Il solo trasferimento dell'immobile locato, unitamente al suo avviamento, non integra cessione d'azienda ma un contratto di locazione

In materia di locazione e cessione d'azienda”, il solo trasferimento dell'immobile locato, unitamente al suo avviamento, non integra cessione d'azienda ma un contratto di locazione. In caso di affitto d'azienda, la qualificazione come sub-locazione ovvero come cessione dell'originaria locazione del contratto intervenuto tra le parti relativamente all'immobile in cui è esercitata l'azienda non rileva con riguardo all'esclusione della necessità del consenso del locatore, ma la distinzione resta rilevante nei rapporti con il locatore, dal momento che, per le azioni esercitate da o contro il medesimo, la legittimazione ad causam appartiene al conduttore originario nella sublocazione e al cessionario in ipotesi di cessione del contratto di locazione.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 3597 della Cassazione, depositata il 24 febbraio 2015. Il caso. Nel 2004, la società A, già conduttrice di un piazzale per esposizione e vendita automobilistica, conviene il locatore B ed il nuovo acquirente C, chiedendone la condanna al risarcimento, per aver tenuto una condotta fraudolenta rivolta ad occultare l'avvenuto trasferimento dell'immobile, così impedendo all'attrice di esercitare i diritti di cui agli artt. 38 e 39, legge n. 392/1978, in tema di prelazione. In particolare, si fa riferimento alle norme che stabiliscono quanto segue Nel caso in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, deve darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario. Il conduttore deve esercitare il diritto di prelazione entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli. Qualora il proprietario non provveda alla notificazione o il corrispettivo indicato sia superiore a quello risultante dall'atto di trasferimento a titolo oneroso dell'immobile, l'avente diritto alla prelazione può, entro sei mesi dalla trascrizione contrattuale, riscattare l'immobile dall'acquirente e da ogni altro successivo avente causa . Si costituiscono entrambe, chiedendo 1 B, il rigetto della domanda 2 C, di essere manlevata dai suoi dante causa, proponendo domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto di locazione. Il Tribunale accoglieva la domanda di parte attrice, liquidando il risarcimento pari alla differenza tra il valore dell'immobile venduto ed il prezzo indicato nell'atto di vendita, oltre gli interessi legali. In secondo grado, la Corte d'Appello ribaltava completamente l'esito del primo grado, portando la questione dinanzi la Corte di Cassazione. Avverso la sentenza di secondo grado, parte attrice propone ricorso in Cassazione, affidandosi a tre motivi a la violazione degli artt. 437, comma 2, e 112 c.p.c., per inammissibilità della domanda di simulazione del contratto di cessione aziendale tra A e B, in quanto non affrontata dal Tribunale e quindi non proponibile in secondo grado perché configurerebbe una domanda nuova b la violazione di legge, la carenza, la contraddittorietà e l'illogicità della motivazione relativamente all'art. 36 della legge n. 392/1978, in ordine alla presunta simulazione di contratto c l'illegittima decisione di compensare le spese. Mancanza di una cessione del contratto di locazione. Chiamata la Terza Sezione Civile, il giudicante rileva l'infondatezza del primo motivo. Il rigetto della domanda attorea si fonda sulla mancanza di una cessione del contratto di locazione in favore di A, in difetto di un contratto di cessione d'azienda, unica fattispecie in cui può derogarsi al disposto di cui all'art. 1594 c.c. e, quindi, aversi una cessione della locazione a prescindere dal consenso del locatore, che certamente mancava. Correttamente, la Corte ha osservato che la qualificazione del contratto di locazione non integra un'eccezione in senso stretto ma una qualificazione del contratto che rientra nei poteri del giudice e che la parte può sollecitare con un'eccezione semplice o con una mera difesa. Nel caso di specie, non si è trattato di simulazione di contratto