Senza l’attestazione della veridicità dei dati aziendali è possibile l’omologazione del concordato?

La pronuncia in commento affronta il tema delle condizioni prescritte dalla legge fallimentare per l’ammissibilità del concordato preventivo. Nello specifico si tratta di stabilire se, in caso di inattendibilità dell’attestazione formulata dal professionista, il tribunale possa, o meno, omologare la proposta concordataria.

E, i Giudici della I Sezione Civile di Piazza Cavour, con la sentenza n. 10826 depositata il 4 maggio 2017, richiamando un non lontano grand arrêt delle Sezioni Unite v., SS.UU. n. 9935/15 , precisano che tra le condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato preventivo rientra, ai sensi dell’art. 162, comma 2, l. fall., anche la veridicità dei dati aziendali esposti nei documenti prodotti unitamente al ricorso ne consegue che se nel corso della procedura emerge che siffatta condizione mancava al momento del deposito della proposta, il tribunale così come dovrebbe revocare, ex art. 173, comma 3, l. fall., l’ammissione al concordato, parimenti deve negarne l’omologazione. Nella specie, al di là della omessa riproposizione dell’attestazione formulata dal professionista, pertinente sul punto, con effetti sulla completezza e specificità dello stesso ricorso, se ne osserva l’assenza sia iniziale - non si indica se e come la pur contestata cessione di credito alla banca vi abbia trovato adeguata illustrazione - , sia successiva - nessuna attestazione è stata ripetuta in sede di riformulazione ovvero contestazione aggiornata della proposta in sede di omologazione -. Tale circostanza rende assorbente il rilievo della scoperta di una cessione non risultante dall’attestazione, rivelatasi inattendibile sulla veridicità dei dati contabili, condizione di ammissibilità della proposta. Il fatto. La Centrale Alfa s.r.l. impugna il decreto della Corte d’appello di Roma del novembre 2011 con cui era stato rigettato il suo reclamo avverso il decreto di diniego dell’omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni, già reso dal Tribunale capitolino nel febbraio del 2011 su opposizione della Banca Gamma s.p.a In particolare, la Corte territoriale riteneva non sussistenti le condizioni per la richiesta di omologazione sulla premessa che, tra le altre, la proposta si basava su un dato non veritiero e su di un piano non realizzabile e che l’impegno scritto della debitrice, anche per come tardivamente depositato in giudizio, dopo l’adunanza dei creditori, non era di sicura provenienza e comunque modificava la proposta originaria. Nelle more del reclamo avanti alla Corte d’appello, la Centrale proponeva davanti al Tribunale di Roma querela di falso in via principale con riguardo alla scrittura di cessione di credito in favore della Banca. Il ricorso in Cassazione si articola in quattro motivi di censura. Nello specifico, con il primo motivo viene dedotta la nullità-inesistenza del decreto per mancata sottoscrizione da parte del giudice estensore e relatore. Con il secondo motivo si censura la violazione degli artt. 2702, cc., 221 e 225 c.p.c., oltre al vizio di motivazione, avendo errato la sentenza nel non considerare la portata della querela di falso, proposta avverso la cessione del credito in favore della banca opponente e non incidente sulla realizzabilità del piano, quanto piuttosto sulle mere percentuali di soddisfo. Con il terzo gravame si fanno valere, rispettivamente, la violazione di legge, ex art. 175 l. fall. e il vizio di motivazione circa la pretesa mutazione peggiorativa della proposta concordataria, posto che le dichiarazioni di impegno del preteso debitore ceduto attenevano piuttosto ad un rafforzamento del suo adempimento ed essendo contraddittoria l’affermazione di tardività. Con il quarto gravame, infine, si censura la violazione dell’art. 176 l. fall., intorno alla prova del credito della banca, non condizionata dall’omessa contestazione in sede di ammissione al voto ed invero oggetto anche di un giudizio autonomo e pregresso. Tuttavia, gli Ermellini dichiarano infondati i quattro predetti motivi di censura e rigettano in toto il ricorso. L’omologazione del concordato preventivo da parte del tribunale. Il tribunale non compie una verifica sostanziale sul concordato, ma solo una verifica formale, nel caso in cui non vengano proposte opposizioni. Pertanto, in sede di omologazione del concordato preventivo, ex art. 180 l. fall., il tribunale deve compiere una nuova verifica dei requisiti di ammissibilità previsti dalla legge e già sommariamente esaminati nel decreto emesso in epoca successiva al deposito del ricorso. La valutazione del collegio si fonda, infatti, non già, come avviene subito dopo la presentazione del ricorso, su un materiale