Assistenza e consulenza per la domanda di concordato preventivo: sì alla prededuzione

Il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la redazione e la presentazione della domanda di concordato preventivo rientra pacificamente tra i crediti sorti in funzione di quest'ultima procedura e, come tale, a norma dell'art. 111, comma 2, l. fall., va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che, ai fini di tale collocazione, debba essere accertato, con valutazione ex post, che la prestazione resa sia stata concretamente utile per la massa in ragione dei risultati raggiunti in senso conforme Cassazione 22450/2015 .

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 30114/18, depositata il 21 novembre. Il caso. Un professionista svolgeva attività di assistenza e consulenza per la redazione di una domanda di concordato preventivo nell'interesse di una società dapprima ammessa al concordato, ma poi fallita in consecuzione. Il credito vantato dal medesimo per le prestazioni fornite veniva ammesso al passivo al privilegio ex art. 2751- bis , n. 2, c.c., ma il Giudice Delegato negava la prededuzione. Anche in sede di opposizione allo stato passivo il Tribunale di Firenze non accordava la prededuzione perché mancava la dimostrazione della funzionalità della prestazione rispetto alle esigenze della procedura. Di conseguenza non vi era prova dell'utilità in concreto per la massa dei creditori del lavoro svolto. Il creditore ricorreva in Cassazione. Prededuzione. Con il primo motivo di ricorso il professionista lamenta la violazione dell'art. 111 l. fall. nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto non sussistente e non provata la funzionalità delle prestazioni svolte rispetto agli interessi della massa dei creditori. Nello specifico, secondo il ricorrente, l'art. 111 l. fall. non richiede la verifica del risultato delle prestazioni professionali né la dimostrazione della loro concreta utilità per la massa. Con il secondo motivo la parte lamenta la violazione degli artt. 112 c.p.c. e 115 c.p.c. perché il Giudice Delegato aveva implicitamente negato il nesso di pertinenzialità tra le prestazioni svolte, l'interesse della massa dei creditori e la richiesta di concordato preventivo. Ad avviso del ricorrente il Giudice Delegato è caduto in errore perché non ha considerato che in realtà quanto sopra era già stato valutato e accreditato dalla curatela fallimentare stessa. Da ultimo il professionista si duole della motivazione irragionevole del decreto impugnato. Infatti da un lato il credito era stato ammesso - seppur al privilegio - mentre dall'altro il Tribunale sosteneva di non sapere nulla in concreto delle prestazioni fornite. La Cassazione valuta congiuntamente i motivi e li ritiene fondati alla luce dell'orientamento giurisprudenziale oggi prevalente. Gli Ermellini ripercorrono i principali arresti degli ultimi anni in tema prededuzione per i crediti dei professionisti che hanno assistito i debitori nell'accesso alle procedure concordatarie. In primo luogo la Corte sottolinea che ormai da tempo si accorda la prededuzione anche ai crediti sorti prima dell'inizio della procedura di concordato preventivo ove sia applicabile l'art. 111, comma 2, l. fall Ciò avviene principalmente allo scopo di favorire il ricorso a procedure concordate della crisi di impresa ed evitarne così il dissesto irreversibile. Analoga ratio - prosegue la motivazione - è rinvenibile nell'esenzione da revocatoria per i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti dall'imprenditore per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alla procedura di concordato preventivo art. 67, lett. g, l. fall. . Da ciò consegue che la verifica del nesso di funzionalità/strumentalità deve avvenire valutando se l'attività professionale possa essere ricondotta nell'alveo della procedura concorsuale minore e delle finalità della stessa secondo un giudizio ex ante . Questo significa che la semplice conclusione negativa della procedura concordataria non vale ad escludere il nesso di funzionalità sopra indicato. Esemplificano ancora meglio gli Ermellini ricordando il precedente di Cassazione n. 280/17 secondo il quale la funzionalità è ravvisabile quando le prestazioni compiute per il momento e il modo in cui sono state assunte confluiscono nel disegno di risanamento del debitore ed abbiano quindi una complessiva causa economico-organizzativa almeno preparatoria di una procedura concorsuale . Quanto sopra è escluso solo nell'ipotesi in cui sia invece dimostrato il carattere sovrabbondante o superfluo se non dannoso dell'iniziativa svolta. Nessuna verifica invece deve essere effettuata - ribadiscono i Giudici della Suprema Corte nel provvedimento in commento - circa l'utilità in concreto per la massa dei creditori della prestazione svolta nel caso in cui alla procedura minore consegua il fallimento. La prededuzione ex art. 111, comma 2, l. fall. rappresenta infatti un'eccezione alla par condicio creditorum e rimane soggetta solo alle condizioni previste dalla norma stessa. Peraltro, sempre in