Ordini di investimento e deficit informativo

I comportamenti omissivi e fallaci dell’intermediario non incidono sulla validità del contratto quadro di intermediazione, potendo soltanto inficiare la correttezza dei singoli ordini di investimento che, quali contratti esecutivi, sono risolubili per inadempimento.

La Corte di Cassazione affronta, con la decisione n. 9981 del 16 maggio 2016 qui annotata, la questione del vizio del consenso in materia di intermediazione finanziaria e delle relative strutture rimediali. Risparmiatore vs banca. Il caso è questo. Un risparmiatore conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Parma la propria banca deducendo l’inadempimento agli obblighi informativi in ordine ad un investimento avente ad oggetto titoli obbligazionari della Repubblica Argentina. In via principale l’attore domandava la nullità del contratto di investimento per violazione di norme imperative. In via subordinata l’annullamento del medesimo per vizio del consenso. La banca si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande avversarie. Il Tribunale di Parma rilevava d’ufficio la nullità del contratto quadro per omessa stipulazione in forma scritta dello stesso, condannando la banca alla restituzione del capitale investito. La banca interponeva gravame contestando la pronuncia di nullità del contratto poiché la domanda era stata introdotta tardivamente dall’attore e, trattandosi di nullità relativa, non avrebbe potuto essere rilevata d’ufficio. La Corte di appello di Bologna, con sentenza n. 604/11, accoglieva l’impugnazione della banca rilevando la tardività della domanda di nullità del contratto, annullando però il medesimo per vizio del consenso tra le parti. Segnatamente, la Corte di appello accertava che la banca era venuta meno ai propri obblighi informativi, ciò concretizzando un vero e proprio vizio del consenso prestato dal cliente per errore sugli elementi essenziali dell’acquisto dei ridetti titoli. Ad avviso del secondo giudice l’operazione finanziaria dedotta in lite avrebbe dovuto essere ritenuta inadeguata sia per le sue dimensioni, sia per la tipologia del livello di rischio del titolo elementi questi che consentivano di concretizzare la fattispecie dell’errore-vizio essenziale e riconoscibile. La banca ricorreva per cassazione formulando un unico motivo in punto di falsa applicazione degli artt. 1427, 1428, 1429, 1431 e 1444 c.c. nonché degli artt. 2697 e 2729 c.c Ad avviso dell’intermediario la sentenza della Corte di appello di Bologna sarebbe stata viziata da un errore interpretativo nella parte in cui annullava il contratto per errore negoziale, ponendo alla base della propria decisione il presunto mancato rispetto di obblighi che attengono all’esecuzione del contratto e che dunque avrebbero potuto comportare, al più, una responsabilità risarcitoria connessa alla risoluzione per inadempimento. La decisione della Corte di Cassazione la violazione, da parte dell’intermediario, degli obblighi informativi non determina l’annullamento e/o la nullità del contratto quadro. Con sentenza n. 9981 del 16 maggio 2016 la Suprema Corte osserva che, in ipotesi di omessa informazione sulla propensione al rischio del cliente ovvero sui rischi dell’investimento, si prospetta una responsabilità dell’intermediario di tipo contrattuale. Oggetto del contendere, infatti, non sono circostanze attinenti al momento genetico dell’obbligazione, bensì quelle relative al suo concreto divenire ed alla sua attuazione. La domanda non è quindi inquadrabile nella categoria dell’azione di invalidità del contratto, bensì in quella dell’azione di responsabilità di tipo extracontattuale – se l’evento generativo del danno si collochi nella fase delle trattative precontrattuali – o di tipo contrattuale se abbia ad oggetto le operazioni poste in essere in adempimento del contratto di intermediazione. Richiamando l’orientamento di legittimità Cass. n. 8462 del 10 aprile 2014 Cass. 18039 del 19 ottobre 2012 la Corte di Cassazione esclude che possa aversi nullità del contratto quadro, ovvero annullamento del medesimo per vizio del consenso, per effetto dell’eventuale inadempimento agli obblighi dell’intermediario relativi al comportamento da tenere in occasione dei singoli atti negoziali esecutivi. La violazione degli obblighi informativi determina la risoluzione del contratto di investimento. La Suprema Corte ritiene, all’opposto, che i comportamenti omissivi e fallaci dell’intermediario possono al più essere valorizzati in quanto inficianti la correttezza dei singoli contratti esecutivi, come tali risolubili per inadempimento. Il ricorso della banca viene dunque accolto e la questione decisa nel merito dalla Suprema Corte con rigetto delle domande di nullità e di annullamento avanzate dal risparmiatore.