La banca non è obbligata a restituire quanto ha regolarmente riscosso

Il decisum in commento affronta il tema dell’intangibilità dei pagamenti legittimamente eseguiti. Nello specifico si tratta di stabilire se, un istituto di credito debba o meno restituire alla massa, per violazione della par condicio creditorum, dei pagamenti regolarmente percepiti nel corso di un concordato preventivo poi risoltosi in fallimento.

I giudici della Prima sezione civile di piazza Cavour, con la sentenza n. 509 depositata il 14 gennaio 2016, conformandosi all’orientamento dominante di legittimità ex multis , Cass., 16738/2014 ribadiscono il principio per cui in caso di risoluzione del concordato preventivo e di conseguente dichiarazione di fallimento, in applicazione analogica del principio sancito dall’art. 140, comma 3, l. fall., in tema di concordato fallimentare – secondo cui i creditori anteriori alla riapertura della procedura fallimentare sono esonerati dalla restituzione di quanto hanno riscosso in base al concordato risolto o annullato, sempre che si tratti di riscossioni valide ed efficaci e non di riscossioni cui essi non avevano diritto – sono privi di efficacia quegli atti che, pur trovando la loro ragione d’essere nella procedura concordataria, siano divenuti estranei alla finalità dell’istituto, in quanto eseguiti al di là dei limiti stabiliti nella sentenza di omologazione o in violazione del principio della par condicio creditorum ” e dell’ordine delle prelazioni. Il fatto. Il caso di specie origina dall'impugnazione per cassazione presentata da un istituto di credito avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina, con la quale, accogliendo il ricorso del Fallimento Alfa s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale della stessa città, riconosceva che, una volta risolto il concordato preventivo, cui la predetta società era stata ammessa e conseguentemente dichiarato il fallimento della medesima, taluni pagamenti effettuati in esecuzione della prima procedura non mantenevano in concreto la loro efficacia, dovendosi invero, accogliendo la domanda di restituzione, fare applicazione dell’art. 2033 c.c., in correlazione all’art. 140 l. fall. ed alla corrispondente eccezione di cui all’art. 3. In particolare, la Corte territoriale riteneva, richiamando l’applicazione analogica dell’art. 140, comma 3, l. fall., già esclusa dal Tribunale e dunque la superabilità del principio della conservazione dei pagamenti regolarmente disposti e percepiti, che la violazione della par condicio creditorum , invocata a suffragio della restituzione, era affermabile avuto riguardo alla somma di Lire 32.615.204 percepiti dalla banca, creditore chirografario ma a differenza di altri creditori di pari rango, invece non soddisfatti e anche di creditori privilegiati, come emerso dalla sentenza, passata in giudicato, di risoluzione del concordato e conseguente dichiarazione di fallimento. Di avviso contrario gli Ermellini, che, con il decisum in rassegna, ritengono non corretta la configurazione fatta propria dalla sentenza impugnata, tenuto conto che la mancanza di obbligo a a restituire quantoriscosso”, ex art. 140, comma 3, l. fall. – e per converso la verifica delle circostanze solutorie in cui si versi al di fuori di tale esonero – non rinvia ad una locuzione agilmente armonizzabile con il diritto di ripetere” ciò che è stato pagato e non dovuto” di cui all’art. 2033 c.c., non potendosi discorrere di pagamenti vietati in punto di validità per coloro che li hanno ricevuti, stante l’attuazione di essi in conformità allo statuto di creditori ammessi al passivo nel concordato fallimentare ovvero non contestati nel concordato preventivo e per mano dell’organo concorsuale o con il suo controllo. Il Supremo Collegio accoglie, quindi, il ricorso proposto dall’istituto di credito e, decidendo nel merito, rigetta la domanda come proposta dal controricorrente Fallimento. Il principio della conservazione dei pagamenti regolarmente disposti e percepiti. L’art. 140, comma terzo, l. fall. prevede, con riguardo al concordato fallimentare, che i creditori anteriori alla riapertura della procedura fallimentare siano esonerati dalla restituzione di quanto hanno riscosso in base al concordato risolto o annullato, sempre che si tratti di riscossione valide ed efficaci e non di riscossioni cui essi non avevano diritto. L’intangibilità dei pagamenti legittimamente eseguiti. Il valore dell’intangibilità dei pagamenti endoconcorsuali, con la salvezza di ogni altra azione civilistica o di responsabilità anche penale in capo a coloro che ne abbiano permesso l’attuazione in spregio delle norme organizzative della