istruttorio di parte costituito dalle scritture contabili allegate dal ricorrente e sulla relazione del professionista, ma sulla scorta di più cospicue e obiettive emergenze, tra cui le eventuali osservazioni dei creditori. Il reclamo esperibile avverso il decreto di omologazione emanato a seguito di opposizioni. Si tratta del reclamo alla Corte d’appello, ex art. 739 c.p.c., applicabile, per l’appunto, ai decreti resi nei procedimenti resi in Camera di consiglio. Proposto il reclamo, la Corte territoriale è investita del riesame del processo deliberativo riguardo alla sussistenza dei presupposti per l’omologazione anche relativo a profili non valutati dal tribunale. La Corte d’appello potrà revocare il decreto di diniego dell’omologa pronunciando l’omologazione o revocare il decreto di omologazione, ma non potrà dichiarare il fallimento, bensì dovrà rimettere gli atti al tribunale fallimentare che è l’organo funzionalmente competente. L’accoglimento del reclamo ex art. 183, comma 2, l. fall. ossia del reclamo con cui si impugna la sentenza dichiarativa di fallimento contestualmente al decreto che respinge il concordato, ex art. 180, comma 7, l. fall., comporterà, invece, la revoca della sentenza di fallimento. I decreti emessi in seguito al reclamo sono ricorribili in cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., quando hanno i caratteri della definitività e decisorietà. Si ritiene che sia tale il decreto che conferma l’omologazione, sia quello che conferma il rigetto del concordato in assenza di dichiarazione di fallimento, sia quello che omologa il concordato, infatti tali provvedimenti non sono altrimenti impugnabili e incidono sui diritti soggettivi del debitore e dei creditori. E, del resto, il tema de quo viene ribadito anche dal decisum in rassegna, che richiamando un recente intervento delle Sezioni Unite v., SS.UU., 27073/16 , precisa che il decreto con cui il tribunale definisce in senso positivo o negativo il giudizio di omologazione del concordato preventivo, senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa del fallimento del debitore, ha carattere decisorio, poiché è emesso all’esito di un procedimento di natura contenziosa ed è, quindi, idoneo al giudicato, ma, essendo reclamabile ai sensi dell’art. 183, comma 1, l. fall., non è definitivo e, quindi, soggetto a ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., il quale è, invece, proponibile avverso il provvedimento della Corte d’appello conclusivo del giudizio sull’eventuale reclamo. La veridicità dei dati aziendali. Essa non può essere confusa con l’asseverazione di una mera corrispondenza dei dati contabili, occorre invece che il professionista attesti che essi sono effettivamente reali. Il tribunale, difatti, è tenuto ad accertare non solo la completezza e la regolarità della documentazione allegata alla domanda di concordato preventivo ma anche la fattibilità del piano. Questo accertamento dovrà essere effettuato sia attraverso un controllo della regolarità e della completezza dei dati aziendali esposti nella domanda e nei documenti allegati ed attraverso una puntuale verifica dell’iter logico seguito dal professionista attestatore con il quale giunge ad affermare la fattibilità del piano. La veridicità dei dati aziendali deve essere garantita soprattutto dal commissario giudiziale, sulla base della documentazione prodotta dal debitore, quindi il tribunale dovrà verificare che la relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa sia aggiornata e che contenga effettivamente una dettagliata esposizione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria. Il tribunale dovrà altresì verificare che la relazione del professionista attestante la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano sia adeguatamente motivata con indicazione delle verifiche effettuate, delle metodologie e dei criteri seguiti per pervenire all’attestazione di veridicità dei dati aziendali ed alla conclusione di fattibilità del piano. Solo in tal modo il commissario giudiziale potrà essere messo in condizione di valutare criticamente detta documentazione e conseguentemente elaborare una relazione idonea a rendere edotti i creditori chiamati a votare la proposta sulla reale situazione finanziaria e patrimoniale della società v., Cass. n. 21860/10 . In conclusione, pertanto, come viene ribadito dal caso che qui ci occupa, tra le condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato preventivo rientra, ai sensi dell’art. 162, comma 2, l. fall., anche la veridicità dei dati aziendali esposti nei documenti prodotti unitamente al ricorso ne consegue che se nel corso della procedura emerge che siffatta condizione mancava al momento del deposito della proposta, il tribunale così come dovrebbe