Obbligatoria la notifica al fideiussore contumace della comparsa di intervento di un creditore

La comparsa d'intervento, sia autonomo che adesivo, che contenga conclusioni anche nei confronti di una parte rimasta contumace, deve essere notificata a quest'ultima, ai sensi dell'art. 292 c.p.c. l'omissione di detta notificazione, peraltro, in applicazione dei principi generali fissati dall'art. 156 c.p.c., non spiega effetti invalidanti sull'intervento, quando risulti comunque assicurato il contraddittorio con la parte contumace, come quando questa si sia successivamente costituita, ovvero quando l'interventore abbia provveduto a rinnovare la comparsa d'intervento, notificandola regolarmente.

Con la sentenza n. 586 del 15 gennaio 2015, la Corte di Cassazione, in applicazione del principio poc’anzi riferito, ribadisce la necessità che la comparsa di intervento di un creditore, depositata nel corso del procedimento per concordato preventivo, debba essere notificata al fideiussore qualora sia contumace. Il caso. La vicenda decisa dalla sentenza in commento prende le mosse da un concordato preventivo che era stato risolto in primo grado ma la cui pronuncia era stata annullata in appello. In particolare, la Corte di appello aveva rilevato l’assenza della notifica ai soci e garanti dell’avvio del procedimento di risoluzione del concordato, da considerarsi parti necessarie. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il fallimento della società, sostenendo, in particolare, la mancata notifica alla parte appellata della comparsa di intervento di un creditore e, quindi, la nullità dell’intero procedimento. Detta tesi viene accolta dalla Cassazione che dispone un rinvio alla Corte territoriale per l’esame dei fatti secondo il principio espresso nella massima in epigrafe. La notifica di atti processuali al contumace come e perché. Secondo il codice di procedura civile, alcuni atti processuali vanno obbligatoriamente notificati anche alla parte contumace, ossia alla parte che non è costituita nel giudizio. Secondo la giurisprudenza, la previsione di una serie di atti che devono essere obbligatoriamente notificati al contumace a pena di nullità, inserita nell'art. 292 c.p.c., è dettata nell'esclusivo interesse del contumace stesso, con la conseguenza che l'omessa notifica di uno di questi atti determina una nullità relativa, che può essere rilevata soltanto da quest'ultimo e non anche da una delle altre parti del giudizio. La notifica della comparsa di intervento quale successore universale è obbligatoria la notifica? La comparsa con cui si costituisce volontariamente in causa ai fini della prosecuzione del processo il successore universale della parte costituita, deceduta nelle more del giudizio, non rientra fra gli atti per i quali l'art. 292 c.p.c. prescrive con elencazione tassativa la notificazione personale al contumace atteso che, subentrando il successore universale nella stessa posizione processuale del proprio autore, nessuna lesione del diritto e della garanzia del contraddittorio deriva al contumace dalla omessa notifica di detto intervento. Il ruolo del fideiussore nel concordato preventivo. Le soluzioni poc’anzi riferite dalla giurisprudenza sono poste alla base del rinvio alla Corte di appello della vicenda riassunta nella sentenza in epigrafe, con applicazione alla figura del fideiussore del debitore. Secondo la giurisprudenza di legittimità, in particolare, il fideiussore del debitore che abbia domandato il concordato preventivo ha diritto, oltre che di partecipare all'adunanza dei creditori, anche di esprimere il voto sulla proposta concordataria, posto che il suo debito deve ritenersi scaduto - al pari di quello del debitore principale - per effetto del combinato disposto degli artt. 169 e 55, r.d. n. 267/1942 legge fallimentare , restando però sottratto agli effetti del concordato a norma dell'art. 184, r.d. n. 267/1942, con la conseguenza che egli potrà essere costretto a soddisfare per l'intero il creditore garantito, anche ove quest'ultimo venga parzialmente soddisfatto dal debitore principale. Il fideiussore non è litisconsorte necessario Il dovere, imposto al tribunale dagli artt. 137 e 186 l.f., di ordinare la comparizione dei fideiussori nel procedimento di risoluzione del concordato preventivo, al fine di consentire loro l'esercizio del diritto di difesa, non comporta l'acquisto, da parte del fideiussore, della qualità di parte necessaria nel giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento seguita alla risoluzione del concordato, ed