par condicio creditorum , ad iniziare dal rispetto delle cause legittime di prelazione, costituisce un riferimento tanto più intenso avendo riguardo alla sussistenza, anche nel concordato preventivo, di autonome ipotesi di inefficacia cosiddetta interna, disciplinate dagli artt. 167-168 ed ora anche 161 l. fall La violazione della par condicio creditorum nel concordato preventivo. Il legale rappresentante di un’impresa in concordato non ha la facoltà di procedere al pagamento di debiti pregressi tali atti solutori integrano, difatti, violazioni della par condicio creditorum , tenuto conto che prima dell’omologazione del concordato, sussiste, in capo all’impresa debitrice, il divieto di eseguire pagamenti principio, questo, che si desumeva già in passato dalla disposizione contenuta nell’art. 168 l. fall., a mente della quale dalla data di presentazione del ricorso e fino al momento in cui il decreto di omologazione diventa definitivo i creditori per titolo o causa anteriore all’ammissione alla procedura non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. Per parte sua la giurisprudenza affermava da tempo v. Cass., 10620/1990 che, dopo l’ammissione alla procedura concorsuale, non è precluso il pagamento dei debiti pregressi, previa autorizzazione del giudice delegato, solo se ed in quanto esso sia indirizzato al risanamento dell’impresa nell’interesse della massa, di conseguenza dopo l’ammissione alla procedura del concordato preventivo non sono consentiti pagamenti lesivi della par condicio creditorum , nemmeno se realizzati attraverso compensazioni di debiti sorti anteriormente con crediti realizzati in pendenza della procedura concorsuale. E più di recente il Supremo Collegio v. Cass., 4234/2006 aveva ribadito anche che i debiti sorti prima dell’apertura della procedura di concordato preventivo, ai sensi dell’art. 168 l.fall., non sono mai estinguibili al di fuori del concorso. Le azioni recuperatorie sono fatte valere dal curatore. Le azioni recuperatorie sono tutte quelle attività che il curatore pone in essere nei confronti di terzi che hanno interagito con il soggetto fallito e che, attraverso determinati comportamenti, hanno contribuito a diminuire il valore del patrimonio arrecando quindi ai creditori concorsuali un danno. La funzione delle azioni recuperatorie attuate dal curatore è di ottenere un ristoro del denaro e quindi sostanzialmente recuperare la perdita di valore che ha subito per tale causa. Nel caso che qui ci occupa l’azione recuperatoria era stata esperita per la violazione sostanziale dell’ordine dei pagamenti concordatizi. Si tratta cioè di situazioni che sottraggono causa al pagamento, già disposto con il concorso degli organi della procedura e non colpito da altro rilievo di irregolarità, divenendo dunque esso, nella successiva apertura del fallimento, come nella specie, inefficace, ma non in quanto oggettivamente non dovuto, né perché l’azione già fosse nel patrimonio dell’insolvente, ma in quanto il riconoscimento della sua avvenuta difformità rispetto ai canoni legali di soddisfacimento concordatario viene fatto valere dal curatore, a vantaggio di tutti i creditori e ad invocazione della sua inefficacia rispetto a questi. In conclusione, pertanto, l’istituto di credito de quo non deve restituire la somma incamerata regolarmente percepita.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 11 novembre 2015 – 14 gennaio 2016, numero 509 Presidente Ceccherini – Relatore Ferro Fatto e diritto Banco di Sicilia s.p.a. impugna la sentenza App. Messina 26.5.2008 numero 298/08 che, nell'accogliere l'appello del fallimento Moi Moschella s.p.a. avverso la sentenza Trib. Messina 13.9.1993, riconosceva che, una volta risolto il concordato preventivo cui la società era stata ammessa e conseguentemente dichiarato il fallimento della medesima, con sentenza 6.2.1991 , taluni pagamenti effettuati in esecuzione della prima procedura non mantenevano in concreto la loro efficacia, dovendosi invero — accogliendo la domanda di restituzione - fare applicazione dell'articolo 2033 cod.civ., in correlazione all'arti40 l.f. ed alla corrispondente eccezione di cui al co.3. Ritenne la corte d'appello, richiamando l'applicazione analogica dell'articolo 140 co.3 l.f. già esclusa dal tribunale e dunque la superabilità del principio della conservazione dei pagamenti regolarmente disposti e percepiti, che la violazione della par condido creditorum — invocata a suffragio della restituzione — era affermabile avuto riguardo alla somma di L. 32.615.204 percepiti dalla banca, creditore chirografario ma a differenza di altri creditori di pari rango, invece non soddisfatti e anche di