Operazioni bancarie in contanti e omessa segnalazione: la responsabilità grava unicamente sugli intermediari abilitati e non sui dipendenti

In tema di sanzioni amministrative per violazione della normativa antiriciclaggio, l’obbligo di segnalazione di operazioni bancarie in contanti, previsto dall’art. 1, comma 1, d.l. n. 143/1991, grava, ai sensi dell’art. 5, comma 2, del medesimo decreto, sugli intermediari abilitati impersonalmente considerati, quali ad esempio l’azienda di credito, e non sul singolo funzionario o sul cassiere addetto all’operazione.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 25329/18 depositata l’11 ottobre. Il caso. Nell’agosto dell’anno 2000 presso un istituto di credito erano state effettuate tre operazioni di estinzione di certificati di deposito al portatore per circa 491, 519 e 91 milioni di lire. Il Ministero dell’Economia, nell’anno 2007, aveva emesso a carico del direttore della filiale un decreto sanzionatorio per violazione dell’art. 5, comma 2, d.l. n. 143/1991 per omessa segnalazione delle operazioni, effettuate da soggetti diversi da colui che aveva chiesto l’accensione dei titoli. L’opposizione veniva accolta in primo grado ma rigettata in appello. Il direttore pertanto ha proposto ricorso per cassazione. La normativa coinvolta. L’art. 5, comma 2, d.l. n. 143/1991 stabiliva che I funzionari delle amministrazioni pubbliche, i pubblici ufficiali e gli intermediari abilitati ai sensi dell'art. 4, che, in relazione ai loro compiti di servizio e nei limiti delle loro attribuzioni, hanno notizie delle infrazioni di cui all'art. 1, commi 1, 2 e 2- bis , ne riferiscono entro trenta giorni al Ministro del tesoro per la contestazione e gli altri adempimenti previsti dall'art. 14 l. n. 689/1981. In caso di infrazioni riguardanti assegni bancari, assegni circolari o titoli similari, le segnalazioni devono essere effettuate dall'azienda di credito che li accetta in versamento e da quella che ne effettua l'estinzione . La norma oggi risulta abrogata vedi art. 73, comma 1, d. lgs. n. 231/2007 . Attualmente le disposizioni relative alla limitazione nell’uso del contante sono contenute negli artt. 49 ss d.lLgs. n. 231/2007 i soggetti obbligati alle segnalazioni sono individuati dall’art. 3 del predetto provvedimento. La decisione della Corte. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del direttore e cassato la sentenza di secondo grado ravvisando in essa una anomalia motivazionale che palesava un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili. La Corte d’Appello infatti dopo aver richiamato la Giurisprudenza secondo la quale l’obbligo di comunicazione grava sugli intermediari aveva tuttavia riformato la sentenza di primo grado e rigettato l’opposizione del direttore. Il Supremo Collegio, pertanto, in conformità all’orientamento della giurisprudenza di legittimità, ha ribadito il principio secondo cui in tema di sanzioni amministrative per violazione della normativa antiriciclaggio, l’obbligo di segnalazione di operazioni bancarie in contanti, previsto dall’art. 1, comma 1, d.l. n. 143/1991, grava, ai sensi dell’art. 5, comma 2, del medesimo decreto, sugli intermediari abilitati impersonalmente considerati, quali ad esempio l’azienda di credito, e non sul singolo funzionario o sul cassiere addetto all’operazione. Secondo tale orientamento l’obbligo di segnalazione graverebbe sui dipendenti dell’azienda di credito muniti della responsabilità dell’agenzia solamente soltanto nelle fattispecie più gravi, previste dall’art. 3 d.l. n. 143/1991 NDR norma anch’essa oggi abrogata , quando si ha ragione di sospettare che le operazioni finanziarie riguardano beni o utilità che possano provenire dai delitti previsti dagli artt. 648- bis e 648- ter c.p