ma di mera interpretazione dello stesso. Inoltre, il solo trasferimento dell'immobile locato, unitamente al suo avviamento, non integra cessione d'azienda ma un contratto di locazione. In caso di affitto d'azienda, la qualificazione come sub-locazione ovvero come cessione dell'originaria locazione del contratto intervenuto tra le parti relativamente all'immobile in cui è esercitata l'azienda non rileva con riguardo all'esclusione della necessità del consenso del locatore, ma la distinzione resta rilevante nei rapporti con il locatore, dal momento che, per le azioni esercitate da o contro il medesimo, la legittimazione ad causam appartiene al conduttore originario nella sublocazione e al cessionario in ipotesi di cessione del contratto di locazione. Il vincolo di collegamento strumentale tra la locazione d'immobile e l'azienda in esso esercitata non può ritenersi espresso unicamente dalla destinazione dell'immobile locato, ma dev'essere desunto con il consueto procedimento interpretativo della volontà dei contraenti. Di conseguenza, i restanti due motivi restano assorbiti.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 13 novembre 2014 – 24 febbraio 2015, n. 3597 Presidente Segreto – Relatore Scrima Svolgimento del processo Nel 2004 Autostore S.r.l., già conduttrice di un immobile piazzale per esposizione e vendita di auto , sito in Genova, per essere subentrata nell'ottobre 2002 nel contratto di locazione relativo a tale bene di proprietà di O.B. e L. , che lo avevano originariamente locato a B.A. , conveniva in giudizio gli O. e l'acquirente dell'immobile, la Nuova Centro Europa S.r.l., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni, per aver tenuto una condotta fraudolenta rivolta ad occultare l'avvenuto trasferimento dell'immobile, così impedendo all'attrice di esercitare i diritti di cui agli artt. 38 e 39 della legge n. 392 del 1978. Si costituivano sia gli O. , che concludevano per il rigetto della domanda, sia la Nuova Centro Europa S.r.l., che chiedeva di essere comunque manlevata dai suoi danti causa e proponeva pure domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto di locazione. Il Tribunale di Genova accoglieva la domanda e condannava i convenuti al risarcimento dei danni, liquidati in Euro 176.915,00, pari alla differenza tra il valore dell'immobile venduto e il prezzo indicato nell'atto di vendita, oltre interessi legali rigettava la domanda di manleva e rilevava che, essendo stato rilasciato il bene in corso di causa, era cessata la materia del contendere in relazione alla domanda riconvenzionale proposta dalla Nuova Centro Europa S.r.l Avverso tale decisione la società appena indicata proponeva gravame, cui resistevano sia Autostore S.r.l. che gli O. , i quali proponevano pure appello incidentale. La Corte di appello di Genova, con sentenza del 25 maggio 2010, in parziale accoglimento dell'appello proposto da Nuova Centro Europa S.r.l., rigettava la domanda risarcitoria proposta da Autostore S.r.l., dichiarava inammissibile l'appello incidentale degli O. e compensava per intero tra tutte le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito. Avverso la sentenza della Corte di appello la Autostore S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria, sulla base di tre motivi. Ha resistito con controricorso la Nuova Centro Europa S.r.l Gli intimati O. non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo, lamentando violazione dell’art. 437, secondo comma, c.p.c., in relazione agli artt. 418 e 416 c.p.c., e dell'art. 112 c.p.c. art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. , la Autostore S.r.l. deduce che la Nuova Centro Europa S.r.l. aveva proposto domanda riconvenzionale di accertamento della simulazione del contratto di cessione di azienda dal B. ad essa ricorrente e sostiene l'inammissibilità di tale domanda, perché formulata con la memoria autorizzata dopo la conversione del rito senza che fosse stata chiesta la fissazione di una nuova udienza ex art. 418 c.p.c. pertanto, ad avviso del ricorrente, la domanda in questione, non esaminata dal Tribunale, sarebbe stata automaticamente espunta dal processo e la sua riproposizione in appello sarebbe inammissibile, integrando una domanda nuova. La ricorrente censura la sentenza della Corte di merito nella parte in cui ha escluso l'ammissibilità della predetta domanda in via di azione ma ha ritenuto di poterla esaminare in via di eccezione impeditiva della domanda proposta da Autostore S.r.l., asserendo che, in tal modo, la predetta Corte avrebbe violato il secondo comma dell'art. 437 c.c. che non ammette, in appello, nuove eccezioni non rilevabili d'ufficio. 