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 25 gennaio – 16 maggio 2016, n. 9981 Presidente Giancola – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che C.G. conveniva in giudizio innanzi al tribunale di Parma la Banca del Monte Parma S.p.A. deducendo l’inadempimento agli obblighi informativi, cui era tenuta quale intermediario finanziario, relativamente all’acquisto effettuato il 16 maggio 2000 di titoli obbligazionari argentini, con scadenza all’ottobre 2004 e con interessi pattuiti pari all’8,25% del capitale, per complessivi Euro 117.871,62. Domandava l’attore in via principale la nullità di detti contratti per violazione di norme imperative, con restituzione della somma in via subordinata l’annullamento dei medesimi per vizio del consenso, per essere stati posti in essere in situazione di palese conflitto di interessi dall’istituto bancario. La Banca Monte Parma s.p.a. si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda, in quanto infondata in fatto e in diritto. Il Tribunale, accoglieva la domanda, rilevando d’ufficio la nullità del contratto - quadro per omessa stipulazione in forma scritta, compensando integralmente tra le parti le spese di lite. Condannava la banca a restituire all’attore la somma richiesta, oltre agli interessi legali dalla data degli ordini di acquisto sino al saldo, compensando le spese processuali. Avverso tale decisione proponeva appello la Banca Monte Parma S.p.A., insistendo nell’eccezione di difetto di legittimazione attiva del C. e contestando la pronuncia di nullità del contratto perché la domanda, avente per oggetto la richiesta dichiarazione di una nullità relativa, era stata introdotta tardivamente dal C. e non poteva essere rilevata d’ufficio. La banca appellante produceva attestazione in copia del contratto di negoziazione e trasmissione ordini, sottoscritto dal C. in data 3 aprile 1999, e relativo allegato contenente il documento sui rischi generali dell’investimento e il questionario sul profilo dell’investitore, sottoscritti in pari data . B.M.P. s.p.a. instava ulteriormente per l’ammissione di prove orali afferenti le modalità del tardivo rinvenimento degli stessi documenti. C.G. si costituiva in appello chiedendo il rigetto del gravame. La Corte di appello di Bologna, con sentenza numero 604/ 2011, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha accolto il secondo motivo dell’appello rilevando la tardività della domanda di nullità del contratto. La Corte distrettuale ha annullato per vizio del consenso errore il contratto sottoscritto tra le parti. Ha rilevato la Corte distrettuale felsinea che la banca convenuta era venuta meno agli obblighi legali di comportamento a carico degli intermediari di cui agli articoli 28 e 29 del Regolamento Consob in tema di obblighi sull’intermediazione finanziaria, con riferimento all’adeguatezza delle operazioni poste in essere. Ha ritenuto che ciò aveva concretizzato un vero e proprio vizio del consenso prestato dal cliente per errore sugli elementi essenziali dell’acquisto dei titoli. Infatti il reale profilo attribuibile al C. era qualificabile come quello di un investitore disponibile ad assumere solo un basso o medio rischio. Ha rilevato poi la Corte l’assoluta insufficienza delle dichiarazioni informative rese dalla banca al cliente, atteso che dall’istruttoria testimoniale era emerso che l’unica indicazione fornita relativamente all’acquisto di obbligazioni argentine era una illustrazione generica sul rischio-paese, assolutamente insufficiente a prevenire o quantomeno a ipotizzare quanto poi in realtà sarebbe accaduto. Ne derivava quindi l’assoluta inidoneità dell’informazione fornita a garantire all’investitore una conoscenza sul grado di rischiosità dei titoli che si apprestava ad acquistare. Ha concluso la sua motivazione il giudice di appello affermando che, per effetto di questi accertamenti, l’operazione posta in essere doveva essere considerata inadeguata sia per le sue dimensioni, in relazione al portafoglio d’investimento del cliente, sia per tipologia del livello di rischio del titolo acquistato. Elementi che consentivano di concretizzare nella specie la