Quale applicabilità temporale per l’esdebitazione?

L’istituto dell’esdebitazione, previsto dagli artt. 142 – 144 l. fall., trova applicazione, secondo la disciplina transitoria, anche alle procedure aperte precedentemente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 5/2006 purché ancora pendenti a quella data, e tra queste a quelle chiuse nel periodo intermedio, cioè sino all’entrata in vigore del d.l.gs. n. 169/2007 1 gennaio 2008 , purché, in tale ultimo caso, la relativa domanda venga presentata entro un anno dall’entrata in vigore del decreto in parola.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24689/15, depositata il 9 dicembre. Il caso. Applicabilità o non applicabilità dell’esdebitazione anche alle procedure fallimentari chiuse prima dell’entrata in vigore del nuovo art. 142 l. fall? Su questa problematica si è pronunciata la Corte di Cassazione con la pronuncia in commento. Quale applicabilità ratione temporis per l’esdebitazione? Gli Ermellini hanno preliminarmente ribadito che secondo la giurisprudenza di legittimità, l’istituto dell’esdebitazione, previsto dagli artt. 142 – 144 l. fall., trova applicazione, secondo la disciplina transitoria, anche alle procedure aperte precedentemente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 5/2006 purché ancora pendenti a quella data, e tra queste a quelle chiuse nel periodo intermedio, cioè sino all’entrata in vigore del d.l.gs. n. 169/2007 1 gennaio 2008 , purché, in tale ultimo caso, la relativa domanda venga presentata entro un anno dall’entrata in vigore del decreto in parola. Ne deriva, secondo Piazza Cavour, che non è ammissibile l’esdebitazione per i fallimenti dichiarati chiusi prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 5/2006 tale limitazione, peraltro, non comporta dubbi di costituzionalità della disciplina transitoria per contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto - come stabilito dalla Consulta nell’ordinanza n. 61/2010 - l’applicabilità ratione temporis dell’istituto corrisponde ad una scelta del legislatore, secondo un discrimine temporale che non è arbitrario, costituendo il fluire del tempo valido elemento diversificatore di situazioni giuridiche . La Corte ripercorre le orme della Consulta. Il Supremo Collegio, poi, ha chiarito che, con riferimento alla lamentata impossibilità di accedere alla riabilitazione - profilo che diversificherebbe la fattispecie concreta -, la giurisprudenza di legittimità ha sottolineato che in ipotesi di chiusura del fallimento avvenuta con decreto anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. n. 5/2006 vengono meno le incapacità personali derivanti al fallito dalla dichiarazione di fallimento, in virtù della sentenza della Corte Costituzionale n. 39/2008, con cui è stata dichiarata l’illegittimità degli artt. 50 e 142 l. fall. nel testo precedente al d.lgs. n. 5/2006, che ha abrogato tali istituti , nella parte in cui stabilivano che le incapacità del fallito, anziché arrestarsi con la chiusura del fallimento, perdurassero nel tempo sino alla concessione della riabilitazione. Da tanto discende, prosegue il Palazzaccio, che con la chiusura del fallimento del ricorrente, precedente all’entrata in vigore del citato d.lgs. n. 5/2006, che, come detto, ha abrogato l’art. 50 l. fall., istitutivo del pubblico registro dei falliti, ed ha sostituito all’istituto della riabilitazione quello della esdebitazione, non sono venuti meno soltanto gli effetti del fallimento stesso sul patrimonio del fallito, ma anche tutte le incapacità personali che lo avevano colpito per effetto della sentenza dichiarativa di fallimento.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 30 ottobre – 9 dicembre 2015, n. 24869 Presidente Ceccherini – Relatore Didone Ragioni in fatto e in diritto della decisione 1.- Con decreto del 13.3.2009 il Tribunale di Udine ha rigettato la richiesta di esdebitazione formulata ai sensi del disposto dell'art. 142 l. fall., da M.A. il cui fallimento quale socio di s.n.c. è stato chiuso con decreto depositato il 9.9.2005, ritenendo che l'istituto, introdotto dal D.Lgs. n. 6 del 2005, non potesse applicarsi alle procedure chiuse in data antecedente alla sua istituzione e ostandovi la disciplina transitoria di cui al D.Lgs. n. 5 del 2006. L'istante ha proposto reclamo alla Corte d'appello di Trieste che lo ha respinto con decreto depositato il giorno 8 giugno 2009. Avverso quest'ultimo provvedimento M.A. ha infine proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo. Resiste con controricorso l'I.N.A.I.L., mentre non hanno svolto difese gli altri intimati. Nel termine di cui all'art. 378 c.p.c. parte controricorrente ha depositato memoria. 2.