1.1. Il motivo è infondato. Il rigetto della domanda attorea da parte della Corte di merito si fonda essenzialmente sulla mancanza di una cessione del contratto di locazione in favore di Autostore S.r.l., in difetto di un contratto di cessione di azienda, unica fattispecie in cui può derogarsi al disposto di cui all'art. 1594 c.c. e, quindi, aversi una cessione della locazione a prescindere dal consenso del locatore, che certamente mancava. Correttamente la Corte di appello ha osservato che la qualificazione del contratto intervenuto tra il B. ed Autostore S.r.l. non integra un'eccezione in senso stretto, bensì, appunto, una qualificazione del contratto che rientra nei poteri del giudice e che la parte può sollecitare con un'eccezione semplice o addirittura come mera difesa. Non si è trattato, quindi, nella specie, di eccezione di simulazione del contratto, ma - come pure evidenziato nella sentenza impugnata, v. p. 9 - di mera interpretazione dello stesso, che non risulta sottoposta a decadenze, sicché le censure sollevate al riguardo dalla ricorrente non colgono nel segno. Tanto premesso sotto il profilo processuale, si osserva che correttamente la Corte di appello ha rilevato che il solo trasferimento dell'immobile locato, unitamente al suo avviamento, non integra cessione di azienda, ma di contratto di locazione. Questa Corte ha già avuto modo di affermare che, in caso di affitto di azienda, la qualificazione come sublocazione, ovvero come cessione dell'originaria locazione, del contratto intervenuto tra le parti relativamente all'immobile in cui è esercitata l'azienda non rileva con riguardo all'esclusione della necessità del consenso del locatore - prevista, per entrambi i casi, dall'art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392, rispettivamente in deroga agli artt. 1594 e 1406 c.c. - ma la distinzione resta, invece, rilevante nei rapporti con il locatore, dal momento che, per le azioni esercitate da o contro il medesimo, la legittimazione ad causam appartiene al conduttore originario nella sublocazione ed al cessionario in ipotesi di cessione del contratto di locazione Cass. 16 maggio 2013, n. 11967 . La medesima Corte ha pure precisato che il vincolo di collegamento strumentale tra locazione di immobile ed azienda in esso esercitata non può ritenersi espresso unicamente, ed in ogni caso, dalla destinazione dell'immobile locato, ma deve essere desunto con il consueto procedimento interpretativo della volontà dei contraenti ne consegue che, quando l'esito di tale indagine porti ad escludere che la locazione dell'immobile sia stata dalle parti compresa nel contratto di cessione o di affitto della azienda in esso esercitata, non sono applicabili le disposizioni contenute nell'art. 2558 c.c., che prevedono la successione automatica del cessionario o dell'affittuario dell'azienda nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale, ma opera la disciplina di cui all'art. 1594 c.c., che vieta la cessione del contratto di locazione senza il consenso del locatore Cass. 2 luglio 2010, n. 15700 . Inoltre, secondo la disciplina prevista dall'art. 36 della legge n. 392 del 1978, la cessione del contratto di locazione deve ritenersi ipso facto perfezionata, alla sola condizione che sia ceduta anche l'azienda, con la semplice comunicazione al locatore ceduto, senza che rilevi in proposito l'esercitabilità, da parte del locatore, della facoltà di opporsi alla cessione stessa da ricondursi, peraltro, necessariamente alla sussistenza di gravi motivi , poiché detta