‘You are, we car’: crea lo slogan per la ‘500’ ma rimane a bocca asciutta

Conclusa una lunga battaglia giudiziaria. L’ideatore della frase utilizzata nella campagna di lancio della vettura di punta della Fiat non ha diritto ad alcun compenso. Egli ha accettato di collaborare con l’agenzia pubblicitaria che ha realizzato poi l’intera campagna, e ha ceduto, secondo i giudici, i relativi diritti di sfruttamento economico.

Enorme soddisfazione personale, ma nessun soldo incassato. Il creativo – ma operaio di professione –, ideatore dello slogan ‘You are, we car’, che ha caratterizzato, nell’estate del 2008, il lancio della ‘500’ del terzo millennio, rimane a bocca asciutta. Per lui nessun compenso, né da parte della agenzia pubblicitaria che ha realizzato la campagna né da parte della Fiat. Cassazione, sentenza n. 13171/2016, Sezione Prima Civile, depositata il 24 giugno scorso . Slogan. Vicenda lunga e complessa, trascinatasi per ben otto anni, tra Tribunale, Corte d’appello e Cassazione, e conclusasi col fatidico ‘pugno di mosche’ per il creativo. L’uomo – di professione operaio al Cimitero monumentale di Torino –, pur essendo stato riconosciuto come l’ideatore dello slogan ‘You are, we car’ utilizzato come elemento centrale nella campagna di lancio della nuova ‘Fiat 500’, non può pretendere alcun compenso . A tirare un sospiro di sollievo proprio la Fiat e l’ agenzia pubblicitaria che, all’epoca, vinse il concorso per aggiudicarsi l’onere e l’onore di realizzare l’intera campagna di lancio . Beffarda illusione si è rivelato il giudizio pronunciato in Tribunale, laddove era stato riconosciuto che la frase ‘You are, we car’ è catalogabile come opera dell’ingegno, protetta dal diritto d’autore . Su questo punto hanno concordato sia i giudici d’Appello che i magistrati della Cassazione, ma, ciò nonostante, all’ operaio-artista è stata negata la possibilità di ottenere un riconoscimento economico, seppur minimo. Compenso. In Tribunale era stato chiesto addirittura alla ‘Fiat’ di esibire tutta la documentazione relativa alla campagna pubblicitaria per la ‘500’, indicando anche il budget dell’investimento . Ciò avrebbe dovuto portare a quantificare il valore della frase ‘You are, we car’ . Ogni calcolo, però, è rimasto solo sulla carta Perché i giudici, in secondo e in terzo grado, pur attribuendo all’operaio la realizzazione dello slogan, hanno ritenuto che egli ha accettato di collaborare per realizzare lo slogan destinato a partecipare alla gara indetta dalla Fiat . Alla luce di tale accordo , in sostanza, i diritti patrimoniali sull’opera sono stati ceduti all’agenzia pubblicitaria e alla Fiat, non essendo invece previsto come elemento essenziale la determinazione del corrispettivo economico per l’ideatore dello slogan. Su questa linea di pensiero, come detto, si sono collocati anche i magistrati della Cassazione. A loro dire il creativo ha conservato la paternità dello slogan – una frase in lingua inglese , identificativa del brand Fiat in Italia e nel mondo –, ma l’agenzia pubblicitaria ne ha acquisito a titolo originario i diritti di utilizzazione , alla luce del contratto d’opera professionale , per la partecipazione alla gara indetta dalla Fiat . In sostanza, non essendo stata dimostrata l’esistenza di patti limitativi dell’utilizzazione economica dell’opera , è logico desumere che i diritti patrimoniali siano stati ceduti totalmente all’agenzia pubblicitaria. Per dirla ancora più chiaramente, l’esecuzione del contratto d’opera professionale ha consentito all’opera – ossia allo slogan – di venire alla luce e di essere acquisita in via originaria al patrimonio dell’agenzia pubblicitaria, che, quindi, secondo i magistrati, era legittimata ad utilizzarla economicamente per gli scopi pubblicitari concordati .