Gli amministratori della s.r.l. non sfuggono all’azione del curatore

In tema di s.r.l., la riforma societaria di cui al d.lgs. n. 6/2003, pur in assenza del richiamo alle norme di materia di s.p.a., non ha prodotto alcun effetto abrogativo circa la legittimazione del curatore fallimentare ex art. 146 l.fall. nei confronti degli amministratori della s.r.l. fallita.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 17359/2016, depositata il 26 agosto. La vicenda. La Corte d’appello di Napoli accoglieva l’impugnazione proposta dagli amministratori di una s.r.l. che, su istanza del curatore del fallimento, erano stati condannati dal giudice di prime cure al risarcimento dei danni subiti dalla società fallita a causa di gravi illeciti riscontrati a loro carico. In particolare, i giudici partenopei ritenevano fondata la doglianza con cui i convenuti sostenevano la carenza di legittimazione attiva del curatore ad esercitare l’azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori della s.r.l. per effetto della riforma societaria di cui al d.lgs. n. 6/2003. Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Fallimento sostenendo che l’intervento riformatore non ha prodotto alcun effetto abrogativo e che, in base all’applicazione analogica dell’art. 2394 c.c., non può negarsi la legittimazione attiva del curatore nei confronti degli amministratori di s.r.l La legittimazione attiva del curatore di s.r.l La Suprema Corte accoglie il ricorso così formulato richiamando la sentenza n. 17121/2010 con la quale affermava che, in tema di responsabilità degli amministratori di s.r.l., la riforma societaria di cui al d.lgs. n. 6/2003, pur in assenza del richiamo alle norme di materia di s.p.a., non ha prodotto alcun effetto abrogativo sulla legittimazione ex art. 146 l. fall. del curatore di una s.r.l. fallita. Tale norma, come riformulata dal d.lgs. n. 5/2006, attribuisce al curatore qualsiasi azione di responsabilità contro amministratori, organi di controllo, direttori generali e liquidatori di società ogni azione dunque esercitabile dai soci o dai creditori nei confronti degli amministratori, indipendentemente dallo specifico richiamo agli artt. 2393 e 2394 c.c Ne consegue che, come precisano i Giudici di legittimità, anche laddove si ritenga che ai creditori di s.r.l. non siano legittimati ex art. 2393 c.c. nei confronti degli amministratori, il curatore potrebbe comunque esercitare l’azione di responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c In conclusione, la S.C. accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione. Fonte www.ilfallimentarista.it

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 13 luglio 26 agosto 2016, n. 17359 Presidente Nappi Relatore Di Virgilio Svolgimento del processo Il Curatore del Fallimento della Santamaria s.r.l. agiva nei confronti di S.M. , amministratrice della società sino al 20/11/96, e C.D.S. , amministratore da tale data al 23/12/2003, data in cui la società era stata posta in liquidazione e nominato il C. liquidatore, e deduceva che, dalla presa visione degli accertamenti eseguiti dalla Guardia di Finanza l’8/10/99, erano risultati gravi fatti illeciti imputabili ai convenuti, consistenti nell’omissione o nell’irregolare tenuta delle scritture contabili, nell’indicazione di dati falsi in bilancio, nel mancato adempimento di oneri tributari e previdenziali e nella distrazione di somme ingenti, e che inoltre gli amministratori non avevano chiesto tempestivamente il fallimento della società in decozione e, dopo la dichiarazione di fallimento del XXXXXXX, non avevano collaborato con il curatore per la ricostruzione delle vicende societarie. Chiedeva pertanto la condanna dei convenuti in solido al risarcimento dei danni per gli illeciti compiuti negli anni 1993-1994, la condanna del solo C. al pagamento della somma di Euro 109.306,34 per gli illeciti degli anni 1997-2001, oltre interessi e rivalutazione in subordine, la condanna degli amministratori in solido al pagamento