opposizione del contraente ceduto, ove riconosciuta fondata in sede giudiziaria, costituisce vicenda successiva ed estranea al negozio originario e si prospetta, perciò, funzionale soltanto all'elisione ex post dell'effetto negoziale già prodottosi con l'accordo cedente-cessionario. Pertanto, rispetto alla ordinaria cessione di contratto che si contraddistingue per la sua struttura negoziale trilaterale , deve ritenersi che la cessione del contratto di locazione non contempla tra i propri elementi costitutivi il consenso del ceduto, mentre l'eventuale dissenso del locatore fondato su gravi motivi integra un elemento estraneo al negozio, siccome funzionale alla sospensione temporanea della cessione e - per il caso di accertamento giurisdizionale o di riconoscimento spontaneo da parte del cedente della fondatezza dell'opposizione - al venir meno degli effetti della medesima cessione, ed eventualmente alla risoluzione del rapporto di locazione Cass. 20 aprile 2007, n. 9486 . Va poi osservato che l'accertamento se le parti contraenti abbiano stipulato una locazione di immobile con pertinenze o un affitto di azienda rientra nei compiti del giudice del merito il quale deve indagare sulla comune intenzione delle parti e sui beni dedotti in contratto, al fine di stabilire se l'oggetto principale della stipulazione sia l'immobile singolarmente considerato o un complesso unitario costituito dall'organizzazione aziendale destinata allo svolgimento di un'attività economica. Detto accertamento non è sindacabile in sede di legittimità se sorretto da congrua motivazione Cass. 15 ottobre 2002, n. 14647 Cass. 19 luglio 2005, n. 15210 . A quanto precede va aggiunto che, una volta affermato che il contratto in questione non può costituire una cessione d'azienda, investendo solo l'immobile e l'avviamento commerciale, e ritenuto che lo stesso integra una cessione di contratto di locazione, stante la struttura di contratto plurilaterale dello stesso - almeno tre parti, secondo la giurisprudenza costante Cass. 29 novembre 1993, n. 11847 Cass. 7 maggio 2001, n. 6349 e la dottrina maggioritaria -, ne consegue che, nel caso in questione, é corretta la sentenza impugnata anche sotto un altro profilo, che prescinde dalla natura dell'eccezione di parte. Ed invero la mancanza del consenso in questo contratto trilaterale da parte del contraente ceduto il locatore è causa di nullità della cessione di contratto e come tale essa può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice in ogni stato e grado Cass. 7 febbraio 2011, n. 2956 . Non essendosi nella fattispecie all'esame verificata la cessione del contratto di locazione, né per effetto della cessione di azienda che difetta , né per effetto del negozio trilaterale di cessione della sola locazione per mancanza di consenso , correttamente la Corte di appello ha rigettato la domanda. 2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge, carenza, contraddittorietà e illogicità di motivazione, in relazione all'art. 36 della legge 392/1978, all'art. 2558 c.c. e [a]gli artt. 116 117 c.p.c. art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c. . In subordine rispetto al primo motivo, la società ricorrente lamenta che la Corte di merito, nel ritenere che la cessione di azienda fra il B. e l'Autostore sarebbe stata simulata, avrebbe inanellato una serie di argomentazioni violataci di norme di diritto, incoerenti, o prive di riferimento alla realtà in esame, lacunose o contraddittorie . La Corte di merito avrebbe erroneamente affermato che la comunicazione della cessione non sarebbe stata coerente alla previsione dell'art. 36 della legge n. 392 del 1978, che ha interpretato nel senso che sarebbe obbligatorio fornire al locatore il documento formato per la cessione, e non avrebbe considerato che la comunicazione fu data ai locatori dell'epoca, i fratelli O. , che avrebbero riconosciuto la Autostore S.r.l. come legittima conduttrice. Sostiene poi la ricorrente l'illegittimità della motivazione per relationem realizzata mediante la trascrizione dell'intera motivazione della sentenza n. 3973 del 