sintonia con quanto già statuito in precedenti decisioni nello specifico Cassazione n. 6031/14 , l'accesso alla procedura di concordato preventivo comporta comunque vantaggi per i creditori attraverso la retrodatazione del periodo sospetto ai fini dell'azione revocatoria fallimentare e la cristallizzazione della massa debitoria. In conclusione la Cassazione ribadisce l'orientamento secondo cui il credito del professionista che ha svolto attività di assistenza e consulenza per la redazione e presentazione della domanda di concordato preventivo rientra pacificamente tra i crediti sorti in funzione” della procedura stessa. Esso è quindi prededucibile ex art. 111, comma 2, l. fall., senza necessità di accertare ex post che la prestazione resa sia stata utile in concreto per la massa dei creditori. Nel caso di specie invece, spiegano i giudici, il Tribunale aveva fatto proprio l'opposto richiedendo la dimostrazione di una utilità effettiva per i creditori, piuttosto che accertare la funzionalità dell'attività svolta all'accesso alla procedura e quindi al tentativo di risanamento. Così facendo però il Tribunale si è mosso al di fuori dei parametri dell'art. 111, comma 2 l. fall Sotto altro profilo, essendo comunque stato ammesso al passivo il credito nel suo complessivo ammontare seppure al privilegio , non potevano sorgere dubbi in merito all'effettivo svolgimento della prestazione da parte del professionista e alla validità della medesima. Per tali ragioni la Corte cassa il provvedimento impugnato rinviando al Tribunale affinché valuti nuovamente la fattispecie alla luce dei principi illustrati.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 25 ottobre – 21 novembre 2018, n. 30114 Presidente Didone – Relatore Pazzi Fatti di causa 1. Il Giudice delegato al fallimento di s.p.a. ammetteva per intero al passivo della procedura il credito vantato dal Dott. P.P. , in relazione all’attività di assistenza e consulenza svolta per la redazione e presentazione di una domanda di concordato preventivo nell’interesse di Cogefim s.n.c. e delle compagini sue socie, fra cui s.p.a. escludeva però la prededuzione richiesta, riconoscendo il solo privilegio di cui all’art. 2751-bis n. 2 cod. civ 2. Il Tribunale di Firenze, a seguito dell’opposizione proposta dal Dott. P. , osservava che la collocazione in prededuzione del credito vantato dal professionista conseguiva ad una verifica, da effettuare ex post, sulla sussistenza di una funzionalità della prestazione da cui sorgeva il credito rispetto alle esigenze della procedura, con la conseguente necessità per il giudice di merito di accertare in concreto l’utilità per la massa delle prestazioni eseguite, soprattutto nel caso di una successiva dichiarazione di fallimento questa valutazione di funzionalità richiedeva una valutazione tanto dell’adeguatezza della prestazione alle esigenze di risanamento dell’impresa, quanto dell’utilità conseguita dai creditori, le cui pretese dovevano risultare soddisfatte in una qualche misura. Il creditore istante, a fronte dell’implicita negazione della sussistenza di un nesso di adeguatezza funzionale fra l’attività professionale svolta e il concordato preventivo insita nella negazione da parte del Giudice delegato della prededuzione richiesta, non si era preoccupato secondo il collegio dell’opposizione - di provare la sussistenza della funzionalità non riconosciuta, allegando e dimostrando l’effettiva natura delle prestazioni svolte, di modo che l’opposizione non poteva che essere rigettata. 3. Ha proposto ricorso per cassazione avverso questa pronuncia il Dott. P.P. al fine di far valere tre motivi di impugnazione. Ha resistito con controricorso il fallimento della società s.p.a La sesta sezione di questa Corte, inizialmente investita dell’esame del ricorso, ha ritenuto insussistenti i presupposti per la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ. ed ha rimesso, quindi, la causa alla pubblica udienza della prima sezione. Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ Ragioni della decisione 4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia l’avvenuta violazione e falsa applicazione dell’art. 111 legge fall. nella parte in cui la prededuzione è stata esclusa per mancanza di prova del nesso funzionale fra la domanda di concordato preventivo e gli interessi della massa dei creditori il Tribunale avrebbe subordinato il riconoscimento della prededuzione richiesta all’individuazione, alla luce delle vicende della procedura concorsuale, di un rapporto di funzionalità fra la presentazione della domanda di concordato e l’interesse della massa dei creditori, quando al contrario il disposto dell’art. 111 legge fall. non richiede affatto una simile dimostrazione in termini di verifica del risultato delle prestazioni professionali o della loro utilità per la massa. Il decreto impugnato violerebbe perciò l’art. 111 legge fall. laddove, a dispetto dell’interpretazione avvalorata dalla giurisprudenza di legittimità, ha posto a carico del creditore l’onere di dimostrare l’utilità della richiesta di concordato per la massa dei creditori. 