della somma complessiva di Euro 436.786,94, corrispondente al passivo fallimentare, oltre interessi e rivalutazione. I convenuti eccepivano la prescrizione e, nel merito, chiedevano il rigetto delle domande. Con sentenza del 6/4/2007, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere condannava S.M. al pagamento a favore del Fallimento della somma di Euro 168.805,26 e C. D’Angelo al pagamento di Euro 87.421,17, oltre interessi e spese. La pronuncia veniva impugnata con separati appelli da S. e dal C. proponeva appello incidentale la Curatela riuniti i giudizi, la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 4/622/6/2010, ha respinto la domanda del Fallimento nei confronti della S. e ha condannato il C. al pagamento della somma di Euro 90.922,20, oltre interessi dalla domanda al saldo, ed ha compensato integralmente tra le parti le spese di lite. Per quanto ancora interessa, va rilevato che la Corte napoletana ha ritenuto fondata la doglianza degli appellanti di carenza di legittimazione attiva del curatore ad esercitare l’azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori di società a responsabilità limitata, rilevando a riguardo il mancato richiamo nella normativa societaria riformata della s.r.l. degli artt. 2392, 2393, 2394 c.c. e la mancanza di norma simile all’articolo bis c.c. dettato per le s.p.a., dovendosi pertanto ritenere affidato solo ai soci, mediante l’azione ex art. 2476 c.c., il controllo sulla correttezza della gestione degli amministratori, potendo i creditori agire verso gli organi sociali, al pari di ogni altro terzo, solo nel caso che siano stati direttamente danneggiati dalla condotta dolosa o colposa degli amministratori, ex art. 2476, 6 comma, c.c Accolto pertanto il primo motivo d’appello di S. e C. , con assorbimento del secondo, relativo alla decorrenza del termine di prescrizione, la Corte del merito ha ritenuto estinta per prescrizione l’azione sociale di responsabilità promossa nei confronti della S. , atteso che detta convenuta era cessata dalla carica il 20/11/1996 e l’azione sociale di responsabilità era stata iniziata nel 2005. Quanto al C. , la Corte di merito ha respinto la doglianza del Fallimento, in relazione al mancato riconoscimento della responsabilità di questi in solido con la S. , per le sanzioni e gli interessi derivati dagli illeciti compiuti negli anni 1993/1996, ritenendo che le violazioni tributarie si erano già perfezionate quando il C. aveva assunto la carica e non ne era possibile la rimozione delle conseguenze pregiudizievoli. Ricorre avverso detta pronuncia il Fallimento, sulla base di tre motivi. Gli intimati non hanno svolto difese. Il Fallimento ha depositato la memoria ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1.1.- Col primo motivo, il Fallimento denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 146 l.f. anche in relazione agli artt. 2476, 2392, 2393, 2394, 2043 c.c. e 3 Cost., sostenendo che nella normativa societaria riformata non è stata abrogata l’azione di responsabilità dei creditori, come confermato da numerose disposizioni artt. 2485,1 comma, 2486, 2477, 4 comma, 2489, 2497 c.c. che deve ritenersi la legittimazione attiva del curatore ad esercitare l’azione di responsabilità dei creditori sociali sul presupposto dell’applicazione analogica dell’articolo c.c., anche perché tale norma costituisce solo uno dei riconoscimenti della cd. tutela aquiliana del credito, di talché, anche in difetto di un’esplicita previsione, la legittimazione dei creditori ad esercitare l’azione di responsabilità per i danni derivanti dalla mancata conservazione del patrimonio sociale discende dall’applicazione della norma generale di cui all’art. 2043 c.c E, a ben vedere, solo detta interpretazione evita la censura di illegittimità costituzionale della disciplina societaria riformata né tale azione è prescritta, dovendo fissarsi il dies a quo alla data di dichiarazione di fallimento. 2.1.