2004 di questa Corte relativa a fattispecie del tutto diversa da quella all'esame. Assume altresì la Autostore S.r.l. che la Corte genovese avrebbe dovuto affermare che nel contratto di cessione erano sicuramente indicati gli elementi fondamentali per identificare l'azienda e cioè l'attività svolta dal cedente e i locali nei quali essa veniva esercitata ed avrebbe così attribuito la giusta valenza ad elementi integrativi come l'avviamento. A tale ultimo riguardo, ad avviso della ricorrente, la Corte avrebbe anche confuso l'avviamento di cui all'art. 2555 c.c. con l'indennità di avviamento prevista dall'art. 34 della legge sulle locazioni, assumendo che, avendo il B. anticipatamente rinunciato all'indennità di avviamento nel contrattare con gli O. , non vi sarebbe stato alcun avviamento da trasferire. Sostiene la ricorrente che ciò sarebbe errato perché una convenzione del genere sarebbe nulla ex art. 79 della legge n. 392 del 1978 comunque, pur a voler ritenere siffatta rinuncia valida, l'adozione di tale presupposto come componente decisiva del ragionamento volto ad escludere che, in difetto di detta indennità, non ricorresse cessione di azienda, sussisterebbe violazione di legge in relazione all'interpretazione ed applicazione degli artt. 2258 e 2555 c.c Inoltre, la motivazione della sentenza impugnata sarebbe comunque incongrua e illogica e la Corte di merito avrebbe pure erroneamente censurato la decisione del Tribunale nella parte in cui quest'ultimo ha ritenuto pacifico che il conduttore B. abbia ceduto l'azienda, desumendolo dall'interrogatorio libero del convenuto O. , di per sé inidoneo a valere come ammissione, ed evidenziando che comunque trattavasi non di un fatto ma di qualificazione del contratto da effettuarsi in via giudiziale, così non avvedendosi la predetta Corte - ad avviso della ricorrente — che il Giudice di primo grado aveva fatto corretta applicazione degli artt. 116 e 117 c.p.c 2.1. In base a quanto evidenziato in relazione al primo motivo - l'essere cioè il rigetto della domanda attorea fondata dalla Corte di merito non sulla simulazione del contratto di cessione di azienda ma sul difetto di tale cessione, il mezzo all'esame risulta infondato e va, pertanto, disatteso, evidenziandosi che lo stesso presenta anche profili di inammissibilità, per difetto di autosufficienza, come pure eccepito dalla controricorrente, non essendo stato riportato il tenore degli atti e dei mezzi istruttori su cui si fonda e non essendo stato neppure indicato se e in quale fase del merito i predetti atti siano stati prodotti e dove essi siano attualmente reperibili Cass., sez. un., 2 dicembre 2008, n. 28547 Cass., sez. un., ord., 25 marzo 2010, n. 7161 , né potendosi sopperire a tali carenze con quanto riportato nella specie nella memoria di cui all'art. 378 c.p.c., avendo quest'ultima funzione meramente illustrativa dei motivi così come proposti in ricorso Cass. 7 aprile 2005, n. 7260 Cass. 29 marzo 2006, n. 7237 per ogni utile riferimento, v. pure Cass., ord., 23 agosto 2011, n. 17603 . 3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia compensato le spese di entrambi i gradi di giudizio tra tutte le parti senza motivare in ordine alla sussistenza di giusti motivi per operare detta compensazione nei confronti degli O. , il cui appello incidentale è stato dichiarato inammissibile in secondo grado, con conseguente soccombenza degli stessi anche in quella sede. 3.1. Il motivo è infondato, avendo la Corte di merito motivato, sia pure sinteticamente, in relazione alla operata compensazione, facendo al riguardo riferimento all'esito complessivo della lite, al comportamento delle parti e alla natura delle stesse e tale motivazione non risulta specificamente censurata dalla ricorrente. 4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. 5. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza tra le parti costituite, mentre non vi é luogo a provvedere per dette spese nei confronti degli intimati, non avendo gli stessi svolto attività difensiva in questa sede. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge.