Il reclamante può far valere anche questioni non affrontate nel giudizio innanzi al Tribunale

Il giudizio di reclamo contro la sentenza dichiarativa di fallimento è caratterizzato da un effetto devolutivo pieno, nel senso che le parti sono abilitate a proporre anche profili o deduzioni istruttorie non già avanzati nel giudizio svoltosi davanti al Tribunale.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 8226, depositata il 22 aprile 2015. Il fatto. La Corte d’appello di Catanzaro revocava la sentenza di fallimento di una società. Contro questa pronuncia ricorre per cassazione il Fallimento. Il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1 l.fall., come modificato dal d.lgs. n. 169/2007, deducendo che, non comparendo avanti al Tribunale, il debitore avesse rinunciato a far valere il mancato superamento dei requisiti di non fallibilità. Il Collegio ha giudicato tale motivo infondato, in quanto la tesi prospettava dal ricorrente contrasta con la natura del giudizio di reclamo ex art. 18 l.fall Il giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento . Infatti, nei procedimenti in cui trova applicazione la riforma di cui al d.lgs. n. 169/2007, che ha modificato l’art. 18 l.fall., ridenominando il giudizio di impugnazione contro la sentenza dichiarativa di fallimento come reclamo” in luogo del precedente appello”, l’istituto è caratterizzato da un effetto devolutivo pieno, cui non si applicano i limiti previsti, in tema di appello, dagli artt. 342 e 345 c.p.c Ne consegue che il debitore, anche se non costituito davanti al Tribunale, può indicare anche per la prima volta, in sede di reclamo, i mezzi di prova di cui intende avvalersi, al fine di dimostrare la sussistenza dei limiti dimensionali di cui all’art. 1, comma 2, l. fall., tenuto conto che, come ribadito anche dalla Corte Cost. n. 198/2009 – in tema di dichiarazione di fallimento ed onere della prova nel procedimento dichiarativo – permane un ampio potere di indagine officioso in capo allo stesso organo giudicante . È caratterizzato da un effetto devolutivo pieno. Alla luce di queste precisazioni deve ritenersi che l’effetto devolutivo pieno va inteso nel senso che le parti sono abilitate a proporre anche questioni non affrontate nel giudizio innanzi al Tribunale, ma il devoluto è pur sempre soltanto quello definito da reclamo . Detto in altri termini, dunque, il reclamante ha la facoltà di far valere profili o deduzioni istruttorie non già avanzati nel giudizio svoltosi davanti al Tribunale. La prova dei requisiti di non fallibilità. Quanto, poi, al profilo fatto valere dal Fallimento, secondo il quale, in mancanza dei bilanci relativi ai tre esercizi precedenti all’istanza di fallimento, non potrebbe concludersi per la non fallibilità, il Collegio richiama l’orientamento giurisprudenziale in base al quale, alla stregua dell’art. 15, comma 4, l.fall., secondo cui l’imprenditore convocato a seguito di istanza di fallimento deve depositare in giudizio i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, nonché una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata , consegue che la prova dei requisiti di non fallibilità va desunta innanzitutto dai bilanci, per cui la mancata produzione degli stessi non può che risolversi in danno del debitore, a meno che la prova dell’esenzione dal fallimento non possa desumersi da documenti altrettanto significativi. In base a tele principio, quindi, il Collegio afferma che spetta in ogni caso al giudice verificare la sussistenza dei requisiti di non fallibilità, come evincibili anche dalla documentazione e dagli elementi agli atti dotati di adeguata significatività, in mancanza della produzione dei bilanci e della situazione patrimoniale aggiornata. In conclusione, la S.C. ha respinto il ricorso e condannato il Fallimento ricorrente al pagamento delle spese.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 4 marzo – 22 aprile 2015, numero 8226 Presidente Ceccherini – Relatore Di Virgilio Svolgimento del processo La Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza del 4- 18 settembre 2008, ha revocato la sentenza di fallimento della Pasmet s.r.l. e compensato tra le parti le spese. La Corte dì merito ha rilevato che la reclamante Pasmet, non costituitasi avanti al Tribunale, aveva fatto valere l'omessa considerazione degli elementi di giudizio risultanti dalla relazione della G.d.F., acquisita d'ufficio dal Tribunale, da cui risultava il mancato superamento dei limiti ex art-1 lett. a, b, c, dell'articolo 1 l.f., come modificato dal d.lgs. 169/2007 ha ritenuto che tale intervento normativo non ha modificato l'articolo 15,4° comma, l.f., che consente al Tribunale di richiedere eventuali informazioni urgenti e di ammettere ed espletare mezzi istruttori d'ufficio, da cui la ricavabilità dei requisiti di non fallibilità dalle informazioni acquisite d'ufficio, non occorrendo esplicitamente l'eccezione di parte nella valorizzazione del principio di acquisizione della prova. Avverso detta pronuncia ricorre il Fallimento, sulla base di due motivi. Si difende con controricorso la società. Motivi della decisione 1.1.- Col primo motivo, il Fallimento denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1 l.f., come modificato dal d.lgs. 169/2007, deducendo che la norma prevede la specifica eccezione del debitore e che la Pasmet aveva rinunciato a sollevare detta eccezione non comparendo in Tribunale inoltre, come risulta dalla relazione informativa della G.d.F., la società ha operato solo negli anni 2003-2005 e gli unici dati amministrativo-contabili sono quelli risultanti dal bilancio di esercizio del 2003 e dalla dichiarazione dei redditi del 2004, ed a nulla rileva l'intervenuta cessione d'azienda del giugno 2005, atteso che la società avrebbe potuto realizzare risultati economici o contrarre debiti nell'ammontare di cui all'articolo l l.f. 1.2.