Il limite oggettivo del potere di rappresentanza degli amministratori

La Suprema Corte torna ad affrontare il tema del limite del potere rappresentativo degli amministratori, così come disciplinato ante novella del diritto societario del 2003, in particolare, con riferimento al problema della pertinenza dell’atto degli amministratori all’oggetto sociale.

La Suprema Corte, con l’odierna sentenza n. 23085 del 30 ottobre 2014, torna ad affrontare il tema del limite del potere rappresentativo degli amministratori, così come disciplinato ante novella del diritto societario del 2003, in particolare, con riferimento al problema della pertinenza dell’atto degli amministratori all’oggetto sociale. I giudici della Prima Sezione Civile di Pizza Cavour, nel solco della pregressa giurisprudenza di legittimità, Cass., n. 26011/2007 , ribadiscono che il criterio da seguire, nella verifica di pertinenza imposta dall’art. 2384 c.c. vecchio testo, è quello della strumentalità, diretta o indiretta, dell’atto rispetto all’oggetto sociale inteso come specifica attività economica di produzione o scambio di beni o servizi concordata dai soci nell’atto costitutivo in vista del perseguimento dello scopo di lucro proprio della società occorre cioè un collegamento tra l’atto e l’attività concordata come oggetto sociale, mentre non sono sufficienti né l’astratta previsione, nello statuto, del tipo di atto posto in essere, né la conformità dell’atto all’interesse della società. Quanto alla prima, infatti, si è osservato che l’elencazione statutaria di atti tipici non potrebbe mai essere completa, data la serie infinita di atti, di vario tipo, che possono essere funzionali all’esercizio di una determinata attività, e del resto anche la espressa previsione statutaria di un atto tipico non assicura che lo stesso venga poi effettivamente rivolto allo svolgimento di quella attività quanto alla seconda, si è ricordato che l’oggetto sociale costituisce rectius , costituiva , ai sensi dell’art. 2384 c.c., vecchio testo, un limite al potere rappresentativo degli amministratori, i quali non possono perseguire l’interesse della società operando indifferentemente in qualsiasi settore economico, ma devono rispettare la scelta del settore in cui rischiare il capitale fatta dai soci nell’atto costitutivo. Il fatto. La vicenda si svolge nei seguenti termini un istituto di credito Alfa adiva il Tribunale di Treviso proponendo opposizione allo stato passivo del fallimento di una s.r.l., dal quale era rimasto escluso un suo credito fideiussorio. Il giudice trevigiano, tuttavia, la rigettava. Parimenti, la Corte d’Appello di Venezia respingeva il gravame dell’istituto di credito Beta – nel frattempo succeduto alla summenzionata banca Alfa – sul rilievo che le fideiussioni rilasciate dalla s.r.l. in bonis a garanzia di crediti della banca verso un imprenditore, socio della predetta s.r.l. nonché conduttore di immobili di proprietà della stessa, non rientravano nell’oggetto sociale della fideiubente e che l’istituto di credito non era in buona fede. Avverso detto pronunciamento veniva dispiegato ricorso per Cassazione da parte dell’istituto di credito che, in particolare, lamentava con il secondo gravame la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2384 e 2384 bis c.c Gli Ermellini accoglievano il ricorso e cassavano la sentenza impugnata rilevando come la Corte territoriale avesse nei fatti disatteso i precedenti di legittimità sul criterio da seguire nella verifica di pertinenza imposta dall’art. 2384 c.c in particolare, il rilascio di fideiussione in favore del conduttore di immobili appartenenti ad una società avente per oggetto la gestione di immobili rientra, indirettamente, in tale oggetto e dunque nei poteri rappresentativi degli amministratori ai sensi dell’art. 2384 c.c. nel testo anteriore alla riforma del diritto societario di cui al d.lgs. n. 6/2003. L’opponibilità ai terzi delle limitazioni al potere di rappresentanza. L’art. 2384 c.c. – nel testo ratione temporis applicabile – attribuisce alle limitazioni dei poteri di