Sanzioni amministrative bancarie: mai fuori tempo massimo

L’inosservanza del termine di conclusione del procedimento amministrativo di cui alla Legge 7 agosto 1990 n. 241 non comporta l’invalidità del provvedimento sanzionatorio previsto dal TUB.

Lo ha affermato la Corte Suprema di Cassazione, con sentenza n. 25142 depositata in data 14 dicembre 2015. Sanzioni della Banca d’Italia ai vertici di un istituto di credito. La Suprema Corte rigetta il ricorso promosso dagli amministratori e sindaci di un istituto di credito destinatari di sanzioni amministrative inflitte dal Direttorio della Banca d’Italia a seguito di alcune irregolarità riscontrate in ordine allo svolgimento dell’attività bancaria. Le ragioni del contendere. I ricorrenti chiedono l’annullamento del provvedimento sanzionatorio poiché sarebbe stato adottato dal Direttorio della Banca d’Italia in violazione dei termini procedimentali di cui agli artt. 14 e 18 l. n. 689/1991, artt. 2, 4, 5 e 7 l. n. 241/1990, nonché delle connesse norme regolamentari emesse dalla Banca d’Italia ai sensi dell’art. 145 TUB. L’incompatibilità dell’art. 2 l. n. 241/90 con i procedimenti regolati dalla l. n. 689/81. Richiamando l’insegnamento delle Sezioni Unite n. 9591/2006 la Corte di Cassazione ribadisce che la disposizione di cui all’art. 2, comma 3, l. n. 241/90 tanto nella sua originaria formulazione secondo cui il procedimento amministrativo deve essere concluso entro il termine di 30 giorni, quanto in quella risultante dalla modifica apportata dall’art. 36- bis d.l. n. 35/05, convertito dalla l. n. 80/05 secondo cui detto termine è pari a 90 giorni è incompatibile con i procedimenti regolati dalla l. n. 689/81 ciò in quanto quest’ultima costituisce un sistema di norme organico che delineano un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi i cui tempi sono regolati in modo da non consentire – anche nell’interesse dell’incolpato – il rispetto di un termine così breve. L’irrilevanza dei vizi del procedimento amministrativo rispetto alle sanzioni amministrative in materia finanziaria. Osserva al riguardo la Corte di Cassazione che, per effetto dell’art. 21- octies , comma 2, l. n. 241/90, gli eventuali vizi del procedimento amministrativo previsto dall’art. 195 TUF innanzi alla CONSOB non sono rilevanti in ragione tanto della natura vincolata del provvedimento sanzionatorio, quanto della non modificabilità del suo contenuto. Tale disposizione, introdotta dall’art. 14 l. n. 15/05, ha carattere processuale ed è pertanto applicabile, con effetto retroattivo, anche ai giudizi di opposizione in corso, ancorché promossi in epoca successiva alla sua emanazione cfr. Sezioni Unite nn. 20929/2009 e 20935/2009 . Muovendo da tale presupposto l’eventuale inosservanza del termine di conclusione del procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative non comporta l’illegittimità del provvedimento finale trattandosi di vizio che non influisce sul diritto di difesa Cass. n. 1065/2014 . L’irrilevanza dei vizi del procedimento amministrativo rispetto alle sanzioni amministrative in materia bancaria. La Corte di Cassazione, ritenuto che le valutazioni ed i principi di cui sopra trovino applicazione anche in materia di sanzioni amministrative previste dal TUB, conclude il proprio ragionamento statuendo che i provvedimenti sanzionatori di cui al TUF ed al TUB sono atti a contenuto vincolato sicché l’eventuale inosservanza del termine di conclusione del procedimento amministrativo previsto dalla Legge e dai regolamenti non ne comporta l’invalidità.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 20 novembre – 14 dicembre 2015, n. 25142 Presidente Bucciante – Relatore Giusti Ritenuto in fatto 1. - Con deliberazione in data 4 giugno 2010, il Direttorio della Banca d'Italia concludeva la procedura sanzionatoria amministrativa ai sensi del testo unico bancario riguardante l'attività della Banca Popolare Valle d'Itria e Magna Grecia con riferimento alle seguenti irregolarità 1 patrimonio di vigilanza inferiore al minimo richiesto per l'autorizzazione allo svolgimento dell'attività bancaria da parte dei componenti il consiglio di amministrazione e il collegio sindacale, dell'ex direttore generale e del direttore generale 2 carenze nell'organizzazione e nei controlli interni, da parte dei componenti il consiglio di amministrazione 3 carenze nei controlli, da parte del