creditori privilegiati, come emerso dalla sentenza, passata in giudicato, di risoluzione del concordato e conseguente dichiarazione di fallimento. Era poi da respingere l'eccezione dell'appellata in punto di prescrizione dell'azione introdotta il 5.11.1997 , che non corrispondeva infatti alla previsione dell'iniziativa di cui all'articolo 67 l.f., dovendo piuttosto questa ricondursi all'ordinaria azione di ripetizione di cui all'articolo 2033 cod.civ. La condanna era perciò disposta per il pagamento della citata somma, oltre gli interessi di legge dalla prima richiesta di restituzione 29.7.1992 . Il ricorso è affidato a due motivi, ad esso resiste con controricorso la curatela. I fatti rilevanti della causa e le ragioni della decisione Con il primo motivo il ricorrente, invocando sia il vizio di motivazione che la violazione di legge quanto agli articolo 2033 cod.civ. e 67 l.f., deduce che la corte erroneamente ha trascurato che la lesione della par condido creditorum sarebbe stata indice di un'azione promossa come revocatoria fallimentare e come tale prescritta, né potendosi ipotizzare un pagamento non dovuto se effettuato da un organo concorsuale. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge ai sensi degli articolo 140 è 186 l.f. 2909 cod.civ., ove la sentenza ha erratamente omesso di riflettere sulla fattispecie esaminata il valore quanto meno interpretativo assunto dalle modifiche all'articolo 67 l.f. recate dal d.l. numero 35 del 2005, conv. nella l. numero 80 del 2005, ove vieta la revocabilità dei pagamenti in esecuzione del concordato preventivo. 1. Il primo motivo è in una prima parte inammissibile e per altra parte fondato. Il primo limite si connette alla violazione del principio per cui, in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la congiunta proposizione di doglianze ai sensi dei numeri 3 e 5 dell’articolo 360 cod. proc. civ., salvo che non sia accompagnata dalla formulazione, per il primo vizio, del quesito di diritto, nonché, per il secondo come nella specie non avvenuto , dal momento di sintesi o riepilogo, in forza della duplice previsione di cui all'articolo 366-bis cod. proc. civ. applicabile ratione temporis alla fattispecie, sebbene abrogato dall'articolo 47 della legge 18 giugno 2009, numero 69 . Nella vicenda, peraltro, la residua res litigiosa appare circoscritta alla natura dell'azione svolta dalla curatela ed accolta dal giudice dell'appello, ai fini della più corretta qualificazione in funzione della tempestività del suo esercizio, contestata anche in questa sede dalla parte perché pretesamente prescritta. Non viene invece affrontato nell'impugnazione, per come coordinata alla necessaria puntualizzazione contestativa che va assunta dal quesito di diritto, il. profilo del fondamento della disposta restituzione del pagamento ricevuto, con riguardo alla sua contraddittorietà rispetto alla regolarità dei pagamenti che dovrebbe informare anche l'attuazione del concordato preventivo. 2. Si da dunque conto che il giudizio di fatto espresso dalla corte d'appello sul materiale probatorio richiamato - essenzialmente le sentenze rese sulla risoluzione del concordato e la dichiarazione di fallimento — ha permesso l'applicazione del principio, qui condiviso, della deroga al canone dell'irripetibilità per i pagamenti che, eseguiti in corso di concordato e in sua esecuzione, abbiano alterato le regole ripartitorie dettate all'insegna della par condido creditorum ovvero dell'ordine legittimo delle cause di prelazione. È invero incontestato come l'esame della sentenza impugnata si sia diffuso sulle citate sentenze di risoluzione del concordato preventivo, integranti altresì la dichiarazione di fallimento di Moi Moschella s.p.a. e che la Corte d'appello di Messina, nell'analizzarle, abbia con chiarezza indicato quali ivi rinvenute e decisive le ragioni per le quali la pacifica constatazione dell'avvenuto pagamento solo in parte di crediti anche privilegiati e in corso di concordato preventivo oltre che di chirografi, come quello della banca avrebbe deposto per una seria alterazione dell'ordine delle cause di prelazione e comunque per una violazione della par condido creditorum . Va condiviso perciò l'accostamento al principio per cui In caso di risoluzione del concordato preventivo e di conseguente dichiarazione di fallimento, in applicazione analogica del principio sancito dall’articolo 140, terzo comma, legge fall., in tema di concordato fallimentare - secondo cui i creditori anteriori alla riapertura della procedura fallimentare sono esonerati dalla restituizione di quanto hanno riscosso in base al concordato risolto o annullato, sempre che si tratti di riscossioni valide ed efficaci e non di riscossioni cui essi non avevano diritto - sono privi di efficacia quegli atti che, pur trovando la loro ragione d'essere nella procedura concordataria, siano divenuti estranei alle finalità dell'istituto, in quanto eseguiti al di là dei limiti stabiliti nella sentenza di omologazione o in violazione del principio della par candido creditorum e dell'ordine delle prelazioni. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza, impugnata per non avere rilevato l'esistenza di pagamenti illegittimamente effettuati in favore di creditori chirografari senza il previo soddisfacimento di creditori privilegiati quali l'INPS e l'Esattoria comunale, per come facilmente evincibile dalla stessa sentenza di risoluzione del concordato preventivo Cass. 16738/2014,17059/2007,10938/1999, 3943/1976, 828/1965 . 3. Si tratta peraltro di un'azione che, pur non appartenendo in senso stretto a quelle di revocatoria fallimentare di cui al sistema degli articolo 66-67 l.f. , da esse si differenzia per una semplificazione in punto di elementi costitutivi, apparendo invero e tra essi la prova dell'insolvenza non necessaria e tuttavia, proprio per il relativo rinvenimento quale ispirata ad un'eccezione alla stabilità delle riscossioni enunciata come principio espresso all'articolo 140 l.f. per il concordato fallimentare e addirittura configurata solo in via giurisprudenziale alla luce di un'esigenza di armonizzazione con i pagamenti avvenuti nel concordato preventivo, essa impone una lettura indubbiamente restrittiva dei suoi presupposti operativi. Da essi occorre pertanto muovere per una aggiornata qualificazione dell'istituto in concreto esperito dal curatore nella fattispecie. 4. Il valore della intangibilità dei pagamenti endoconcorsuali, con la salvezza di ogni altra azione civilistica o di responsabilità anche penale in capo a coloro che ne abbiano permesso l'attuazione in spregio alle sopra citate norme organizzative della par condido creditorum , ad iniziare dal rispetto delle cause legittime di prelazione, costituisce - va ricordato - un riferimento tanto più intenso avendo riguardo alla sussistenza, anche nel concordato preventivo, di autonome ipotesi di inefficacia c.d. interna, disciplinate dagli articolo 167 - 168 ed ora anche 161 l.f. , nella vicenda non attinte da specifico dibattito. In giudizio infatti l'azione recuperatoria è stata promossa dal curatore, che ha fatto valere - per quel che qui rileva e sulla base dei citati limiti dell'oggetto della controversia - la violazione sostanziale dell'ordine dei pagamenti concordatizi. Ciò permette di precisare che l'azione esperita certamente nasce dalla dichiarazione di fallimento conseguente alla risoluzione del concordato preventivo, è esercitabile esclusivamente a vantaggio della massa dei creditori così costituita, circoscrive la legittimazione al solo organo concorsuale, non potendosi pertanto prospettare con essa piuttosto la diversa necessità di procedere alla ripetizione di un indebito oggettivo, posto che la reazione ordinamentale a quei pagamenti non fuoriusciva comunque, in ogni caso, dalla declaratoria di inefficacia. Ritiene dunque il Collegio non corretta la configurazione fatta propria dalla sentenza impugnata, tenuto conto che la mancanza di obbligo a restituire quanto riscosso ex articolo 140 co.3 l.f. — e per converso la verifica delle circostanze solutorie in cui si versi al di fuori di tale esonero - non rinvia ad una locuzione agilmente armonizzabile con il diritto di ripetere ciò che è stato pagato e non dovuto di cui all'articolo 2033 cod.civ., non potendosi discorrere di pagamenti vietati in punto di validità per coloro che li hanno ricevuti, stante l'attuazione di essi in conformità allo statuto di creditori ammessi al passivo nel concordato fallimentare ovvero non contestati nel concordato preventivo e per mano dell'organo concorsuale o con il suo controllo. 5. Tale osservazione induce a riconoscere nello strumento attivato un'identità di ratio rispetto alle azioni revocazione di cui all'articolo 66-67 l.f., con inevitabile e mero rimando ad un più vasto genus di azioni costitutive volte a far dichiarare, come le prime, situazioni di inefficacia ed in questo senso potendosi evolvere quanto statuito da Cass. 10938/1999 Si può cioè partire dall'affermazione di oggettiva ripetibilità derivante dalla caducazione del titolo della prestazione percepita , precisando però che il suo fondamento - conseguente a un'eccezione alla primaria regola della stabilità delle riscossioni ai sensi del cit. articolo 140 co.3 l.f., nel testo richiamato ratione temporis dal congegno di funzionamento