Revocatoria fallimentare: anche il credito privilegiato è a rischio

Nell’azione revocatoria fallimentare, l’eventus damni è in re ipsa e consiste nella lesione della par condicio creditorum, ricollegabile, per presunzione legale ed assoluta, all’uscita del bene dalla massa conseguente all’atto di disposizione. Perciò, il fatto che attraverso il negozio solutorio impugnato siano stati soddisfatti dei crediti aventi natura privilegiata non esclude la possibile lesione della par condicio e non fa venir meno l’interesse all’azione da parte del curatore, in quanto è soltanto in seguito alla ripartizione dell’attivo che potrà verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, i quali potrebbero teoricamente insinuarsi al passivo anche successivamente all’esercizio dell’azione revocatoria.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 26216, depositata il 12 dicembre 2014. Il caso. La liquidazione coatta amministrativa di un’azienda conveniva in giudizio un’altra società, chiedendo la dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 2, l.f. gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento , della transazione con cui la convenuta, in cambio della rinuncia ad alcuni crediti per canoni di locazione e spese condominiali, aveva ottenuto la cessione di un credito IVA e di alcuni beni mobili esistenti nell’edificio locato. Chiedeva, inoltre, la restituzione della somma versata a titolo di deposito cauzionale. La Corte d’appello di Firenze accoglieva le domande, rilevando che le cessioni del credito IVA e dei mobili integrassero mezzi anormali di parziale pagamento del debito. I giudici escludevano che, attesa la natura privilegiata del credito della convenuta, la revocabilità ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 2, l.f. di tali negozi fosse subordinata all’ulteriore presupposto della ricorrenza, in concreto, di un pregiudizio derivato alla massa da essi. La società convenuta ricorreva in Cassazione, deducendo che la prova della lesione della par condicio derivata dagli atti solutori costituisse un presupposto necessario per valutare l’interesse della società in liquidazione ad agire in revocatoria. Lesione della par condicio. La Corte di Cassazione ricorda che, nell’azione revocatoria fallimentare, l’ eventus damni è in re ipsa e consiste nella lesione della par condicio creditorum , ricollegabile, per presunzione legale ed assoluta, all’uscita del bene dalla massa conseguente all’atto di disposizione. Perciò, il fatto che attraverso il negozio solutorio impugnato siano stati soddisfatti dei crediti aventi natura privilegiata non esclude la possibile lesione della par condicio e non fa venir meno l’interesse all’azione da parte del curatore, in quanto è soltanto in seguito alla ripartizione dell’attivo che potrà verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, i quali potrebbero teoricamente insinuarsi al passivo anche successivamente all’esercizio dell’azione revocatoria. Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 ottobre – 12 dicembre 2014, numero 26216 Presidente Ceccherini – Relatore Cristiano Svolgimento del processo La liquidazione coatta amministrativa di I.T.C. -- Istituto Toscano Costruzioni - s.p.a. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Firenze, Belfiore s.r.l. per sentir dichiarare l'inefficacia, ex art. 67 I comma numero 2 1. fall., della transazione con la quale la convenuta, in cambio della rinuncia ai crediti per canoni di locazione, spese condominiali ed accessori maturati nei confronti della società poi dichiarata insolvente, aveva ottenuto la cessione del credito vantato da quest'ultima nei confronti dell'ufficio IVA nonché la cessione dei beni mobili esistenti nell'edificio locato e per sentir inoltre condannare Belfiore alla restituzione della somma incamerata, di £ 30 milioni, versatale dalla conduttrice a titolo di deposito cauzionale. Le domande, respinte dal giudice di primo grado, sono state accolte dalla Corte d'appello di Firenze, adita dalla LCA soccombente, con sentenza del 26.4.06. Il giudice d'appello ha rilevato che le cessioni del credito IVA ammontante ad E 9.737,15 e dei mobili dei valore complessivo di £ 12.540.208 integravano mezzi anormali di parziale pagamento dei debito contratto da I.T.C. nei confronti di Belfiore ed ha escluso che, attesa la natura privilegiata del credito di quest'ultima, la revocabilità ai sensi dell'art. 67 i comma numero 2 I. fall. dei predetti negozi solutori fosse subordinata all'ulteriore presupposto della ricorrenza, in concreto, di un pregiudizio dagli stessi derivato alla massa ha aggiunto che rimaneva integro il credito della procedura per la restituzione della cauzione e, dichiarata l'inefficacia della transazione, ha condannato Belfiore a restituire alla LCA il corrispettivo monetario delle cessioni e la somma di € 15.493,71 costituita in deposito cauzionale, compensando integralmente fra le parti le spese del doppio grado di giudizio. La sentenza è stata impugnata da Belfiore s.r.l. con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui la LCA di I.T.C. s.p.a. ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale per un motivo. Motivi della decisione Il ricorso principale e quello incidentale, proposti contro la stessa sentenza, vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c. 1 Con il primo motivo di ricorso Belfiore lamenta che la corte territoriale abbia erroneamente inquadrato la fattispecie nell'ambito del II comma, anziché del I comma numero 2, dell'art. 67 I. fall. 2 Col secondo motivo, denunciando violazione degli artt. 67 I. fall. e 2764 c.c., la ricorrente sostiene che la prova della lesione della par condicio derivata dagli atti solutori costituiva presupposto necessario ai fini della valutazione dell'interesse della LCA ad agire in revocatoria. 3 Con il terzo motivo contesta che il pregiudizio derivante da tali atti sia oggetto di presunzione assoluta o relativa, e che, in tale secondo caso, spetti al convenuto in revocatoria di vincerla. 4 Con il quarto motivo contesta che il danno potesse, in concreto, ritenersi sussistente. 5 Con l'unico motivo di ricorso incidentale la LCA di ITC , denunciando violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., impugna la statuizione di compensazione delle spese del doppio grado del giudizio. 6 11 primo motivo del ricorso principale è infondato. La corte fiorentina si è limitata ad osservare che, poiché la transazione era stata stipulata nell'anno anteriore alla dichiarazione di insolvenza, la LCA avrebbe potuto agire anche ai sensi del Il comma dell'art. 67 l.fall. e che, nell'ambito di tale azione, il problema della sussistenza in concreto del pregiudizio arrecato alla massa dall'atto non si sarebbe neppure posto, atteso che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la norma citata stabilisce una presunzione assoluta e legale di danno, Ciò premesso, ha però rilevato che, per scelta dell'attricelappellante, la fattispecie si inquadra va nell'ambito del numero 2 del l comma dell'art. 67 numero 2 e, proprio perché si versava in tale distinta ipotesi di revocatoria, ha compiutamente motivato in ordine alla questione che le era stata devoluta, esponendo le ragioni che, avuto espresso riguardo a detta fattispecie pag. 3, 1 cpv. della sentenza , conducevano ugualmente ad escludere che l'esperimento dell'azione fosse subordinato al presupposto della dimostrazione del danno. 7 Parimenti infondati sono il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso, che sono fra loro connessi e possono essere congiuntamente esaminati. Questa Corte, a partire dalla sentenza resa a SS.UU. numero 7028106, ha infatti costantemente affermato che nell'azione revocatoria fallimentare I 'eventus damni' è in re ipsa e consiste nella lesione della par condicio creditorum , ricollegabile, per presunzione legale ed assoluta, all'uscita del bene dalla massa conseguente all'atto di disposizione. Ne consegue che il fatto che attraverso il negozio solutorio impugnato siano stati soddisfatti crediti aventi natura privilegiata non esclude la possibile lesione della par condicio , né fa venir meno l'interesse all'azione da parte del curatore, poiché è solo in seguito alla ripartizione dell'attivo che potrà verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, che potrebbero in tesi insinuarsi al passivo anche successivamente all'esercizio dell'azione revocatoria cfr., oltre alla sentenza delle S.U. cit., Cass. nnumero 234301012, 132931012, 255711010, 24046106 . Vero è che tutte le pronunce richiamate sono state rese in fattispecie in cui il Fallimento aveva chiesto la revoca dei pagamenti ai sensi dell'art. 67 II comma [. fall., ma non v'è alcuna ragione per ritenere che il principio non debba valere per i pagamenti quali quelli di cui si discute eseguiti con mezzi anormali, tanto più che in tale ultima ipotesi la scientia decoctionis dell'accipiens ovvero la consapevolezza in capo a questi della lesione della par condicio cagionata dall'atto è presunta. Belfiore, d'altro canto, non censura [a sentenza nella parte in cui ha dichiarato inefficace la transazione ai sensi del numero 2, anziché del numero 1, del I comma dell' art. 67 I. fall ne consegue l'inammissibilità, per difetto di attinenza al decisum, delle doglianze con le quali la ricorrente imputa alla corte territoriale di non aver tenuto conto dei vantaggi economici derivati ad I.T.C. dalla stipula del negozio, le quali attengono ad un presupposto oggettivo della sproporzione fra le prestazioni eseguite dal fallito e quanto a lui è stato dato o promesso che non ha formato oggetto di accertamento nel corso del giudizio di merito. 8 II ricorso incidentale va dichiarato inammissibile. La LCA, infatti, ha impugnato in via del tutto generica la statuizione di compensazione delle spese che, secondo il testo dell'art. 92 c.p.c. applicabile ratione temporis al caso di specie, anteriore alle modifiche apportatevi tanto dalla I. numero 263105, quanto, a maggior ragione, dalla I. numero 69109, poteva essere disposta o in caso di soccombenza reciproca o nella ricorrenza di altri giusti motivi , ma non ha individuato la regula luris che sarebbe stata violata dalla corte territoriale e, nel quesito di diritto formulato ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., ha indebitamente ricondotto il vizio di cui all'art. 360 I comma numero 3 c.p.c. ad un non denunciato vizio di motivazione. Le spese di questo giudizio seguono la soccombenza sostanziale e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della LCA di I.T.C. s.p.a., che liquida in € 5.200, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso forfetario ed accessori di legge.