il conseguente obbligo di disporre l'integrazione del contraddittorio nei suoi confronti, in quanto gli effetti che la sentenza dichiarativa di fallimento produce nei confronti del fideiussore sono diversi da quelli prodotti nei confronti dell'imprenditore in stato di insolvenza, consistendo nel rendere permanente la garanzia offerta per l'ammissione alla procedura di concordato. ma deve essergli notificata la comparsa di intervento. Fermo quanto precede, il S.C. chiarisce che, comunque, il garante non convocato nel procedimento per la risoluzione del concordato preventivo è legittimato ad opporsi alla dichiarazione di fallimento e decorso tale termine, il garante può spiegare soltanto intervento adesivo nel giudizio di primo grado e, non essendo parte necessaria, non può spiegare intervento in appello. Per tale ragione, è obbligatoria la notifica della comparsa di intervento di un creditore, posto che, in caso contrario, il fideiussore si vedrebbe leso il diritto di spiegare le proprie difese nel procedimento concorsuale.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 19 novembre 2014 – 15 gennaio 2015, n. 586 Presidente Rordorf – Relatore Di Amato Ritenuto in fatto e in diritto - che, con sentenza del 17 dicembre 2007, la Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza in data 17 ottobre 2005 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, accoglieva i motivi dedotti da P.P., intervenuta nel giudizio, e dichiarava la nullità della sentenza in data 9 maggio 2003 con cui il predetto Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva risolto il concordato preventivo della s.r.l. Basile & amp Tronco e ne aveva dichiarato il fallimento. In particolare, la Corte di appello osservava che 1 il concordato preventivo prevedeva la cessione pro soluto ai creditori di tutti i beni sociali e pro solvendo dei beni immobili personali dei terzi-soci, sigg. B.M., P. P., E.T. e O.A ciò nonostante, contrariamente a quanto disposto dagli artt. 137 e 186 l. fall., i soci che avevano garantito la proposta di concordato non erano stati convocati nel procedimento per la risoluzione del concordato 2 dalla omessa convocazione dei predetti soggetti, da considerare parti necessarie del procedimento, discendeva la nullità della sentenza dichiarativa di fallimento 3 tale nullità poteva essere fatta valere dai terzi-soci, come nella specie aveva fatto P.P., mediante un intervento in appello ex art. 344 c.p.c. sia considerando il garante un terzo pregiudicato nei suoi diritti dalla sentenza dichiarativa di fallimento, sia considerandolo un litisconsorte necessario inoltre, l'opposizione del terzo alla dichiarazione di fallimento doveva considerarsi tempestiva sia ai sensi dell'art. 334 recte 344 c.p.c. che dell'art. 18 l. fall. in considerazione dell'omessa partecipazione al procedimento di risoluzione e dell'omessa notificazione o comunicazione della relativa sentenza 4 poiché l'intervenuta P.P. non aveva proposto domande nuove rispetto a quelle dell'appellante società fallita, che aveva contestato anch'essa la regolarità del procedimento di risoluzione omessa convocazione del debitore e difetto di indicazione della data di udienza , non si poneva un problema di notificazione dell'intervento al fallimento, contumace nel giudizio di appello - che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il fallimento della s.r.l. Basite & amp Tronco, deducendo 1 la violazione degli artt. 292 e 101 c.p.c. nonché degli artt. 24, comma 2, e 111, comma 2, Cast. poiché la sentenza impugnata aveva erroneamente ritenuto non necessaria la notificazione alla parte appellata rimasta contumace della comparsa con la quale un terzo era intervenuto nel corso del giudizio di appello, senza contare che per di più il terzo aveva dedotto un motivo di doglianza diverso da quelli svolti dall'appellante 2 la violazione degli artt. 18 l. fall., 105, 342 e 344 c.p.c. poiché, anche dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 273/1987, per qualunque interessato diverso dal debitore, nella disciplina anteriore alla riforma del 2006, il termine di quindici giorni per impugnare la sentenza di fallimento continuava a decorrere dalla data dell'affissione, con la conseguenza che decorso tale termine il terzo interessato alla revoca del fallimento poteva spiegare soltanto un intervento adesivo o dipendente, ai sensi dell'art. 105, comma 2, c.p.c., e con l'ulteriore conseguenza della inammissibilità dell'intervento introduttivo di motivi di doglianza diversi da quelli dedotti dal fallito 3 in via