collegio sindacale 4 carenze nell'istruttoria, erogazione, gestione e controllo del credito, da parte dei componenti del consiglio d'amministrazione e dell'ex direttore generale 5 carenze nella gestione del credito da parte del direttore generale 6 posizioni ad andamento anomalo e previsioni di perdite non segnalate all'organo di vigilanza, da parte dei componenti il consiglio di amministrazione e il collegio sindacale e il direttore generale 7 carenze nell'organizzazione e nei controlli interni, da parte dell'ex direttore generale e del direttore generale 8 inosservanza delle disposizioni in materia di trasparenza da parte del direttore generale. Il Direttorio, in accoglimento delle proposte formulate dalla Commissione consultiva per l'esame delle irregolarità riscontrate nell'attività di vigilanza creditizia e finanziaria, con provvedimento del 4 giugno 2010 infliggeva le seguenti sanzioni a S.G. , quale presidente del consiglio di amministrazione, la sanzione pecuniaria complessiva di Euro 60.000 a D.N. , +Altri , tutti nella qualità di componenti del consiglio di amministrazione, per ciascuno di essi, la sanzione pecuniaria di Euro 45.000 a M.F. , nella qualità di ex direttore generale, la sanzione pecuniaria complessiva di Euro 30.000 a G.S. , quale direttore generale, la sanzione pecuniaria complessiva di Euro 10.324 a M.S. , M.A. , M.M. , A.R. e P.F. , tutti nella qualità di componenti del collegio sindacale, per ciascuno di essi, la sanzione pecuniaria complessiva di Euro 30.000. S.G. , +Altri proponevano opposizione contro il provvedimento sanzionatorio con ricorso notificato il 5 agosto 2010 e depositato il 2 settembre 2010. I ricorrenti lamentavano, con il primo motivo, che il provvedimento sanzionatorio era stato tardivamente adottato oltre 240 giorni dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle controdeduzioni da parte degli incolpati, termine che andava a scadere il 31 maggio 2010. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciavano la violazione dell'art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 639. La Banca d'Italia si costituiva, resistendo. 2. - Con decreto depositato il 30 novembre 2011, la Corte d'appello di Roma ha rigettato l'opposizione e condannato gli opponenti al rimborso delle spese processuali. La Corte d'appello ha rilevato che i termini fissati da disposizioni regolamentari degli organi di vigilanza non sono idonei ad incidere stille disposizioni della legge n. 689 del 1981 che disciplinano l'attività sanzionatoria della pubblica amministrazione, per cui il mancato rispetto di detti termini non comporta, comunque, decadenza dal potere sanzionatorio. La Corte distrettuale ha inoltre affermato - con riguardo alla dedotta violazione dell'art. 18 della legge n. 689 del 1981 - che, una volta esclusa detta perentorietà, è del tutto irrilevante, in assenza di contestazione sul rispetto del termine prescrizionale di cui all'art. 28 della legge n. 689 del 1981, accertare il momento di conclusione del procedimento. 3. - Per la cassazione del decreto della Corte d'appello S.G. e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso, con atto notificato il 24 gennaio 2012, sulla base di quattro motivi. La Banca d'Italia ha resistito con controricorso. In prossimità dell'udienza i ricorrenti hanno depositato una memoria illustrativa. Considerato in diritto 1. - Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell'art. 132 cod. proc. civ., in relazione all'art. 145, comma 5, del testo unico bancario, nonché omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo del giudizio, in relazione all'art. 111 Cost. e all'art. 360 cod. proc. civ., per non avere la Corte territoriale trattato il rispetto o meno dei termini procedimenti tali di cui agli artt. 14 e 18 della legge n. 689 del 1981 e 2 della legge n. 241 del 1990. Deducono i ricorrenti di avere, con il ricorso introduttivo, contestato il rispetto di tutti i termini procedimentali, ovvero sia di quello relativo alla contestazione art. 14 della legge n. 689 del 1981 sia di quello riguardante la conclusione del procedimento sanzionatorio art. 2 della legge n. 241 del 1990 . Ad avviso dei ricorrenti, primaria incombenza della Corte d'appello era quella di accertare e decidere il rispetto o meno dei termini procedimentali, ancor prima di esprimersi in riferimento alla perentorietà o meno degli stessi termini . Il mancato esame avrebbe determinato omessa decisione su un fatto decisivo della controversia che ha costituito oggetto di specifico contrasto tra le parti. Solo all'esito la Corte territoriale avrebbe dovuto, nell'ipotesi di mancato acclarato rispetto dei termini, trattare l'argomento relativo alla perentorietà o meno dei termini medesimi. 1.1. - Il motivo è infondato. Dall'esame del ricorso in opposizione risulta per tabulas che, con esso, i ricorrenti si sono doluti del fatto che l'Autorità di vigilanza ha adottato il provvedimento sanzio-natorio finale fuori tempo massimo . Hanno sostenuto i ricorrenti con il loro libello introduttivo poiché il termine di 240 giorni assegnato al Direttorio della Banca d'Italia per l'adozione del provvedimento sanzionatorio finale decorre dalla scadenza del termine per la presentazione delle controdeduzioni da parte del soggetto che ha ricevuto per ultimo la notifica della contestazione, ciò significa che nel caso i 240 giorni vanno computati a partire dal 3 ottobre 2009 ne consegue che il provvedimento sanzionatorio della Banca d'Italia avrebbe dovuto essere assunto entro e non oltre il 31 maggio 2010, laddove, per contro, esso risulta essere stato preso il 4 giugno 2010, dunque, appunto, fuori tempo massimo . Con il secondo motivo del loro ricorso in opposizione, S.G. e gli altri litisconsorti - richiamando l'art. 18 della legge n. 689 del 1981 - hanno sostenuto che il provvedimento sanzionatorio della Banca d'Italia oggetto della presente opposizione non solo avrebbe dovuto essere adottato entro il 31 maggio 2010 quando invece lo è stato soltanto il 4 giugno successivo ma sempre entro il 31 maggio 2010 avrebbe dovuto anche essere notificato a tutti i ricorrenti . In questo contesto, è evidente che nessuna omessa decisione su un fatto decisivo della controversia è riscontrabile nella specie. La Corte d'appello ha infatti preso in esame i motivi di opposizione al provvedimento sanzionatorio e li ha rigettati, rilevando che l'inosservanza del termine di conclusione del procedimento sanzionatorio non comporta la illegittimità del provvedimento finale. 2. - Con il secondo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell'art. 14, secondo comma, della legge n. 689 del 1981 e delle connesse norme regolamentari e-messe dalla Banca d'Italia, con riferimento all'art. 145 del testo unico bancario, nonché omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo del giudizio, in relazione all'art. 111 Cost. e all'art. 360 cod. proc. civ., per non essere stato rispettato il termine di 90 giorni decorrente dalla chiusura dell'indagine ispettiva per la comunicazione delle contestazioni di infrazione. I ricorrenti deducono che il procedimento ispettivo promosso dalla Banca d'Italia ha avuto termine in data 15 maggio 2009 e che la notifica delle relative contestazioni è avvenuta in data 12 agosto 2009 per tutti gli esponenti aziendali, ad eccezione di quella effettuata a Fabrizio Piccolo che è stata richiesta, ed effettuata, il 14 agosto 2009, ai sensi dell'art. 140 cod. proc. civ., con espletamento, in quella data, delle formalità previste dalla citata norma. I ricorrenti sostengono che la notifica effettuata al Piccolo è avvenuta oltre il novantesimo giorno dalla data della conclusione dell'indagine ispettiva, scadente il 13 agosto 2009, e quindi oltre il termine fissato dall'art. 14 della legge n. 689 del 1981. Nel ricorso si deduce che il mancato perfezionamento, anche per uno dei soggetti interessati, deve ritenersi aver determinato assoluta incompletezza e, quindi, nullità e conseguente non eseguibilità del provvedimento di che trattasi . 2.1. - Il motivo è inammissibile, perché con esso viene introdotta una censura al provvedimento sanzionatorio del tutto nuova in quanto non proposta dinanzi al giudice del merito. Non solo, infatti, con il ricorso introduttivo del giudizio di opposizione ci si è doluti soltanto del fatto che il provvedimento sanzionatorio è stato adottato fuori tempo massimo , ma si è dato espressamente atto a pag. 7 che la contestazione degli addebiti ha avuto luogo nel rispetto del termine di 90 giorni per tutti gli odierni esponenti . 