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 20 maggio – 24 giugno 2016, numero 13171 Presidente Ragonesi – Relatore Lamorgese Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato tra il 24 e 25 luglio 2008, A.B. convenne in giudizio la società 515 Creative Shop snc e la Fiat Group Automobiles spa e ne chiese la condanna, in solido, al pagamento del compenso dovutogli per l'ideazione della tag line You are, we car , che gli era stata commissionata, nell'aprile 2007, dall'agenzia pubblicitaria Creative Shop, per concorrere ad una gara, indetta da Fiat, in occasione del lancio della nuova 500, al fine di individuare uno slogan in lingua inglese identificativo del brand Fiat in Italia e nel mondo. Egli espose di avere appreso dal sig. P. della Creative Shop che l'opera da lui ideata aveva vinto la gara ed era stata utilizzata nella cartellonistica nazionale e sui principali quotidiani, senza tuttavia alcun riferimento al suo nome come autore di ignorare quali fossero gli accordi tra la Creative Shop e la Fiat e che nessun accordo era stato raggiunto sulla cessione dei diritti di utilizzazione economica dell'opera, sicché l'uso che ne era state fatto era illegittimo. Nel contraddittorio con le società convenute, che avevano chiesto il rigetta delle domande, il Tribunale di Torino, con sentenza parziale del 28 luglio 2010, dichiaro che la tag line ideata dall'attore costituiva opera dell'ingegno protetta dalla legge sul diritto d'autore inibì a Fiat di utilizzarla dispose la pubblicazione della sentenza a spese delle convenute e, con separata ordinanza, la prosecuzione del processo per l'istruttoria sulle domande economiche del B La Corte d'appello di Torino, con sentenza 21 dicembre 2011, pur confermando l'accertamento della natura di opera dell'ingegno della tag line, in quanto dotata di creatività, originalità e compiutezza espressiva e, quindi, tutelabile dalla legge sul diritto d'autore, ha rigettato -ie domande di B., accogliendo i gravami di Fiat e Creative Shop. Secondo la Corte, dalla stessa esposizione dei fatti contenuta nella citazione si desumeva che tra le parti vi ere stato un preciso accordo, qualificabile come contratto di prestazione d'opera, in base al quale il B. aveva accettato di collaborare per realizzare lo slogan destinato a partecipare alla gara indetta da Fiat che tale accordo era stato eseguito secondo le modalità e gli scopi programmati dalle parti che, quindi, i diritti patrimoniali sull'opera erano stati ceduti al committente, mentre la determinazione del corrispettivo non costituiva un elemento essenziale del contratto. Avverso questa sentenza il B. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, cui si sono opposti Fiat e Creative Shop cori separati controricorsi. Motivi della decisione Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1325 c.c. e 110 L.A. {r.d. 22 aprile 1941, numero 633 , per avere violato il principio secondo cui la trasmissione dei diritti di utilizzazione economica delle opere dell'ingegno dev'essere provata per iscritto Infatti, la Corte di merito avrebbe erroneamente presunto l'esistenza di un contratto tra il B. e l'agenzia pubblicitaria 515 Creative Shop, sulla base di una telefonata con tale P, senza verificare 'esistenza in capo a quest'ultimo di poteri rappresentativi della suindicata agenzia e senza che fosse stato pattuito l'oggetto del contratto quanto alle modalità di utilizzazione dello slogan ideato dal B. , né l'importo dei compenso, nonché trascurando la testimonianza di C.T., la quale aveva assistito alla telefonata e ascoltato che il compenso sarebbe stato pattuito successivamente. Il secondo motivo denuncia vizio di motivazione, per avere escluso la responsabilità di Fiat, sull'erroneo presupposto che quest'ultima avesse stipulato un regolare contratto d'appalto di servizi con la 515 Creative Shop, nonché per avere confermato l'esistenza di un'opera dell'ingegno tutelabile dalla legge sul diritto d'autore e, contraddittoriamente, negato l'applicabilità della norma che pone a carico del cessionario l'onere di dimostrare, per iscritto, l'avvenuta cessione del diritto di utilizzazione economica della stessa. Entrambi i motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati. La Corte torinese ha accertato in fatto, con adeguata motivazione, sulla base delle stesse allegazioni contenute in citazione, l'esistenza di un contratto di prestazione d'opera tra il B. e la 515 Creative Shop, avente ad oggetto la realizzazione di un'opera dell'ingegno, qual è - quella ideata dal primo. 