rappresentanza, nell’ambito dell’oggetto sociale, una efficacia puramente interna e rende inopponibili ai terzi, anche se pubblicate, le limitazioni statutarie a meno che non si provi che questi hanno agito intenzionalmente a danno della società. L’ art. 2384 bis c.c. - nel testo ratione temporis applicabile – rende inopponibili ai terzi di buona fede la estraneità all’oggetto sociale degli atti compiuti dagli amministratori in nome della società. L’atto compiuto dal rappresentante, anche se con eccesso di potere e anche se estraneo all’oggetto della società rimane efficace e vincolante per la società, se esso non è, nel primo caso, frutto di concerto fraudolento tra rappresentante e terzo e, nel secondo caso, se il terzo non era consapevole dell’estraneità dell’atto all’oggetto sociale. Il rilascio di garanzie reali e personali da parte della società nell’interesse di terzi. In materia di garanzie e quindi di riconducibilità dell’obbligazione di garanzia nella sfera patrimoniale della società, la giurisprudenza è giunta a conclusioni consolidate proprio sotto il profilo della tutela dell’affidamento del terzo in buona fede. In particolare, per quanto riguarda la garanzia fideiussoria la dottrina e la giurisprudenza prevalente, indipendentemente dal fatto che il rilascio di garanzie fideiussorie sia o meno ricompreso tra gli atti infra vires di una società di persone o di capitali, sostengono che debba sussistere un collegamento con l’oggetto sociale e pertanto il contratto di fideiussione spiega i suoi effetti nei confronti della società fideiubente purché sussista una relazione giuridica tra fideiubente e fideiubito che faccia presumere l’esistenza di un vantaggio mediato o immediato derivante alla società garante. Il collegamento” funzionale tra l’atto e l’attività concordata come oggetto sociale. Nella ricostruzione della giurisprudenza il contenuto letterale dell’oggetto sociale non svolge più il ruolo di confine per l’imputabilità alla società dell’atto posto in essere dal rappresentante legale ciò che rileva è la relazione giuridica ed economica tra atto ed attività di impresa effettivamente esercitata sicché l’atto produce effetti nei confronti della società nella misura in cui si collega funzionalmente con l’oggetto sociale. Nel caso che qui ci occupa, il rilascio da parte dell’amministratore di una società avente per oggetto la gestione di immobili, di fideiussione in favore del conduttore di un immobile della società ha attinenza con tale oggetto, sia pure indiretta, perché presenta un collegamento con l’attività locativa direttamente rientrante in esso, potendosi astrattamente configurare un interesse del locatore a sostenere economicamente il conduttore in vista del mantenimento della locazione e del corrispondente reddito. L’interesse di cui si parla a proposito del collegamento in questione – precisano i supremi giudici – è inteso in senso obbiettivo, vale come parametro astratto di riferimento per l’individuazione del nesso di funzionalità tra l’atto e l’oggetto sociale, non si identifica con l’interesse in concreto della società, né tantomeno con la convenienza in concreto dell’atto aspetti, questi, che sono irrilevanti ai fini della determinazione del limite oggettivo del potere di rappresentanza degli amministratori.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 4 luglio – 30 ottobre 2014, n. 23085 Presidente Ceccherini – Relatore De Chiara Svolgimento del processo La Corte d'appello di Venezia ha confermato la sentenza 6 dicembre 2001 con cui il Tribunale di Treviso aveva rigettato l'opposizione proposta dalla Cassa di Risparmio delle Province Lombarde allo stato passivo del fallimento Casalta s.r.l., dal quale era stato escluso il credito fideiussorio della opponente di L. 210.888.237. La Corte ha respinto il gravame della Banca Intesa s.p.a. - succeduta alla predetta Cassa a seguito di articolate vicende societarie - sul rilievo che le fideiussioni rilasciate dalla Casalta s.r.l. in bonis a garanzia di crediti della banca verso l'imprenditore Pi.Pi. , socio della prima nonché conduttore di immobili di proprietà della stessa, non rientravano nell'oggetto sociale della fideiubente e che la banca non era in buona fede. Avverso tale decisione ricorre per cassazione Intesa Sanpaolo s.p.a. già Banca Intesa s.p.a. , rappresentata da Italfondiario s.p.a., articolando quattro motivi di censura illustrati anche con memoria. La curatela fallimentare resiste con controricorso. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2384 e 2384 bis c.c., nel testo anteriore alla riforma del diritto societario introdotta dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, nonché degli artt. 1388, 1394, 1395, 1398 e 1399 c.c La ricorrente premette che l'atto eccedente l'oggetto sociale non è nullo, bensì soltanto inopponibile alla società, la quale può comunque decidere di assumerne gli effetti mediante ratifica successiva o autorizzazione preventiva che è pacifico in causa che la Casalta s.r.l. era costituita da soli due soci, i fratelli Pi.An. e Pi. , il primo dei quali era l'amministratore unico che aveva sottoscritto le fideiussioni in favore del secondo che pertanto doveva ritenersi acquisito il consenso dell'intera compagine societaria al rilascio delle fideiussioni stesse. Sostiene quindi che l'atto eccedente l'oggetto sociale posto in essere sul presupposto della conforme volontà di tutti i soci sia comunque opponibile alla società. 2. - Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2384 e 2384 bis, cit. Premesso che l'inerenza di un atto all'oggetto sociale va valutata secondo il criterio della strumentalità diretta o indiretta rispetto all'attività economica costituente tale oggetto e che nell'oggetto sociale della Casalta rientrava anche la gestione di immobili, si lamenta che la Corte d'appello abbia considerato irrilevante la circostanza che Pi.Pi. conducesse in locazione immobili appartenenti alla società, atteso che, invece, la fideiussione rilasciata a garanzia di obbligazioni del conduttore di un proprio immobile è strumentale all'attività di gestione immobiliare della società, per l'evidente interesse di quest'ultima a favorire il ricorso al credito e dunque lo sviluppo economico di chi le assicura una fonte di reddito duratura. 3. - Con il terzo motivo, denunciando violazione o falsa applicazione degli artt. 2384 bis e 2359 c.c., si censura l'affermazione dell'irrilevanza della titolarità di parte del pacchetto azionario della società in capo al Pi. , che era a sua volta imprenditore, sostenendo che ciò consentiva di configurare una impresa di gruppo o un gruppo di imprese. 4. - Con il quarto motivo, denunciando vizio di motivazione, si contesta l'accertamento della malafede della banca. 5. - Il secondo motivo, che precede gli altri nell'ordine logico e va perciò esaminato con priorità, è fondato per le ragioni di seguito esposte. Il problema della pertinenza dell'atto degli amministratori all'oggetto sociale oggi non è più attuale, a seguito della riforma del diritto societario di cui al richiamato d.lgs. n. 6 del 2003, che, modificando l'art. 2384 c.c. e abrogando l'art. 2384 bis, ha fatto venir meno il corrispondente limite del potere rappresentativo degli amministratori esso ancora si pone, però, nel caso in esame perché i fatti risalgono ad epoca anteriore alla riforma e sono dunque disciplinati dalla normativa previgente. Questa Corte ha avuto a suo tempo occasione di chiarire cfr. Cass. 16416/2002, 15879/2007, 26011/2007 che il criterio da seguire, nella verifica di pertinenza imposta dall'art. 2384 c.c. vecchio testo, è quello della strumentalità, diretta o indiretta, dell'atto rispetto all'oggetto sociale inteso come specifica attività economica di produzione o scambio di beni o servizi concordata dai soci nell'atto costitutivo in vista del perseguimento dello scopo di lucro proprio delle società occorre cioè un collegamento tra l'atto e l'attività concordata come oggetto sociale, mentre non sono sufficienti né l'astratta previsione, nello statuto, del tipo di atto posto in essere, né la conformità dell'atto all'interesse della società. Quanto alla