subordinata, la violazione degli artt. 18 l. fall., 105, 327, 342 e 344 c.p.c. poiché la sentenza impugnata non aveva rilevato la tardività dell'intervento in quanto successiva di oltre 31 mesi alla sicura conoscenza della dichiarazione di fallimento, dimostrata dal reclamo proposto in data 6 dicembre 2004 dall'interveniente P. avverso il provvedimento con cui il giudice delegato aveva autorizzato la trascrizione della sentenza dichiarativa di fallimento sui beni immobili della stessa P. 4 in via ulteriormente subordinata la violazione dell'art. 159 c.p.c. poiché la Corte di appello aveva esteso la nullità all'intera sentenza che aveva risolto il concordato preventivo e dichiarato il fallimento anziché limitarne gli effetti alla posizione del garante - che P.P. e la s.r.l. Basile & amp Tronco resistono con distinti controricorsi - che il fallimento ricorrente ha presentato memoria - che è infondata l'eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata da P.P. deducendo l'omessa impugnazione della sentenza della Corte di appello nella parte in cui avrebbe rilevato d'ufficio la mancata partecipazione al procedimento di risoluzione non solo della P. ma anche degli altri garanti del concordato preventivo invero, la Corte di appello ha assunto la propria decisione, come risulta dal dispositivo della sentenza impugnata, in accoglimento dei motivi dedotti dall'interventore - che il primo motivo è fondato. Invero, nel caso di contumacia di una delle parti, sussiste l'obbligo di notificazione della comparsa di intervento, giacché il contumace deve essere informato della presenza nel processo di una nuova parte, anche se questa non propone domande autonome ma si limita ad associarsi alle domande proposte dalle altre parti, ben potendo lo stesso contumace contestare la legittimazione del terzo ad intervenire oppure opporre al terzo medesimo eccezioni a lui personali Cass. 3 febbraio 1993, n. 1296 Cass. 29 maggio 1964, n. 1337 . La notificazione si può, infatti, escludere solo quando la comparsa di intervento non contenga conclusioni nei confronti della parte contumace Cass. 31 marzo 2010, n. 7790 Cass. 26 febbraio 1987, n. 2033 Cass. 11 febbraio 1985, n. 1104 . A maggior ragione nella specie sussisteva un obbligo di notificazione, considerata la diversa ragione, rispetto a quella dedotta dall'appellante, sulla quale l'intervenuta fondava la propria opposizione alla dichiarazione di fallimento - che il secondo motivo è fondato. Invero, da un lato, come più volte affermato da questa Corte, il garante del concordato al quale voglia assimilarsi la posizione del terzo che, come nella specie, ha offerto beni di sua proprietà per la soddisfazione dei creditori concordatari , pur avendo il diritto di opporsi alla pronuncia di risoluzione, quale interessato ai sensi degli artt. 18 e 186 1. fall., e di essere perciò previamente sentito a norma dell'art. 137 della citata legge, non è parte in senso formale del relativo procedimento Cass. 17 luglio 1979, n. 4169 tanto meno, quindi, può esser considerato un litisconsorte necessario Cass. 18 aprile 2008, n. 10195 Cass. 31 marzo 2010, n. 7942 in quanto gli effetti che la sentenza dichiarativa di fallimento produce nei confronti del fideiussore sono diversi da quelli prodotti nei confronti dell'imprenditore in stato di insolvenza, consistendo nel rendere permanente la garanzia offerta per l'ammissione alla procedura di concordato art. 140, comma 3, c.p.c. . D'altro canto, il decorso del termine per proporre opposizione alla dichiarazione di fallimento comporta l'esaurimento del potere di opposizione per cui, ove ciò avvenga, al terzo interessato è consentito soltanto un intervento adesivo in primo grado. In conclusione, nella disciplina anteriore alla riforma del 2006, il garante non convocato nel procedimento per la risoluzione del concordato preventivo è legittimato ad opporsi alla dichiarazione di fallimento entro il termine di quindici giorni dall'affissione della sentenza dichiarativa di fallimento decorso tale termine, il garante può spiegare soltanto intervento adesivo nel giudizio di primo grado e, non essendo parte necessaria, non può spiegare intervento in appello - che il terzo ed il quarto motivo sono assorbiti dall'accoglimento dei primi due motivi - che, pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Napoli che dovrà decidere l'appello proposto dalla fallita società P.Q.M. accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione ai motive, accolti e rinvia alla Corte di appello di-Napoli in diversa composizione.