4.2 Il secondo mezzo lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112, 101, comma 2, e 115 cod. proc. civ. nel punto in cui sono state escluse la deduzione e la prova del collegamento fra le prestazioni professionali del Dott. P. e l’attività diretta alla presentazione del concordato il Tribunale, nel ritenere che il Giudice delegato avesse implicitamente negato il nesso di pertinenzialità fra l’attività professionale del creditore istante e l’interesse della massa dei creditori, non avrebbe considerato che la curatela aveva specificamente riconosciuto l’avvenuta esecuzione di un’attività professionale per la presentazione del concordato preventivo ed ammesso la congruità dell’importo richiesto e così avrebbe negato circostanze la cui esistenza era stata espressamente accreditata dalla curatela ed escluso d’ufficio il nesso di pertinenzialità fra le prestazioni professionali del P. e la richiesta di concordato preventivo. 4.3 Con il terzo motivo il decreto impugnato è censurato per la mancanza di una motivazione o per la presenza di una motivazione perplessa il Tribunale avrebbe sostenuto di non sapere nulla delle prestazioni rese in concreto dal creditore opponente malgrado il suo credito fosse stato ammesso al passivo per l’importo richiesto con esclusivo riguardo alla sola attività di consulenza e assistenza svolta per la presentazione del concordato Cogefim gli argomenti illustrati nel decreto impugnato risultavano perciò inconferenti, non erano razionalmente concatenati e sfociavano nell’affermazione finale di quanto all’inizio negato, realizzando una motivazione perplessa e irragionevole. 5. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro intima connessione, sono fondati. 5.1 La giurisprudenza di questa Corte ha oramai da tempo intrapreso un percorso evolutivo volto ad affrancare la categoria dei crediti prededucibili in ragione del loro carattere funzionale dal presupposto di un controllo giudiziale sulla loro utilità. In questa prospettiva interpretativa è stato dapprima sottolineato Cass. n. 5098/2014 che anche ai crediti sorti anteriormente all’inizio della procedura di concordato preventivo, non occasionati dallo svolgimento della medesima procedura, può riconoscersi la prededucibilità ove sia applicabile il secondo criterio richiamato dall’art. 111, comma 2, L. fall., quello cioè della funzionalità, o strumentalità, delle attività professionali da cui i crediti hanno origine rispetto alla procedura concorsuale ciò in ragione della evidente ratio della norma, individuabile nell’intento di favorire il ricorso alla procedura di concordato preventivo, nel quadro della riforma di tale procedura, diretta a predisporre un possibile strumento di composizione della crisi idonea a favorire la conservazione dei valori aziendali. Atteso che la medesima ratio sta alla base del disposto dell’art. 67, lett. g , L. fall. che sottrae alla revocatoria fallimentare i pagamenti dei debiti liquidi ed esigibili eseguiti dall’imprenditore per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alla procedura di concordato preventivo , si è di conseguenza ritenuto che il nesso funzionale che, in caso di mancato pagamento, giustifica la prededucibilità dei crediti derivanti dalle prestazioni stesse, pur se sorti prima dell’inizio della procedura, sia ravvisabile nella strumentalità di queste prestazioni rispetto all’accesso alla procedura concorsuale minore. È stato in seguito precisato Cass. n. 6031/2014 che il disposto dell’art. 111, comma 2, L. fall. deve essere inteso, tenuto conto della ratio della riforma volta a incentivare gli strumenti di composizione della crisi e a favorire la conservazione dei valori aziendali, nel senso che il credito sorto in funzione di una procedura concorsuale è senza dubbio anche quello sorto per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali ex art. 67, lett. g , L. fall., quale l’attività prestata in favore dell’imprenditore poi dichiarato fallito in funzione dell’ammissione del medesimo alla procedura di concordato preventivo, non rilevando la natura concorsuale del credito stesso, per essere sorto in periodo anteriore al fallimento prova ne sia che l’art. 182-quater, comma 2, L. fall. individua come crediti prededucibili anche i crediti sorti prima dell’apertura della procedura in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo , rimanendo così confermato il significato dell’enunciato in funzione , che richiama il concetto di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali utilizzato dall’art. 67, lett. g , L. fall., e della possibilità di intendere l’enunciato strumentale a come sinonimo di funzionale valutazione condivisa da Cass. n. 19013/2014 . I crediti sorti a seguito delle prestazioni rese in favore dell’imprenditore per la redazione della domanda di concordato preventivo e per la relativa assistenza rientrano quindi fra quelli da soddisfarsi in prededuzione ai sensi dell’art. 111 comma 2 L. fall. poiché questa norma individua un precetto di carattere generale, privo di restrizioni, che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d’impresa, introduce un’eccezione al principio della par conditio creditorum, estendendo in caso di fallimento la preducibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali Cass. n. 1765/2015 . 