ravvisato quale operante anche nell'articolo 186-137 l.f., una relazione che ha il suo adeguato contrappeso nella allocazione dell'onere della prova, gravante sulla curatela circa detta ingiustizia - presuppone che la perdita di titolo alla conservazione, nel successivo fallimento, di quanto ricevuto in via solutoria nel concordato preventivo nella specie, di garanzia e risolto si correli da un lato alla natura concordataria del credito soddisfatto e dall'altro all'incidenza che il pagamento abbia determinato nella sequenza d'ordine delle cause di prelazione mediante posposizioni senza ragione ovvero omissioni o disparità adempitive ovvero nel rispetto più piano della par condicio creditorum tra crediti chirografari, aventi tutti diritto al medesimo trattamento . Si tratta cioè di situazioni che sottraggono causa al pagamento, già disposto con il concorso degli organi della procedura e non colpito da altro rilievo di irregolarità, divenendo dunque esso, nella successiva apertura del fallimento come nella specie inefficace, ma non in quanto oggettivamente non dovuto, né perché l'azione già fosse nel patrimonio dell'insolvente, ma in quanto il riconoscimento della sua avvenuta difformità rispetto ai canoni legali di soddisfacimento concordatario - che, anche nel regime ante riforma del 2005 e salva dimostrazione della alternativa giustificabile preferenzialità, dovevano essere rispettati - viene fatto valere dal curatore, a vantaggio di tutti i creditori e ad invocazione della sua inefficacia rispetto a questi. Nella fattispecie, proprio gli accertamenti alla base della sentenza risolutiva del citato concordato con garanzia, cui era stata ammessa Moi Moschella s.p.a., documentavano — tra le cause di cessazione anomala della procedura minore — le citate violazioni, rilevando per esse e nella nuova sede fallimentare il fatto in sé dell'adempimento disparitario e preferenziale, sufficiente ad integrare un giudizio di non coerente esecuzione in concreto del concordato, ed in questo limitato senso manifestandosi l'assenza di titolo alla retentio in capo al creditore in quel modo soddisfatto, non in se stessa ma unicamente per effetto dell'esercizio dell'azione promossa dal curatore si tratta dunque di un'iniziativa a valenza costitutiva e a finalità recuperatoria dell'attivo finale su cui far valere il concorso, come da destinazione mancata in precedenza. 6. Ciò permette di ritenere che la natura di siffatta contestazione giudiziaria, ad opera della parte che agisce per infirmare la stabilità dei pagamenti, altrimenti destinati a consolidarsi, attiene ad un'azione prescrivibile non nell'ordinario decennio ai sensi dell'articolo 2946 cod.civ., bensì nel quinquennio già posto in via generale per tutte le azioni revocazione anche sulla base dell'articolo 2903 cod.civ., cfr. Cass. 605/2013, 13244/2011, 15960/2007 ed ora divenuto termine di decadenza, alla stregua di quanto sancito dall'articolo 69-bis l.f., introdotto dall'articolo 55 d.lgs. 9 gennaio 2006, numero 5, inapplicabile alla specie ratione temporis . Va inoltre rilevato che proprio la possibilità che il pagamento sia oggetto di declaratoria d'inefficacia con dies a quo , ai fini del calcolo della prescrizione, da quando l'azione può essere promossa ex articolo 2935 cod.civ., dunque dall'instaurazione della carica curatoriale, comunque incide in modo gravoso sull'aspettativa di conservazione di quanto ricevuto, costituendo essa circostanza che ulteriormente rafforza l'opzione qui seguita, la solerzia del curatore dovendo pertanto contribuire alla definizione in tempi ragionevoli del quadro di stabilità delle riscossioni, principio che è certamente identico anche per il concordato preventivo e che il ricorso all'analogia può vulnerare solo secondo un'interpretazione condotta con rigore. L'accoglimento del primo motivo implica altresì l'assorbimento del secondo. Ne deriva che, accogliendo il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, la conseguente cassazione della sentenza impugnata permette altresì la decisione nel merito, con il rigetto della domanda, perché esperita dal curatore, senza che il giudizio esiga in questa sede ulteriori accertamenti, oltre il termine di prescrizione quinquennale. La peculiarità della vicenda e l'evoluzione dei principi applicati sul punto giustificano l'integrale compensazione tra le parti delle spese dell'intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, come da parte motiva, dichiara assorbito il secondo, cassa e, decidendo nel merito, rigetta la domanda come proposta dal controricorrente Fallimento dichiara la integrale compensazione della spese dell'intero giudizio fra le parti.