restando escluso che il giudice di legittimità possa essere investito di una interpretazione delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice del merito ex multiis, Cass., n. 27464 del 2006 n. 3994 del 2005 . 4. Con il quarto motivo violazione, falsa applicazione della norma di cui all’art. 111 Cost. e art. 2645 ter c.c., nullità della sentenza per violazione delle norme di cui agli artt. 99, 112 e 163 c.p.c. censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che l’accertamento dell’inefficacia dell’iscrizione ipotecaria non dipendesse dall’esistenza di un precedente vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c. ma unicamente dall’invalidità ab origine del decreto ingiuntivo. Ciò determinerebbe la violazione del principio della domanda, mediante esposizione dei fatti e delle relative conclusioni, ai sensi dell’art. 163 c.p.c., nonché la violazione della corretta interpretazione della stessa mediante esame dell’intero contenuto degli atti e del thema decidendum. La domanda articolata in primo grado era volta a far constare l’inefficacia dell’ipoteca perché successiva al vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c. mentre il giudice ha del tutto ignorato il complessivo comportamento processuale della parte. La domanda, fin dall’origine, di cancellazione dell’ipoteca non era stata formulata in via subordinata alla dichiarazione di invalidità del decreto ingiuntivo ma in via autonoma ed indipendente in forza dei presupposti vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c. , sicché l’aver valorizzato le sole conclusioni dell’atto di citazione, senza soffermarsi sul complessivo contenuto dell’atto, determinerebbe una violazione del diritto di difesa. Il motivo è fondato. Come si evince dall’esame della domanda giudiziale formulata in primo grado citazione p. 5 l’attore ha sempre sostenuto che, in conseguenza del vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c. dell’immobile al soddisfacimento dei creditori di BiGiPi nel rispetto della par condicio, l’ipoteca, iscritta successivamente, perdeva efficacia. La sentenza impugnata, nonostante la questione della prevalenza del vincolo di destinazione sull’ipoteca fosse stata espressamente riproposta con l’atto di appello, ha illegittimamente ritenuto che la censura fosse inammissibile perché disancorata dalle conclusioni dell’atto introduttivo, unicamente rivolte all’accertamento dell’invalidità o dell’inefficacia ab origine del provvedimento monitorio e non anche agli effetti della precedente trascrizione del vincolo di destinazione dell’immobile, sulla quale la Corte di merito ha ritenuto superfluo esprimersi. C’è una palese violazione dell’art. 112 c.p.c., sicché la sentenza, sul punto, va cassata con rinvio. 5. Con il quinto motivo omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5 censura la sentenza per aver limitato la ricostruzione del thema decidendum all’invalidità ab origine del decreto ingiuntivo anziché alla pur dedotta questione della trascrizione del vincolo di destinazione sull’immobile, nonostante il tema fosse decisivo ed oggetto di discussione tra le parti. Ad avviso del ricorrente la centralità della questione risulterebbe anche dall’avvenuto recepimento, da parte del legislatore, con la disposizione di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 331, lett. c , n. 1 e lett. a, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, di una norma i cui effetti sono sostanzialmente equivalenti a quelli del vincolo di destinazione l’ultima parte della L. Fall., art. 168, comma 3 prevede che le ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato. Il primo giudice avrebbe, dunque, contrariamente a quanto ha fatto, dovuto prendere in considerazione queste circostanze e ritenere il vincolo di destinazione de quo valido, efficace e quindi idoneo alla produzione dei suoi effetti tipici di segregazione e destinazione del bene al perseguimento di interessi meritevoli di tutela per l’ordinamento, bene rappresentato, nel caso di specie, dal soddisfacimento dei creditori di BiGiPi nel rispetto della par condicio tra di loro. 5.1. Il motivo è fondato e merita accoglimento. Qualora, come nel caso in esame, il vincolo di destinazione è stato costituito a favore di tutti i creditori del concordato non è possibile ipotizzare la lesione della par condicio nei confronti di alcuno dei creditori. I creditori del concordato sono tutti i creditori della società, compresi quelli prededucibili e non è dato ipotizzare, ai sensi della L. Fall., art. 167,che, una volta proposto il concordato di una società, possano sorgere nuovi crediti verso l’ente assoggettato alla procedura che non siano creditori del concordato preventivo . Peraltro deve ritenersi certamente meritevole di tutela il fine perseguito dall’impresa che, anteriormente al deposito del ricorso per concordato preventivo, costituisca sul patrimonio un vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c. al fine di consentire la soddisfazione proporzionale dei creditori non muniti di cause di prelazione. Detta iniziativa consente, infatti, la conoscibilità dello stato di crisi e preserva il patrimonio da eventuali atti di distrazione o da iniziative destinate ad avvantaggiare solo alcuni creditori in pregiudizio degli altri. 6. Conclusivamente il ricorso è rigettato, in relazione ai motivi primo, secondo e terzo ed accolto, quanto ai motivi quarto e quinto, la sentenza cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Trieste, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta i primi tre motivi del ricorso, accoglie il quarto ed il quinto, cassa l’impugnata sentenza in relazione e rinvia alla Corte d’Appello di Trieste, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione. Si dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.