fattispecie dell’errore-vizio, essenziale e riconoscibile. Infatti il C. avrebbe dato prova, quantomeno presuntiva, che non avrebbe mai assentito le operazioni qualora fosse stato correttamente informato. Quanto alla riconoscibilità dell’errore, la Corte ne riteneva la sussistenza dato che la banca non aveva attestato il grado di rischio elevato dei titoli venduti ed era conoscenza della complessiva situazione del proprio cliente. Quanto all’essenzialità dell’errore essa consisteva nell’evidente sproporzione tra l’importo oggetto dell’investimento e la circostanza che non fosse stata fornita una adeguata informazione. Per tali ragioni la Corte, in parziale riforma della decisione di primo grado, annullava il contratto per errore e confermava nel resto la gravata pronuncia, compensando integralmente le spese del doppio grado di giudizio. Ricorre per cassazione la Banca Monte Parma s.p.a. con un unico motivo, cui resiste con controricorso C.G. . Ritenuto che Con l’unico motivo di ricorso la banca ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1427, 1428, 1429 e 1431 del codice civile, anche in relazione all’articolo 1444 c.c., nonché in relazione agli articoli 2697 e 2729 cc con riferimento alla pronuncia di annullamento per errore del contratto e la contraddittoria e omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio. A parere della ricorrente la sentenza impugnata sarebbe viziata da un errore interpretativo, laddove la Corte di appello ha annullato il contratto per errore negoziale, ponendo alla base della propria decisione la considerazione circa il mancato rispetto di obblighi che attengono all’esecuzione del contratto e che potrebbero invece dar luogo esclusivamente a una responsabilità risarcitoria connessa all’eventuale risoluzione del contratto per inadempimento, ma giammai all’annullamento del contratto per errore. Il motivo è fondato. In tema di intermediazione finanziaria la giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato da ultimo con la sentenza n. 12262 del 12 giugno 2015 che in ipotesi di omessa informazione sulla propensione al rischio del cliente e/o di omessa informazione sui rischi dell’investimento o comunque sull’inadeguatezza delle operazioni poste in essere dall’istituto intermediario ed anche in tutte le ipotesi in cui avrebbe dovuto astenersene, si prospetta una responsabilità di tipo contrattuale. Oggetto del contendere, infatti, non sono circostanze attinenti al momento genetico dell’obbligazione, bensì relative al suo concreto divenire e alla sua attuazione. Di talché la domanda non è inquadrabile nella categoria dell’azione di invalidità del contratto, bensì in quella dell’azione di responsabilità, di tipo extracontrattuale - se l’evento generativo del danno si collochi nella fase delle trattative precontrattuali - o di tipo contrattuale se abbia a oggetto le operazioni poste in essere in adempimento del contratto di intermediazione come nella specie. Va pertanto escluso, secondo il costante insegnamento di questa Corte, che possa aversi nullità del contratto-quadro per effetto dell’eventuale inadempimento agli obblighi dell’intermediario relativi al comportamento da tenere in occasione dei singoli atti negoziali esecutivi così, di recente, Cass. Sez. 1, sent. n. 8462 del 10 aprile 2014 . Né - per analoga ragione - è configurabile l’annullabilità del contratto per vizio del consenso, posto che i comportamenti omissivi e fallaci dell’intermediario, anche ove ritenuti esistenti, non sono qualificabili come integrativi dell’invalidità del contratto - quadro di intermediazione, ma anch’essi possono al più essere valorizzati in quanto inficianti la correttezza dei singoli contratti esecutivi, come tali risolubili per inadempimento cfr. Cass. civ. sez. 1, n. 18039 del 19 ottobre 2012 per l’espressa esclusione dell’annullabilità in fattispecie identica a quella in esame . Facendo applicazione di tali principi, cui va data continuità, il ricorso va dunque accolto e la domanda del C. , rigettata nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., posto che, non avendo egli mai domandato la risoluzione del contratto, non sono necessari per decidere altri accertamenti di fatto. L’esito del giudizio nei vari gradi in cui si è svolto e la peculiarità della controversia giustificano la compensazione delle spese dell’intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito rigetta la domanda proposta dal C. . Compensa le spese dell’intero giudizio.