3. - Il terzo mezzo censura violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 18 della legge n. 689 del 1981 e 2, 4, 5 e 7 della legge n. 241 del 1990 e delle connesse norme regolamentari emesse dalla Banca d'Italia in data 25 giugno 2008, reiterate il 27 giugno 2011, nonché dell'art. 97 Cost., in relazione all'art. 145 del testo unico bancario, nonché omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo del giudizio, in relazione all'art. 111 Cost. e all'art. 360 cod. proc. civ., per non essere stato rispettato il termine di 240 giorni per la conclusione del procedimento sanzionatorio. Con il quarto motivo violazione e falsa applicazione dell'art. 132 cod. proc. civ. per omessa motivazione con riferimento all'art. 111 Cost. e all'art. 360 cod. proc. civ. si censura che la Corte d'appello abbia statuito ipotizzando una non meglio precisata derogabilità dei termini del procedimento sanzionatorio, senza specificare e dettagliare l'osservanza o meno dei vari termini che costituiscono precisi punti di riferimento nella successione dei vari comportamenti . 3.1. - I motivi - da esaminare congiuntamente, stante la stretta connessione - sono infondati. Con la sentenza n. 9591 del 2006, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato il principio per cui la disposizione di cui all'art. 2, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, tanto nella sua originaria formulazione, secondo cui il procedimento amministrativo deve essere concluso entro il termine di trenta giorni, quanto nella formulazione risultante dalla modificazione apportata dall'art. 36-bis del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, secondo cui detto termine è di novanta giorni, nonostante la generalità del testo legislativo in cui è inserita, è incompatibile con i procedimenti regolati dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, che costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi i cui tempi sono regolati in modo da non consentire, anche nell'interesse dell'incolpato, il rispetto di un termine cosi breve . Con specifico riferimento, poi, alla materia della intermediazione finanziaria, le Sezioni Unite, intervenendo a composizione del contrasto insorto in ordine alla natura del termine stabilito per la conclusione del procedimento irrogativo della sanzione amministrativa, hanno ritenuto che in tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 21-octies, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, gli eventuali vizi del procedimento amministrativo previsto dall'art. 195 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, che si svolge innanzi alla Commissione nazionale per la società e la borsa, non sono rilevanti, in ragione tanto della natura vincolata del provvedimento sanziona-torio, quanto della immodificabilità del suo contenuto. Tale disposizione, introdotta dall'art. 14 della legge 11 febbraio 2005, n. 15, ha carattere processuale, ed è pertanto applicabile con effetto retroattivo anche ai giudizi di opposizione in corso, ancorché promossi in epoca successiva alla sua emanazione Cass., S.U., n. 20929 del 2009 Cass., S.U., n. 20935 del 2009 . Facendo applicazione di questo principio si è di recente ritenuta infondata una censura, analoga a quella in esame, per il dirimente rilievo che l'eventuale inosservanza del termine di conclusione del procedimento sanzionatorio non comporta la illegittimità del provvedimento finale, trattandosi di vizi che non influiscono sul diritto di difesa, in relazione a provvedimenti vincolati Cass. n. 1065 del 2014 . In sostanza, la giurisprudenza si è evoluta nel senso della inapplicabilità, ai procedimenti sanzionatori, dei termini di conclusione del procedimento amministrativo previsti sia dall'art. 2 della legge n. 241 del 1990, sia dai regolamenti adottati dalle singole amministrazioni per la disciplina dei detti procedimenti Cass. n. 6778 del 2015 . Con la precisazione che, costituendo il provvedimento sanzionatorio previsto dalle norme del testo unico in materia di intermediazione finanziaria Cass., S.U., n. 1362 del 2005 Cass., S.U., n. 20935 del 2009 ma le valutazioni non possono essere difformi per le sanzioni previste dal testo unico in materia bancaria , atto vincolato, la eventuale inosservanza del termine previsto dalla disposizione legislativa e da quelle regolamentari non comporta la invalidità del provvedimento sanzionatorio, ai sensi del citato art. 21-octies della legge n. 241 del 1990. 4. - Il ricorso è rigettato. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 4.200, di cui Euro 4.000 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.