revocare, ex art. 173, comma 3, l. fall., l’ammissione al concordato, parimenti deve negarne l’omologazione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 22 febbraio – 4 maggio 2017, n. 10826 Presidente Didone – Relatore Ferro Fatti di causa 1. La Centrale Lazio s.r.l. CENTRALE impugna il decreto App. Roma 5.9.2011, in R.G. n. 51594/2011 con cui è stato rigettato il suo reclamo avverso il decreto di diniego dell’omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni, già reso da Trib. Roma 9.2.2011 su opposizione di Banca del Fucino s.p.a 2. Ritenne la corte d’appello che non sussistevano le condizioni per la richiesta omologazione, sulla premessa che a la proposta si basava su un dato non veritiero e su di un piano irrealizzabile, posto che l’asserito rilevante credito per 620 mila Euro su un totale di oltre 2 milioni di Euro verso Sviluppo immobiliare 2008 s.r.l. era già stato ceduto alla Banca del Fucino s.p.a. in data anteriore al deposito del ricorso e da ciò scaturiva un’influenza determinante sull’ammontare della posta pari a circa 3 milioni di Euro b l’impegno scritto della debitrice, anche per come tardivamente depositato in giudizio, dopo l’adunanza dei creditori, non era di sicura provenienza e comunque modificava la proposta originaria c il concordato restava diverso da quello votato dai creditori, nonostante l’allegazione della debitrice di costituzione di libretto a garanzia per 200 mila Euro, con possibile sostituzione di fidejussione bancaria a prima richiesta, a fronte del contenzioso aperto dalla Banca del Fucino d nonostante l’attestazione del professionista, i dati erano perciò risultati inattendibili, ai sensi della stessa dichiarazione di debito della Centrale verso la banca, documento di data certa che ne teneva già conto e il mutamento tardivo, che rendeva irrilevante l’aggiornamento della proposta e il sostanziale peggioramento della stessa giustificavano la reiezione dell’impugnativa. 3. Va rilevato che, nelle more del reclamo avanti alla corte d’appello e secondo la narrativa di ricorso, la Centrale proponeva davanti al Tribunale di Roma querela di falso in via principale con riguardo alla scrittura di cessione di credito in favore della Banca. 4. Il ricorso è su quattro motivi, ad essi resistendo con controricorso la banca, che ha anche depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo viene dedotta la nullità-inesistenza del decreto per mancata sottoscrizione da parte del giudice estensore e relatore, vizio conseguente al contenuto decisorio e al carattere di definitività della pronuncia, soggiacente alle regole della sentenza. 2. Con il secondo motivo si censura la violazione degli artt. 2702 c.c., 221 e 225 c.p.c., oltre al vizio di motivazione, avendo errato la sentenza nel non considerare la portata della querela di falso, proposta avverso la cessione del credito in favore della banca opponente e non incidente sulla realizzabilità del piano, quanto piuttosto sulle mere percentuali di soddisfo. 3. Con il terzo motivo si fanno valere la violazione di legge articolo 175 l.f. e il vizio di motivazione circa la pretesa mutazione peggiorativa della proposta concordataria, posto che le dichiarazioni di impegno del preteso debitore ceduto attenevano piuttosto ad un rafforzamento del suo adempimento ed essendo contraddittoria l’affermazione di tardività. 4. Il quarto motivo allega censure dell’articolo 176 l.f., circa la prova del credito della banca, non condizionata dall’omessa contestazione in sede di ammissione al voto ed invero oggetto anche di giudizio autonomo e pregresso. 5. Il ricorso è ammissibile , così dovendosi disattendere la prima eccezione del controricorrente. In tema, è stata infatti decisa la questione di massima di particolare importanza da Cass. s.u. 27073/2016 per cui Il decreto con cui il tribunale definisce in senso positivo o negativo il giudizio di omologazione del concordato preventivo, senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa del fallimento del debitore, ha carattere decisorio, poiché è emesso all’esito di un procedimento di natura contenziosa ed è, quindi, idoneo al giudicato, ma, essendo reclamabile ai sensi dell’articolo 183, comma 1, l. fall., non è definitivo e, quindi, soggetto a ricorso straordinario per cassazione ex articolo 111, comma 7, Cost., il quale è, invece, proponibile avverso il provvedimento della corte d’appello conclusivo del giudizio sull’eventuale reclamo . 6. Anche la seconda eccezione va rigettata, risultando il ricorso tempestivo posto che comunque il termine di scadenza di trenta giorni - prospettato per l’impugnazione dal controricorrente - scadeva di giorno festivo, conseguendone la automatica proroga ex articolo 155 c.p.c. al giorno seguente. 