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 7 novembre 2017 – 11 ottobre 2018, numero 25329 Presidente Petitti – Relatore D’Ascola Fatti di causa 1 Si apprende dalla sentenza impugnata che nell’agosto 2000 presso la filiale di della Banca per la Campania venivano effettuate tre operazioni di estinzione di certificati di deposito al portatore per circa 491, 519 e 91 milioni di lire. Il direttore della filiale veniva raggiunto nel marzo 2007 da decreto sanzionatorio del Ministero dell’Economia per circa 129mila Euro, per violazione dell’articolo 5 c.2 del d.l. 143/191 legge 197/1991 sostituito dall’articolo 7 del d.lgs 56/2004, per omessa segnalazione delle operazioni, effettuate da soggetti diversi da colui che aveva chiesto l’accensione dei titoli. La sua opposizione veniva accolta dal tribunale di S.M.Capua Vetere per mancanza di prova in ordine all’esistenza dell’elemento soggettivo, risultando provato che il ricorrente non era a conoscenza delle operazioni contestate, effettuate da altro dipendente della Banca. La Corte di appello di Napoli con sentenza 28 agosto 2014 riformava la decisione e confermava la sanzione. F.S. ha proposto ricorso per cassazione, tempestivamente notificato il 14 ottobre 2015 decorrenza termine lungo annuale dal 16 settembre 2014 e sospensione per il periodo feriale 2015 , sulla base di 6 motivi. Il Ministero dell’Economia e Finanze ha resistito con controricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria contenente anche un motivo aggiunto . Ragioni della decisione 2 Il primo motivo e il motivo aggiunto si riferiscono all’asserita abrogazione dell’articolo 5 cit., rispettivamente per effetto dell’articolo 64 d.lgs numero 231/2007 e degli artt. 3 e 5 del d.lgs 90/2017. All’esame di essi va anteposto logicamente quello del secondo e terzo motivo, che attengono alla stessa configurabilità delle violazioni contestate. Nelle premesse del ricorso F. espone due circostanze a che egli non era a conoscenza dell’estinzione dei certificati da parte di persona diversa dal sottoscrittore, trattandosi di operazioni poste in essere da altro dipendente, con procedura che non prevedeva il suo coinvolgimento come direttore b che al tempo dei fatti di causa la normativa prevedeva un obbligo di segnalazione delle operazioni rilevanti ai fini della normativa antiriciclaggio, ai sensi dell’articolo 3 del d.l. 143/91 e un obbligo di segnalazione delle operazioni per contanti. Il ricorso chiarisce che il direttore dell’Agenzia aveva provveduto al primo obbligo di segnalazione e non al secondo e assume che questo secondo obbligo non incombeva sul ricorrente. Il controricorso dà atto pag. 11 in fine della prima circostanza, cioè che il F. aveva segnalato le operazioni sospette poste in essere dagli stessi autori delle transazioni di cui qui si discute , ma ne trae argomento per sostenere che per fare la prima segnalazione avesse avuto conoscenza della intera documentazione relativa alle operazioni effettuate dai clienti, con il conseguente obbligo di effettuare la seconda segnalazione. 3 Il secondo e il terzo motivo di ricorso, che sono esaminabili congiuntamente, negano la sussistenza dell’obbligo in capo al ricorrente. Essi muovono dalla affermazione di base che regge la sentenza di appello. In essa la Corte di Napoli ha dichiarato di condividere e far proprio, considerandolo principio pacifico, quanto stabilito da Cass. 25134/05 e ha richiamato anche Cass. 8699/07 , secondo cui In tema di sanzioni amministrative per violazione della normativa antiriciclaggio, l’obbligo di segnalazione di operazioni bancarie in contanti, previsto dall’articolo 1, primo comma, del d.l. numero 143 del 1991, convertito in legge numero 197 del 1991, grava, ai sensi dell’articolo 5, comma secondo, del medesimo decreto, secondo l’espressa qualificazione normativa, sugli intermediari abilitati, ovvero gli intermediari impersonalmente considerati, quali ad esempio l’azienda di credito, e non il singolo funzionario o il cassiere addetto all’operazione. Soltanto nelle fattispecie più gravi, previste dall’articolo 3 della stessa legge, quando si ha ragione di sospettare che le operazioni finanziarie riguardino beni o utilità che possano provenire dai delitti previsti dagli artt. 648 bis e ter del cod. penumero , l’obbligo di segnalazione grava sui dipendenti dell’azienda di credito muniti della responsabilità dell’agenzia . Da questa massima, che chiaramente esclude l’addebitabilità al singolo funzionario o responsabile di agenzia dell’addebito di cui all’articolo 5 e ammette solo l’addebitabilità, in limitati casi, della violazione di cui all’articolo 3, la Corte di appello è pervenuta alla condanna dell’opponente appellato. Essa non ha colto la distinzione - e non ha quindi considerato - che l’addebito contestato era quello di cui all’articolo 5, come si legge all’inizio di pag. 2 della stessa sentenza, e non l’ipotesi di cui all’articolo 3. 3.1 Parte ricorrente si duole di ciò nel secondo motivo, denunciando la violazione degli articolo 111 Cost e 132 c.p.c. in considerazione della evidente contraddittorietà della sentenza, che, ricorda il ricorso, è censurabile secondo SU 8053/14 quando l’anomalia motivazionale sia tale da palesare un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili . Nella specie il contrasto è palese, poiché viene applicata, in relazione alla violazione di cui all’articolo 5, un’interpretazione giurisprudenziale che fa gravare, come si è detto, ai sensi dell’articolo 5, comma secondo, del decreto, esclusivamente sugli intermediari abilitati, cioè gli intermediari impersonalmente considerati, l’obbligo di cui è stata contestata la violazione. La sentenza individua invece nel preposto alla filiale l’autore del fatto e afferma che sussiste una presunzione di colpa a carico dell’autore del fatto, presunzione non superata dalle circostanze dedotte dal ricorrente e recepite dal primo giudice . Esclude poi la rilevanza sella prassi interna secondo cui l’operazione di estinzione era affidata al funzionario e non al direttore. Infine la Corte di appello aggiunge che per le operazioni di maggiore rilevanza economica, quale quella di specie , l’assenza di un obbligo di segnalazione appare oltremodo significativo della negligenza del direttore . Si badi che quest’ultima affermazione è chiaramente riconducibile ad una valutazione del grado di negligenza e non alla configurabilità della fattispecie di cui all’articolo 3 e ai relativi presupposti. Di qui l’illogicità intrinseca del dictum complessivo. Non senza ricordare che ai fini della normativa antiriciclaggio l’operazione rilevante era stata già segnalata cfr supra sub § 2 , essendo qui contestata inizio pag. 2 sentenza solo la omessa segnalazione dell’estinzione dei certificati da parte di soggetto diverso da quello che li aveva accesi. In proposito mette conto segnalare che nel quinto motivo il ricorrente pag. 21 sottolinea infatti il proprio adempimento di segnalazione in relazione all’obbligo di cui all’articolo 3, diverso da quello di cui all’articolo 5 contestato non per la natura di operazione in contanti, ma per la diversità dei soggetti operanti sui certificati di deposito. 4 La censura è proposta in via subordinata, ma in realtà già insita nella censura precedente, per questa ragione da esaminare congiuntamente, anche come violazione dell’articolo 5 del decreto. A tal fine parte ricorrente torna a ricordare che la previsione di cui all’articolo 5, come interpretato dalla giurisprudenza accolta nella sentenza impugnata, è nel senso della responsabilità dell’istituto bancario per omessa segnalazione delle operazioni bancarie in contanti e non nel senso della responsabilità del singolo preposto alla filiale. A fronte di questa lettura della norma fatta propria dalla stessa sentenza impugnata, ancorché illogicamente applicata, il rigetto dell’opposizione era quindi errato. Ne consegue l’accoglimento del ricorso, restando assorbiti i restanti motivi, relativi alla colpa del ricorrente 4 al tipo di operazione cui si riferiva l’obbligo contestato che non era quello di segnalare operazioni di rilevante importo, obbligo adempiuto all’importo addebitato. Si può pertanto fra luogo con decisione di merito al rigetto dell’appello, non essendo configurabile la responsabilità del direttore di filiale in relazione all’addebito mossogli. Resta così fermo l’annullamento del provvedimento opposto, sancito dal primo giudice. Le spese del giudizio di appello possono essere interamente compensate, atteso che esso era stato sviluppato soprattutto sui profili soggettivi della responsabilità dell’incolpato, non decisivi. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del Ministero soccombente e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie secondo e terzo motivo del ricorso dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’appello. Dichiara compensate le spese del giudizio di appello. Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro 5.000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.