'trattandosi di opera soggetta alla disciplina del diritto d'autore, egli ne ha conservato la paternità, in quanto creatore della stessa ma, per effetto del contratto di prestazione d'opera professionale, il committente 515 Creative Shop ne ha acquisito a titolo originario i diritti di utilizzazione economica nei limiti dell'oggetto e delle finalità del contratto, ai fini della partecipazione alla gara indetta da Fiat e del raggiungimento dello scopo da lui stesso indicato in citazione e in concreto raggiunto, essendo l'opera stata utilizzata per pubblicizzare i prodotti Fiat. La Corte ha implicitamente ritenuto che il B., sul quale ricadeva il relativo onere probatorio, non avesse dimostrato l'esistenza di patti limitativi dell'utilizzazione economica dell'opera, concordata con la predetta operazione, che configurava un modulo negoziale considerato dalla giurisprudenza coerente con la disciplina di settore v. ass. numero 3439 del 1982 . In tal modo, ha compiuto un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità, avente ad oggetto la ricostruzione della volontà delle parti v. Cass. numero 3004 del 1973 , alla cui stregua ha individuato il contenuto del contratto d'opera e i diritti patrimoniali trasferiti al committente v. Cass. numero 3439 e 7109 del 1982, numero 12507 del 1992 . Il ricorrente ha eccepito la violazione dell'art. 110 L.A., per avere la sentenza impugnata ammesso la trasmissione dei diritti di utilizzazione economica di un'opera dell'ingegno in mancanza dì prova scritta. La predetta disposizione, tuttavia, non è applicabile quando, come nella fattispecie, il committente abbia acquistato, a titolo originario, i diritti di utilizzazione economica dell'opera, per effetto ed in esecuzione di un contratto in forma libera di prestazione d'opera intellettuale concluso con l'autore v. Cass. numero 1938 del 1963 , coerentemente con il fatto che tale contratto implica il trasferimento dei diritti di sfruttamento economico pertinenti al suo oggetto e alle sue finalità. In altri termini, non v'è stato un trasferimento dei diritti di utilizzazione economica dell'opera, nel senso considerato dall'art. 110 cit., ma l'esecuzione di un contratto d'opera professionale che ha consentito all'opera di venire alla luce, con la sua originalità e proteggibilità, e di essere acquisita in via originaria al patrimonio de. committente, il quale era legittimato ad utilizzarla economicamente per gli scopi pubblicitari che erano stati concordati. Ulteriore questione è quella del compenso per la prestazione professionale commissionata al B., che i giudici di merito hanno correttamente risolto in diritto, osservando che la determinazione del compenso non costituisce elemento essenziale del contratto d'opera professionale, non essendovi in effetti alcuna presunzione di onerosità, nemmeno iuris tantum v. Cass. r 7741 del 1991, numero 10393 del 1994, numero 5472 del 1999, numero 7003 del 2001, numero 2769 del 2014 . La ricostruzione della concreta volontà espressa dalle parti riservata al giudice di merito, che nel caso in esame vi ha provveduto in modo coerente, con una complessiva valutazione delle risultanze istruttorie che non può essere messa in discussione in questa sede. La censura ha ad oggetto la valutazione delle prove ed è proposta con modalità non conformi a quelle che devono essere osservate per la formulazione di un idoneo motivo di ricorso ex art. 360 numero 5 c.p.c. Infatti, il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci l'omessa valutazione di prove testimoniali, ha l'onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova e di trascriverne il testo integrale nel ricorso per cassazione, al fine di consentire al giudice dì legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse, risolvendosi, altrimenti, il dedotto vizio di motivazione inumero una inammissibile richiesta di riesame del contenuto delle deposizioni testimoniali e di verifica dell'esistenza dei fatti di causa v, cass. numero 6023 del 2009, numero 17915 del 2010 _ Inoltre, il giudizio sull'attendibilità dei testi e la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgano apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merita, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altra limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze logicamente incompatibili con la decisione adottata v. Cass, numero 17097 del 2010 . In conclusione, il ricorso è rigettato. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio, in considerazione della peculiarità della situazione di fatto e della complessità delle questioni controverse, P.Q.M. La Certe rigetta il ricorso compensa le spese del presente giudizio.