7. Il primo motivo è infondato , posto che i principi richiamati a supporto della invalidità della pronuncia per un verso attengono alla sentenza e non al decreto che conclude il giudizio di omologazione ex articolo 180 e 183 l.f. , per altro verso non sono influenzati dal riconoscimento, appena visto con riguardo al punto precedente, della natura decisoria e definitiva della decisione. La ricorribilità in cassazione non sviluppa un’influenza diretta sulla formula organizzativa della sua redazione, per come posta dall’articolo 135 c.p.c., bastando dunque la mera sottoscrizione - come avvenuto nella specie - del presidente del collegio. La ratio è la medesima che ha guidato questa Corte a stabilire che in materia di opposizione allo stato passivo, il provvedimento con cui il tribunale, a norma dell’articolo 99, comma 11, l. fall., pronuncia sul ricorso, è emesso nella forma del decreto, sicché, sebbene abbia natura decisoria, va sottoscritto, ai sensi dell’articolo 135, comma 4, c.p.c., dal solo presidente del collegio, non essendo necessaria la firma del relatore Cass. 19722/2015 parimenti, in tema di equa riparazione per violazione del terme di durata ragionevole del processo, il provvedimento conclusivo del relativo procedimento è emesso nella forma del decreto immediatamente esecutivo, impugnabile per cassazione, ai sensi dell’articolo 3, comma 6 della legge n. 89 del 2001. Esso pertanto, nonostante la forma collegiale ed il contenuto decisorio, che lo rendono sostanzialmente assimila bile ad una sentenza, richiede la sottoscrizione del solo presidente del collegio Cass. 2134/2010 . 8. Il secondo e il terzo motivo, da trattare in via congiunta perché connessi, sono infondati. Con apprezzamento di fatto insindacabile in questa sede, il giudice di merito ha individuato nella documentazione offerta al giudizio dalla Centrale per supportare la contestazione del credito della banca ed altresì per ovviare, da parte del preteso debitore ceduto, ai rischi connessi all’accertamento di tale debenza verso la banca stessa per opponibilità della cessione , prima ancora che una modifica in pejus , proprio un mutamento - inammissibile - della proposta originaria. Su di essa, per come dunque riarticolata, i creditori avevano già votato, solo in sede di discussione nel giudizio di omologa il debitore ha contestato - deducendo la appena più recente querela di falso - che una parte del credito verso il terzo fosse in realtà stata già ceduta alla banca opponente, e ciò basta per dar corso al principio, correttamente seguito nella vicenda, per cui in tema di modifiche alla proposta di concordato preventivo, l’articolo 175, secondo comma, legge fall. aggiunto dall’articolo 15 del d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169 , nel riconoscere espressamente tale facoltà, ne ha rigorosamente limitato l’ambito temporale di esercizio alla fase anteriore all’inizio delle operazioni di voto, senza distinguere tra modifiche migliorative e peggiorative, al fine di evitare che il calcolo delle maggioranze si fondi su voti espressi in riferimento ad un piano diverso da quello destinato ad essere effettivamente eseguito Cass. 8575/2015 . 9. Il quarto motivo è infondato apparendo corretta la qualificazione di inattendibilità dell’attestazione formulata dal professionista al di là della sua omessa riproposizione pertinente sul punto, con effetti sulla completezza e specificità dello stesso ricorso, se ne osserva l’assenza sia iniziale non si indica se e come la pur contestata cessione di credito alla banca vi abbia trovato adeguata illustrazione , sia successiva nessuna attestazione è stata ripetuta in sede di riformulazione ovvero contestazione aggiornata della proposta in sede di omologazione . Tale circostanza rendere assorbente il rilievo della scoperta di una cessione non risultante dall’attestazione, rivelatasi inattendibile sulla veridicità dei dati contabili, condizione di ammissibilità della proposta. Tra le condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato preventivo rientra infatti, ai sensi dell’articolo 162, co.2 l. f., anche la veridicità dei dati aziendali esposti nei documenti prodotti unitamente al ricorso ne consegue che se nel corso della procedura emerge che siffatta condizione mancava al momento del deposito della proposta, il tribunale così come dovrebbe revocare ex articolo 173, co. 3 l.f. l’ammissione al concordato, parimenti deve negarne l’omologazione Cass. s.u. 9935/2015 . Il ricorso va dunque rigettato, con disciplina delle spese regolata alla stregua del criterio della soccombenza e liquidazione come meglio da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimità, liquidate in Euro 10.200 di cui Euro 200 per esborsi , oltre al 15% a forfait sui compensi e agli accessori di legge.