- Col secondo motivo, il Fallimento si duole dei vizi di cui all'articolo 360 nnumero 3, 4 e 5 c.p.c., per avere la Corte del merito solo valutato il bilancio relativo al 2003, non tenendo conto anche del mancato deposito degli altri due bilanci e dello stato patrimoniale aggiornato. 2.1.- Il primo motivo è infondato. Deve ritenersi infondata la deduzione del Fallimento, che con la mancata comparizione avanti al Tribunale, il debitore avesse rinunciato a far valere il mancato superamento dei requisiti di non fallibilità. Tale tesi contrasta con la natura propria del giudizio di reclamo ex articolo 18 l.f. Ed infatti, come affermato nella pronuncia 22546/2010, nel giudizio di impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto ai procedimenti in cui trova applicazione la riforma di cui al d.lgs. numero 169 del 2007, che ha modificato l'articolo 18 legge fall., ridenominando tale mezzo come reclamo in luogo del precedente appello , l'istituto, adeguato alla natura camerale dell'intero procedimento, è caratterizzato, per la sua specialità, da un effetto devolutivo pieno, cui non si applicano i limiti previsti, in tema di appello, dagli articolo 342 e 345 c. p. c., pur attenendo il reclamo ad un provvedimento decisorio, emesso all'esito di un procedimento contenzioso svoltosi in contraddittorio e suscettibile di acquistare autorità di cosa giudicata ne consegue che il debitore, benchè non costituito avanti al tribunale, può indicare anche per la prima volta, in sede di reclamo, i mezzi di prova di cui intende avvalersi, al fine di dimostrare la sussistenza dei limiti dimensionali di cui all'articolo l, comma 2, 1. f., tenuto conto che, sul punto e come ribadito da Corte cost. 1 luglio 2009, numero 198 - in tema di dichiarazione di fallimento ed onere della prova nel procedimento dichiarativo - permane un ampio potere di indagine officioso in capo allo stesso organo giudicante. E' pur vero che con pronunce successive, questa Corte ha meglio precisato che il giudizio di reclamo non va ritenuto come un riesame, e che l'effetto devolutivo pieno va inteso nel senso che al reclamo non sono applicabili gli articolo 342 e 345 c.p.c., per cui le parti sono abilitate a proporre anche questioni non affrontate nel giudizio innanzi al tribunale, da ciò conseguendo che il devolvibile non incontra i limiti dettati dalle citate disposizioni, ma il devoluto é pur sempre soltanto quello definito dal reclamo in tal senso, specificamente, la pronuncia 6306/2014 , hál anche con dette precisazioni rimane ferma la facoltà per il reclamante di far valere profili o deduzioni istruttorie non già avanzati nel giudizio svoltosi avanti al Tribunale. Quanto infine al profilo fatto valere dal Fallimento ricorrente, secondo cui, in mancanza dei bilanci relativi ai tre esercizi precedenti all'istanza di fallimento, non potrebbe concludersi per la non fallibilità, va richiamato l'orientamento espresso nelle pronunce 11309/09, 8769/2012 e 13643/2013,secondo cui, avuto riguardo al disposto di cui all'articolo 15, 4° comma, l.f., benché non abbiano certamente valore di prova legale, i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi sono la base documentale imprescindibile della dimostrazione che il debitore ha l'onere di fornire per sottrarsi alla dichiarazione del fallimento a meno che la prova dell'inammissibilità del fallimento non possa desumersi da documenti altrettanto significativi . In altre parole, alla stregua del disposto normativo cit., secondo cui l'imprenditore convocato a seguito di istanza di fallimento deve depositare in giudizio i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, nonché una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata , consegue che la prova dei requisiti di non fallibilità va desunta innanzi tutto dai bilanci, per cui la mancata produzione degli stessi non può che risolversi in danno del debitore, a meno che la prova dell' esenzione dal fallimento non possa desumersi da documenti altrettanto significativi. Ne consegue l'infondatezza dell'interpretazione normativa offerta dal Fallimento, dovendo ritenersi, alla stregua del principio di diritto sopra riportato, che spetta al Giudice verificare la sussistenza dei requisiti di non fallibilità, come evincibili anche dalla documentazione e dagli elementi agli atti dotati di adeguata significatività , in mancanza della produzione dei bilanci e della situazione patrimoniale aggiornata, ex articolo 15, 4° comma l.f. 2.2.- Il secondo motivo è inammissibile. Il motivo è infatti privo del quesito di diritto, in relazione ai vizi dedotti ex articolo 360 nnumero 3 e 4, nonché del cd. momento di sintesi, in relazione al vizio dedotto ex articolo 360 numero 5 c.p.c. Il ricorso è infatti soggetto al disposto di cui all'articolo 366 bis c.p.c., introdotto dal d.lgs. 40/2006, articolo 6, abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009, dalla l. 69/2009, articolo 47, ed applicabile ai ricorsi proposti avverso sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 ed il 4 luglio 2009 articolo 58,5° comma, 1.69/2009 e quindi anche nella specie, atteso che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 18 settembre 2008. 3.1.- I1 ricorso va quindi conclusivamente respinto. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza non può pronunciarsi la distrazione delle stesse a favore del difensore, in mancanza della dichiarazione di questi di avere anticipato le spese e non riscosso gli onorari, ex articolo 93 c.p.c. . P.Q.M. La Corte respinge il ricorso condanna il Fallimento alle spese, liquidate in euro 7000,00, oltre euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie ed accessori di legge.