Restano responsabili tanto il cedente quanto il cessionario

In caso di trasferimento di un'azienda o di un ramo di azienda bancaria, nelle controversie aventi ad oggetto rapporti compresi in quell'azienda o ramo d'azienda il soggetto cessionario assume la veste di successore a titolo particolare, con la conseguente applicazione delle disposizioni dettate a tal proposito dall'art. 111 c.p.c

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9964/16, depositata il 16 maggio. Il caso. Amministratore delegato e direttore finanziario di una banca venivano sanzionati per varie violazioni del d.lgs. n. 58/1998. La violazione contestata riguardava mancata comunicazione di acquisto di azioni, mancata comunicazione del superamento delle quote di partecipazione al capitale sociale e di aver omesso di dichiarare all'esterno la finalità dell'accordo. L'istituto di credito si opponeva, eccepiva il difetto di legittimazione passiva nonché la violazione del diritto di difesa. Il supporto motivazionale esposto dalla Corte territoriale, lasciava intendere che l'addebito mosso in danno della parte sanzionata, si fondasse sulla mancata pubblicizzazione di patti occulti, quindi non noti ai terzi azionisti, finalizzati ad acquisire il controllo azionario di alcuni istituti di credito. Fusione e legittimazione passiva. Il soggetto giuridico sanzionato derivava da fusione di due istituti di credito per tale ultima ragione, sosteneva di essere privo della legittimazione passiva, ovvero, di non essere titolare-responsabile dei fatti compiuti dall'ente incorporato. La Corte territoriale aveva individuato la responsabilità della ricorrente in ragione di atto notarile di fusione da cui si evinceva il trasferimento di tutti i rapporti attivi e passivi, compresi i contenziosi. La responsabilità del nuovo istituto di credito La S.C., riportandosi a consolidato orientamento giurisprudenziale, ha ribadito che, in tema di cessione di azienda in favore di una banca, l'art. 58 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, prevedendo il trasferimento delle passività al cessionario, in forza della sola cessione e del decorso del termine di tre mesi dalla pubblicità notizia di essa secondo quanto previsto dal comma 2 dello stesso art. 58 , e non la semplice aggiunta della responsabilità di quest'ultimo a quella del cedente, deroga alla norma di cui all'art. 2560 c.c., sulla quale prevale in virtù del principio di specialità. Ne consegue che, in caso di cessione di azienda bancaria, alla cessionaria si trasferisce anche l'obbligazione sanzionatoria ricompresa tra i debiti della banca cedente, inclusi nella cessione stessa, e già sorta per effetto dell'illecito compiuto dai soggetti ad essa appartenenti - Cass. n. 22199/2010. non esclude la responsabilità dell'istituto cedente. I Giudici di legittimità hanno chiarito che l'attività finanziaria è attività propria degli istituti di credito, quale che sia la finalità connessa a tale operatività, sia che risulti rivolta all'esterno, sia che risulti rivolta all'interno. La S.C. si riporta a consolidato orientamento giurisprudenziale a tenore del quale in caso di trasferimento di un'azienda o di un ramo di azienda bancaria, nelle controversie aventi ad oggetto rapporti compresi in quell'azienda o ramo d'azienda il soggetto cessionario assume la veste di successore a titolo particolare, con la conseguente applicazione delle disposizioni dettate a tal proposito dall'art. 111 c.p.c. non assumendo alcun rilievo, a tal fine, l'art. 58 del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 - secondo cui, in caso di cessione di aziende bancarie, si configura la responsabilità esclusiva del cessionario per i debiti dell'azienda ceduta, una volta trascorso il termine entro il quale i creditori hanno facoltà di esigere l'adempimento delle obbligazioni anche nei confronti del cedente - il quale non implica la perdita della legittimazione sostanziale e processuale della banca cedente, ma ha unicamente il significato di derogare, nello specifico settore bancario, alla disciplina dettata dal codice in tema di opponibilità ai creditori della cessione dei debiti in caso di trasferimento dell'azienda, operando su di un piano di diritto sostanziale, sicché sarebbe del tutto arbitrario farne discendere, sul piano processuale, regole diverse da quelle applicabili in via generale a qualsiasi ipotesi di trasferimento per atto tra vivi, a titolo particolare, del rapporto controverso - Cass. 10653/2010. Con queste argomentazione la S.C. ha accolto il ricorso e deciso nel merito annullando il provvedimento sanzionatorio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 3 febbraio – 16 maggio 2016, n. 9964 Presidente Bucciante – Relatore Manna Svolgimento del processo Con delibera n. 16867 del 16.4.2009 la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa - Consob sanzionava F.G. e B.G. , rispettivamente amministratore delegato e direttore finanziario della Banca Popolare Italiana per plurime violazioni del D.Lgs. n. 58/98 recante il T.U. delle disposizioni in materia d’intermediazione finanziaria TUF . A base del provvedimento sanzionatorio, che ingiungeva alla Banca Popolare Italiana, quale debitrice in solido ex art. 195, comma 9, TUF, il pagamento complessivamente di Euro 800.000,00, l’accertamento della violazione a dell’art. 122, commi 1 e 5 TUF per la mancata pubblicazione del patto parasociale avente ad oggetto l’acquisto concertato di azioni ordinarie della Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. - BNL, per il successivo esercizio di un’influenza dominante su quest’ultima banca, patto stipulato con la Unipol s.p.a. b dell’art. 122, comma 4, TUF per l’esercizio del diritto di voto nell’assemblea della BNL del 21.5.2005 c dell’art. 120 TUF per la mancata comunicazione del superamento delle soglie di partecipazione del 5% e del 10% del capitale BNL, per il tramite di acquisto d’azioni BNL effettuato il 1.7.2005 tramite Barclays Bank d dell’art. 115 TUF per aver dichiarato in data 19.5.2005, a seguito di richiesta Consob circa le finalità dell’investimento in azioni BNL, l’inesistenza di accordi con terzi. Il tutto nel contesto di un’azione concertata di contrasto dell’offerta pubblica di scambio OPS promossa dal Banco di Bilbao e Vizcaya Argentaria - BBVA per acquisire l’intero capitale della BNL, tra i mesi di marzo e di settembre 2005. Contro tale provvedimento la Banca popolare soc. cooperativa proponeva opposizione ai sensi dell’art. 195 TUF innanzi alla Corte d’appello di Venezia, sostenendo il difetto della propria legittimazione passiva, l’estinzione dell’obbligazione per tardività della contestazione, la violazione di diritto di difesa e del giusto procedimento e l’insussistenza dell’illecito per la mancata partecipazione della Banca Popolare Italiana alla scalata di BNL da parte di Unipol. La Corte d’appello di Venezia con decreto del 12.8.2010 rigettava l’opposizione. Osservava la Corte territoriale, quanto all’eccepito difetto di legittimazione passiva, che il trasferimento della posizione debitoria mediante il conferimento del ramo d’azienda bancaria in data 26.6.2007 alla Banca Popolare di Lodi non era opponibile all’autorità di vigilanza. Tale trasferimento, infatti, aveva ad oggetto i rapporti contenziosi promossi dalle autorità di vigilanza e attinenti al ramo d’azienda conferito, laddove la responsabilità della banca era relativa non all’esercizio dell’attività bancaria già esercitata con l’azienda conferita, bensì alla violazione di obblighi inerenti alla qualità, spettante alla BPI, di soggetto azionista di altra società quotata. La contestazione doveva, poi, ritenersi tempestiva in quanto il termine applicabile era quello di 180 gg. dall’accertamento, ex art. 195, 1 comma TUF, nel testo novellato in vigore dall’1.11.2007, ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n. 164/07. In ogni caso il dies a quo di decorrenza di detto termine, da individuare nel momento in cui l’autorità aveva raccolto tutti i dati indispensabili ai fini della valutazione dei fatti segnalati, non poteva stabilirsi in quello in cui la Procura della Repubblica di Milano, nel 2006, aveva trasmesso gli atti relativi agli interrogatori dei principali protagonisti della diversa vicenda riguardante la scalata alla Banca Antonveneta. Quanto al rispetto del contraddittorio, rilevava che il procedimento sanzionatorio era stato regolarmente svolto a stregua dei principi dettati dall’art. 195, comma 2 TUF e della normativa regolamentare Consob n. 15086 del 21.6.2005, pienamente osservati nell’ambito della fase istruttoria con la contestazione degli addebiti e la disamina delle controdeduzioni della parte interessata, non essendo, invece, necessario che il contraddittorio fosse esteso anche alla fase finale relativa alla sanzione adottabile. Nel merito del patto parasociale occulto stipulato con Unipol per il controllo di BNL, osservava la Corte che l’asserita marginalità delle intese intercorse tra