Il coadiutore va retribuito secondo le tariffe professionali?

Il decisum in commento affronta il tema della liquidazione del compenso spettante al coadiutore del curatore fallimentare. Nello specifico si tratta di stabilire se, l’opera di un consulente del lavoro, della quale si avvale la curatela, per provvedere ai complessi adempimenti connessi alla gestione del personale durante il periodo di esercizio provvisorio di un’azienda fallita, vada, o meno, retribuita sulla base delle tariffe professionali.

E, i Giudici della Prima sezione Civile di piazza Cavour, con la sentenza n. 9781 depositata il 12 maggio 2016, dopo aver precisato in primis , che l’attività del coadiutore esula dalla mera consulenza tecnica e si sostanzia, piuttosto, in una funzione integrativa, di collaborazione e di assistenza del curatore, precisano, conformandosi ad un costante orientamento di legittimità v., ex multis , Cass. 10143/11 , che per valutare se il consulente del lavoro abbia o meno percepito un compenso adeguato al lavoro svolto, non bisognerà far riferimento alle tariffe professionali, ma a quelle giudiziali, in base alle quali si liquidano gli oneri spettanti ai coadiutori nella specie, in particolare, all’art. 10 del d.m. 30.5.2002, che per la perizia o la ctu in materia di accertamento di retribuzioni o contributi previdenziali e ogni altra questione in materia di rapporto di lavoro prevede un onorario variabile da € 145,12 ad € 582,05 per ciascuna posizione lavorativa . Il fatto. Il caso di specie origina dall'impugnazione per cassazione presentata da un consulente del lavoro avverso il decreto con cui il Tribunale di Roma aveva rigettato il reclamo proposto dal professionista medesimo avverso il decreto del giudice delegato che gli aveva riconosciuto un compenso determinato non già sulla base delle tariffe professionali, bensì in via equitativa. In particolare, il giudice capitolino, ritenendo che il provvedimento con il quale il giudice delegato aveva autorizzato il curatore ad avvalersi dell’opera di un consulente del lavoro fosse nullo, in quanto non indicava né l’oggetto, né la durata dell’incarico, aveva comunque rilevato che, poiché la prestazione era stata resa, il compenso andasse tuttavia riconosciuto, e che, versandosi in fattispecie equiparabile a quella dell’arricchimento senza causa, dovesse essere liquidato, appunto, in via equitativa. Avverso quest’ultima decisione il professionista proponeva quindi ricorso per cassazione facendo valere due distinti motivi di censura. In particolare, il ricorrente, con il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 32, secondo comma, l.fall., contestando che il provvedimento di nomina del giudice delegato potesse ritenersi nullo per la sua genericità. E, gli Ermellini, accolgono il gravame de quo , chiarendo che l’attività del coadiutore esula da una mera consulenza tecnica, sostanziandosi, invece, in una funzione integrativa, di collaborazione e di assistenza del curatore, che va compensata non secondo le tariffe professionali, bensì sulla base delle tariffe giudiziali. La Suprema Corte cassa quindi il provvedimento impugnato e rinvia al Tribunale di Roma in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Il coadiutore collabora col curatore nell’interesse della massa. L’art. 32, secondo comma, l.fall., disciplina la figura del coadiutore, che è un ausiliario, più che del curatore, della massa in quanto presta un’opera integrativa dell’attività del curatore con compiti inerenti ad un determinato settore o a specifici aspetti dell’intera procedura concorsuale. E’ tradizionalmente qualificato coadiutore il consulente del lavoro. La nomina del coadiutore, quindi, risponde ad un’esigenza della procedura nel cui interesse questo soggetto svolge la sua attività. L’ipotesi più ricorrente è quella di una collaborazione prestata al curatore nell’interesse della massa in attività intellettuali o materiali, complesse e gravose per qualità e quantità, nelle quali egli non abbia specifiche competenze, quindi in singole operazioni o per lo più in un complesso indeterminato di operazioni che non attengono, almeno strettamente, alle sue attribuzioni. Nella specie, difatti, poiché era stato disposto l’esercizio provvisorio dell’azienda, si rendeva necessaria l’opera di un consulente del lavoro per provvedere a complessi adempimenti quali, ad esempio, la predisposizione delle buste paga, nonché i rapporti con gli enti previdenziali. La nomina del coadiutore dopo la riforma del 2006 viene autorizzata dal comitato dei creditori. L’autorizzazione del comitato dei creditori, prefigurata in luogo di quella che l’abrogato secondo comma dell’art. 32, l.fall., riservava al giudice delegato, è volta a consentire in via preventiva il riscontro dell’opportunità, della convenienza della nomina di siffatto ausiliario, tenuto conto che il relativo compenso è destinato a gravare in prededuzione. Il potere di revocargli l’incarico, ai sensi dell’art. 25, primo comma, n. 4, l.fall., è, viceversa, riservato al giudice delegato del resto i compiti demandati al coadiutore rispondono all’interesse della procedura. L’attività del coadiutore esula dalla mera consulenza tecnica. Il coadiutore è dunque una sorta di vice” del curatore ed è assimilabile al profilo del consulente tecnico. Invero, l’attività del coadiutore esula dalla mera consulenza tecnica e si sostanzia, piuttosto, in una funzione integrativa, di collaborazione e di assistenza del curatore. Il compenso del coadiutore deve essere determinato in base alle tariffe giudiziali. Il giudice provvede, su proposta del curatore, alla liquidazione del compenso del coadiutore con decreto reclamabile e ricorribile per cassazione. Il relativo onere è a carico della massa. Il compenso al coadiutore si ritiene liquidabile in base alla tariffa giudiziaria ed alle tabelle previste dal d.m. 30.05.2002, stabilite per gli ausiliari del giudice. Difatti, il coadiutore del curatore fallimentare, la cui opera è integrativa dell’attività della curatela, svolgendo funzioni di collaborazione e di assistenza nell’ambito e per gli scopi della procedura concorsuale, assume la veste di ausiliario del giudice pertanto il suo compenso deve essere determinato in base alla tariffa giudiziale prevista per i periti e i consulenti tecnici, e non alla tariffa professionale, la quale va invece applicata allorché si sia instaurato un vero e proprio rapporto di lavoro autonomo, essendo stato il professionista officiato dal fallimento per svolgere la propria opera in determinate attività ed operazioni. Ciò in quanto il coadiutore svolge un’attività di collaborazione ed assistenza nell’ambito e per gli scopi propri della procedura, rientranti sotto il dominio delle competenze e delle attribuzioni del curatore, lì dove, invece, il professionista officiato di una prestazione di lavoro autonomo opera, per differenza, in ogni altro settore, allorché il fallimento per la soluzione di problemi ulteriori ed eventuali necessiti, appunto, di un’attività di tipo specialistico che il curatore non è chiamato ad espletare e di cui, pertanto, non risponde in via diretta. Le tabelle previste dal d.m. 30.05.2002 per gli ausiliari del giudice fanno riferimento alle tariffe professionali. Le tabelle sono redatte con riferimento alle tariffe professionali esistenti, eventualmente concernenti materie analoghe, contemperate con la natura pubblicistica dell’incarico, ex art. 50, secondo comma, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. La disposizione, dunque, mira a retribuire adeguatamente l’ausiliare, impedendo che il suo compenso, in sede giudiziale, possa essere del tutto disancorato dalle tariffe professionali applicabili e ciò non soltanto allo scopo di evitare un’eccessiva sperequazione tra il compenso realizzabile dal professionista nel libero mercato e, quale ausiliare, in sede giudiziale, ma anche al fine di evitare che la modestia dei compensi possa determinare un complessivo scadimento qualitativo della categoria degli ausiliari del giudice.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 24 marzo – 12 maggio 2016, n. 9781 Presidente Nappi – Relatore Cristiano Svolgimento del processo Il Tribunale di Roma, con decreto impropriamente denominato ordinanza dei 16,4.010, ha respinto il reclamo ex art. 26 I. fall, proposto dal rag. N.B. contro il decreto con il quale il giudice delegato al Fallimento della E.D.A. s.p.a. gli aveva liquidato il compenso professionale per l'attività di consulente dei lavoro svolta in favore della procedura. II tribunale ha premesso che il provvedimento con il quale il G.D. aveva autorizzato il curatore ad avvalersi dell'opera di un consulente del lavoro era nullo, in quanto non indicava né l'oggetto, né la durata dell'incarico ha tuttavia rilevato che, poiché la prestazione era stata resa, il compenso andava comunque riconosciuto, e che, versandosi in fattispecie equiparabile a quella dell'arricchimento senza causa, doveva essere determinato non sulla base delle tariffe professionali, ma in via equitativa e poteva essere riconosciuto nella misura già liquidata, che appariva congrua tenuto conto delle prestazioni eseguite dal reclamante. II decreto è stato impugnato da N.B. con ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Fallimento intimato non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione dell'art. 32, 2° comma, I. fall., contesta che il provvedimento di nomina del G.D. potesse ritenersi nullo per la sua genericità. Rileva che l'autorizzazione data dal giudice al curatore alla nomina di esperto lavorista era stesa in calce all'istanza con la quale l'organo di gestione della procedura aveva fatto presente che, poiché era stato disposto l'esercizio provvisorio dell'azienda della EDA, si rendeva necessaria l'opera di un consulente del lavoro per provvedere ai complessi adempimenti predisposizione buste paga, rapporti con enti previdenziali ecc. connessi alla gestione dei numerosi dipendenti della società per il periodo strettamente occorrente alla ricerca di un affittuario e che pertanto la natura, l'oggetto e la durata dell'incarico dovevano ritenersi individuati per relationem. I1 motivo è fondato. Va escluso, in primo luogo, che possa ritenersi nullo, per genericità, il provvedimento del G.D. che autorizza il curatore, ai sensi dell'art. 32, 2° comma, I. fall. alla nomina di un coadiutore. L'attività del coadiutore esula infatti dalla mera consulenza tecnica e si sostanzia, piuttosto, in una funzione integrativa, di collaborazione e di assistenza dei curatore Cass. n. 1568105 , che deve pertanto necessariamente intendersi riferita a tutti i compiti che quest'ultimo è chiamato a svolgere nella determinata materia per la quale è autorizzato ad avvalersi dell'opera dell'ausiliario. Il tribunale, inoltre, ha omesso di considerare che nella specie il provvedimento autorizzativo del giudice delegato accoglieva una specifica istanza del curatore nel provvedimento, pertanto, l'oggetto e la durata dell'incarico conferito al coadiutore risultavano chiaramente individuati per relationem, ovvero con riguardo al contenuto dell'istanza, nella quale si specificava che la collaborazione di un consulente dei lavoro si rendeva necessaria per tutti gli adempimenti connessi alla gestione dei personale durante il periodo di esercizio provvisorio dell'azienda della fallita. Il tribunale ha dunque palesemente errato nel ritenere che il compenso spettante al reclamante dovesse essere liquidato in via equitativa, a titolo di indebito arricchimento. Il provvedimento impugnato deve pertanto essere cassato ed il procedimento rinviato al Tribunale di Roma, in diversa composizione, che regolerà anche le spese di questo giudizio di legittimità. Va tuttavia precisato che il giudice del rinvio, nel valutare se il ricorrente abbia o meno percepito un compenso adeguato al lavoro svolto, non dovrà far riferimento alle tariffe professionali, ma a quelle giudiziali, in base alle quali si liquidano gli onorari spettanti ai coadiutori Cass. nn. 101431011, 1568105 nella specie, in particolare, all'ari. 10 del D.M.30.5.2002, che per la perizia o la ctu in materia di accertamento di retribuzioni o contributi previdenziali e ogni altra questione in materia di rapporto di lavoro prevede un onorario variabile da € 145,12 ad € 582,05 per ciascuna posizione lavorativa. Resta assorbito il secondo motivo del ricorso. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso nei sensi di cui in motivazione e dichiara assorbito il secondo cassa il provvedimento impugnato e rinvia al Tribunale di Roma in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di legittimità.