Documento informatico con data certa ma non vera: spetta al curatore l’onere della prova

Nel giudizio di opposizione al passivo, è il curatore fallimentare, in quanto parte interessata a negare la certezza della data del documento informatico prodotto in giudizio a sostegno del credito insinuato, a dover dimostrare la violazione delle regole tecniche sulla validazione temporale del documento informatico.

Il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 12939/17 depositata il 23 maggio. La vicenda. La pronuncia in oggetto origina dall’opposizione allo stato passivo del fallimento di una s.r.l. proposta da una s.p.a. in virtù dei contratti di leasing stipulati tra le parti. Il Tribunale rigettava la domanda per l’inammissibilità in giudizio di un CD-ROM contenente la digitalizzazione dei suddetti contratti da cui risultava, secondo il creditore, la data certa degli stessi. La controversia giungeva dinanzi ai Giudici di legittimità che cassavano il decreto. In sede di giudizio di rinvio, il creditore si vedeva respingere nuovamente l’opposizione per la mancata dimostrazione del rispetto, da parte della società certificatrice che aveva apposto la marca temporale sui file prodotti in giudizio, delle regole tecniche dettate dal d.P.C.M. 30 marzo 2009 cd. codice dell’amministrazione digitale . Il provvedimento torna dunque all’attenzione della Corte di Cassazione su ricorso del creditore. Il curatore fallimentare resiste con controricorso. Data certa e onere della prova. Ai sensi dell’art. 20, comma 3, cod. amm. digitale, la data e l’ora del documento informatico sono opponibili ai terzi solo se apposte in conformità alle regole tecniche sulla validazione temporale da parte delle società certificatrici iscritte ed accreditate presso l’apposito elenco pubblico tenuto dal CNIPA art. 29 . In tal caso, opera una presunzione di conformità dell’attività di certificazione della società alle regole dettate in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme digitali, validazione temporale del documento informatico, nonché formazione e conservazione. È dunque onere di chi intenda contestare il rispetto di tale regole dimostrare che il certificatore non si sia attenuto alle prescrizioni tecniche dettate in materia. E, come affermano gli Ermellini, tale allegazione in fatto non può, ai sensi dell’art. 394, ult. comma, c.p.c., essere effettuata per la prima volta nel giudizio di rinvio . La sentenza specifica anche che detto principio non contrasta con quello della rilevabilità d’ufficio del difetto di data certa dei documenti prodotti dal creditore a sostegno del proprio credito insinuato al passivo fallimentare posto che, nel nostro caso, l’atto che attribuisce certezza alla data è presente, discutendosi invece della sua veridicità. Il Tribunale ha dunque errato nel porre a carico del creditore l’onere della prova del rispetto delle regole tecniche sulla validazione temporale dei documenti informatici, dovendo essere al contrario il curatore fallimentare, quale parte portatrice dell’interesse a negare la certezza dalla data del documento, a fornire la dimostrazione della violazione da parte della società certificatrice delle regole tecniche in materie. Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e cassa il decreto impugnato, con rinvio al Tribunale in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 24 marzo – 23 maggio 2017, n. 12939 Presidente Didone – Relatore De Chiara Fatti di causa 1. Il Tribunale di Rovigo, giudicando in sede di rinvio a seguito della cassazione di precedente decreto con cui aveva respinto l’opposizione allo stato passivo del fallimento omissis s.r.l. proposta da Iccrea Bancaimpresa s.p.a., a causa della ritenuta inammissibilità della produzione di nuovi documenti il CD-ROM contenente la digitalizzazione dei contratti di leasing, da cui risultava la data certa dei medesimi , ha nuovamente respinto l’opposizione. Ha ritenuto, questa volta, che il requisito della data certa difettasse in quanto essa risultava dalla marca temporale apposta in sede di digitalizzazione dalla società certificatrice, ai sensi dell’art. 1 cod. amm. digitale d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 , ma l’opponente non aveva dimostrato il rispetto, da parte di detta società, delle regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme digitali, validazione temporale del documento informatico, formazione e conservazione del medesimo ai sensi del d.P.C.m. 30 marzo 2009. 2. Iccrea Bancaimpresa ha proposto ricorso per cassazione, cui il curatore del fallimento ha resistito con controricorso. Il ricorso, avviato alla procedura camerale su relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stato poi rimesso dal Collegio alla pubblica udienza. Entrambe le parti hanno presentato memorie. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo di ricorso, denunciando vizio di motivazione e violazione di norme di diritto, si deduce a che con il decreto poi cassato il Tribunale aveva implicitamente ammesso che la società certificatrice Actalis s.p.a. aveva rispettato le regole tecniche di cui sopra, essendosi limitato a statuire che l’apposizione della marca temporale sui documenti digitalizzati non garantiva che anche la sottoscrizione degli stessi fosse anteriore alla dichiarazione del fallimento, e su tale ammissione si era formato il giudicato interno b che soltanto in sede di costituzione nel giudizio di rinvio - dunque tardivamente - la curatela aveva eccepito il mancato rispetto delle predette regole tecniche da parte della società certificatrice c che quest’ultima risulta iscritta nel Pubblico Registro dei Certificatori previsto dall’art. 39 d.P.C.m. 30 marzo 2009, cit., che è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed è liberamente consultabile da chiunque, sicché essa opponente aveva documentalmente provato tutto ciò che occorreva provare. 1.1. - li ricorso è fondato nei sensi che seguono. Se è vero che l’art. 20, comma 3, cod. amm. digitale prevede che la data e l’ora del documento informatico sono opponibili ai terzi solo se apposte in conformità alle regole tecniche sulla validazione temporale , è anche vero che l’accreditamento e la conseguente iscrizione della società certificatrice nell’apposito elenco pubblico tenuto dal CNIPA, ai sensi dell’art. 29 cod. cit. nel testo, qui applicabile ratione temporis , anteriore alle modifiche introdotte con il d.lgs. 26 agosto 2016, n. 179 comporta necessariamente una presunzione di conformità della sua attività a dette regole - che, ai sensi del comma 2 del predetto articolo, chi richieda l’accreditamento deve impegnarsi a rispettare - in ciò risiedendo appunto l’utilità di un accreditamento da parte della pubblica autorità. Conseguentemente, è onere di chi intenda contestare che una certificazione sia avvenuta nel rispetto delle regole tecniche, allegare e provare che il certificatore non le abbia invece rispettate. E tale allegazione in fatto non può, ai sensi dell’art. 394, ult. comma, cod. proc. civ., essere effettuata per la prima volta nel giudizio di rinvio. Va aggiunto che quanto sopra non contrasta con il principio enunciato da Cass. Sez. U. 20/02/2013, n. 4213 - della rilevabilità di ufficio del difetto di data certa dei documenti prodotti dal creditore a dimostrazione del proprio credito insinuato al passivo fallimentare, perché qui l’atto attributivo di certezza alla data non difetta esso esiste, mentre è in discussione la sua veridicità, sulla quale incide la presunzione di cui si è detto sopra. Il Tribunale ha perciò errato nell’addossare alla creditrice opponente l’onere della prova del rispetto delle regole tecniche sulla validazione temporale, ai sensi del richiamato art. 20, comma 3, cod. amm. digitale, e conseguentemente sono fondate le censure della ricorrente sopra sintetizzate sub b e c . La censura sub a è invece infondata, non essendovi ragione per ritenere che quanto statuito dal Tribunale nella prima fase del giudizio di opposizione implicasse l’accertamento della conformità dell’apposizione della marca temporale alle regole tecniche di cui si è detto. In conclusione, il ricorso va accolto e il decreto impugnato va cassato con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà al seguente principio di diritto è onere della parte interessata a negare la certezza della data - e dunque, nel giudizio di opposizione a stato passivo, è onere del curatore fallimentare allegare e provare la violazione delle regole tecniche sulla validazione temporale, al rispetto delle quali l’art. 20, comma 3, cod. amm. digitale subordina l’opponibilità ai terzi della data e dell’ora apposta al documento informatico da certificatore accreditato e iscritto nell’elenco di cui all’art. 29, comma 6, cod. cit. nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 179 del 2016 , e tale allegazione in fatto non può essere effettuata per la prima volta nel giudizio di rinvio. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Rovigo in diversa composizione.