l’amministratore delegato F. e il direttore finanziario B. , da un lato, e i vertici di Unipol, dall’altro, era smentita dai verbali d’interrogatorio dei primi e di Ivano Sacchetti, in sede d’indagini penali, e dalle intercettazioni telefoniche. Era emerso, infatti, che Unipol avesse concertato di rastrellare sul mercato le azioni BNL per acquisire, in contrasto con l’OPS del Banco di Bilbao e Viscaya Argentario, il controllo di detta banca. Intento condiviso anche da parte della Banca Popolare Italiana, che tra il 10 ed il 16 maggio 2005 aveva acquistato azioni BNL pari all’1,67% del capitale sociale. La cooperazione di BPI al piano Unipol trovava conferma, inoltre, nella successiva stipula in data 1.7.2005 di un contratto di calllput di tipo europeo, con scadenza un anno, tra BPI e la Barclays Bank di XXXXXX, avente ad oggetto il pacchetto azionario di 15 milioni di azioni BNL. La Barclays Bank, resasi in effetti acquirente della partecipazione sottostante al derivato, stipulò contestualmente un contratto cash settlement con BPI, di per sé implicante soltanto il diritto al pagamento del differenziale alla scadenza senza consegna dei titoli. Al contempo era evidente che l’acquisto, specificamente sollecitato da Unipol tramite il direttore generale Cimbri, che aveva necessità di parcheggiare le azioni BNL rastrellate in maniera occulta sul mercato, non essendo stata ancora concessa l’autorizzazione ad aumentare la quota di partecipazione di Unipol in BNL, non rendeva BPI affatto estranea al pacchetto azionario di cui Barclays Bank si era resa ufficialmente titolare. Infatti, da un lato BPI non aveva di per sé alcun vantaggio dall’intestazione di dette azioni pari allo 0,49% del capitale sociale , che unite al pacchetto azionario già acquistato nella misura dell’1,67% del capitale totale avrebbero comportato il superamento della soglia del 2% del capitale col conseguente obbligo di comunicazione imposto dall’ari 120 TUF dall’altro, il contratto derivato consentiva a BPI tra l’altro già impegnata nell’acquisizione di Antonveneta di non impegnare le proprie risorse finanziarie essendo la regolamentazione del differenziale rinviabile all’anno successivo . In definitiva, atteso che stessa Barclays Bank non aveva un proprio interesse al compimento dell’operazione al di là per pagamento delle commissioni né risultava interessata a disporre delle azioni, l’intera operazione costituiva uno schermo per mettere al sicuro il suddetto pacchetto azionario, come nella sostanza ma in termini non equivoci dichiarato dallo stesso F. in un suo interrogatorio. Pertanto, doveva ritenersi senz’altro raggiunta la prova della dedotta interposizione, da intendersi, ai fini della disciplina antielusiva propria della legislazione in materia di mercati finanziari, sulla base di parametri necessariamente non rigidi, considerata l’estrema varietà e duttilità degli strumenti di intermediazione disponibili per gli operatori. Per la cassazione di tale provvedimento il Banco Popolare soc. cooperativa, derivato dalla fusione tra Banca Popolare Italiana soc. coop. e Banco Popolare di Verona s.c. a r.l., propone ricorso, affidato a otto motivi. Resiste con controricorso la Consob, che ha depositato memoria. Motivi della decisione 1. - I primi due motivi di ricorso censurano, sotto i profili completivi dell’insufficienza motivazionale e della violazione dell’art. 58, comma 5 D.Lgs. n. 385/93 testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia , la pronuncia impugnata lì dove questa ha escluso il difetto di legittimazione passiva del Banco Popolare soc. cooperativa, società risultante dalla fusione, avvenuta il 27.6.2007, tra la Banca Popolare Italiana soc. cooperativa e la Banca Popolare di Verona e Novara soc. coop. a r.l Sostiene parte ricorrente che il provvedimento sanzionatorio adottato nei suoi confronti è stato preceduto dall’atto notaio Marchetti del 26.6.2007 col quale la Banca Popolare Italiana ha conferito alla Banca Popolare di Lodi s.p.a. la propria azienda bancaria, comprensiva di tutti gli elementi attivi e passivi, inclusi, tra l’altro e come espressamente previsto nell’atto, i rapporti contenziosi derivanti da provvedimenti sanzionatori promossi dalle Autorità di vigilanza ed attinenti al ramo d’azienda conferito. Detta banca conferitaria, pertanto, per effetto dell’art. 58, comma 5 D.Lgs. n. 385/93, decorsi tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal secondo comma della stessa norma senza che i creditori ceduti abbiano richiesto l’adempimento , risponde in via esclusiva di tutti i rapporti passivi inerenti all’azienda conferita. 