prima, infatti, si è osservato che l'elencazione statutaria di atti tipici non potrebbe mai essere completa, data la serie infinita di atti, di vario tipo, che possono essere funzionali all'esercizio di una determinata attività, e del resto anche la espressa previsione statutaria di un atto tipico non assicura che lo stesso venga poi effettivamente rivolto allo svolgimento di quella attività quanto alla seconda, si è ricordato che l'oggetto sociale costituisce rectius , costituiva , ai sensi dell'art. 2384, cit., un limite al potere rappresentativo degli amministratori, i quali non possono perseguire l'interesse della società operando indifferentemente in qualsiasi settore economico, ma devono rispettare la scelta del settore in cui rischiare il capitale fatta dai soci nell'atto costitutivo. La Corte d'appello, pur richiamandosi espressamente a tale orientamento, nei fatti lo ha però disatteso. Il rilascio, da parte dell'amministratore di una società avente per oggetto la gestione di immobili, di fideiussione in favore del conduttore di un immobile della società ha infatti attinenza con tale oggetto, sia pure indiretta, perché presenta un collegamento con l'attività locativa direttamente rientrante in esso, potendosi astrattamente configurare un interesse del locatore a sostenere economicamente il conduttore in vista del mantenimento della locazione e del corrispondente reddito. Questo riferimento alla nozione di interesse, peraltro, non contraddice - è bene precisare - quanto sopra affermato circa l'insufficienza del criterio della conformità dell'atto all'interesse della società. L'interesse di cui si parla a proposito del collegamento in questione, invero, è inteso in senso obbiettivo, vale come parametro astratto di riferimento per l'individuazione del nesso di funzionalità tra l'atto e l'oggetto sociale, non si identifica con l'interesse in concreto della società, né tantomeno con la convenienza in concreto dell'atto aspetti, questi, che - per quanto decisivi agli effetti di altre norme, come quelle sulla trasparenza dell'agire degli amministratori art. 2391 c.c., vecchio e nuovo testo e la loro responsabilità - sono irrilevanti ai fini della determinazione del limite oggettivo del potere di rappresentanza previsto dal richiamato art. 2384 c.c In altri termini, quali che siano le valutazioni fatte in concreto dagli amministratori della società, abbiano, cioè, essi effettivamente perseguito l'utilità di quest'ultima ovvero soltanto interessi ad essa estranei e magari contrapposti, l'atto rientra indirettamente nell'oggetto sociale se ed in quanto, per il suo contenuto e le circostanze che lo accompagnano, potrebbe in astratto essere finalizzato - secondo la logica dell'interesse, che presiede all'agire economico all'attività svolta dalla società nello specifico settore statutariamente definito costituente, appunto, l'oggetto sociale . Che tale finalizzazione poi non trovi riscontro in concreto, avendo gli amministratori perseguito interessi estranei a quello della società ed essendosi l'atto rivelato pregiudizievole per quest'ultima, è questione che rileva soltanto sotto i diversi profili, sopra cennati, della trasparenza e responsabilità degli amministratori stessi. Ha pertanto errato la Corte d'appello a negare la rilevanza - e dunque ad omettere l'accertamento - della qualità di conduttore di immobili della società fideiubente in capo al debitore garantito. 6. - L'accoglimento del motivo appena esaminato comporta l'assorbimento degli altri. 7. - La sentenza impugnata va in conclusione cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà al seguente principio di diritto il rilascio di fideiussione in favore del conduttore di immobili appartenenti ad una società avente per oggetto la gestione di immobili rientra, indirettamente, in tale oggetto e dunque nei poteri rappresentativi degli amministratori ai sensi dell'art. 2384 c.c. nel testo anteriore alla riforma del diritto societario di cui al d.lgs. n. 6 del 2003. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Venezia in diversa composizione.