5.2 Ne discende che la verifica del nesso di funzionalità/strumentalità deve essere compiuta controllando se l’attività professionale prestata possa essere ricondotta nell’alveo della procedura concorsuale minore e delle finalità dalla stessa perseguite secondo un giudizio ex ante, non potendo l’evoluzione fallimentare della vicenda concorsuale, di per sé sola e pena la frustrazione dell’obiettivo della norma, escludere il ricorso all’istituto. Dunque - secondo l’esemplificazione fatta da Cass. n. 280/2017 - la funzionalità è ravvisabile quando le prestazioni compiute dal terzo, per il momento ed il modo con cui sono state assunte in un rapporto obbligatorio con il debitore, confluiscano nel disegno di risanamento da quest’ultimo predisposto, in modo da rientrare in una complessiva causa economico-organizzativa almeno preparatoria di una procedura concorsuale, a meno che non ne risulti dimostrato il carattere sovrabbondante o superfluo rispetto all’iniziativa assunta. 5.3 Nessuna verifica deve invece essere compiuta, ove alla procedura minore consegua il fallimento, in ordine al conseguimento di una utilità in concreto per la massa dei creditori, concetto che non può essere confuso o sovrapposto a quello di funzionalità. La collocazione in prededuzione prevista dall’art. 111, comma 2, l. fall. costituisce infatti, come detto, un’eccezione al principio della par condicio che intende favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d’impresa e rimane soggetta alla verifica delle sole condizioni previste dalla norma in parola. L’utilità concreta per la massa dei creditori - a prescindere dal fatto che l’accesso alla procedura di concordato preventivo costituisce di per sé un vantaggio per i creditori ove si tenga conto degli effetti della consecuzione delle procedure, tra cui la cristallizzazione della massa e la retrodatazione del periodo sospetto ai fini dell’esperimento della revocatoria fallimentare, come ha ricordato Cass. n. 6031/2014 - non rientra invece nei requisiti richiesti e nelle finalità perseguite dalla norma in questione e non deve perciò essere in alcun modo indagata Cass. n. 1182/2018, Cass. n. 12017/2018 . Deve perciò essere ribadito l’orientamento secondo cui il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la redazione e la presentazione della domanda di concordato preventivo rientra de plano tra i crediti sorti in funzione di quest’ultima procedura e, come tale, a norma dell’art. 111, comma 2, L. fall., va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che, ai fini di tale collocazione, debba essere accertato, con valutazione ex post, che la prestazione resa sia stata concretamente utile per la massa in ragione dei risultati raggiunti Cass. n. 22450/2015 . 5.4 L’applicazione al caso di specie dei principi sopra illustrati rende evidente come il collegio dell’impugnazione, nel negare la collocazione in prededuzione richiesta, si sia preoccupato di verificare in concreto l’intervenuta soddisfazione dell’interesse della massa dei creditori controllando ex post se la prestazione professionale avesse soddisfatto in qualche modo l’interesse della massa, tenuto conto della soluzione fallimentare a cui si era giunti senza limitarsi a riscontrare se l’attività professionale prestata dall’odierno ricorrente potesse essere ricondotta, secondo una valutazione ex ante, nell’alveo della procedura concorsuale minore e delle finalità dalla stessa perseguite. L’indagine, svolta sul piano dell’utilità in concreto piuttosto che sotto il profilo della funzionalità dell’attività professionale prestata alle esigenze di risanamento proprie della procedura minore, si pone al di fuori dei parametri da cui l’art. 111, comma 2, L. fall. fa discendere la collocazione in prededuzione e deve giocoforza essere rivista secondo la prospettiva di valutazione più corretta. Nel compiere una simile indagine rimaneva poi preclusa al giudice di merito ogni valutazione circa l’effettivo espletamento del mandato professionale e le concrete modalità con cui lo stesso era stato adempiuto, in assenza di alcuna impugnazione avverso il decreto con cui il G.D. aveva ammesso il credito del Dott. P. al passivo in sede privilegiata in totale accoglimento della domanda di insinuazione formulata in via subordinata, in quanto questa statuizione, non gravata, rendeva inoppugnabili gli accertamenti in fatto su cui si fondava oltre che inammissibile qualsiasi deduzione sotto il profilo dell’esattezza dell’adempimento. 6. Il provvedimento impugnato andrà dunque cassato, con rinvio al Tribunale di Firenze, il quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese di questo grado di giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa al Tribunale di Firenze in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.