- Con l'unico motivo la ricorrente denuncia violazione di norme di diritto e formula, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c. - applicabile ratione temporis - il quesito circa l'applicabilità o meno - in ragione di quanto sopra argomentato e in ragione di quanto disposto dalla Corte costituzionale nel caso la stessa venga investita della succitata questione di costituzionalità - del disposto di cui all'art. 19 del d.lgs. 12.9.07 n. 169 anche a quei fallimenti chiusi nei 5 anni antecedenti la data di entrata in vigore del d.lgs. 9.1.2006 n. 5, ovvero chiusi successivamente al 16.7.2001, e comunque nei 5 anni antecedenti l'entrata in vigore del d.lgs. 12.9.2007 n. 169 ovvero chiusi successivamente al 1.1.2003”. Lamenta che l'interpretazione accolta dai giudici di merito ha quale effetto di privare chi aveva acquisito il diritto di chiedere la riabilitazione in base all'abrogata disciplina sia di beneficiare di questa che del nuovo istituto. 3.- Osserva la Corte che le censure, dirette a sostenere l'applicabilità dell'esdebitazione anche alle procedure fallimentari chiuse prima dell'entrata in vigore del nuovo art. 142, l. fall., pure mediante interpretazione costituzionalmente orientata, sono infondate. Infatti, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte l'istituto dell'esdebitazione, previsto dalla L. Fall., artt. 142 a 144, nel testo novellato dal D.Lgs. n. 5 del 2006 e dal D.Lgs. n. 169 del 2007, trova applicazione, secondo quanto disposto dalla disciplina transitoria, quanto alle procedure aperte anteriormente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 5 del 2006 cit., purché ancora pendenti a quella data 16 luglio 2006 , e tra queste a quelle chiuse nel periodo intermedio, vale a dire sino all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 169 del 2007 1 gennaio 2008 , purché, in quest'ultimo caso, la relativa domanda venga presentata entro un anno dall'entrata in vigore di detto ultimo decreto ne consegue che non è ammissibile l'esdebitazione per i fallimenti dichiarati chiusi in epoca antecedente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 5 del 2006, né tale limitazione, per come posta dal cit. D.Lgs. n. 169 del 2007, artt. 19 e 22, giustifica alcun dubbio di costituzionalità della disciplina transitoria, così come interpretata, per contrasto con l'art. 3 Cost., in quanto, come già statuito da Corte cost. nell'ordinanza n. 61 del 24 febbraio 2010, l'applicabilità ratione temporis dell'istituto corrisponde ad una scelta del legislatore, secondo un discrimine temporale che non è arbitrario, costituendo il fluire del tempo valido elemento diversificatore di situazioni giuridiche Sez. 1, Sentenza n. 24395 del 01/12/2010 Sez. 1, Sentenza n. 1736 del 2015 . Quanto, poi, alla lamentata impossibilità di accedere alla riabilitazione profilo che diversificherebbe la fattispecie concreta è da ricordare che questa Corte ha sottolineato che in ipotesi di chiusura del fallimento avvenuta con decreto anteriore all'entrata in vigore del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, come nel caso, si determina il venir meno delle incapacità personali derivanti al fallito dalla dichiarazione di fallimento, e ciò in virtù della sentenza della Corte costituzionale n. 39 del 2008, con cui è stata dichiarata l'illegittimità della L. Fall., artt. 50 e 142 nel testo precedente al D.Lgs. n. 5 del 2006, che ha abrogato tali istituti , nella parte in cui stabilivano che le incapacità del fallito, anziché arrestarsi con la chiusura del fallimento, perdurassero nel tempo sino alla concessione della riabilitazione. Dalla sentenza resa dal Giudice delle Leggi consegue che con la chiusura del fallimento del ricorrente, prima dell'entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 5 del 2006, di riforma della disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, che, come detto, ha abrogato la L. Fall., art. 50, istitutivo del pubblico registro dei falliti, ed ha sostituito all'istituto della riabilitazione quello della esdebitazione, non sono venuti meno soltanto gli effetti del fallimento stesso sul patrimonio del fallito, secondo la previsione della L. Fall., art. 120, comma 1, vecchia formulazione, ma anche tutte le incapacità personali che lo avevano colpito per effetto della sentenza dichiarativa di fallimento e, rilevate non più sussistenti il registro dei falliti e l'istituto della riabilitazione, dovendo ritenersi cessato alla data di chiusura del fallimento le generali incapacità personali derivanti al fallito dalla dichiarazione di fallimento Cass. 6651/2013 Sez. 1, Sentenza n. 14594 del 2015 . Il ricorso, dunque, deve essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimità - liquidate in dispositivo - seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 6.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori e spese forfettarie come per legge.