- Il primo motivo va accolto. Va resa applicazione a riguardo della pronuncia 17121/2010, che ha affermato che, in tema di responsabilità degli amministratori di società a responsabilità limitata, la riforma societaria di cui al d.lgs. n. 6 del 2003, che pur non prevede più il richiamo, negli artt. 2476 e 2487 cod. civ., agli artt. 2392, 2393 e 2394 cod. civ., e cioè alle norme in materia di società per azioni, non spiega alcuna rilevanza abrogativa sulla legittimazione del curatore della società a responsabilità limitata che sia fallita, all’esercizio della predetta azione ai sensi dell’art. 146 legge fall., in quanto per tale disposizione, riformulata dall’articolo del d. lgs. n. 5 del 2006, tale organo è abilitato all’esercizio di qualsiasi azione di responsabilità contro amministratori, organi di controllo, direttori generali e liquidatori di società, così confermandosi l’interpretazione per cui, anche nel testo originario, si riconosceva la legittimazione del curatore all’esercizio delle azioni comunque esercitabili dai soci o dai creditori nei confronti degli amministratori, indipendentemente dallo specifico riferimento agli artt. 2393 e 2394 cod. civ Sicché, anche se si ritenesse che i creditori di srl non abbiano più l’azione ex art. 2393 cc nei confronti degli amministratori, rimarrebbe comunque esercitabile dal curatore fallimentare l’azione di responsabilità ex art. 2043 c.c 1.2.- Col secondo motivo, il Fallimento denuncia il vizio di omessa motivazione rectius, omessa pronuncia e di violazione e falsa applicazione dell’articolo c.c. anche in relazione agli artt. 223, 217 l.f., 157, 1 e 2 comma, c.p Deduce che la Corte del merito ha respinto l’azione sociale di responsabilità nei confronti della S. , mentre la Curatela sin dalla prima memoria di replica di primo grado, e come ribadito in appello, nella comparsa di costituzione e risposta ed in conclusionale, aveva chiesto, previo l’accertamento incidenter tantum della sussistenza nei fatti addebitati degli estremi oggettivi e soggettivi della fattispecie criminosa di cui agli artt. 216, 1 comma e 217, 1 comma n. 4, l.f. richiamati dall’art. 223 l.f., l’applicazione del più lungo termine di prescrizione di cui all’art. 2947 c.c. e tale accertamento incidentale varrebbe anche per l’azione dei creditori sociali, ove mai si ritenesse fondata l’eccezione di prescrizione sollevata . 2.2.- Il motivo è fondato. Premesso che il motivo, al di là dell’improprio riferimento, nella rubrica, ai vizi di motivazione e di violazione e falsa applicazione di legge, fa valere il vizio di omessa pronuncia, come reso palese da quanto rilevato a pagina 14 del ricorso, e che come tale è scrutinabile, deve concludersi per la fondatezza dello stesso, non avendo in alcun modo la Corte d’appello esaminata in via incidentale la ricorrenza, nei fatti addebitati, della fattispecie criminosa di cui agli artt. 216,1 comma, 217,1 comma, n. 4 l.f., richiamati dall’art. 223 l.f., al fine di ritenere applicabile il più lungo termine prescrizionale di cui all’art. 2947, 3 comma c.c., questione fatta valere dal Fallimento in primo grado e riproposta ex art. 346 c.p.c. in secondo grado. 1.3.- Col terzo motivo, il Fallimento si duole dei vizi di omessa-contraddittoria motivazione e di violazione-falsa applicazione dell’art. 146 l.f. in relazione agli artt. 2393 e 2394 c.c., per avere la Corte d’appello omesso ogni valutazione in relazione all’appello incidentale della Curatela nei confronti della S. per gli interessi di mora e le penalità maturate negli anni 1993/1996 conseguenti alle violazioni accertate, sul quale si sarebbe dovuta pronunciare o col rigetto o con l’assorbimento. 2.3.- Il motivo resta assorbito. 3.1.- Conclusivamente, vanno accolti i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo va cassata la pronuncia impugnata in relazione ai motivi accolti e va rinviata la causa alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie i motivi primo e secondo del ricorso, assorbito il terzo cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.