2. - Tali motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati. Questa Corte ha avuto modo di affermare che in tema di cessione di azienda in favore di una banca, l’art. 58 del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, prevedendo il trasferimento delle passività al cessionario, in forza della sola cessione e del decorso del termine di tre mesi dalla pubblicità notizia di essa secondo quanto previsto dal comma 2 dello stesso art. 58 , e non la semplice aggiunta della responsabilità di quest’ultimo a quella del cedente, deroga alla norma di cui all’art. 2560 c.c., sulla quale prevale in virtù del principio di specialità. Ne consegue che, in caso di cessione di azienda bancaria, alla cessionaria si trasferisce anche l’obbligazione sanzionatoria ricompresa tra i debiti della banca cedente, inclusi nella cessione stessa, e già sorta per effetto dell’illecito compiuto dai soggetti ad essa appartenenti Cass. nn. 22199/10 e 18258/14 sulla specialità dell’art. 58 TUB rispetto alla corrispondente norma codicistica, cfr. anche Cass. n. 10653/10 . Nel caso di cessione di azienda bancaria, e in difetto di diversa e meno ampia previsione convenzionale, tra i rapporti attivi e passivi ceduti devono includersi anche quelli derivanti dallo svolgimento dell’attività finanziaria. Infatti, ai sensi dell’art. 10, comma 3, detto D.Lgs., oltre all’attività bancaria le banche esercitano anche ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse o strumentali . Orbene, per attività finanziaria deve intendersi l’attività economica, diversa dalla produzione di beni o servizi, comprendente i mezzi di pagamento, gli strumenti finanziari e le attività economiche similari. In essa, pertanto, rientra ogni forma di operatività in strumenti finanziari, indipendentemente dalla finalità perseguita, speculativa o d’investimento, e a prescindere dalla strategia imprenditoriale sottostante. La cessione di ogni rapporto giuridico inerente all’azienda, incluse le partecipazioni azionarie, non può non comportare di riflesso il trasferimento come dei poteri connessi così anche delle obbligazioni sorte per effetto dell’uso che di tale partecipazione sia stato fatto dalla società conferente. Non pare pertanto isolabile dall’attività acquisitiva di strumenti finanziari quella che ne riflette la successiva gestione. Si tratta di aspetti non scindibili dell’azienda bancaria intesa quale entità economica organizzata e dinamica, che nel caso di conferimento permane nella sua autonomia funzionale. Né sembra potersi distinguere a tal fine tra acquisizioni meramente speculative e investimenti, per riferire le prime all’azienda bancaria e i secondi al patrimonio che ne rimane escluso tale, in buona sostanza, sembra il ragionamento posto alla base della decisione impugnata Labile il confine economico, che risente dei tempi dell’operazione e della sua complessità pressoché inesistente quello giuridico, perché rifluente sui motivi dell’atto con cui si acquista la partecipazione azionaria. 3. - L’accoglimento dei suddetti due motivi assorbe l’esame delle restanti censure tardività della contestazione, violazione dei diritti di difesa e del contraddittorio nella fase istruttoria e in quella sanzionatoria del procedimento amministrativo, non univocità degli elementi indiziari fondanti l’incolpazione, presunta interposizione soggettiva nell’acquisto Barclays Bank, applicabilità delle sanzioni a F.G. e B.G. , congruità delle sanzioni irrogate , poiché elide in radice la riferibilità soggettiva dell’obbligazione sanzionatoria. 4. - Il provvedimento impugnato va, dunque, cassato e decidendo nel merito ex art. 384, 2 comma, seconda ipotesi, c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, l’opposizione va accolta annullandosi il provvedimento sanzionatorio emesso nei confronti del Banco Popolare soc. coop 5. - La relativa novità della questione in oggetto i richiamati precedenti di questa Corte sono posteriori al procedimento sanzionatorio giustifica la compensazione integrale delle spese sia del giudizio di merito che di quello di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo, assorbiti gli altri, cassa il provvedimento impugnato e decidendo nel merito accoglie l’opposizione annullando il provvedimento sanzionatorio opposto e compensa integralmente le spese del giudizio di merito e di quello di legittimità.